ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Si suppone la conoscenza della Dottrina Cattolica in linea di massima. Qui si dà spazio al chiarimento di punti che rimanessero lacunosi per alcuni utenti.

Moderatore: berescitte

ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda alenis » dom set 14, 2008 8:55 pm

in un altro forum scrivono che la Messa deve essere in latino e non in lingue autoctone; e che è un problema di ordine dottrinale e non pastorale.

infatti trovo scritto:

Concilio di Trento:
Se qualcuno dirà che il rito della chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da riprovarsi; o che la messa debba essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice non debba esser mischiata l’acqua col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia anatema.

Sula interpretazione della Sacra Scrittura:
Concilio di Trento:
Inoltre, per reprimere gli ingegni troppo saccenti, dichiara che nessuno, basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti di fede e di costumi, che riguardano la dottrina cristiana, piegando la sacra Scrittura secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre scritture o anche contro l’unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate.
Concilio vaticano I:
E poiché quanto il santo concilio di Trento ha salutarmente stabilito sulla interpretazione della divina scrittura per frenare gli insolenti, viene esposto da alcuni in modo perverso, noi, rinnovando tale decreto, dichiariamo che la sua intenzione era che in ciò che riguarda la fede e i costumi, che appartengono all’edificio della dottrina cristiana, deve considerarsi il vero senso della sacra scrittura, quello ritenuto e che ritiene la santa madre chiesa, cui solo appartiene giudicare quale sia il vero senso e l’interpretazione autentica delle sacre scritture, e che, perciò, non è lecito a nessuno interpretare la sacra scrittura contro questo senso e contro l’unanime consenso dei padri.

e poi cosa scrivono ancora:

-------------------------

"La lingua propria della Chiesa Romana è la latina” (San Pio X), questo è dovuto al fatto che “Gesù Cristo scelse per sé e consacrò la sola città romana.
È qui che volle restasse in perpetuo la sede del suo Vicario” (Leone XIII). Inoltre la Chiesa essendo Una, Cattolica, Apostolica e Romana quindi universale, non sarebbe opportuno che per il Sacrificio dell’Altare si parli lingue diverse. “La Chiesa - scrisse Pio XI - abbracciando nel suo seno tutte le nazioni (…) esige per la sua stessa natura una lingua universale…"
Inoltre è la necessità dell’immutabilità della liturgia, che essendo Cosa celeste, non può accodarsi ai capricci del mondo. E’ il segno dell'eternità partecipata della Chiesa e della irreformabilità del suo insegnamento.
La lingua latina ha un grande vantaggio che è quello di sfuggire alle continue revisioni indispensabili per le lingue vive, le quali, dopo qualche decennio diventano se non incomprensibili, almeno antiquate.
Come diceva saggiamente Romano Amerio: "la Chiesa è, nella sua sostanza, immutabile e perciò essa si esprime con una lingua in qualche modo immutabile, sottratta (relativamente, e più di ogni altra) all'alterazione delle lingue usuali, alterazione così celere che tutti gli idiomi europei oggi parlati hanno bisogno di glossari per poter intendere le opere letterarie dei propri primordi.
La Chiesa ha bisogno invece di una lingua che risponda alla sua condizione intemporale e sia priva di dimensione diacronica (storica)…"
Per la Chiesa Cattolica, la Messa è principalmente il Sacrificio offerto a Dio. Solo per l'omelia si può usare la lingua locale, ma non lo è affatto per il resto della celebrazione.
Va infine ricordata la figura di padre Pio, che rappresenta nella storia del cristianesimo uno dei santi che più ha saputo incarnare l’idea di sacerdote come ponte tra Dio e gli uomini. Padre Pio non si è mai considerato un “presidente di assemblea”, un semplice “educatore”, non solo perché celebrò innumerevoli volte da solo, senza fedeli, ma soprattutto perché viveva nella sua carne l’incontro con Gesù crocifisso,viveva, cioè, ogni momento, la sua Messa. Le folle non accorrevano a lui per come leggeva le Sacre Scritture: rimanevano affascinati dal modo in cui pronunciava le parole della consacrazione, da come si inginocchiava davanti al corpo di Cristo, dalla tenerezza con cui lo teneva tra le mani, dalle gocce di sangue che sgorgavano dalle sue palme, dalla consapevolezza che aveva di essere, nonostante tutta l’umana abiezione, un altro Cristo.
..............................................................................................................


la mia opinione è che la Messa in latino sia solo un problema di contesto storico e se un papa disse che chi la recitava in altra lingua, era anatema, è stato solo per motivi legati a quel contesto storico.


voi che ne pensate ?
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda GrisAdmi » ven set 19, 2008 1:49 am

Quando si legge un documento magisteriale è necessario farlo con molta cautela. Chiunque estrapolato i passi citati, evidentemente, non ha idea di come i documenti in oggetto vadano letti. Tali passi, infatti, vanno inquadrati nel loro contesto specifico. Se così non fosse, questi condannerebbero anche la liturgia delle Chiese orientale (che non è mai stata in latina né avrebbe mai potuto esserlo), comprese quelle che da sempre sono in comunione con Roma. Questo, ovviamente, è semplicemente assurdo.
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda bestap » ven set 19, 2008 10:29 pm

Prima di affrontare il tema è necessario chiarirci su cosa si intenda Pastorale e Dottrinale, altrimenti il rischio è quello di incorrere che con pastorale intendiamo “logistico”.
La Dottrina è palese derivare dal verbo “docere”, cioè insegnare; ma nell’ambito Cristiano la Dottrina non è l’oggetto della Fede, come lo è invece per altre religioni; pertanto volendo rappresentare in cosa consista la dottrina Cristiana, lo si può sintetizzare con la persona di Cristo. Egli infatti raduna in se tutti quegli aspetti che poi definiscono la dottrina Cristiana dalla natura umana allo Spirito Santo.
Possiamo quindi intendere che la dottrina è un’insieme di aspetti che trovano la congiunzione in Cristo, infatti la religione Cristiana Cattolica asserisce proprio che è l’incontro con una Persona, quella di Gesù.

Pastorale, preso come aggettivo lo possiamo rivolgere a qualunque dei fedeli Cattolici; La cura Pastorale è la cura che Dio ha per il creato e che mediante Gesù Cristo insegna agli uomini a fare lo stesso. Pertanto sulle orme del Maestro, come possiamo apprendere dai verbi di attenzione verso il prossimo anche visti in termini di fiducia o di prudenza, di temperanza e così via, ognuno di noi è chiamato ad avere un atteggiamento “Pastorale”, cioè di cura.
Se lo osserviamo come un sostantivo, la cosa cambia aspetto e diviene più propriamente uno strumento di lavoro, solitamente chi è Pastore e cioè che può dare direttive sull’agire che secondo lui ma anche secondo la chiesa possano meglio attuare l’insegnamento di Dio.

Fatta questa dovuta premessa, troviamo subito un altro quesito che da un po’ di “post” a questa parte trovo ridondanti: il concilio di trento e il ritorno a tradizioni passate.
A tal proposito spendo due parole circa l’intervista a Mons. Lefebvre, il quale vedo e sento che continua a suscitare non poche reazioni, rispolverando idee sul piano umano talvolta anche valide, ma teologicamente inapplicabili. L’intervista, sebbene veritiera circa l’esposizione dei fatti non deve indurre a pensare che le polemiche suscitate da Lefebvre siano giustificabili, soprattutto a fronte di un concilio e soprattutto quando si vuole relegare l’operato della Chiesa Cristiana ad un mero “consiglio” amministrativo. La discrepanza di Lefebvre con la Chiesa Cattolica, ammesso e non concesso avesse ragione su una o più parti, sta nel non credere allo Spirito Santo nel vincolo dell’obbedienza e in quello che è il vero significato, ovvero che come Cristiano so che davanti a me c’è la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia(ab-audire), stare davanti. E Chi di noi stando davanti a Cristo, crede di aver diritto di parlare, nel tentativo di affermare le proprie ragioni?

Riprendendo il discorso in merito al concilio di trento e senza entrare tuttavia nel merito delle tante questioni proposte, è ben più utile forse ricordare che un concilio è la proposta da “credere come rivelato da Dio” (c.c.c.891) e cfr. 880 e ss.
Pertanto, posto in questi termini, un concilio a detta di chiunque, non può “dettare” errori! E’ più probabile che a fronte di determinate scelte vi sia un’incapacità o una non preparazione a comprenderne da subito le intenzioni, ma d’altra parte Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito (Gv, 3,8).
Questo per indicare che a fronte di un nuovo concilio, l’effetto del precedente lo si continuerà a percepire nel Magistero che lo continuerà ad attuare o ne proseguirà l’azione migliorata. Dobbiamo ben comprendere che la logica non è quella del “tutto e subito” e pertanto il valore di alcune decisioni lo si deve “inquadrare nel loro contesto specifico”, proprio come indica Trianello.

Possiamo quindi giungere alle conclusioni del caso circa le necessità che spingono al riproporre la messa in latino, ovviamente con le opportune distinzioni. Cosa vuol dire messa in latino?
Se lo si gradisce, alle ore dieci di tutte le domeniche le messe capitolari nell’Arcibasilica Papale del Ss.mo Salvatore in Roma si può partecipare alla celebrazione in lingua latina, ma questa è la messa del Missale Romanum secondo il concilio Vat.II.
La messa di cui vogliamo trattare è quella del Messale di PioV, quella trattata dal concilio di Trento; ma anche qui dobbiamo comprendere tuttavia che quella introdotta con il motu proprio da Benedetto XVI è la facoltà lasciata al sacerdote Cattolico di rito latino che celebri in assenza di popolo di usare il Messale di Paolo VI del 1970, quello tutt’ora in uso, o quello di Pio V ma del 1962 ovvero quello che già prevede le variazioni introdotte da Giovanni XXIII il 26/7/1960 a sua volta con motu proprio Rubricarum instructus. Altresì con il popolo è concesso di celebrare laddove vi sia una comunità stabile di un numero minimo di trenta fedeli che chiedono di celebrare usando quel rito. In altre parole è stato tolto l’indulto richiesto fino a pochi “giorni” fa.
Tutto ciò sicuramente è un tentativo, se vogliamo anche opportuno, di far riavvicinare fedeli anche attraverso una serie di accorgimenti non raffinatamente teologici o di particolare interesse pastorale; ricordiamo alcune prerogative del Messale di PioV che sono: la messa privata come editio typica; l’assemblea abbia un ruolo non rilevante; il cerimoniale prevalente sulla funzionalità originaria; l’eccessivo Rubricismo. Messo al cospetto della nuova edizione approvata dal concilio vaticano II, si nota subito lo slancio verso la ricerca di una forma di “preghiera” più armoniosa, se non sotto il profilo linguistico, senz’altro sotto quello strutturale nonché di notevole efficienza poiché introduce i soggetti come parte attiva della celebrazione e non come “assistenti”. (si ricordi il rosario recitato durante la messa; ad oggi, tale situazione è proibita).
Tuttavia palese deve essere che non è la validità del Sacramento Celebrato che viene posta in discussione, valida appunto in tutti e due i riti!

Personalmente ritengo che l’implementazione del rito del 1962 possa avere anche le sue buone ragioni di essere attuata; circa il latino, tenendo ancora una volta presente quanto esposto da Trianello, non è auspicabile applicare solo la lingua latina, poiché in primo luogo taglierebbe fuori la gran parte dei fedeli; in secondo luogo, ad essere precisi le “prime messe” sono state celebrate in Ebraico, se non in Aramaico!
Altra questione che accenno solamente, anzi rilancio, quale sarebbe la struttura giusta della messa? Nella Scrittura è riportata in diversi passi e addirittura se vogliamo, ve n’è una anche all’aperto… buona ricerca!
:D
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda alenis » sab set 20, 2008 8:06 am

Trianello ha scritto:Quando si legge un documento magisteriale è necessario farlo con molta cautela. Chiunque estrapolato i passi citati, evidentemente, non ha idea di come i documenti in oggetto vadano letti. Tali passi, infatti, vanno inquadrati nel loro contesto specifico. Se così non fosse, questi condannerebbero anche la liturgia delle Chiese orientale (che non è mai stata in latina né avrebbe mai potuto esserlo), comprese quelle che da sempre sono in comunione con Roma. Questo, ovviamente, è semplicemente assurdo.



appunto; se il papa in un certo periodo storico ha affermato che era il latino la lingua da seguire è stato per motivi appunto "storici"
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda alenis » sab set 20, 2008 8:41 am

bestap ha scritto:
Personalmente ritengo che l’implementazione del rito del 1962 possa avere anche le sue buone ragioni di essere attuata; circa il latino, tenendo ancora una volta presente quanto esposto da Trianello, non è auspicabile applicare solo la lingua latina, poiché in primo luogo taglierebbe fuori la gran parte dei fedeli; in secondo luogo, ad essere precisi le “prime messe” sono state celebrate in Ebraico, se non in Aramaico!
Altra questione che accenno solamente, anzi rilancio, quale sarebbe la struttura giusta della messa? Nella Scrittura è riportata in diversi passi e addirittura se vogliamo, ve n’è una anche all’aperto… buona ricerca!
:D


quello che più o meno avevo detto in quel forum. Tra l'altro ho detto che, secondo il loro ragionamento, gli Evangelisti avrebbero fatto male a scrivere i Vangeli in greco ( con il tutto il Magnificat e preghiera del Padre Nostro ) visto che sicuramente Gesù e Maria lo avranno detto in aramaico.
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda bestap » sab set 20, 2008 1:07 pm

La mia sottolineatura circa che se si volesse essere precisi la lingua "ufficiale" sarebbe l'aramaico è ovvio che vuole essere un semplice richiamo a quella che è invece la fonte ufficiale che è appunto il Greco.
Gli Evangelisti hanno scritto in Greco perchè era la lingua "franca" dell'impero romano d'oriente; Le lingue della Bibbia quindi in tutto sono tre: l’aramaico, l’ebraico e il greco; poiché l’aramaico è molto vicino all’ebraico e in esso sono state scritte poche sezioni della Bibbia, è possibile limitare l’analisi alla lingua ebraica e a quella greca. La prima assomma in sé caratteristiche di semplicità e di essenziale povertà (trilitterismo) ma anche di concretezza e dinamicità mentre la seconda (koinè semitizzato) è più raffinata e armoniosa.
La Bibbia è nata in ambiente semitico; per questi popoli la verità non è un concetto astratto di tipo greco afferrabile con l’intelligenza ma qualcosa di concreto sperimentabile con tutto l’essere. Dio è dunque non tanto verità nel senso di realtà suprema ma nel senso di rivelazione, anche se questa mostra i caratteri dell’ambiguità e dell’incertezza.
La Bibbia è opera divino-umana e prima che essere la verità da credere è la verità, intesa come l’amore del Dio trinitario che si è fatto carne in Gesù Cristo.

un saluto.
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Re: ma la Messa in Latino è dottrinale o pastorale?

Messaggioda alenis » dom set 21, 2008 7:06 am

infatti, da quello che mi dici, deduco quello che ho sempre pensato: la scelta della lingua, è "funzionale" in merito allo scopo che ha; se infatti si iniziarono a celebrare le Messe in latino, fu per scopi "funzionali" e non "dottrinali"; il latino, divenne, per un certo periodo, la lingua più diffusa e si preferì agire di conseguenza; ora non avrebbe senso tornare indietro ( a meno che non sorga un contesto sociale che lo richieda ) .
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