Omeopatia, Apologia

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Omeopatia, Apologia

Messaggioda predestinato74 » sab ago 08, 2009 9:29 pm

ecco alcuni stralci di un lungo articolo a difesa dell'Omeopatia. Vi si parla anche del favore della Chiesa dai tempi di Hahnemann

L'articolo è di Fernando Piterà: Medico Chirurgo - Docente in Omeopatia, Fitoterapia e Bioterapie presso il Corso di perfezionamento in medicine non convenzionali e tecniche complementari - Univ. degli studi di Milano

ecco le varie parti:

LE CONTINUE PERSECUZIONI
LA DISINFORMAZIONE SU VATICANO E OMEOPATIA
IL PRINCIPIO DI SIMILITUDINE: UN PONTE TRA IL DIVINO E L’UMANO
ANCHE I SANTI CURANO COI SIMILI
BREVE STORIA DELL’OMEOPATIA
IN ITALIA E DEI RAPPORTI COL VATICANO
OMEOPATIA E RAPPORTI CON IL VATICANO
I PONTEFICI E L’OMEOPATIA: PAPA GREGORIO XVI DIFENSORE DELL’OMEOPATIA
PIO IX E LA CATTEDRA DI FILOSOFIA DELLA NATURA
PAPA LEONE XIII GUARITO DALL’OMEOPATIA
S.S. PIO XII CURATO DALL’ARCHIATRA OMEOPATA
LE CONDOTTE OMEOPATICHE NELLO STATO PONTIFICIO
ONORIFICENZE VATICANE CONCESSE A MEDICI OMEOPATICI
ALLEGATO del NOTIZIARIO SIOMI
ALCUNI DEI MEDICI OMEOPATICI PRESSO PRINCIPI E CORTI DALL’ 800 ALLA PRIMA METÁ DEL 900
LA FASE DI DECLINO
CONSIDERAZIONI PERSONALI




Fernando Piterà: Medico Chirurgo - Docente in Omeopatia, Fitoterapia e Bioterapie presso il Corso di perfezionamento in medicine non convenzionali e tecniche complementari - Univ. degli studi di Milano

IL PRINCIPIO DI SIMILITUDINE: UN PONTE TRA IL DIVINO E L’UMANO

Visto e considerato che l’oggetto della diatriba, in questo specifico caso è l’argomento teologico, lasciamo ora da parte le considerazioni filosofiche e scientifiche che provano la validità della legge di Analogia (già ampiamente dimostrate e riportate in parte in un precedente articolo con un seppur incompleto elenco di 264 riferimenti bibliografici) e addentriamoci nella tematica religiosa. Visto che hanno voluto proprio scomodare anche la sfera celeste, tacciando l’Omeopatia in odore di eresia, diciamo subito che il primo esempio di applicazione sull’uomo della legge di Similitudine proviene nientemeno che dall’Onnipotente stesso. E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” [Genesi, Cap. I, versetto 26] Similia similibus creatur ! Dio nel creare l’uomo non lo fece uguale o identico a Sé Stesso, ma Simile! In ogni essere umano vi è dunque qualcosa di divino, qualcosa che proviene da Dio; ma il Creatore ci lascia il libero arbitrio di cogliere in noi stessi questo aspetto divino o di negarlo, ovvero di scegliere tra il bene (simile a Lui) ed il male (contrario a Lui). Perché non mi si venga a dire che ho tratto citazioni da libri occultistici, esoterici, ignoti o della new age, il secondo ammaestramento sull'applicazione della Legge dei simili è scritto sempre nella Bibbia. Infatti nell'Esodo (Capitolo XV, versetti 22-25) si trova scritto: “Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara ma non potevano bere le acque di Mara, perchè erano amare. Per questo a quel luogo fu posto il nome di Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè dicendogli: ‘Che berremo noi?’ E Mosè invocò il Signore, ed il Si­gnore gli indicò un legno che egli gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. ”. Ora a proposito di questo episodio nei libri esegetici della Bibbia Mechiltà e Tanchumà si legge questo commento: “Mosè avrebbe potuto correggere l'amaro delle acque con sostanze dolci ma Dio volle additargli un mezzo migliore, gli indicò cioè un legno amaro, insegnandogli che il vero modo naturale di guarigione è quello di guarire l'amaro mediante l'amaro”. Ed a conforto di questa spiegazione tanto il Rab. Ebreo Scelomò che il Padre della Chiesa Tostato d'Avila pensano che se questo legno, chiamato volgarmente Adelfa, che per sé è amaro e mortifero fu adoperato da Mosè per volere di Dio è perchè Dio volle che maggiore ne emergesse il miracolo. Resta però il fatto che l'amaro fu tolto con l'amaro e che l’essenza velenosa e mortifera del legno rendesse l’acqua potabile secondo la legge del < similia similibus > e, come dicevamo, per la seconda volta! Ma la cosa più sorprendente è che il Sacro Testo così continua: “In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: “Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!” Dunque, dopo aver rivelato la legge di analogia ed il principio di similitudine, Dio prosegue parlando – e non a caso - di malattia e guarigione!


http://www.airesis.net/Therapeutike/the ... opatia.htm
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Re: Omeopatia, Apologia

Messaggioda predestinato74 » sab ago 08, 2009 9:31 pm

continua ......

ANCHE I SANTI CURANO COI SIMILI

Anche i Santi, nei loro miracoli ricorrono spesso alla legge dei Simili; ne vorrei proporre uno tratto dalla vita dei Santi martiri Ciro e Giovanni, contenuta negli Acta Sanctorum, opera di 53 volumi in folio pubblicata dalla Chiesa Cattolica del Rinascimento, riguardante il miracolo avvenuto in Alessandria d’Egitto, nel nono anno della persecuzione di Diocleziano (Vol. II, par. 18, p. 1092, gennaio 1658). Si narra che Ciro, un alessandrino, fosse stato prima medico e poi monaco, e che Giovanni fosse un soldato arabo. Udendo che a Canopo una donna cristiana di nome Anastasia e le sue tre figlie stavano patendo grandi sofferenze perché perseguitate a causa della loro fede, i due andarono là per aiutarle e confortarle, ma furono anche loro arrestati e messi a morte pochi giorni dopo Anastasia e le sue figlie. Per eliminare il culto di Iside che ancora sopravviveva a Menouthis (presso Canopo), San Cirillo vi fece portare da Alessandria le reliquie dei SS. Ciro e Giovanni, in modo da creare un nuovo centro d’interesse che distogliesse la popolazione dal paganesimo. Così, la chiesa dei due santi divenne un santuario molto frequentato. Solo molto più tardi le reliquie dei due santi furono portate a Roma. Il miracolo ottenuto per legge di similitudine tratta appunto della guarigione di Teodoro per mezzo del veleno di un rettile velenoso. I due Santi avevano prescritto a Teodoro di mangiare una vipera, dato che egli soffriva di una mortale malattia intestinale prodotta da cibo avvelenato che un malvagio gli aveva propinato. Riportiamo testualmente dai Miracoli dei Santi Giovanni e Ciro il seguente passo:

“Teodoro soffriva negli intestini una malattia prodotta dall’aver mangiato un cibo velenoso propinatogli da malvagia persona. Penando Teodoro orribilmente sembravagli che i suoi intestini ardessero, a motivo del bruciante veleno che aveva ingoiato e chiamava a consulto frequentemente i medici; che se pur qualche volta se ne dilungava, tornava poi a chiamarli, quantunque alla lunga dovette persuadersi ch'essi disperavano della sua guarigione. La onde venuto in chiaro che gli sforzi dei medici erano inutili contro la violenza del male, e che non' vi era speranza alcuna di recuperare la salute coi loro mezzi, ebbe ricorso ai Santi Martiri Giovanni e Ciro, i più valevoli intercessori, e prostrato presso il loro sacro edificio, aspettò il loro aiuto. Ed essi rivolgendosi a lui, senza indugio, essendo che la violenza della malattia era troppo grande per essere sopportata, gli apparvero nel sonno e gli comandarono di mangiare una vipera. Ma egli destatosi, si fece il segno della croce in fronte, e credendo che la visione fosse una visione diabolica risolse di non far caso di ciò che gli era stato comandato. Ciononostante, i Santi gli apparvero di nuovo, mentre dormiva, rispondendo alle sue preghiere ed alle sue lacrime, e gli ripeterono il loro comando ch 'esso aveva altra volta disobbedito, non facendo nulla di quanto gli era stato prescritto, poiché credeva che gli ordini dei martiri fossero astuzie del maligno demonio, che lo incitasse con ciò al pericolo ed alla distruzione. Però essendosi i Martiri presentati una terza volta in visione a Teodoro e non avendo questi obbedito tampoco al loro comando, mossi allora da incredibile clemenza e da commiserazione divina, gli si approssimarono anche per la quarta volta e fattiglisi sopra gli dissero:
- Poiché fino ad ora per tante volte ti ricusasti di ascoltare la nostra parola, levati domattina sull'albeggiare e conduciti dinanzi al nostro pozzo, e qualunque cosa vi trovi da mangiare, mangiala senza indugio: non avere alcun dubbio, si acclude in essa con sicurezza la tua salute -
Quando si fu sull'apparire dell'alba, Teodoro si alzò e seguendo la datagli direzione si recò al pozzo ed ivi divorò ansiosamente un piccolo cetriolo ch'ei trovò fra le pietre del recinto. Ma mentre stava terminando di mangiare l'estremità e gustava il suo dolce sapore, si accorse di repente che era l'estremità di una vipera. La gittò via tosto in un attimo, raccapricciando con orrore, come se la morte gli fosse già sopra. Ma niun pericolo di morte gli soprastava”. I bollandisti, compilatori dell’opera, dopo aver raccontato tutti gli interessanti particolari della guarigione scrivevano testualmente: “...Che la morte essendo stata messa in fuga, gli fu ridonata salute e vita; il che non avrebbe ottenuto se non' avesse mangiato quel cibo velenoso. Poiché per esso incontanente si trovò obbligato fosse per paura, fosse per una spiacevole sensazione a vomitare; e rigettò interamente tutto ciò che aveva mangiato della vipera unitamente al veleno primitivo causa del male. Giacché...” - così concludono - “... i Santi non curano i contrari con i contrari, come sogliono fare i medici mortali, ma i simili coll’uso dei simili. Essi non guariscono le malattie di quelli che li supplicano seguendo le leggi de' medici, bensì forniti di una legge celeste adoperano un metodo di cura mirabile ed evidentemente divino...”. Dunque la legge di analogia e il principio di similitudine sarebbero anche metodi mirabili e Divini! A questo punto possiamo proprio dire che talvolta anche il Buon Dio scende dal Cielo in difesa della legge dei Simili, ingiustamente negletta! Questa volta hanno proprio attaccato la più “cristiana” delle medicine! Un altro autogol!

Ebbene, dimenticavo una cosa davvero importante: volete sapere quali sono i sintomi gastroenterologici che sono riportati nella Materia Medica Omeopatica di Allen per la patogenesia di Vipera? Suppongo di sì! Ovviamente Allen riporta tutti i sintomi della tossicologia infiammatoria e della crasi ematica a livello del punto di morsicatura, seguite dai sintomi dell’avvelenamento per danno discoagulativo ed epatico causata dal morso accidentale del serpente sia dei soggetti che sono deceduti (sintomi acuti), sia di quelli sopravvissuti al morso (sintomi cronici). Prenderemo pertanto in considerazione la sola sintomatologia di vipera che interessa l’apparato gastro-intestinale per spiegare la guarigione “omeopatica” di Teodoro sono: gonfiore addominale, - dolori furiosi e spasmi che possono portare allo svenimento, - sintomi di cachessia, - spasmi generalizzati con dolori furiosi all’addome e alla testa, - dolore fortissimo all’epigastrio con grande sofferenza alla minima pressione, - affaticabilità, - debolezza al punto da non essere capace di stare in piedi, - conati di vomito spasmodici e vomito biliare che apporta un transitorio sollievo, - terribile dolore epigastrico e alla regione ombelicale accompagnato da ansia e vomito, - il vomito è ematico e mucoso, - scariche diarroiche ed ematiche, - coliche con diarrea profusa, - scariche numerose e impellenti con brividi e sete, sebbene il paziente non possa tollerare molti liquidi, - evacuazioni intestinali molto maleodoranti, nere, scariche sanguinolente - freddezza del corpo con sudori freddi, - estremo pallore del viso con occhi infossati - comparsa di ittero. Proprio un bel caso di analogia! Solo che i Santi Giovanni e Ciro non potevano conoscere la Materia Medica di Allen in quanto fu scritta circa duemila anni dopo, altrimenti che miracolo sarebbe stato!

Ancora un altro interessante riferimento religioso: questa volta si tratta del dotto San Francesco di Sales. Questo grande vescovo del XVII secolo nacque nel Château de Sales a Thorens nel 1567, primogenito del Signor di Boisy, in una delle più antiche e nobili famiglie Savoiarde. Studiò all’Università di Parigi e poi in quella di Padova, dove con gran lode ricevette il dottorato. Tornato in patria, fu nominato avvocato del Senato di Chambéry. A 26 anni la sua vocazione divenne la vita ecclesiastica, nonostante l’opposizione da parte del padre. Egli venne ordinato prete nel 1593, dandosi subito all’apostolato cattolico nei paesi protestanti. La sua prima missione, dura e fisicamente pericolosa, fu presso il popolo del suo paese natale, il Chablais, che era passato al calvinismo; entro quattro anni della sua predicazione la maggior parte della popolazione era tornata alla chiesa cattolica romana. Psicologo, umanista, predicatore instancabile, si mise a pubblicare anche fogli volanti che appiccicava ai muri delle case e che distribuiva tra la popolazione. Per questo motivo egli fu considerato il primo giornalista, e per questo motivo, in seguito divenne il santo protettore dei giornalisti e degli scrittori cattolici. Fu eletto Vescovo di Ginevra dove un ministro calvinista disse di lui: “Se onorassimo qualche uomo come santo, non conosco nessuno più degno di lui dai tempi degli Apostoli in poi”. Fondò l’Académie Florimontane ad Annecy, trent’anni prima che venisse fondata L’Académie Française. Si narra che mentre scriveva, un giorno la sua penna si ruppe; San Francesco di Sales se l’accostò al cuore, e la penna riprese a scrivere regolarmente. Questo episodio definisce in maniera perfetta lo stile del santo che morì a Lione il 28 dicembre del 1622. Ebbene, questo santo sembra saperla lunga anche in merito a metodi terapeutici e conosceva già sia la legge di analogia che il principio di similitudine, due secoli prima di Hahnemann! È interessante soffermarsi su quanto scrive: “Lo scorpione che ci ha punto è velenoso pungendoci, ma ridotto in olio è un grande medicamento contro la sua stessa puntura. Quale metodo è da tenere in considerazione per inordinare affetti e passioni al servigio dell'amor divino? I medici metodisti hanno di continuo questa massima in bocca: “I con­trari per gli contrari si guariscono”; gli spagirici celebrano opposta sentenza: “Per gli simili si guariscono i simili”. Nelle sue guarigioni spirituali il Signor Dio Nostro dell'uno e dell'altro metodo si vale”. Ironia della sorte, il santo protettore dei giornalisti, che impartisce lezioni di antesignana Omeopatia proprio ai giornalisti e vescovi! Un santo colto e dal grande buon senso, che taglia subito via ogni discussione e sterile diatriba sulla scelta e sull’applicazione di vari metodi terapeutici, asserendo che L’Onnipotente si avvale di entrambi i metodi a seconda delle necessità! Lo stesso modus operandi del padre della medicina Ippocrate che utilizzava a seconda dei casi, ora la legge dei contrari, ora quella dei simili.
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Re: Omeopatia, Apologia

Messaggioda predestinato74 » sab ago 08, 2009 9:32 pm

BREVE STORIA DELL’OMEOPATIA
IN ITALIA E DEI RAPPORTI COL VATICANO


L’Omeopatia nacque circa 200 anni or sono in Sassonia dalle sperimentazioni e dalle geniali osservazioni della mente innovatrice di Samuel Friedrich Christian Hahnemann (1755-1843). Nonostante gli attacchi più feroci e l’esplicita condanna della classe medica imperante, il nuovo metodo terapeutico si diffuse ben presto in Europa seguendo il corso degli eventi bellici. Prima in Germania dove nacque, e poi in Austria, e subito dopo in Italia al seguito delle truppe austriache e successivamente in Francia, Inghilterra, in Asia e nelle Americhe. La diffusione dell’Omeopatia in Italia avvenne al seguito delle truppe austriache chiamate, nel 1821, dal Re Ferdinando I a seguito delle sommosse avvenute nel Regno di Napoli. L'Omeopatia era allora già profondamente affermata e diffusa fra i medici militari dell’armata austriaca che all’epoca presidiavano il Nord Italia. Molti dei Medici militari al seguito dell’armata comandata dal Generale Barone Köller praticavano l’Omeopatia apertamente e ufficialmente, favoriti anche dal fatto che il Dottor Marenzeller, Medico in capo alle armate austriache, era un Omeopata e che Carlo Filippo, Principe di Schwarzenberg, Feld-Maresciallo austriaco, era stato un paziente di Hahnemann. Tra i Medici militari tedeschi, fu il Dott. Necker di Melnik quello che più contribuì alla diffusione dell’Omeopatia in Italia; egli aprì a Napoli un dispensario e attorno a lui si coagularono quei discepoli che poi saranno i principali artefici della storia dell’Omeopatia di Napoli, i Dottori: Cosmo de Horantiis, Francesco Romani e Giuseppe Mauro. Agli esordi (1822-1830) lo sviluppo dell’Omeopatia in Italia fu decisamente difficile, malgrado fosse apertamente favorita dai Borboni. Hahnemann aveva ideato un nuovo metodo terapeutico basato sulla sperimentazione e sull’esperienza clinica, non una teoria scientifica astratta e lontana dai bisogni dei pazienti. Nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann è il primo e unico Medico-pensatore che rompe completamente con tutti gli schemi scientifici, mentali e metodologici sino ad allora conosciuti in medicina. È il primo che nella storia della medicina sperimenta farmaci su uomini sani (volontari) per capirne gli effetti e la patogenesia delle sostanze. Egli aveva infatti tratto il suo metodo descritto nelle sue opere dall’osservazione clinica realizzata su migliaia di pazienti, durante la sua attività quotidiana, e dalla sperimentazione delle sostanze medicamentose sull’uomo sano applicando fino all’esasperazione il metodo Galileiano: osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dall’osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge naturale che li governa, riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto.

È il primo Medico che adotta il periodo di quarantena nelle epidemie di colera e separa i malati da quelli non ancora contagiati. È il primo che considera l’ammalato nella sua globalità di mente, corpo e ambiente; è il primo che pone attenzione sui sintomi eziologici (quando sono conosciuti), il primo che si adopera per condizioni più umane verso i malati di mente, rifiutando che questi fossero trattati in maniera disumana come all’epoca si faceva, ecc.; prima di lui nessun altro Medico aveva osato spingersi tanto avanti. Fu perseguitato e ferocemente osteggiato dalla classe medica imperante. Hahnemann offriva quindi ai suoi contemporanei un nuovo mondo terapeutico, con una diversa concezione della medicina, ma soprattutto con nuovi medicinali più sicuri ed efficaci. L’applicazione di questa nuova metodica terapeutica era però più complessa e presupponeva un lungo studio, un attento esame del paziente e una scrupolosa sintesi dei dati clinici. La sua opera ed il suo metodo furono pertanto oggetto di diatriba e di accese discussioni che durano tuttora. La medicina dei tempi di Hahnemann era invece piuttosto semplice e ancorata agli schemi galenici con presidi terapeutici talora astrusi o pericolosi (setoni, sanguisughe, salassi, purganti, ecc.). Esisteva quindi una spontanea reazione da parte dei Medici che si opponevano ad abbandonare le comode, ancorché inutili, pratiche terapeutiche, a favore di un sistema più complesso che li obbligava a nuovi studi e a un accurato esame di ogni malato. Un altro importante motivo di reazione contro l’Omeopatia era dovuto all’odio radicato contro l’invasore; tutto ciò che portava la marca asburgica era, in Italia, sistematicamente rifiutato e boicottato sia dalla classe intellettuale che dalla popolazione locale. La stessa sorte toccò dunque all’Omeopatia in quanto prerogativa dei medici delle odiate truppe di occupazione. Condividere le idee del nemico equivaleva a essere un traditore della patria e venire meno allo spirito patriottico. Così, proprio dove avrebbe avuto le maggiori possibilità di diffusione, l’Omeopatia si sviluppò in sordina e in ritardo rispetto alle altre regioni. Molti medici italiani ne avevano sicuramente sentito parlare dai loro colleghi austriaci, ma per loro era difficile apprendere e praticare la nuova terapia in quanto la popolazione locale, restia ad assimilare tutto ciò che portasse il marchio del nemico, poteva tacciare di filo-austriaco e traditore perfino un medico che la praticasse. Questo spiega il silenzio sulle guarigioni omeopatiche di allora e giustifica in parte le polemiche e i tentativi di allora messi in atto per ridicolizzare e distruggere l’Omeopatia. Anche uomini di elevata intelligenza si rifiutavano a priori di documentarsi seriamente sull’Omeopatia lasciandosi trasportare da una mancanza assoluta di critica e di obiettività scientifica. Bisogna tenere conto che molti italiani erano irredentisti e il giogo dello straniero era allora molto pesante: qualsiasi tentativo di ribellione veniva soffocato sul nascere mediante dura repressione. La storia del nostro Risorgimento è piena di esempi dove intellettuali, scrittori, artisti, musicisti e poeti con ogni mezzo a loro disposizione combatterono una “guerra fredda” contro l’oppressore. Il disprezzo che si esprimeva in tutte le polemiche riguardanti l’Omeopatia era dovuto soprattutto al fatto che la nuova scienza terapeutica era l’espressione delle odiate alte sfere dell’esercito. Per spezzare ogni preconcetto, era necessario un evento eccezionale che facesse scalpore e portasse l'Omeopatia alla ribalta, all'onore della cronaca. Ed è proprio ciò che accadde: la guarigione del Maresciallo Radezky. Il Maresciallo era affetto da un tumore all’occhio destro che i migliori medici specialisti di Milano e Pavia avevano rinunciato a curare. Il Prof. Jaeger, il più eminente oculista della Corte d’Austria, fu mandato dall’Imperatore presso l’illustre malato, ma senza risultato: la sua diagnosi e la sua prognosi, dettagliatamente descritte una sua relazione all’Imperatore d’Austria, furono infauste. Fu allora che Radetzky abbandonato al suo destino di malato incurabile si rivolse all’Omeopatia. Così avvenne che il Dott. Hartung lo guarì radicalmente in sei settimane con l’Omeopatia. Il Dottor Varlez, membro dell’Accademia Reale di Medicina di Bruxelles, che incredulo voleva la conferma del fatto, ricevette dallo stesso Radetzky la seguente lettera: “Signore, è con piacere e riconoscenza che io dichiaro che è a M. Hartung, medico omiopatico, che sono debitore della guarigione di una malattia gravissima dell'occhio. Trovandomi già abbandonato dagli altri medici è all'Omeopatia che io debbo la vista, oltre che la vita. I dettagli sul decorso della malattia e del relativo trattamento si trovano sulla Gazzetta Universale Omeopatica dell’Anno 1841.” Ricevete, ecc…Firmato: Radetzky. (Conférence sur l'Homoeopathie, par le Dr. Michel Granier, Paris, Ballière, 1855, pag. 91). Rimangono agli atti della storia le testimonianze, le diagnosi e le perizie scritte di due tra i più grandi luminari dell’Oculistica del tempo, i Professori F. Flarer e F. Jaeger e la testimonianza autografa dello stesso Radetzky. L’evento fu ovviamente “dimenticato” dagli storici dell’epoca in quanto i patrioti italiani cercarono di ignorare tutto ciò che riguardava l’oppressore. Infatti, nelle riviste italiane dell’epoca, tranne quelle omeopatiche, non si trova nessuna traccia di questo evento e tantomeno nessun commento a riguardo della strabiliante guarigione. In Germania e in tutta Europa, invece, il caso Radetzky ebbe ampia risonanza e molto fu scritto in onore e a maggior fama del Dott. Hartung.

Dal 1830 al 1860, l’Omeopatia conosce in Italia il massimo periodo di diffusione e di splendore. Nel suo libro Storia dell’Omeopatia in Italia il Dott. Lodispoto riferisce che nel 1834 si contavano in Italia almeno cinquecento Medici Omeopatici che rappresentavano un numero cospicuo per quei tempi, soprattutto tenendo conto che la diffusione dell’Omeopatia era limitato alla sola Campagna, alla Sicilia, al Lazio e all’Umbria. Gli elementi principali del consenso che si creano attorno alla metodica Omeopatica in quel periodo erano costituiti dagli innumerevoli successi clinici e dall’innocuità di questa forma terapeutica, che spingeva i pazienti e i Medici a farsi promotori del suo sviluppo. Il firmamento dell’Omeopatia è costellato di innumerevoli episodi e casi clinici simili a quello del Maresciallo Radetzky che contribuirono allo sviluppo e alla diffusione dell’Omeopatia in Italia. Un lunghissimo elenco di medici, scienziati, statisti e grandi uomini di cultura potrebbe essere stilato sino a riempire intere pagine. Questi uomini, grandi o meno grandi, ma tutti accomunati dalla sofferenza e dalla malattia si convertirono all’Omeopatia non per un atto di fede (come spesso i detrattori dell’Omeopatia ancora adesso asseriscono), ma solo e a seguito della propria guarigione o a quella dei propri familiari, quando le cure della medicina convenzionale avevano fallito il loro compito. Geni della levatura di Madame Curie, scopritrice del Polonio, del Radium e della Curiterapia, unica donna insignita due volte del Premio Nobel: uno per la Fisica (1903) ed uno per la Chimica (1911) e del suo sposo e collaboratore Pierre (anch’egli Premio Nobel per la Fisica) furono convinti assertori e praticanti dell’Omeopatia. “Madame Curie è Medico Omeopatico, come lo era il suo sposo e collaboratore. Noi abbiamo avuto fortuna di intervistarla nei riguardi dell’Omeopatia durante la sua recente visita negli U.S.A. e ci ha dichiarato che proprio per merito delle cognizioni Omeopatiche ha potuto condurre al successo le sue ricerche sul Radium” (Dal periodico Jottings di Filadelfia, Fascicolo n. 27, Dicembre 1930). Scienziati, statisti e uomini illustri come Aegidi, Amador, Attomyr, Balari-Costa, Bargellini, Beethoven, Behring, Benamozeg, Bier, Bismarck, Boenninghausen, Boerhaave, Boschi, Bruschi, Cargé, Charrette, Chavanon, Chopin, Amalio Cimeno, Coll, Collet, Conan-Mériadec, Curie, Daniel, Carlo Darwin, De Guidi, Dufresne, Fantappiè, Faure, Fletcher, Gastier, Gioberti, Giolitti, Gray, Henderson, Hering, Hower, Hufeland, Huchard, Kinner, Kotschau, Jahr, Jourdan, Lakhovsky, Lombroso, Lordat, Mabit, Maranon, Maritain, Mazzini, Miller, Pétroz, Puccinotti, Radetzky, Antonio Rosmini, Roosevelt, Francesco Severi, Sieffert, Simon, Skinner, Tessier, Teste, Tommasini, Weimar, Weir, Wrecha, Zlatarowich, e molti altri ancora, furono anch’essi convinti assertori dell’Omeopatia o curati con tale metodica. Anche tra i Pontefici troviamo difensori e pazienti dell’Omeopatia, dopo aver ovviamente tentato le cure convenzionali prescritte dai migliori specialisti che all’epoca avevano a loro disposizione. Mi riferisco a Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX e più recentemente a Pio XII e Paolo VI.


OMEOPATIA E RAPPORTI CON IL VATICANO

Sin dalla prima comparsa in Italia l’Omeopatia incontrò il favore dei movimenti cattolici e del Vaticano. La posizione del Vaticano nei confronti dell’Omeopatia era all’epoca ben nota non solo in Italia ma anche in Francia. Nel Giornale Omeopatico del 1875 edito a Nîmes, comparve un articolo dei Fratelli Peladan i quali scrivevano: <<La Chiesa Romana lascia piena libertà alla scienza, è scritto, finché questa rimane nel campo che le è proprio. Ciò è talmente vero che mai nessuna opinione medica fu oggetto della minima censura. D’altra parte i Papi non hanno mai mostrato quell’odiosa intolleranza che l’aggruppamento degli scienziati sapienti e ostinati nella loro routine hanno ostentato uno dopo l’altro contro i medicamenti eroici, contro le riforme farmaceutiche, contro le nuove scoperte, le proprietà dell’Antimonio e quelle della China, le preparazioni spagiriche, la teoria della circolazione del sangue e infine contro l’Omeopatia, la più importante delle novità mediche. Mentre molte Università e molti governi, essendo influenzati dai rappresentanti degli studi ufficiali, rifiutavano l’Omeopatia senza averne nemmeno studiato il nome e impedivano ai successori di Hahnemann di dispensare dei rimedi direttamente e liberamente – condizione indispensabile al successo in ogni località in cui non esiste una Farmacia Omeopatica specializzata, - la Corte di Roma procedeva con grande larghezza di vedute nei confronti del nuovo metodo di guarigione. Tutti quelli che considerano l’Omeopatia come una verità in medicina devono testimoniare a Pio IX tutta la gratitudine che la nostra scuola gli deve per i favori eccezionali che le ha concessi. Fu nel 1827 che l’Omeopatia fu introdotta a Roma dal Dottor Kinzel, un austriaco. Il metodo hahnemanniano ottenne in quella città un trionfo completo sugli avversari, cioè i partigiani della vecchia scuola allopatica. Il loro decano, il Dottor Luppi, era riuscito a convincere il Papa che era necessario proibire agli Omeopati la libera distribuzione dei rimedi a Wahle, nativo di Leipzig, omeopata, i cui numerosi e brillanti successi hanno dato alla nuova medicina un’immensa popolarità, fece invano valere i suoi privilegi di straniero e l’influenza di uno dei suoi protettori, il Barone Liedderkerke, Ambasciatore olandese. Ma, nel 1841, sebbene non possedeva nessun titolo accademico regolare, questo Medico ottenne l’autorizzazione di praticare l’Omeopatia negli Stati Pontifici da Sua Santità essendo questi, dopo essersi fatto fare un resoconto del modo in cui gli Hahnemanniani preparano le loro medicine, essendo stato sollecitato da qualche nobile famiglia romana. Da allora Wahle vide crescere notevolmente la cerchia della sua clientela, e il convento dei Gesuiti l’adottò come Medico, concedendogli onorari doppi rispetto a quelli assegnati ai suoi predecessori allopati. Egli, in seguito alle sue energiche proteste contro il divieto di distribuire rimedi e grazie alla protezione di prelati eminenti, riuscì a rendere nulle le severe ordinanze pubblicate in proposito dalla municipalità di Roma e Bologna. Infine, nel 1842, Sua Santità, meglio istruito sul modo di preparazione dei rimedi Omeopatici, revocò in favore dei Medici Omeopatici il divieto di distribuire medicine ai malati. Per di più, nel 1852, una bolla di Pio IX sanciva il diritto agli ecclesiastici di distribuire delle medicine Omeopatiche in caso di urgenza o in assenza degli uomini dell’Arte. Tale permesso era esteso alle regioni senza medici. Il Dottor Charge di Marsiglia, in seguito agli importanti servizi resi in ospizio religioso durante l’epidemia di colera nel 1849, ha ricevuto dal Santo Padre un’onorificenza del tutto particolare: la Croce di Cavaliere di San Gregorio Magno. Inoltre, il nostro governo, che non ha potuto disconoscere la devozione di questo Medico intrepido, gli ha assegnato la Croce della Legione d’Onore e lo ha innalzato, in seguito, al grado di Commendatore dello stesso ordine. Credo che il Dottor Charge sia il primo Omeopata, per lo meno in Francia, che abbia ricevuto una decorazione pontificia. >> (Pierre SCHMIDT: Quaderni di Omeopatia. Quaderno n. 4, pp. 7–8. EDIUM Editrice Dimensione Umana, Milano, 1980).

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