Senza Dio non andiamo lontano

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Senza Dio non andiamo lontano

Messaggioda Alessandro SS » mer ott 05, 2011 10:31 am

Un grazie a coloro che hanno risposto alla presentazione di ... Per ora, l'ultimo arrivato.
Un pensiero lo porgo a quelli (spero siano pochi)che non hanno l'opportunità di accedere a internet e a quelli che pur leggendo non hanno risposto. Va bene così, poiché non desideravo assolutamente "contare" il numero delle risposte eventualmente ricevute. Tanto per chiarezza.
Ora, volevo consegnare una personale riflessione sul momento che vive l'attuale società e particolarmente tanti cristiani che sono attaccati dall'esterno sulle loro certezze di Fede e che finiscono per indebolirsi e anche cedere e cadere.
Dedico queste pagine agli uomini e alle donne che, di fronte all' (in)-evoluzione attuale del mondo, s’interrogano in profondità e con inquietudine sulla Fede che conosce oggi una "crisi" che definirei sotto attacco del menzognero (tanto per cambiare questo tipaccio non cambia abitudini e s'insinua velenoso tra le nuove generazioni contando sulle mancate trasmissioni delle notizie in Famiglia).
Uomini e donne, che hanno impegnato la loro vita su certezze di fede, si accorgono che intorno a loro, nella società civile e rare volte nell'ambiente religioso, queste certezze essenziali e vitali sono diventate “fluttuanti, burrascose, in preda ai comportamenti tempestosi del singolo e hanno, purtroppo, ripercussioni anche al di fuori dello stesso, al punto che il Romano Pontefice ha dichiarato poco tempo fa" .... offuscano l'immagine Santa della Chiesa".
Succede come se ciascuno fosse preda di se stesso, che solo a se stesso è demandato definire cosa è la fede personale: siamo forse preda dell'egocentrismo quindi centro del mondo? siamo sincretici? manicheisti? relativisti? pagani? e che in definitiva siamo tutti peccatori, quindi attaccabili.
Così non bisogna stupirsi che molti credenti siano, nel loro intimo, disorientati e presi da smarrimento di fronte a una tempesta che nessuno di noi può sapere dove e quando si fermerà.
È più facile difendersi contro una persecuzione dichiarata piuttosto che contro forze maligne confuse e spesso interiori che tendono a generare disgregazione.
Di fronte a questa situazione, ritengo siano possibili diversi atteggiamenti.
Il primo è quello di sostenersi con un ottimismo di facciata: "Tutto sta per assestarsi. Ondeggiamenti, ombre, passi falsi, tutti certamente ne subiamo; è inevitabile, è la vita, sento spesso pronunciare e accettare incondizionatamente". Oppure: "Aspettiamo un poco, con calma e pazienza, e tutto rientrerà nell'ordine, si sistemerà!".
Nell’ascoltare questi discorsi rassicuranti, come non pensare all'osservazione di quel ministro delle finanze che, alla vigilia di una svalutazione della moneta ufficiale, dichiarava: «Ebbene sì, tutto finisce per assestarsi?». E aggiungeva in sordina: «Talvolta molto male».
Qualche tempo fa, in una trasmissione televisiva, un Vescovo era interpellato sui problemi attuali della Chiesa e della Fede. Ai suoi interlocutori sempre cortesi, le cui frecce tematiche erano spuntate, il Pastore rispondeva con una sincerità evidente ma anche con molta prudenza e abilità culturale e dialogica. I problemi del momento si assottigliavano, poi si volatilizzavano; di nuovo la barca di Pietro scivolava su acque tranquille, e «l'onda era trasparente come nei giorni migliori».
Di fronte a questa crisi della Fede è possibile un secondo atteggiamento: quello dello scoraggiamento e del panico. «la barca affonda. Si salvi chi può! ». Questo non si grida sui tetti; ma può essere che si pensi, senza troppo confessarlo a se stessi. E sotto una forma mascherata, si prepara una posizione di ripiegamento. Quest’atteggiamento dobbiamo respingerlo come indegno e contrario alla nostra Fede profonda e i Martiri della Santa Chiesa sono il nostro esempio.
Resta un terzo e ultimo atteggiamento, il solo che, ritengo, merita di essere preso in considerazione: e consiste, non già nel subire questa notte oscura nonchè lunga e buia, ma nello sforzarsi di comprenderla e di attraversarla solo alla Luce della Parola di Dio e con la Tradizione della Chiesa che sola conserva e preserva il Depositum Fidei. Si tratta di accoglierla, non come una catastrofe, ma come un Mistero di Dio carico di richiami e di significati, e che fa parte del Suo disegno e ripeto a noi, esseri umani: questo Mistero come gli altri è, oggi, imperscrutabile e inconoscibile, è diretto a l’umanità e per ogni uomo. Per questo «noi abbiamo la parola dei profeti e dei santi» e c’è chiesto di «ben fissare su di essa il nostro sguardo come su una lampada che brilla nella notte, sino a che spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei nostri cuori» (2 Pietro, 1, 19).
Ciò che noi siamo chiamati a vivere oggi è stato già vissuto, in effetti, in maniera profetica dal popolo di Dio - Israele - in un dato momento della sua storia, precisamente durante il lungo esilio, che seguì al disastro nazionale del 587 a.C.
Questo esilio, di una cinquantina d'anni circa, fu per il popolo dell' AT una vera traversata notturna; segnò la fine di un mondo precedente. Il popolo conobbe allora la notte delle istituzioni: tutto ciò che lo contornava e lo proteggeva andò perduto, tutto ciò che poteva dargli fiducia nel proprio destino, distrutto.
Gerusalemme - la Città Santa di Dio - e il suo Tempio rasi al suolo, la dignità regale soppressa, la terra occupata e annessa dai conquistatori, i migliori del popolo eletto deportati. Spogliato di tutti questi segni particolari, che ne facevano, appunto, il popolo eletto, disperso in mezzo alle nazioni pagane, Israele è riportato alla sua nudità primitiva, è rimandato alla povertà essenziale dell'uomo. «Giorni di tenebre e di caligine», così il profeta Ezechiele caratterizza questo tempo di deportazione. Israele non sa più in anticipo chi è l'Eterno né ciò che vuole, cammina tentoni nella notte. Non è più dalle altezze folgoranti del Sinai che viene la Parola che salva, ma dalle profondità di un cuore spezzato.
Questa esperienza è stata vissuta a una profondità tale che essa trascende le circostanze storiche particolari nelle quali si è svolta; toccando il fondo dell'uomo, ha raggiunto l'universale. Allora furono vissute delle situazioni, furono dette delle parole che fanno di questo momento della storia biblica una profezia del divenire profondo dell'uomo; di quello di ciascuno, anche di quello del popolo di Dio nel suo insieme. A questo titolo, questa esperienza ci riguarda direttamente oggi. Essa contiene la sola Luce che può rischiarare la nostra marcia presente nella notte del mondo, facendoci vedere ciò che anche noi siamo chiamati a divenire.
Che succede dell'uomo, quando ha perduto tutto, persino quella che considerava la cosa più sacra? Come vive allora il suo rapporto con il mondo - questo mondo che Giovanni nella sua 1^ lettera, 2 capitolo versetti 15-16-17 testualmente scrive: «Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!». Come vive il suo rapporto
con gli altri, soprattutto con se stesso? Come la notte più nera può diventare il momento della speranza? Per quale metamorfosi?
Posso solo consegnarvi il mio umile risultato finale della riflessione: quanto più un’esperienza umana è radicale, dolorosa e netta, tanto più è opportunità per rivelarci il FONDAMENTALE, l' ETERNO PADRE.
E l'esperienza biblica dell'esilio è una delle più radicali, dolorose e nette fatte dell’umanità. Nessuno può attraversare una tale angoscia senza sprofondarsi in una disperazione senza fondo, se non che l'uomo cerchi e incontri, nel più profondo del suo abisso, Fede e Speranza.
"… Indubbiamente in tutte le cose non solo occorre che non perdiamo di vista il fine del precetto, vale a dire la Carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera (ad esso dobbiamo ricondurre tutto ciò che diciamo), ma occorre pure che verso quel medesimo precetto sia avviato e diretto lo sguardo di colui che ammaestriamo con la parola. Non per altro, infatti, tutto quello che leggiamo nelle Sacre Scritture è stato scritto, prima della venuta del Signore, se non per assicurare la sua venuta e per prefigurare la Chiesa futura, cioè il popolo di DIO in mezzo alle genti, che è il suo corpo; popolo che unisce ed annovera tutti i santi che vissero in questo mondo anche prima dell’avvento del Signore e credettero che egli sarebbe venuto, come noi crediamo che è venuto”. SANT’AGOSTINO – tratto da Prima Catechesi Cristiana.
Un ciao cordialissimo a tutti quanti, buona giornata nel nome del SIGNORE, preghiamo per il Santo Padre e i Pastori e Sacerdoti, per i Santi e i Defunti e per le nostre Famiglie e a presto.
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Re: Senza Dio non andiamo lontano

Messaggioda GrisAdmi » lun ott 24, 2011 7:14 am

La Chiesa è in "crisi" sin dai tempi apostolici. Ci basta leggere le epistole paoline per renderci conto di quanto gravi e grandi fossero i problemi nelle primissime comunità cristiane e riconoscervi (per quanto declinati in maniera leggermente differente) gli stessi problemi che affliggono oggi la Chiesa. Il compito del cristiano è però reagire alla "crisi" (proprio come fece l'apostolo Paolo) e lottare con tutte le proprie forze (sostenuto dall'indispensabile ausilio dello Spirito Santo) perché la barca continui a navigare. E lo farà, perché Gesù ce lo ha garantito.
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