Documenti sul New Age

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Messaggioda Citocromo » dom dic 25, 2011 2:20 pm

Vi segnalo questo documento della Commissione Teologica Irlandese del 1994. Bisogna avere la pazienza di tradurlo, poichè è scritto in inglese:

http://www.spiritual-wholeness.org/chur ... ishops.htm

Discorso di Giovanni Paolo II ad alcuni Vescovi statunitensi del 28 maggio 1993 (sempre in lingua inglese):

http://www.vatican.va/holy_father/john_ ... na_en.html
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Re: Documenti sul New Age

Messaggioda Citocromo » dom dic 25, 2011 2:29 pm

Testo tratto dal discorso del Card. J. Ratzinger "La fede e la teologia dei nostri giorni", pronunciato a Guadalajara (Messico) nel maggio 1996 durante un incontro tra la Congregazione per la Dottrina della Fede e i presidenti delle commissioni dottrinali del continente americano:

[...]Il New Age

Il relativismo di Hick, Knitter e teorie analoghe si fonda in ultima analisi su un razionalismo che, alla maniera di Kant, ritiene che la ragione non possa conoscere ciò che è metafisico (10); la rifondazione della religione segue una strada pragmatica che assume una tonalità più etica o più politica. Vi è però anche una reazione espressamente antirazionalista all'esperienza che «tutto è relativo», e che si riassume nell'etichetta polivalente del New Age (11). Qui la via di uscita dal dilemma della relatività non viene individuata in un nuovo incontro di un Io con un Tu o con il Noi, ma nel superamento del soggetto, nel ritorno estatico nel processo cosmico.
Come già la gnosi antica, questa via ritiene di essere in sintonia con tutto ciò che la scienza insegna e pretende inoltre di valorizzare le conoscenze scientifiche di ogni genere (biologia, psicologia, sociologia, fisica). Nello stesso tempo però, partendo da queste premesse, intende offrire un modello del tutto antirazionalista di religione, una moderna «mistica»: l'assoluto non lo si può credere, ma sperimentare. Dio non è una persona che sta di fronte al mondo, ma l'energia spirituale che pervade il Tutto. Religione significa l'inserimento del mio Io nella totalità cosmica, il superamento di ogni divisione.
K. H. Menke descrive molto bene la svolta spirituale che ne deriva, quando afferma: «Il soggetto, che pretendeva sottomettere a sè ogni cosa, si trasfonde ora nel "Tutto"» (12). La ragione oggettivante-così ci avverte il New Age-ci sbarra la via che conduce al mistero della realtà; l'essere Io ci esclude dalla pienezza della realtà cosmica, sconvolge l'armonia del Tutto ed è la causa autentica del nostro irredentismo.
La redenzione consiste nello svincolamento dell'Io, nell'immergersi nella pienezza della vita, nel ritorno nel Tutto. Si ricerca l'estasi, l'ebbrezza dell'infinito, che si può sperimentare nel suono della musica, nel ritmo, nell'eccitazione della luce e del buio, nella massa umana. Così facendo, non solo si capovolge la strada dell'epoca moderna al dominio assoluto del soggetto; al contrario l'uomo stesso, per essere liberato, deve sciogliersi nel «Tutto». Ritornano gli dei. Essi appaiono più credibili di Dio. Bisogna rinnovare i riti primordiali, con i quali l'Io viene iniziato ai misteri del Tutto e viene liberato da se stesso.
Questo rinnovarsi delle religioni e dei culti precristiani, che oggi viene praticato in molte maniere, trova diverse spiegazioni. Se non vi è una verità comune, che ha valore proprio perché è vera, il cristianesimo diventa solo un prodotto importato dall'esterno, un imperialismo spirituale, che bisogna scuotersi di dosso al pari di quello politico. Se nei sacramenti non si realizza un incontro di tutti gli uomini con l'unico Dio vivente, essi diventano dei riti privi di contenuto, che non ci dicono e non ci danno nulla, o tutt'al più ci fanno percepire il numinoso che è presente in tutte le religioni.
E’ più sensato cercare ciò che ci appartiene originariamente, piuttosto che lasciarci imporre ciò che è estraneo e antiquato. Ma soprattutto, se la «sobria ebbrezza del mistero cristiano non ci può rendere ubriachi di Dio, bisogna allora evocare l'ebbrezza reale delle estasi efficaci, la cui passione ci eccita e ci rende dèi almeno per un attimo, ci fa sentire per un momento il gusto dell'infinito e ci fa dimenticare la miseria del finito. Quanto più si rende manifesta l'inutilità degli assolutismi politici tanto più diventa forte l'attrattiva dell'irrazionalità, la rinuncia alla realtà del quotidiano (13). [...]

(10) Knitter e Hick, nel rifiutare l'assoluto nella storia, si richiamano a Kant; cfr Menke 78 e 108.

(11) Il concetto di New Age, o era dell'Acquario, è stato coniato verso la metà del nostro secolo da Raul Le Cour (1937) e Alice Bailey (la quale affermò di aver ricevuto nel 1945 dei messaggi relativi ad un nuovo ordine universale e una nuova religione universale). Tra il 1960 e il 1970 è anche sorto in California l'istituto Esalen. Oggi l'esponente più famosa del New Age è Marilyn Ferguson. Michael Fuss («New Age: Supermarkt alternativer Spiritualität», in: Communio 20, 1991, 148-157) vede nel New Age una combinazione di elementi giudeocristiani con il processo di secolarizzazione in cui confluiscono anche correnti gnostiche ed elementi delle religioni orientali. Un utile orientamento su questa tematica si trova nella lettera pastorale del Card. G. Danneels, tradotta in diverse lingue, Le Christ ou le Verseau (1990). Cfr anche Menke, loc. cit. 31-36; J. Le Bar (a cura di), Cults, Sects and the New Age (Huntington, Indiana, s.a.).

(12) Loc. cit. 33.

(13) Bisogna rilevare che si vanno configurando sempre più chiaramente due diverse correnti del New Age: una gnostico-religiosa, che ricerca l'essere trascendente e transpersonale e in esso l'Io autentico, e una ecologico-monista, che si rivolge alla materia e alla Madre Terra e nell'ecofemminismo si collega al femminismo.
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Re: Documenti sul New Age

Messaggioda Citocromo » dom dic 25, 2011 2:39 pm

Testo tratto da Problemi attuali di Escatologia (1990) della Commissione Teologica Internazionale:
http://www.vatican.va/roman_curia/congr ... ia_it.html

9 - Irripetibilità e unicità della vita umana. I problemi della reincarnazione

9.1. Con la parola reincarnazione (o anche con altre equivalenti come i termini greci metempsychôsis o metemsômatôsis) viene denominata una dottrina la quale sostiene che l'anima umana dopo la morte assume un altro corpo e, in tal modo, s'incarna di nuovo. Si tratta di una concezione nata nel paganesimo, la quale, poiché contraddice completamente la sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa, è stata sempre rifiutata dalla fede e dalla teologia cristiane. La «reincarnazione» si diffonde oggi ampiamente nel mondo, anche in quello occidentale, e tra moltissimi che si autodefiniscono cristiani. La proclamano molti mezzi di comunicazione di massa. Inoltre ogni giorno diventa più forte l'influsso delle religioni e delle filosofie orientali che sostengono la reincarnazione; a tale influsso pare che si debba attribuire l'aumento di una mentalità sincretista. La facilità con cui molti accettano la reincarnazione forse si deve in parte a una reazione spontanea e istintiva contro il montante materialismo. Nel modo di pensare di molti uomini del nostro tempo, questa vita terrena è percepita come troppo breve per poter porre in atto tutte le possibilità di un uomo o perché possano essere superate o corrette le mancanze commesse in essa. La fede cattolica offre una risposta piena a questo modo di pensare. È vero che la vita è troppo breve perché vengano superate o corrette le mancanze commesse in essa; ma la purificazione escatologica sarà perfetta. Nemmeno è possibile porre in atto tutte le possibilità di un uomo nel tempo così breve di una sola vita terrena; ma la risurrezione finale nella gloria condurrà l'uomo a uno stato che supera ogni suo desiderio.

9.2. Senza che sia possibile esporre qui dettagliatamente tutti gli aspetti con i quali i diversi reincarnazionisti espongono il loro sistema, la tendenza al reincarnazionismo, oggi prevalente nel mondo occidentale, può essere ridotta sinteticamente a quattro punti.

9.2.1. Le esistenze terrene sono molte. La nostra vita attuale non è né la nostra prima esistenza corporale né sarà l'ultima. Siamo già vissuti prima e vivremo ancora ripetutamente in corpi materiali sempre nuovi.

9.2.2. C'è una legge in natura che spinge a un continuo progresso fino alla perfezione. Questa stessa legge conduce le anime a vite sempre nuove e non permette alcun ritorno e neppure un arresto definitivo. A fortiori viene escluso uno stato definitivo di condanna senza fine. Dopo molti o pochi secoli, tutti giungeranno alla perfezione finale di un puro spirito (negazione dell'inferno).

9.2.3. La meta finale si raggiunge per i propri meriti; in ogni nuova esistenza l'anima progredisce in proporzione ai propri sforzi. Tutto il male commesso sarà riparato con espiazioni personali, che il proprio spirito patisce in incarnazioni nuove e difficili (negazione della redenzione).

9.2.4. Nella proporzione in cui l'anima progredisce verso la perfezione finale, assumerà nelle sue nuove incarnazioni un corpo ogni volta meno materiale. In tal senso l'anima ha la tendenza verso una definitiva indipendenza dal corpo. Con questo cammino l'anima giungerà a uno stato definitivo, nel quale finalmente vivrà sempre libera dal corpo e indipendente dalla materia (negazione della risurrezione).

9.3. Questi quattro elementi, che costituiscono l'antropologia reincarnazionista, contraddicono le affermazioni centrali della rivelazione cristiana. Non occorre insistere ulteriormente sulla sua diversità nei confronti dell'antropologia caratteristicamente cristiana. Il cristianesimo difende una dualità, la reincarnazione un dualismo, in cui il corpo è un mero strumento dell'anima, che viene abbandonato dopo ogni esistenza terrena, per prenderne un altro del tutto diverso. Nel campo escatologico, il reincarnazionismo rifiuta la possibilità di una condanna eterna e l'idea della risurrezione della carne. Ma il suo errore principale consiste nella negazione della soteriologia cristiana. L'anima si salva attraverso il proprio sforzo. In questo modo sostiene una soteriologia autoredentrice, del tutto opposta alla soteriologia eteroredentrice cristiana. Ebbene, se si sopprime l'eteroredenzione, non si può più parlare in nessun modo di Cristo Redentore.

Il nucleo della soteriologia del Nuovo Testamento è contenuto in queste parole: «E questo a lode e gloria della sua grazia che [Dio] ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1,6-8). Con questo punto centrale sta in piedi o cade tutta la dottrina sulla Chiesa, i sacramenti e la grazia. Così è evidente la gravità delle dottrine implicate in questo problema e si comprende che il magistero della Chiesa abbia rifiutato tale sistema con il nome di teosofismo. Riguardo al punto specifico, affermato dai reincarnazionisti, della ripetibilità della vita umana, è nota l'affermazione della Lettera agli ebrei 9,27: «È stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio». Il concilio Vaticano II citava questo testo per insegnare che il corso della nostra vita terrena è unico. Nel fenomeno del reincarnazionismo forse si manifestano certe aspirazioni a liberarsi dal materialismo. Ciò nonostante, questa dimensione di movimento «spiritualista» non permette in alcun modo di nascondere quanto il reincarnazionismo contraddica il messaggio evangelico.

10 - La grandezza del progetto divino e la serietà della vita umana

10.1. Nell'unicità della vita umana si vede chiaramente la sua serietà: la vita umana non si può ripetere. Poiché la vita terrena è la strada verso le realtà escatologiche, il modo nel quale procederemo in essa ha conseguenze irrevocabili. Perciò questa nostra vita corporale conduce a un destino eterno. L'uomo, dal canto suo, comincerà a conoscere il senso del suo destino ultimo solo se considera la propria natura ricevuta da Dio. Dio creò l'uomo a sua «immagine e somiglianza» (Gen 1,26). Questo implica che lo fece capace di conoscere Dio e di amarlo liberamente, mentre, come signore, governa tutte le altre creature, le sottomette e se ne serve. Questa capacità si fonda sulla spiritualità dell'anima umana. Poiché questa è creata in ciascun uomo immediatamente da Dio, ogni uomo esiste come un atto concreto d'amore creativo di Dio.

10.2. Dio non solo creò l'uomo, ma inoltre lo pose nel paradiso (Gen 2,4); con questa immagine la sacra Scrittura vuole dire che il primo uomo fu costituito in vicinanza e amicizia con Dio. Si comprende allora che per il peccato contro un precetto grave di Dio si perde il paradiso (Gen 3,23-24), giacché quel peccato distrugge l'amicizia dell'uomo con Dio. Al peccato del primo uomo segue la promessa della salvezza (cf. Gen 3,15), che, secondo l'esegesi sia ebraica sia cristiana, doveva essere portata dal Messia (cf. in connessione con la parola sperma i LXX: autos e non auto). Di fatto, nella pienezza dei tempi, Dio «ci ha riconciliati con sé mediante Cristo» (2Cor 5,18). Cioè «colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2Cor 5,21). Mosso da misericordia «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). La redenzione ci permette di «svelare la profondità di quell'amore che non indietreggia davanti allo straordinario sacrificio del Figlio, per appagare la fedeltà del Creatore e Padre nei riguardi degli uomini creati a sua immagine e fin dal "principio" scelti, in questo Figlio, per la grazia e per la gloria».

Gesù è il vero «Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Il perdono del peccato, ottenuto mediante la morte e la risurrezione di Cristo (cf. Rm 4,25), non è meramente giuridico, ma rinnova l'uomo internamente, più ancora lo eleva al di sopra della sua condizione naturale. Cristo è stato inviato dal Padre «perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,5). Se con fede viva crediamo nel suo nome, egli ci dona il «potere di diventare figli di Dio» (cf. Gv 1,12). In questo modo entriamo nella famiglia di Dio. Il progetto del Padre è che diventiamo «conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Di conseguenza il Padre di Gesù Cristo diventa nostro Padre (cf. Gv 20,17). Poiché siamo figli del Padre nel Figlio, siamo «anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8,17). Così appare il senso della vita eterna che ci è stata promessa, come partecipazione all'eredità di Cristo: «La nostra patria è nei cieli» (Fil 3,20), poiché nei confronti del cielo non siamo «stranieri né ospiti, ma [...] concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19).

10.3. Gesù, nel rivelarci i segreti del Padre, desidera farci diventare suoi amici (cf. Gv 15,15). Ma nessuna amicizia può essere imposta. L'amicizia, come anche l'adozione, si offrono per essere liberamente accettate o rifiutate. La felicità del cielo è la consumazione dell'amicizia offerta gratuitamente da Cristo e liberamente accettata dall'uomo. «Essere con Cristo» (Fil 1,23) nella condizione di amico, costituisce l'essenza dell'eterna beatitudine celeste (cf. 2Cor 5,6-8; 1Ts 4,17). Il tema della visione di Dio «faccia a faccia» (1Cor 13,12; cf. 1Gv 3,2) deve intendersi come espressione di amicizia intima (cf. già in Es 33,11: «Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un suo amico»). Quest'amicizia consumata, liberamente accettata, implica la possibilità esistenziale del rifiuto. Tutto quello che si accetta liberamente può essere rifiutato liberamente. Chi sceglie così il rifiuto «non avrà parte al regno di Cristo e di Dio» (Ef 5,5). La condanna eterna ha la sua origine nel libero rifiuto, fino alla fine, dell'amore e della pietà di Dio. La Chiesa crede che questo stato consista nella privazione della visione di Dio e nella ripercussione eterna di questa pena in tutto il proprio essere. Questa dottrina di fede mostra sia l'importanza della capacità umana di rifiutare liberamente Dio, sia la gravità di questo libero rifiuto. Fino a quando il cristiano rimane in questa vita, si sa posto sotto il giudizio futuro di Cristo: «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene sia in male» (2Cor 5,10). Solo davanti a Cristo e attraverso la luce da lui comunicata diventerà intelligibile il mistero di iniquità che esiste nei peccati che commettiamo. Attraverso il peccato grave l'uomo arriva a considerare, nel suo modo di operare, - Dio come nemico della propria creatura e, prima di tutto, come nemico dell'uomo, come fonte di pericolo e di minaccia per l'uomo. Poiché il corso della nostra vita terrena è unico (Eb 9,27) e poiché in esso ci vengono offerti gratuitamente l'amicizia e l'adozione divine con il pericolo di perderle con il peccato, appare chiaramente la serietà di questa vita; infatti le decisioni che si prendono in essa hanno conseguenze eterne.

Il Signore ci ha posto dinanzi «la via della vita e la via della morte» (Ger 21,8). Sebbene attraverso la grazia preveniente e adiuvante egli ci inviti alla via della vita, noi possiamo scegliere una delle due. Dopo la scelta, Dio rispetta seriamente la nostra libertà, senza cessare, qui sulla terra, di offrire la sua grazia salvifica anche a coloro che si separano da lui. In realtà bisogna dire che Dio rispetta quello che abbiamo voluto fare liberamente di noi stessi, sia accettando la grazia sia rifiutandola. In questo senso si comprende che, in qualche modo, sia la salvezza sia la condanna cominciano qui sulla terra, in quanto l'uomo, con le sue decisioni morali, liberamente si apre o si chiude a Dio. D'altro canto diventa chiaramente manifesta la grandezza della libertà umana e della responsabilità che deriva da essa. Ogni teologo è consapevole delle difficoltà che l'uomo, sia del nostro tempo sia di ogni altro tempo della storia, sperimenta per accettare la dottrina del Nuovo Testamento sull'inferno. Perciò si deve raccomandare molto un animo aperto alla sobria dottrina del Vangelo sia per esporla sia per crederla. Contenti di tale sobrietà, dobbiamo evitare il tentativo di determinare, in modo concreto, le vie attraverso le quali possono essere conciliate l'infinita bontà di Dio e la vera libertà umana. La Chiesa prende sul serio la libertà umana e la misericordia divina che ha concesso la libertà all'uomo come condizione per ottenere la salvezza. Quando la Chiesa prega per la salvezza di tutti, in realtà sta pregando per la conversione di tutti gli uomini che vivono. Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvi e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4). La Chiesa ha sempre creduto che questa volontà salvifica universale di Dio ha, di fatto, una grande efficacia. Mai la Chiesa ha sancito la condanna di alcuna persona in concreto. Ma poiché l'inferno è una vera possibilità reale per ogni uomo, non è lecito - sebbene oggi lo si dimentichi talora nella predicazione durante le esequie - presupporre una specie di automatismo della salvezza. Perciò, riguardo a questa dottrina, è assolutamente necessario far proprie le parole di Paolo: «O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie» (Rm 11,33).

10.4. La vita terrena sembra ai reincarnazionisti troppo breve per poter essere unica. Per tale ragione pensavano alla sua reiterabilità. Il cristiano dev'essere cosciente della brevità di questa vita terrena, che sa bene essere unica. Poiché «tutti manchiamo in molte cose» (Gc 3,2) e il peccato è stato presente frequentemente nella nostra vita passata, è necessario che «profittando del tempo presente»( Ef 5,16) e deponendo «ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,1-2). «Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14). Così il cristiano, come straniero e pellegrino (cf. 1Pt 2,11), si affretta per giungere con la vita santa alla patria (cf. Eb 11,14), nella quale starà sempre con il Signore (cf. 1Ts 4,17).
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