Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

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Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » gio dic 17, 2009 6:45 pm

Come avevo promesso di fare, tempo addietro, in una trasmissione tenuta a Radio Maria, in questo 3D vorrei esaminare “SEI CONCETTI ERRATI SUL CRISTIANESIMO”, così titola la Torre di Guardia del 1 Novembre 2009, che ne tratta da pag 1 a pag. 9.

Anzitutto una chiarificazione terminologica, per chi non conosce il “geovese”, cioè il linguaggio usato dalla Società Torre di Guardia (alias Watchtower, siglata WT). La WT, definisce “lingua pura” della bibbia il suo particolare modo di esprimersi con il quale inculca non solo il credo ma anche il vocabolario specifico che i suoi adepti devono apprendere e usare. Cosa che produce naturalmente l’effetto tutt’altro che trascurabile di indovinare al volo se per caso qualcuno ha attinto informazioni anche a fonti esterne alle pubblicazioni geoviste!
Dunque in questa neolingua per “cristianesimo” i TG intendono il fenomeno cristiano nella storia, la religione cristiana. Loro si definiscono “i cristiani” o “i veri cristiani”, e tutti quelli che si dicono seguaci di Cristo sono definiti “la cristianità” o “la cristianità apostata” o “i cristiani nominali”. Così accade che possono sorprendere l’interlocutore affermando “noi siamo cristiani ma non siamo della cristianità”. E questa è una delle mille trovate per incuriosire e avere la possibilità di “spiegare” presentando il loro credo, azione che definiscono “dare testimonianza” o “dare l’annuncio-l’avvertimento” della prossima fine di “questo sistema di cose” (altra trovata terminologica per evitare di dire “fine del mondo” e spiegare che il mondo fisico, il pianeta, non finirà ma finiranno i cattivi che vi abitano… il che poi però verrà smentito perché si insegnerà che anche durante il millennio e perfino durante la successiva “vita eterna sulla terra paradisiaca” vi potrà essere chi si comporta male e verrà distrutto.

I “sei concetti errati sul cristianesimo” sarebbero dunque quelli insegnati dalla “cristianità”; non a caso la foto che correda la copertina mostra alcune persone inginocchiate in chiesa. E la WT, in questo numero, intende elencare e confutare tali idee che lei ritiene errori. Noi ovviamente cercheremo di difenderli perché le riteniamo al contrario verità rivelate da Dio. Ai lettori il giudizio…

A pag 3 si inizia citando Colossesi 2,8 così: «State attenti che qualcuno non vi porti via come sua preda per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno di uomini.» (NM) E questo viene detto perché, come si spiega subito dopo, «malgrado l’avvertimento di Paolo, dalla metà del II secolo E.V. alcuni cristiani cominciarono a usare concetti che avevano preso a prestito da antichi filosofi per spiegare le loro convinzioni religiose.» Il che, a parere della WT, significherebbe lasciarsi prendere dalla predatrice-sviatrice filosofia.
Secondo noi già questo incipit può essere contestato, per i seguenti motivi:

1)- Quando S. Paolo ha scritto quel monito (un apax in tutta la Bibbia) non alludeva alla filosofia nel vero senso della parola ma alludeva a sistemi di pensiero pagani basati sulla superstizione, sull’astrologia, e su usanze ebraiche, come si ricava sia dallo stesso versetto che prosegue dicendo “secondo gli elementi del mondo”, richiamati poi anche ai vv. 20-23. Allude cioè a sistemi di pensiero che non erano “secondo Cristo”. Pensieri, credenze, che impropriamente sono detti “filosofia”. Anche oggi si usa chiamare filosofie certe convinzioni e modi di ragionare originali.

2)- La prova che con questo termine S. Paolo non intendesse affatto condannare la vera filosofia è dimostrato con chiarezza dalla stessa Bibbia laddove egli (in Romani 1,18-23) definisce stolti e riprovati da Dio, proprio coloro che non hanno compiuto il passaggio mentale dalle creature al Creatore, stimolati dalla bellezza e dall’ordine del creato. Ovvero condanna proprio chi non ha fatto filosofia applicando, con logica, l’inferenza metafisica dal fenomeno (il creato con il suo ordine) alla Causa prima che lo ha prodotto (Dio)! Anche se in Romani S. Paolo non usa il termine “filosofia” è indubbio che alluda al più classico dei procedimenti filosofici, dimostrativi dell’esistenza di Dio, perennemente valido conosciuto come prova cosmologica. E va notato che questo procedimento, della scoperta e relativo omaggio di Dio Creatore, secondo S. Paolo, può e deve essere compiuto fuori, della rivelazione, prima di diventare credenti, cioè con le sole forze della ragione (come tutt’oggi insegna il Magistero cattolico). Infatti i colpevoli di cui parla S. Paolo sono i pagani e non i cristiani. Ed è quindi Dio stesso che esige che ogni essere umano faccia filosofia se non vuole essere condannato e finire nelle tenebre spirituali.

3)- La stessa WT usa (non può farne a meno!) dei concetti filosofici di “natura” e “persona”. Lo fa sia parlando di Dio che parlando dell’uomo. Anche se poi dà a questi concetti dei contenuti intelligibili diversi da quelli che gli danno altri dando luogo a una teo-logia e ad una antropo-logia molto diversa da quella diffusa tra la cristianità, e anche molto diversa da quella biblica (vedi appresso il cosiddetto “errore” circa l’anima umana).
La WT fa filosofia anche quando logicizza (la logica è infatti un ramo della filosofia), quando cerca di rendere una sua tesi evidente (l’evidenza è il criterio ultimo usato dalla filosofia quando una verità affermata deve essere dimostrata – cioè trattata con una mediazione logica fatta di premesse e conclusioni che la portino dalla non evidenza immediata alla evidenza mediata). Fa filosofia dunque anche quando invita semplicemente a “ragionare”, perché ragionare è sinonimo di logicizzare.

Il fatto dunque che la WT condanni a parole la filosofia può avere solo due spiegazioni: a) o non sa quello che dice, perché non si rende conto che negando il valore del filosofare, di fatto lo conferma perché ne fa ampio uso – un uso a livello di filosofia elementare, dobbiamo dire, per non offendere i cultori di questa antichissima disciplina che ha una sua cattedra in ogni università – ; 2) oppure sa di mentire ma dovendo trovare un modo per inglobare tutto il pensiero esterno al movimento geovista come demoniaco, satanico, sviante, ha trovato in questo versetto di S. Paolo il pretesto per far demonizzare dalla Bibbia tale pensiero, così da preservare i suoi adepti da qualsiasi influenza di ragionamenti altrui dichiarati tout-court “filosofie umane”.
La paura-rigetto viene puntellata anche da altri passi biblici interpretati analogamente: si veda “non siate così presto scossi dalla vostra ragione”, che dall’invito a restare saldi in ciò che si è conquistato passa a significare di temere che se si ragiona troppo la stessa ragione potrebbe far vacillare la fede; oppure l’accenno all’onnipresente Satana “sviatore” che può “far inciampare” trasformandosi in “angelo di luce”, intendi prendendo l’aspetto di un ragionamento eccellente ma fatto da persona estranea al movimento e contestatore del pensiero geovista, eccetera…
Non crediamo di sbagliare se riteniamo che è dall’inculcare fortemente questo spauracchio che deriva una buona carica di chiusura mentale, di rifiuto del dialogo, di fanatismo, del ricorso a ironia e sarcasmo per ciò che dicono “quelli di fuori” che è tipico di tanti TG “culturalmente indifesi” (L. Minuti).

E’ però condivisibile, come la rivista continua sempre a pag. 3, dire che “l’adozione di un concetto errato portò ad altri concetti errati”. Ma non nel senso geovista che questo “produsse quella che oggi viene ritenuta la dottrina cristiana”, dottrina che invece è pura e vera. Ma nel senso che proprio nel geovismo sia l’idea sbagliata di Dio, sia quella parimenti sbagliata dell’uomo, produssero quella che oggi viene ritenuta la dottrina dei Testimoni di Geova demolitrice della quasi totalità di tutti gli articoli di fede creduti dalla “cristianità”.

Ma non è questo il luogo per dimostrare che l’adozione di termini mutuati dalla filosofia, men che sviare dalla verità rivelata, è servita alla Chiesa per esporla con grande chiarezza, al punto che la filosofia, in ambito cattolico, è stata definita “ancilla theologiae” (serva della teologia) ed è ritenuta così necessaria all’inquadramento mentale che ogni università pontificia ne obbliga il corso; corso che comprende anche una “teologia naturale o razionale” (detta anche teodicea), prima di introdurre gli studenti nella teologia della rivelazione. L’esposizione dei dogmi, come anche la normale spiegazione della dottrina creduta per rivelazione non può fare a meno, se non esponendosi al pericolo di grande confusione, di utilizzare dei termini precisi e non equivocabili. E si dà il caso che sia la filosofia ad aiutarci a definire con esattezza i termini da usare per esporre la fede, quali ad esempio: verità, libertà, Dio, uomo, tempo, ragione, eternità, coscienza, persona, sostanza, natura, morale ecc… al punto che alcuni concetti filosofici, per quanto umani e perciò limitati di fronte all’Ineffabile, se utilizzati ad esprimere formulazioni dogmatiche, sono da queste coonestate e partecipano della infallibilità dottrinale (così Paolo VI). Ecco perché, una volta trovato un termine che ritiene adatto, la Chiesa vuole che non ci si discosti da esso usandone arbitrariamente altri che possono essere ambigui. I dogmi vanno intesi ed espressi “eodem sensu eademque sententia” (nello stesso senso e con la stessa modalità) con cui furono formulati.

Ma è tempo di passare ad analizzare i 6 concetti diffusi dalla cristianità che secondo la WT sarebbero errati.
(continua)
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » ven gen 15, 2010 7:58 am

Ogni punto dei sei contestati inizia dichiarando quale sarebbe l’errore dottrinale della cristianità e termina dichiarando quale sarebbe la verità geovista.
Siamo a pagina 4 della Torre di Guardia 1 Novembre 2009
Metteremo in neretto il testo della rivista. In tondo normale le nostre osservazioni.



«CONCETTO ERRATO N. 1: L’ANIMA E’ IMMORTALE»
a fine pagina si legge:
«VERITA’: Alla morte la persona cessa di vivere»
Notiamo anzitutto l’illogicità del passaggio da anima a persona, che non sono la stessa cosa, perché la persona è il soggetto che, avendo una natura umana, è fatta di anima e di corpo e non solo di anima.
E qui si evidenzia subito l’ambiguità confusionaria della tesi geovista. Infatti concludere che le persone cessano di vivere, equivale a dire che muoiono; cosa che tutti possiamo e dobbiamo sottoscrivere. Mentre noi stessi se ci si chiede se l’anima muore diciamo di no. La confusione geovista – per cui tutta la sua tesi poggia sull’equivoco – è quella di identificare la persona con l’anima. E abbiamo anche un'altra ambiguità dicendo che le persone cessano di vivere, alla loro morte. In effetti questa espressione o è un inutile truismo giacché morire e cessare di vivere sono equivalenti, o nasconde una verità geovista, qui non dichiarata ma che sarà propinata in seguito agli adepti. Infatti nel geovismo l'espressione "cessare di vivere" significa "essere annientati", ovvero annichilazione, nullificazione di tutto ciò che l'uomo è. Ed è questo che il geovismo vorrebbe che credessimo. Dicendo "l'anima muore" vorrebbe che noi accettassimo l'idea che ogni aspetto o componente dell'essere umano finisce nel nulla, cioè - utilizzando la comune accezione moderna di uomo - che scompaia dal piano dell'essere sia il corpo che l'anima, da esso definiti "corpo e spirito"(=energia vitale) il cui insieme è definito equivocamente "anima".

Si vedano al riguardo le dichiarazioni chiarissime, non contenute in questo articolo ma pluriripetute in varie pubblicazioni, che suonano: “Voi non avete un’anima, siete un’anima”, oppure “la vostra anima siete voi”. Con la parola “anima” quindi il geovismo intende le persone concrete, fatte di anima e corpo. E l’affermazione che suona “l’anima muore”, detta da un TG, va capita nel senso che “le persone muoiono”. Il che costituirebbe però un truismo, e sarebbe anche ridicolo pensare che una tale ovvietà di cui facciamo tutti esperienza quotidiana dalle notizie dei giornali e TV debba esserci rivelata dalla Bibbia, quasi fosse un mistero soprannaturale il fatto che le persone muoiono. Di qui la necessità geovista di rendere il discorso nebuloso, al fine di dare ad intendere che ciò che muore non è la persona ma ciò che per noi è un componente della persona e precisamente quella parte immateriale che chiamiamo anima (o anche “spirito”).

A questo scopo, in questo articolino, serve la citazione biblica che la WT presenta nella rivista e che si domanda «Cosa dice la Bibbia? “L’anima che avrà peccato, quella morirà”. – Ezechiele 18:4, Ricciotti».
Il ricorso all’esegeta cattolico Ricciotti è ingannevole. La WT sa benissimo che la versione della Bibbia fatta da vari esperti, tra cui Giuseppe Ricciotti, edita da Salani, è del 1955 (è elencata a pag. 6 del libro geovista Ragioniamo) e sa anche che, come si dichiara nella prefazione di detta opera “La versione venne fatta dal testo latino della Vulgata”). Ciò vuole dire che quella Bibbia non fa testo, che è impertinente a sostenere che l'uomo sia un'anima, poiché in latino “anima” significa persona e non solo la parte spirituale dell’uomo. Quella versione risente quindi del latinismo, ancora in uso mezzo secolo fa, in base al quale si definivano le persone anime. Ad es. se un prete incontrava un parroco gli chiedeva “quante anime ha la tua parrocchia?” ma non intendeva ovviamente parlare di spiriti disincarnati. E così i parroci erano anche detti “preti in cura d’anime”. Anzi, nei libri di spiritualità, per sottolineare la preziosità della nostra componete spirituale, alcuni scrittori ascetici si rivolgevano al lettore come se fosse un'anima apostrofandolo e facendolo parlare con Dio in preghiera perfino al femminile!

L’esegesi moderna, condotta sui testi originali e non sulla versione latina, ha corretto da tempo questo latinismo usando il vocabolo più appropriato che rendesse, nel rispetto del contesto, il significato più adatto della parola ebraica nèphesh, del corrispettivo greco psyché, e del corrispettivo latino anima. Si dovrà scegliere volta per volta tra tutte le seguenti accezioni sottese in quell’unica parola: individuo, persona, essere vivente, vita, fiato, collo, respiro, fauci, ecc… a volte il vocabolo sostituisce perfino i pronomi personali chi, colui, il quale, come si può vedere consultando un vocabolario di ebraico.
Ecco che perciò la versione CEI, fatta sui testi originali, rende il versetto 18,4 di Ezechiele “Chi pecca morirà”, e al 20 “Colui che ha peccato e non altri deve morire”. E così la quasi totalità delle versioni moderne.
Quindi l’altro versetto che illusoriamente la WT avanza in appoggio e che dice, sempre dietro il paravento della Bibbia «In merito alla creazione della prima anima (sic!) umana, la Bibbia dice: “Geova Dio formava l’uomo dalla polvere del suolo e gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima [ebraico, nèfesh] vivente”. – Genesi 2:7» anche questo versetto non è pertinente a sostenere che l'uomo sia definibile un'anima e confonde le idee perché correttamente va reso: “… e l’uomo divenne un essere vivente” (CEI).

In sintesi, mentre per noi la persona è formata da anima e corpo, ed è la presenza dell’anima a rendere vivo il corpo, così che alla morte si verifica la separazione di essa dal corpo; nel geovismo la persona è fatta di corpo e forza vitale (detta impropriamente spirito) e alla morte tale forza si dissolve nel nulla, come anche il corpo dopo un certo tempo.
Così mentre nella concezione della cristianità l’anima, essendo immateriale e perciò non disgregabile, sussiste ed entra nel mondo soprannaturale in attesa della risurrezione del corpo alla fine del mondo, nella concezione geovista la persona viene nullificata dalla morte, di essa Geova conserva solo il ricordo della sua composizione psico-fisica, e alla cosiddetta risurrezione con tali dati memorizzati ricrea una copia identica all’originale, esattamente come farebbe un computer con un testo conservato in un file di memoria.

Ora se sia la nostra concezione ad essere errata o quella geovista lo si veda esaminando tutto il messaggio rivelato. Sono venti secoli che a parere dei miliardi di individui che hanno formato e formano la cristianità sembra evidente che Gesù, la Bibbia, e la Chiesa, fedele trasmettitrice del messaggio, alludono chiaramente e in moltissimi passi alla permanenza del soggetto uomo dopo la sua morte fisica, e tale permanenza è stata individuata in seguito nell’entità spirituale dell’uomo definita (sissignore, con l’aiuto della filosofia) “anima” o “spirito”.
A parere del geovismo no, questa interpretazione sarebbe un errore. La verità sarebbe, lo ripetiamo, che l’uomo è un’anima e che perciò le anime (notate il trucco di non dire gli uomini?) muoiono. Ma ciò viene ottenuto mediante la confusione da noi evidenziata e dall’assegnare ai vocaboli ebraici e greci un senso che non corrisponde a nessuno dei significati che si trovano sui relativi dizionari. Infatti, assicurano gli esegeti, la Bibbia non ci offre la concezione antropologica divina ma quella degli ebrei di tot secoli fa. Dio ha rivelato all'uomo qualcosa della sua personalità e ha insegnato come la creatura deve rapportarsi al suo Creatore. Non ha insegnato né scienze, né storia, né antropologia filosofica o culturale donando la sua rivelazione ma l’ha veicolata attraverso la cultura ebraica di quel tempo; una cultura che, tra l’altro, utilizzava un vocabolario che sta in rapporto al nostro come il vocabolario di un bimbo di 5 anni rispetto a quello di un adulto. Ecco perché noi possiamo e dobbiamo utilizzare i concetti moderni, mutuati sia dalla filosofia che da qualunque altra disciplina, per esprimere al meglio il messaggio religioso che Dio ha “rivelato” “velandolo” sotto le parole umane di una cultura ancora primitiva.

L'osservazione che poi un errore tira l’altro è verissima. E, fatto il discoso sbagliato sull'anima, il geovismo afferma subito: «La dottrina dell’immortalità dell’anima fece sorgere delle domande: Dove vanno le anime dopo la morte? Cosa accade alle anime dei malvagi? Il concetto errato dell’immortalità dell’anima portò i cristiani nominali ad accettare un altro concetto errato: l’insegnamento dell’inferno di fuoco.»
E così la Torre di Guardia passa al secondo errore, cioè ad… insegnare lei il secondo errore dottrinale geovista!
___________________________________________
PS
Questa teoria della nullificazione delle persone alla loro morte si estende perfino a Gesù, che non essendo Dio e non avendo un’anima spirituale, in quei tre giorni che “giacque nella morte” finì nel niente. Allora chi è che risorse? Non il corpo che finì “dissolto tra i gas della terra” oppure “fu nascosto da qualche parte a ricordo dell’amore di Dio” (così disse il fondatore del geovismo C.T. Russell); e nemmeno l’anima, che nel geovismo sarebbe la forza vitale. Infatti il corpo del Salvatore risorto non sarebbe stato quello suo storico ma fu un "corpo spirituale". Con questa espressione però il geovismo non intende come noi lo stesso corpo storico trasformato dallo Spirito Santo nella risurrezione, ma intende un corpo di tipo angelico creato di nuovo da Geova per il Michele-seconda-maniera, e la forza vitale che lo ha vitalizzato sarebbe una "forza vitale di tipo angelico", del tutto diversa dalla “forza vitale umana” che aveva “l’uomo Cristo Gesù” che “è morto, morto per sempre” (ancora Russell).
Naturalmente non si trattò neanche del Michele che all’incarnazione (dal geovismo rifiutata e reinterpretata come “trasferimento di forza vitale angelica previamente tramutata in forza vitale umana”) "sparì dal Reame dei cieli". Non esiste cioè continuità tra il soggetto Michele arcangelo, il Gesù storico, il nuovo Michele risuscitato. La cosiddetta "forza vitale" infatti è - lo si appunti! - impersonale! Perciò anche l'arcangelo Michele odierno, ricreato tre giorni dopo la morte di Gesù e che nel 1914 avrebbe inaugurato il Regno di Dio nei cieli, non è altro che una copia conforme del Michele celeste, definito “la Parola” perché “evidentemente faceva da portaordini di Geova”.(sic!)
Identica sorte toccherà anche a tutte le persone umane defunte che Geova deciderà di risuscitare nel millennio. Saranno delle semplici copie di individui annientati e, poiché saranno "simili agli angeli" non avranno diritto a procreare, come invece lo avranno tutti i TG scampati alla morte durante l'Armaghedon che da passeranno indenni da questa vita a quella del Millennio paradisiaco.
(continua)
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Messaggioda Sandro » sab feb 06, 2010 3:28 am

«CONCETTO ERRATO N. 2: I MALVAGI SOFFRONO NELL’INFERNO»

Veramente questa idea il geovismo potrebbe asserirla, come ha fatto in altre sedi, con pochissime parole: l’inferno non c’è perché le persone vengono nullificate dalla morte e perciò nell’aldilà non c’è nulla da tormentare.
Naturalmente noi obiettiamo che sbaglia su entrambi i fronti. Sia asserendo che non resta più nulla di entitativo dell’essere umano (la Bibbia dimostra ampiamente che resta qualcosa in cui si concentra l’io umano. Si pensi solo al ladro pentito a cui Gesù promise di portarlo con sé in paradiso); sia asserendo che non esiste un inferno ove si soffre. Contro questa asserzione noi potremmo altrettanto sbrigativamente dire che i TG non riflettono sul fatto che anche loro invece credono in un inferno: quello attualmente “abitato” dai demoni. Secondo la concezione cattolica l’inferno è costituito da esseri intelligenti in radicale e irreversibile situazione di rottura-odio contro Dio. Qual è appunto, al momento, anche per i TG la situazione esistenziale di Satana e demoni a lui aggregati. Quindi, se stiamo alla logica del se tanto mi dà tanto dobbiamo smentirli in partenza se dicono di non credere che esista l'inferno. Essi infatti credono nell’inferno-tormento, anche se rifiutano di ammetterlo, almeno in relazione alle persone dei demoni. Ciò a cui non credono è che sia eterno, perché pensano che dopo il millennio successivo ad Armaghedon tutti i demoni saranno annientati.
Ma diamo più soddisfazione ai lettori leggendo e commentando l’articolo passo passo.

L’articolo dice
Qual è l’origine di questo concetto? “Di tutti i filosofi del periodo greco classico, quello che ha avuto l’influenza maggiore sull’idea tradizionale dell’inferno è Platone”. Georges Minois, Historire des enfers, pagina 50.

Osserviamo

Attenzione: si parla dell’idea “tradizionale” e non dell’idea tout-court dell’inferno. Ovvero, se si vorrà criticare un’immaginazione popolare che ha creato un inferno con fornaci e forchettoni, cosa che condivideremmo, ciò non vorrà dire comunque che non esiste un inferno. Secondo noi la sanzione divina, di premio-castigo per il bene-male commesso da ogni creatura intelligente deriva direttamente dalla percezione (intuitiva o teorizzata) della esistenza di un Creatore, che abbia fatto creature libere e responsabili dando loro la possibilità di cogliere nella loro coscienza (anche senza la Parola rivelata) ciò che è bene e ciò che è male. L’inferno di cui parla Gesù nella sua rivelazione soprannaturale non è altro che una conferma di questa verità già percepibile con la teologia razionale. Gesù vi aggiunge la nazione di eternità; la spiegazione di quale sia il tipo di beatitudine che i malvagi perdono; e la natura, non fisico-materiale, dello stato esistenziale in cui si trova chi è nell’aldilà, sia da subito che dopo la risurrezione dei corpi.

L’articolo dice
“Dalla metà del II secolo d.C. i cristiani che avevano una certa dimestichezza con la filosofia greca cominciarono a sentire il bisogno di esprimere la loro fede in termini filosofici… La filosofia che trovavano più adatta era il platonismo”. – The New Encyclopaedia Britannica (1988), volume 25, pagina 890.

Osserviamo

Un confronto: anche il geovismo sente il bisogno di esprimere la sua fede nel Creatore in termini scientifici (nelle sue stampe infatti si parla con ammirazione di atomi, galassie, forze nucleari…). Il ricorrere a conoscenze mutuate da varie discipline non dice di per sé negatività di operazione. E la Chiesa, come qualsiasi persona di questo mondo e quindi anche i TG, ha usato-usa-userà, la filosofia del realismo, i concetti, i princìpi di causalità e non contraddizione, il sillogismo, la logica… e tantissime altre acquisizioni che, come queste appena elencate, derivano, come ben sa chi non è culturalmente indifeso, dalla filosofia (poco imprta se socratica, platonica, aristotelica o tomistica). O forse i TG immaginano che vengono da fonte diversa dalla filosofia le idee religiose che il geovismo usa quando dice: uomo, tempo, vero-falso, libertà, eternità, bene-male, spirito, materia, ragione, dimostrazione, evidenza, certezza, opinione eccetera…? Anche i semplici titoli di alcuni libri geovisti, come Ragioniamo e Accertatevi, sono un invito a usare la logica e gli strumenti del pensiero, cioè, lo ammettano o no, sono un invito a usare la filosofia.
Per chi non lo sapesse noteremo qui anche il malvezzo della WT di appoggiarsi di preferenza ad enciclopedie che richiedono a chi volesse analizzare criticamente ciò che da loro viene riportato (e soprattutto ciò che viene omesso con i tre puntini!...) l’improba fatica di recarsi a una biblioteca fornita della New Encyclopaedia Britannica, oltre a dover conoscere l’inglese.

L’articolo dice
“La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, ‘il fuoco eterno’. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio”. – Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992, n. 1035.

Osserviamo

Visto che su questa citazione non c’è commento da parte della WT, preciseremo che:
a) il peccato mortale si compie quando si viola il bene-bontà-verità in materia grave, con piena avvertenza e deliberato consenso. Non è una mera violazione giuridica della legge di Dio, naturale o rivelata, ma una ribellione che comporta l’odio contro Dio e il farsi idolo delle creature (odium in Deum et conversio ad creaturas – lo definì S. Tommaso). E’ una cosa difficile da raggiungere e la cui consapevolezza è nota solo a Dio che scruta i cuori e conosce tutti i condizionamenti da cui la creatura è affetta. Condizionamenti che possono giungere a far diventare soggettivamente un peccato, di materia oggettivamente grave, in veniale per mancanza di piena libertà e consapevolezza. E’ su questo piano soggettivo per noi imperscrutabile che si situa il comando divino di “non giudicare”. Altra è l'azione malvagia che l'uomo compie altra è la sua imputabilità soggettiva. Anche un tribunale laico fa questa distinzione quando analizza le attenuanti e se esiste la capacità di intendere e di volere nel reo;

b) la discesa agli inferi ricalca l’antropomorfismo biblico che metaforizza il male in basso e il bene in alto. Lo seguiamo ancora noi quando per rivolgerci a Dio-bene alziamo gli occhi al cielo;

c) la pena, misteriosa, che affligge anche il corpo dopo la resurrezione della carne e il ricongiungimento di essa all'anima, è indicata con la parola “fuoco”. E' una parola usata da Gesù stesso, atta a simboleggiare un concetto che il CCC, pone tra apici indicando che è una metafora, una volta era detta “pena del senso”;

d) la pena fondamentale è appunto la separazione eterna da Dio, cioè dalla visione beatifica che si ha solo se si è in comunione di vita-amore con la Trinità. Questa era detta “pena del danno”;

e) attenzione! Anche se si usa la parola “luogo” per indicare l’inferno, si deve intendere non una collocazione spaziale (assurda per i corpi-anime risuscitati) ma una situazione esistenziale perenne. E la perennizzazione, dato che l’individuo con la scelta definitiva del male, esprime la sua decisione esaustiva, è data dallo stesso peccatore che la sceglie peccando e non pentendosi;

f) perciò anche la dizione “Dio condanna all’inferno” è da intendersi nel senso che il peccatore sceglie di stare eternamente lontano da Dio. E’ la sua stessa situazione di negatività che non sopporta la “luce” dell’amore divino. E si deve credere anche che Dio amerà eternamente queste sue creature, così che l’inferno risulterà essere come un angolo, nel mare dell’essere creato, nel quale Dio consente ai peccatori il bene dell’esistenza, così come loro l’hanno scelta. Ovviamente si tratta di un profondissimo mistero se si cerca di spiegarlo ricorrendo alla attuale psicologia terrena. I dannati, come già il Demonio, hanno una logica autolesionista. Una avvisaglia di tale libera ma illogica scelta, l’abbiamo nella manifestazione di irriducibilità alla pacificazione e al perdono o a chiedere scusa che gli esseri umani manifestano in questa vita; vi sono situazioni di rottura, di odio e di rifiuto di riconciliazione, che durano anni e a volte sono tenute testardamente fino alla morte. (cf il Manzoni che , riguardo alla estrema perversione raggiunta dall’Innominato, dice “i suoi peccati eran lui!”)
(continua)
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Messaggioda Sandro » sab feb 06, 2010 4:04 am

L'articolo prosegue chiedendo:

Cosa dice la Bibbia?

Per l'importanza delle riflessioni che faremo riserviamo a questa sola domanda l'intero POST seguente

Osserviamo
Con questa domanda siamo di fronte al solito schema usato dalla WT in modo ingannevole. Essa crede in tal modo di mettere la Bibbia contro la Chiesa Cattolica, rinnegandone la funzione di Magistero, che invece si autodichiara a servizio della verità biblica. Che poi sia vera l’accusa della WT asserente che l'inferno vada concepito diversamente e che non è eterno o la dichiarazione della Chiesa asserente che va concepito come abbiamo appena esposto e che è una situazione che permane eternamente, spetta al lettore giudicarlo. Noi offriamo al lettore le nostre controargomentazioni a quelle avanzate dalla WT, affinché senta ambedue le campane e formuli il proprio giudizio.
Intanto osserviamo che, a nostro avviso, la stessa domanda che la WT fa sempre chiedendo “cosa dice la Bibbia?” è ingannevole. Perché di fatto non è la Bibbia a “dire” negli stampati geovisti. Il soggetto che parla-dice è la WT che, leggendo la Bibbia, ne offre una sua interpretazione. E questa sarà biblica (e allora si potrà dire che è la stessa Bibbia a insegnare una certa cosa) solo se vengono rispettate per filo e per segno tutte le regole dell’ermeneutica biblica. Cosa che invece la WT, secondo noi, non rispetta, e così tira fuori dalla Bibbia ciò che non c’è o fa credere che non ci sia ciò che c’è.

Tanto per esemplificare come si può non rispettare le regole, così da insultare sia la verità biblica sia l’intelligenza dei proprio seguaci, ecco elencate alcune modalità di distorsione che l’esperienza pluriennale del GRIS ha scoperto negli stampati geovisti:

1) Si fa fare al ricercatore una visita guidata. Ovvero, per lumeggiare un argomento non si tiene conto di tutto ciò che ne dice la Bibbia, ma si scelgono solo quei passi che risultano utili alla propria impostazione dottrinale. Questa la si può definire una scelta “eretica”, giacché eresia viene dal greco àiresis e dal verbo airèo, che vuol dire “scegliere”. Cioè si trascura il criterio della analogia della fede che nelle Bibbie viene indicata dalla consultazione dei versetti paralleli;

2) Si estrapola una parola, frase, versetto, dal contesto che lo illumina, così da farlo servire ad un altro significato o a mortificarne il significato pieno che avrebbe se letto nel contesto;*

3) Si adopera il criterio fondamentalista di voler cercare nella Bibbia la parola precisa, invece di cercare il pensiero, l’idea che essa vuole comunicare. Così ad esempio si dà un valore che non c’è a testi di diversa composizione letteraria (inni, preghiere, testi sapienziali, storici, parabole, testi giuridici, profetici, apocalittici… ognuno dei quali deve essere interpretato secondo il suo genere);

4) Si adopera una lettura “storicizzante” come se parole che la Bibbia pone in discorso diretto fossero state registrate con precisione. Mentre tutto prova che lo scrittore sacro scrive seguendo il senso e scegliendo lui le parole che pone in discorso diretto (secondo l’usanza del tempo);

5) Si afferma, ma poi si trascura all’occorrenza, il fattore della progressività nella rivelazione;**

6) Si forza il testo scegliendo un significato, del sostantivo o del predicato, che astrattamente esiste ma che nel concreto del contesto è sbagliato o impertinente ecc…***
________________________________________________________________
* I punti 1 e 2 sono caldeggiati dal CD ma poi disattesi. Per esempio, per il battesimo ove il geovismo ricorda che consisterebbe solo nella “dichiarazione a Dio di una buona coscienza” in sostanza solo un pentimento interno, dimentica che la Bibbia, in altri versetti, ne mette in luce la valenza sacramentale e la funzione di perdono dei peccati (cf Atti 2,38) e la rinascita a nuova creatura (cf Romani cap. 6).

** Questo avviene ad es. nel ricavare il concetto di anima, tratto dalla parola ebraica nèphesh (greco, psyché). Si ricorre all’idea abbozzata in Genesi, se ne sceglie uno tra i molteplici significati e si costringe l'interpretazione a quel solo significato, e perciò equivocando, trascurando tutti gli sviluppi successivi che il termine nèphesh ha acquisito nel tempo e che lo diversificano secondo vari contesti. E' scritto: «Nelle Scritture Ebraiche, siamo riusciti a rendere [cioè a tradurre - ndr] la parola ebraica nef'esh sempre in modo uniforme come "anima".» (NM 1967 pag. 1381) Un vanto ben singolare se è consistito nell'indicare al tipografo di scrivere "anima" quando avrebbe dovuto scrivere uno della dozzina di significati che secondo i vari contesti nephesh indicava, e che sono indicati nel dizionario ebraico come: collo, fiato, gola, respiro, carattere, io, profumo, fauci, persona, individuo, essere vivente, colui, persona...

*** Un esempio di questa manovra? Si prenda il verbo greco lambàno che come primo significato ha “prendere”. Poi siccome si prende ovviamente anche ciò che si riceve, come ultimo significato ha anche “ricevere”. Sono due significati opposti, ma ambedue legittimi in astratto. Nel contesto concreto però sarà però il contesto a illuminare quale dei due vada scelto obbligatoriamente. E se troviamo che lambano è strettamente correlato alla parola “autorità” allora la scelta obbligata sarà per il senso di “prendere” poiché si può avere solo l’autorità di prendere e non già l’autorità di ricevere. Per ricevere ci vuole solo la “possibilità”, ovvero il trovarsi in uno stato di indigenza; il che è tutto il contrario del potere che conferisce autorità. Ma il geovismo insulta anche la logica per raggiungere i suoi scopi. E così nella NM per Giovanni 10,18 ove, per non riconoscere a Gesù l’autorità divina di autorisuscitarsi (del resto dichiarata apertamente in Giovanni 2,19) si fa dichiarare a Gesù non che ha l’autorità di riprendersi la vita dopo averla donata, come traducono tutti i biblisti, ma di riceverla. Questo perché, essendo Gesù solo uomo secondo il geovismo, può solo riceverla e non riprenderla la sua vita una volta donata. Ma il verbo che usa è lambano che come significato primario ha prendere. Ed ecco che nella Bibbia geovista viene fuori l’assurda traduzione secondo cui Gesù avrebbe dichiarato di avere “l’autorità di riceverla di nuovo” la vita. Così si contraddice sia la logica del contesto prossimo, illuminato dalla parola autorità, sia quella del contesto biblico remoto indicato, come detto, dalla dichiarazione fatta in Giovanni 2,19.
(continua)
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » mer lug 21, 2010 5:03 pm

L’articolo dice
“Quelli che sono vivi sanno che moriranno mentre i morti non sanno nulla… poiché non c’è alcuna azione, né progetto, né conoscenza, né sapienza nello Sceòl, dove tu stai andando”. – Ecclesiaste 9:5,10, La Bibbia Concordata.
Il termine ebraico Sceol, che si riferisce alla “dimora dei morti”, è tradotto “inferno” o “inferi” in alcune versioni della Bibbia. Cosa rivela questo passo sulla condizione dei morti? Vanno a soffrire nello Sceol per espiare i loro errori? No, visto che “non sanno nulla”.


Osserviamo
Bisogna vedere, e lo si vede da tutto il contesto della Bibbia ebraica, - ove poi abbiamo anche una evoluzione nella concezione della condizione dei morti per cui non si può prendere un versetto e trarne una regola generale - bisogna vedere se alla parola “inferi” e “inferno”, nel Libro dell'Ecclesiaste, si dava lo stesso significato che se ne ricava dal Nuovo Testamento o se, come dicono molti esegeti, il concetto si è evoluto.
E comunque sarà interessante notare che si parla di esseri che sono impossibilitati, bloccati, nella capacità di espletare le funzioni che avevano su questa terra, non si sta parlando del nulla. Se si parla dello Sceol come di un luogo ove si va e dei morti come di dormienti, non si parla del nulla. Il loro “non sapere nulla” se vuole avere un senso comporterà la presenza di soggetti deprivati di conoscenza (di conoscenza di ciò che avviene sulla terra). Tutto questo non armonizza affatto con l’idea di nullificazione della persona sostenuta dal geovismo.

L’articolo dice
Ecco perché il patriarca Giobbe, in preda a terribili sofferenze dovute a una grave malattia, implorò Dio: “Oh, ti piacesse nascondermi nell’inferno [ebraico Sceol]”. (Giobbe 14:13, Sales) Questa richiesta non avrebbe senso se lo Sceol fosse un luogo di tormento eterno.

Osserviamo

Oh beh! Se è per questo neanche il desiderio del patriarca Giacobbe di morire per rincontrarsi con il figlio Giuseppe creduto morto avrebbe senso se con la morte l’individuo fosse del tutto nullificato! Leggiamolo. La Bibbia dice che nella sua disperazione: “si rifiutava di esser confortato e diceva: “Poiché scenderò facendo lutto da mio figlio nello Sceol!” E suo padre continuò a piangerlo.” (Genesi 37,35)
Dobbiamo quindi dire che sì, lo Sceol, o inferno che sia, era per gli ebrei il luogo di soggiorno dei morti, ma di persone che comunque esistevano. Quanto all’essere un luogo di tormento o meno possiamo dire che ad un certo momento fu concepito come un luogo ove i giusti aspettavano il riscatto divino, mentre i reprobi stavano in una condizione di abbrutimento e pena, privi di speranza. Guarda caso è proprio di Giobbe la seguente dichiarazione di fede: “25 Io lo so che il mio Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! 26 Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. 27 Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero.” (Giobbe 19,25-27 – CEI 1986)
Testo questo, ovviamente molto imbarazzante per la dirigenza geovista, che ha provveduto a storpiarlo in modo incomprensibile, così: «25 E io stesso so bene che il mio redentore vive,E che, venendo dopo [di me], si leverà su[lla] polvere. 26 E dopo la mia pelle, [che] hanno portato via, questo! Benché ridotto nella mia carne contemplerò Dio, 27 Che io pure contemplerò da me stesso, E [che] i miei medesimi occhi certamente vedranno, ma non qualche estraneo.» (Giobbe 9, 25-27 – NM)
Di questa stranissima “versione” si capisce solo che è incomprensibile. Ma la CEI ci aiuta a far chiarezza e se è vero che il proclamatore TG deve assicurare al probabile nuovo adepto «Sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca» (Ragioniamo pag. 402) sarà nostro pieno diritto esigere che il TG ci spieghi la sua concezione di nullificazione dell’individuo dopo la morte fisica, leggendo solo la traduzione della Bibbia CEI che noi preferiamo.
(seguita)
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » mer lug 21, 2010 5:29 pm

L’articolo dice
In senso biblico l’inferno è semplicemente la comune tomba del genere umano, dove ogni attività cessa. Questa definizione di inferno non è forse più logica e in armonia con le Scritture?

Osserviamo

No che non lo è. Abbiamo visto che le Scritture non possono essere piegate al senso preferito dal geovismo utilizzandone solo due versetti intesi ad usum Delphini, né tantomeno dimenticando ciò che altri versetti dicono di contrario costringendo a cercare un’armonia che si trova solo accettando una limitazione nelle possibilità di agire ma non certo la nullificazione dell’individuo. Se poi si passa alla maggiore luce offerta dalle “Scritture Cristiane”, allora la sopravvivenza dell’io personale risulterà confermata fuori di ogni dubbio.
Per i non addetti ai lavori ricorderemo che con l’espressione “comune tomba del genere umano” il geovismo intende la memorizzazione delle persone, nullificate dalla morte, operata dalla mente di Geova che avrebbe in progetto di riprodurle (e non tutte), dopo Armaghedon in copia conforme. Tale mente sarebbe il luogo, ove esse dormono. E’ impressionante questa singolare concezione e non fa meraviglia che l’articolo non ne faccia il minimo cenno. Come non fa cenno neanche della concezione geovista circa la Geenna (usata da Gesù stesso come simbolo dell’inferno). L’inferno-Geenna è definita dal geovismo “stroncamento eterno” nonostante che Gesù dica che là “il loro verme non muore” e “vi sarà pianto e stridor di denti” non annichilazione né scomparsa immediata.

L’articolo dice
Quale delitto, per quanto orribile, potrebbe indurre un Dio di amore a torturare una persona in eterno? (1 Giovanni 4:8) Ma se il concetto di un inferno di fuoco è errato, che dire della vita in cielo?

Osserviamo

Il geovismo cerca di giocare la carta del sentimento. Noi vi opponiamo quella della fede alle parole di Cristo da cui ricaviamo che la dannazione eterna fa parte della sua rivelazione. Come abbiamo spiegato, il ‘fuoco’ è metafora del fallimento che costituisce la pena del dannato. Ed è sbagliato dire che sia Dio a infliggere tale tortura, poiché Dio-Gesù quando farà il giudizio dicendo "via da me maledetti" ricorderà ai dannati che sono stati loro a scegliere quella situazione di separazione da Dio. Questo concetto di autodeterminazione è ben presente nella Bibbia sin dall'AT. Leggiamolo: «Veramente io prendo oggi a testimoni contro di voi i cieli e la terra, che ti ho messo davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; e devi scegliere la vita per continuare a vivere, tu e la tua progenie» (Deuretoromio 30,19 - NM) Vale a dire che è la libera scelta dell’uomo che lo autocondanna a quella situazione esistenziale. E che essa sia eterna va ricavato dal fatto che nell’inferno non c’è purificazione come c'è nel purgatorio ove esiste comunque l’amore per Dio, un amore ancora non perfetto. I dannati sono chiusi nel loro irriducibile odio che li rende “contenti” di essere separati da Dio. E l’assenza di un termine alla situazione di separazione va ricavata anche dalla promessa di felicità riservata in cielo ai buoni. Anche essa sarà eterna e non temporanea. Il concetto di eternità è dalla Bibbia applicato ad entrambe le situazioni. Fa parte della rivelazione divina e la Chiesa non fa altro che trasmetterlo fedelmente. E pretendere che l'inferno possa essere non eterno significa ipotizzare che non sia eterna neanche la beatitudine celeste.

L’articolo dice
Confrontate questi versetti biblici: Salmo 146:3, 4; Atti 2:25-27; Romani 6:7, 23


Osserviamo

Sono citazioni impertinenti.
a)- Il primo versetto è deformato nel suo significato. La NM lo rende così. “Il suo spirito se ne esce, egli torna al suo suolo. In quel giorno periscono in effetti i suoi pensieri”. E con i pensieri, si intende far credere che venga meno ogni attività dell’intelligenza dell’uomo. Ma la CEI e altre Bibbie traducono quel “pensieri” con “progetti” o “disegni”. E noi tutti abbiamo coscienza di progetti e disegni che avevamo e che sono venuti meno senza che per questo abbiamo cessato di esistere noi.

b)- Il secondo versetto fa dire a Cristo “Poiché non lascerai la mia anima nell’ades né permetterai che il tuo leale veda la corruzione”. (NM) Il CD vuole cioè sostenere che dall’Ades (parola greca che rende l’ebraico Sceol) si esce mentre la dottrina cattolica dice che dall’inferno non si esce. Ma, come già abbiamo notato, è Davide che qui viene citato e perciò parla del concetto di Ades, o inferi o Sceol, in modo riduttivo, così come era ancora nebulosamente intuito prima di Cristo. E comunque non parla certo di un essere nullificato, anche se sta nell’Ades.

c)- La citazione di Romani infine dice due cose distinte. Iniziamo da quella del versetto 6, 23 che dice “il salario che il peccato paga è la morte”. Questo, nella spiegazione geovista sta a dire che i dannati non vengono “pagati” con il tormento ma con l’uccisione, la perdita totale della vita, l’annientamento. E invece anche qui c’è una distorsione perché la Bibbia (già da Ezechiele 18,4) ci mostra un concetto di morte che è quella che noi chiamiamo situazione di peccato o morte dell’anima, e i TG potrebbero definirla correttamente situazione di “disfavore divino”. Non si parla assolutamente di nullificazione. Tanto è vero (si legga tutto il capitolo di Ezechiele) che questo peccatore "ucciso" dal peccato, se si pente, torna a vivere!
Il versetto 6, 7 invece (citato per primo) pone sul tappeto una trovata incredibile, supportata da tre bugie belle e buone. Ma è talmente importante che le riserveremo una puntata extra, dopo di questa.

L’articolo dice
VERITA’: Dio non punisce le persone nell’inferno.

Osserviamo

Vero. Sono esse stesse che scelgono questa situazione, come abbiamo visto dalla Bibbia. L'opera di Dio (o dei suoi Angeli perché non sappiamo come la cosa funzionerà), consisterà nell'applicare la giustizia costrittivamente, come si ricava dalla parabola di Lazzaro ed Epulone. Cioè i dannati avrebbe sì desiderio di entrare nella beatitudine eterna diciamo... gratis, senza aver pagato il "biglietto" della crocifiggente conformazione a Cristo esigita dalla santità e dall'amore, così come Epulone avrebbe voluto che la separazione tra la sua situazione e quella di Lazzaro fosse annullata, ma questo non avverrà; e neanche in minima parte come sembra sia indicato dal diniego del sollievo simboleggiato da quell'unica goccia di acqua tanto desiderata...
(seguita)
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PUNTATA EXTRA su Romani 6,7: imbroglio in confezione triplic

Messaggioda Sandro » gio set 23, 2010 9:46 am

Come promesso nel post precedente, e con le dovute scuse per il ritardo (ma credo che le ferie e l'estate creino per tutti l'arrivederci a settembre), riservo questo post al commento della citazione di Romani 6,7; versetto con il quale, a mio avviso, la WT, appoggia la sua creduta "prova di conferma" su tre bugie belle e buone (pardon! e... cattive). Insieme, tornando dal mare, faccio la promessa di maggiore assiduità. E spero che non sia una... promessa da marinaio. :D
*********************************************************************************************************************

L’articolo sul “CONCETTO ERRATO n. 2” invita laconicamente a confrontare anche questo versetto biblico a sostegno della tesi che “Dio non punisce le persone nell’inferno”, ma non ci dice il perché, non ci indica la pertinenza di questo versetto con la tesi.
Se proviamo a leggerlo troviamo che il versetto dice “Poiché colui che è morto è stato assolto dal [suo] peccato.” (NM) il che farebbe pensare che i defunti non possono essere condannati perché diventano innocenti in quanto l’evento della morte li assolve. Ma la cosa non lega con l’idea dichiarata che essi non esistono più come persone, ma solo come ricordo della loro composizione psico-fisica memorizzato da Geova per la futura risurrezione-ricreazione.
Vediamo di far luce ricorrendo alla nostra versione cattolica (che, si assicura, dovrebbe essere adatta comunque a sostenere la dottrina geovista*). Essa dice: “Infatti chi è morto è libero dal peccato.” (CEI) la differenza tra “assolto” e “libero” ci fa sospettare una differenza. Cerchiamo di chiarire meglio il pensiero geovista ricorrendo a quello che io considero il “testo di catechismo geovista” più completo, cioè Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca.**
Premesso che nel futuro millennio del dopo Armaghedon - millennio definito geovisticamente Giorno del Giudizio – Gesù farà da giudice, il geovismo insegna che: «Contrariamente all’opinione comune, egli non giudicherà le persone [risuscitate, dizione impropria per “ricreate” – Ndr] in base ai loro peccati passati, molti dei quali commessi forse per ignoranza. La Bibbia spiega che alla morte l’individuo è prosciolto o assolto da tutti i peccati commessi. Essa dice: “Colui che è morto è stato assolto dal suo peccato”. (Romani 6:7) Questo significa che i risuscitati saranno giudicati in base a quello che faranno durante il Giorno del Giudizio, non a quello che hanno fatto prima di morire.» (Potete vivere, p. 175)
C’è da non credere ai propri occhi! Il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato che la WT ha escogitato un tranquillante per i suoi TG provenienti dal cattolicesimo. Avendoli deprivati del sacramento della Riconciliazione, ha trovato qualcosa che li tranquillizzi prima del… grande viaggio; una sorta di assoluzione in articulo mortis. Ma, come ho accennato nel post precedente e messo nel titolo di questo post, in questo versetto biblico, spiegato al modo geovista, la WT realizza un triplice imbroglio esegetico; “incarta” la sua “verità” dentro tre bugie, una più grossa dell’altra. Eccole:

1)- Si dice: “Alla morte”. Contravvenendo a una regola, da tutti gli interpreti condivisa e da lei stessa raccomandata,***la WT estrapola, dal contesto di questo Cap. 6 della Lettera ai Romani, la parola morte e dal concetto di morte “spirituale”, usato da S. Paolo in questo contesto, lo forza ad essere inteso come quello di morte “fisica”. Senonché perfino senza ricorrere al testo CEI ma usando la stessa NM il contesto ci parla con tutta evidenza della morte spirituale che avviene nel battesimo. Paolo sta scrivendo a persone vive ma alle quali dice: “2 morimmo riguardo al peccato… fummo battezzati nella sua morte” addirittura “4 fummo seppelliti con lui per mezzo del nostro battesimo nella sua morte onde… camminassimo similmente in novità di vita”. Quindi si arriva al “colui che è morto” del v. 7, che chiaramente non si riferisce alla persona che muore fisicamente ma a chi è stato battezzato ed è morto spiritualmente tanto è vero che è invitato poi a “camminare in novità di vita”, cosa un po' difficile per uno che sta al cimitero;

2)- Si dice: “l’individuo è prosciolto o assolto”. Questo non è vero neanche secondo il credo geovista che insegna che l’assoluzione divina precede il battesimo-immersione in cui si realizza la morte della “nostra vecchia personalità”. Il battesimo nel geovismo non proscioglie né assolve dai peccati ma è solo un simbolo della perpetua dedicazione del TG a Geova. L’eventuale proscioglimento o assoluzione Geova l’ha conferita prima di esso, quando il soggetto si è pentito dei peccati commessi.**** Quanto al verbo greco dikaiòo che, nel NT significa “giustificare” è ben vero che il battesimo giustifica=perdona i peccati, ma è depistante nel contesto ove Paolo parla di liberazione dalla schiavitù del peccato. Non a caso più avanti Paolo dice “12 Perciò non lasciate che il peccato continui a regnare nel vostro corpo mortale per ubbidire ai suoi desideri” (NM). Perciò va preferita la versione CEI che, non negando l’assoluzione, pone l’accento sulla liberazione.

3)- “dal suo peccato… da tutti i peccati commessi”. Il possessivo “suo” non esiste nell’originale, e perciò nella versione CEI non appare. Invece lo troviamo nella NM posto tra parentesi quadre; cioè come parola aggiunta dai redattori tipografi della NM. Una aggiunta, evidentemente illecita,***** ma ritenuta irrinunciabile se, confrontando la citazione della NM con quella di essa riportata su Potete vivere, notiamo che alla parola “suo” posta tra parentesi quadre nella NM, sono state tolte le parentesi nel citare il versetto su Ragioniamo. Cioè quell’aggettivo è stato promosso a parola ispirata: perché? L’intento è, a nostro avviso, quello di assicurare il morente geovista che la sua morte non lo assolve solo “dal peccato”, peccato che, nel contesto appunto di Romani 6,7 è chiaramente il peccato originale, quello fatto da altri, cioè dai progenitori; ma lo assolve “da tutti i peccati commessi”, anche dai peccati attuali commessi dall’interessato durante la sua vita.

La dietrologia che più sta a cuore alla WT però non è solo quella della tranquillizzazione. C’è anche, e forse di più, quella di affermare che “i risuscitati saranno giudicati in base a quello che faranno durante il Giorno del Giudizio, non a quello che hanno fatto prima di morire”. E questo secondo la Bibbia che affermerebbe che la morte fisica assolve da ogni peccato. E che invece non dice questo, ed è anche contraria a quest’ultima trovata del giudizio divino, riservato alle opere compiute nel millennio, se dice anche nella NM che “… agli uomini è riservato di morire una volta per sempre (una sola volta – CEI), ma dopo ciò il giudizio (dopo di che viene il giudizio – CEI).” (Ebrei 9,27) Se fosse vera la dottrina geovista gli uomini morirebbero più di una volta: la prima uscendo da questa vita attuale, e la seconda con la distruzione nel millennio (e/o oltre di esso) se non rigano dritto.
__________________________
* «Se qualcuno dice: ‘La vostra Bibbia è diversa’ Si potrebbe rispondere: ‘Sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca’.» (Ragioniamo p. 402)
«Ogni volta che è possibile, chiedete alle persone di prendere la loro Bibbia e di cercare le scritture, affinché si rendano conto che ciò che dite si trova in realtà nella loro stessa copia delle Scritture.» (Ragioniamo p. 8)

** Per “testo di catechismo geovista” – dizione mia perché i TG non usano dire che fanno catechesi - intendo quello ove si può trovare una specie di sintesi abbastanza completa di tutta la dottrina; dottrina che è di norma replicata pedissequamente su quasi ogni libro della WT ma a settori sparsi e parzialmente. Essi in ordine di tempo sono “La verità che conduce alla vita eterna”, “Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca”, “La conoscenza che conduce alla vita eterna”, e quello usato al momento in cui scriviamo “Cosa insegna realmente la Bibbia?

***«Ogni evidenza (prova – Ndr) dev’essere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ciò che dite sia esattamente ciò che l’Autorità citata voleva dire.» (Manuale per la Scuola di Ministero teocratico, p. 155)

****Il che lascia poi irrisolto il problema della liberazione dal peccato originale (o ereditato, come dicono i TG) giacché ciascuno di noi può pentirsi dei propri peccati commessi, ma non certo di quello originale che hanno commesso Adamo ed Eva nostri progenitori (primogenitori in geovese).

*****«E’ evidente che anche una cosa apparentemente insignificante come l’uso o l’omissione di una virgola o di un articolo determinativo o indeterminativo può a volte alterare il significato corretto del passo originale.» (NMrif, p. 7)
«Le parentesi quadre singole [ ] racchiudono parole inserite per completare il senso del testo italiano.» (NMrif, p. 7)
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » ven ott 15, 2010 5:44 pm

«CONCETTO ERRATO N. 3: TUTTI I BUONI VANNO IN CIELO»

L'articolo dice
«Qual è l’origine di questo concetto?… un’enciclopedia dice: “Secondo l’insegnamento prevalente, la beatitudine celeste è concessa all’anima disincarnata subito dopo qualsiasi necessaria purificazione successiva alla morte”. – New Catholic Enciclopaedia (2003), volume 6, pagina 687.»

Osserviamo

Mah io direi che l’origine di questo concetto, se per “cielo” intendiamo la retribuzione del comportamento buono, prima ancora che dalla Bibbia, si origina dal concetto di Dio-Giustizia sussistente, tanto è vero che lo si ritrova anche in religioni non bibliche.
Infatti è insegnamento normale in ogni religione che la divinità, concepita come Creatore e Remuneratore, imprimendo la legge etica naturale nella coscienza dell’uomo, lo ritiene responsabile delle sue azioni e, al termine della vita, ne sanzionerà il comportamento.
Passando all’insegnamento biblico abbiamo, da parte di Gesù, la conferma di tale intuizione logica umana. E che ciò avvenga subito dopo la morte - eventualmente con la debita purificazione, se non ci si è dannati rifiutando del tutto l’Amore di Dio senza ravvedimento - è dottrina normale del cristianesimo, insegnata da Gesù stesso. Tanto si evince dalla parabola di Lazzaro e il Ricco e anche dal lapidario "è scritto che gli uomini muoiano una sola volta, dopodiché il giudizio". Come pure è insegnato da Gesù che ci sarà una risurrezione dei corpi alla fine dei secoli, affinché l’uomo, ricostituito nella sua unità, riceva anche nel corpo la sanzione già ottenuta dall’anima quando morì.
E, come abbiamo già osservato all’inizio, il CD avrebbe potuto risparmiarsi ogni dimostrazione contraria su questo punto della fede cattolica, ricordando che, a suo modo di pensare, non sussiste nulla dell’uomo alla sua morte. Perciò se l'evento morte nullifica l'uomo non ha senso parlare, né pro né contro, di cielo o di inferno per le anime umane.

L'articolo dice
«Cosa dice la Bibbia? “Felici quelli che sono d’indole mite, poiché erediteranno la terra”. – Matteo 5:5».

Osserviamo

Anzitutto noi cattolici, in questo caso, riteniamo che la Bibbia voglia dire “beati quelli che si sono resi virtuosamente miti”, come ad esempio S. Francesco d’Assisi, S. Agostino, S. Francesco di Sales ecc… Perché se uno è mite per natura non c’è da vantarsene, e ricevere per questo il premio, che magari sarebbe reso arduo per chi è di indole focosa, sarebbe una sperequazione intollerabile nella giustizia divina.
Ma, tornando a noi, notiamo che il testo dell’articolo ha scritto “la terra” in corsivo, evidenziandolo.
Non sarà allora inutile ricordare che per almeno 50 anni, il geovismo ha insegnato che ci sarebbe stato solo un premio celeste. Quindi c’è stato un ripensamento di dottrina. Noi invece manteniamo quello che la Chiesa ha insegnato da sempre: paradiso per tutti. Il possesso della terra i miti lo realizzano prima di morire e si riferisce agli animi della gente che li ama e stima. La terra, come già la messianica terra promessa, se è Gesù a parlare, è una metafora del premio eterno.

L'articolo dice
«Anche se promise ai discepoli che avrebbe ‘preparato un luogo’ per loro in cielo, Gesù indicò che i giusti non ci vanno automaticamente.»

Osserviamo

E chi dice che è un fenomeno automatico? Sarà comunque un’azione di Dio quella di assumere presso di Sé sia le anime dei giusti ora, che anche loro corpi trasfigurati alla fine del mondo. L’assunzione al cielo è un fenomeno soprannaturale, non naturale.
Ma sappiamo che la tesi geovista, sottesa a questo discorso e qui non detta, è che per entrare in cielo (o “reame dei cieli”) non basta essere giusti, bisogna esservi preeletti da Geova, il quale avrebbe scelto per tale assunzione solo 144.000 soggetti, insieme a Gesù: i cosiddetti Unti, Figli di Dio, membri della Famiglia reale, i Sottosacerdoti di Cristo, i Santi, i Fratelli di Gesù e via titolando…
E questa sperequazione, per chi come noi cattolici crede che nell’aldilà non esistono più neanche le differenze tra semplice fedele e Papa, è una cosa molto difficile da digerire. Ma la pretesa geovista non ci fa alcun problema perché si basa sul falso assunto che i 144.000 di cui parla Apocalisse siano indicati con numero matematico, mentre da sempre sono stati visti come un numero simbolico che indica la pienezza, la totalità, dei giusti, tutti quelli del popolo di Dio (popolo a cui sono chiamati e, anche se non battezzati, inclusi i retti di cuore) che non rifiuteranno in maniera radicale l’offerta d’amore che il Padre ci ha fatto in Cristo.

L'articolo dice
«Nel corso del tempo la chiesa primitiva ha cambiato opinione in merito al suo ruolo sulla terra. Il risultato? “La chiesa istituzionale sostituì sempre più l’atteso Regno di Dio”, dichiara un’opra di consultazione. (The New Encyclopaedia Britannica).»

Osserviamo

Ci sarebbe da stabilire una… “laurea di segugio” per chi riuscirà per primo a trovare nella suddetta Enciclopedia (da sottolineare "laica") il luogo preciso della citazione! Questa dimenticanza nell’indicare la voce e la colonna non la rende sospetta? Ma anche se fosse autentica, e se nel contesto in cui si trova non cambiasse di senso, questa frase esprimerebbe solo il parere dell’autore di quella voce. Un parere contestabilissimo da parte di tanti storici, e soprattutto teologi che non la trovano affatto vera. Anzi, se c’è un punto a favore della Chiesa Cattolica quanto ad essere la Chiesa originale di Cristo questa sta proprio nella continuità di dottrina e di successione apostolica. La Chiesa oggi inquadra il suo ruolo esattamente come lo ha inquadrato Gesù: è sua portavoce (funzione profetica circa la dottrina rivelata), comunità del culto perfetto a Dio e di santificazione (funzione sacerdotale tramite liturgia e sacramenti), governo del popolo di Dio (funzione regale comprendente il servizio di carità).
Disattendere questo preciso ruolo (si consiglia di leggere il Cap. VII della Lumen Gentium) con il problema pastorale di adattarsi alle situazioni variabili politiche dei tempi per dire che la Chiesa ha cambiato, è voler depistare l’attenzione dall’essenziale irrinunciabile all’accessorio variabile.
Non a caso l’articolo, subito appresso cita il comando di Gesù di “non far parte del mondo”, il che per ogni cristiano significa che non deve accettare lo spirito di questo mondo, mantenendo il dovere di starci dentro come sale e luce, ma lo interpreta geovisticamente come separazione totale dalla Società e dai suoi problemi. Il CD in tal modo fa passare per comando divino il disimpegno verso il benessere sociale dell’umanità e degli Stati , e invita a stare in essi sfruttandone i vantaggi che la civiltà e i servizi da essa istituiti conferiscono. Una sorta di parassitismo insomma.

L’articolo, dopo aver insinuato un connubio politico, cioè di comodo, tra la Chiesa e l’imperatore Costantino, termina annunciando il prossimo punto che tratta di un preteso ruolo determinate e deformante dell’imperatore sulla dottrina relativa alla “natura stessa di Dio”. Lo vedremo nel prossimo post.

I versetti biblici che l'articolo ci invita a confrontare non provano nulla giacché: ricalcano l’idea di terra che abbiamo già confutato (Salmo 37:10, 11, 29); sviano l’attenzione dalla tematica in oggetto additando l’importanza della conoscenza di Dio per avere la vita eterna (Giovanni 17:3); e finiscono con l’ammonizione circa la fedeltà per regnare in cielo insieme a Cristo (2 Timoteo: 2,11); cosa questa che è contro la tesi che riserva il cielo agli Unti. Ma il TG vi obietterà che S. Paolo nelle sue lettere parlava solo agli Unti, perché nel primo secolo tutti i cristiani erano Unti, nel senso che erano del numero chiuso dei 144.000 (falsità che esamineremo in altra occasione). Vediamo la chiusura…

L'articolo conclude dicendo
«La maggioranza dei buoni vivrà per sempre sulla terra, non in cielo.».

Osserviamo
E qui abbiamo che ci cade a fagiolo il detto “medico cura te stesso” (per non usare l’altro proverbio che ha per personaggi l’asino e il bue) giacchè questa asserzione finale dimostra, fuori di ogni dubbio, che è stata la WT a cambiare opinione in merito al regno di Dio. Lo abbiamo già accennato all'inizio ma ci torniamo e chiariamo meglio. Tutti sappiamo infatti che fino al 1935 il geovismo non prospettava la terra come luogo ove avrebbero eternamente vissuto i buoni, ma il cielo. Il cielo, si diceva, riservato nella sua pienezza ai soli 144.000 Unti, aveva una sorta di posticino extra (di serie B) per gli ormai, milioni di TG che volevano salvarsi ma non potevano essere tra gli Unti perché la loro scelta era già stata compiuta da Geova. Ma la pressione fu tanta che allora il presidente Rutherford ricevette una illuminazione che cambiò la dottrina (e dica chi legge se questo non è opportunismo “politico”) si inventò in quella data il paradiso terrestre come luogo proprio dei sudditi del Regno di Dio già stabilito in cielo dal 1914.
E non vado oltre perché sono cose arcinote. E’ singolare però che il CD dei TG le dimentichi così facilmente.
Quindi nessuna paura. Il concetto cattolico non è errato. Tutti i buoni vanno in cielo. E' dottrina di sempre.
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » mar ott 19, 2010 10:30 am

«CONCETTO ERRATO N. 4: DIO E’ UNA TRINITA’»

L’articolo dice
«Qual è l’origine dei questo concetto? “Si potrebbe avere l’impressione che il dogma trinitario sia in ultima analisi un’invenzione del tardo IV secolo. In un certo senso è così… prima della fine del IV secolo la formula ‘un Dio in tre persone’ non era solidamente attestata, e certo non era stata completamente assimilata dalla vita cristiana e dalla sua professione di fede”. – New Catholic Encyclopaedia (1967), volume 14, pagina 299.»

Osserviamo

Viene istintivamente l’esempio di quegli interlocutori a cui dai un dito e si prendono subito la mano e il braccio… andando oltre ciò che è ragionevole.
Così il CD vuole far passare che l’articolo di fede più importante di tutto il cristianesimo sia un’invenzione tardiva, e quindi non contenuta nella rivelazione divina, dalla quale i cristiani, basandosi sulle parole di Gesù, hanno percepito da sempre in Dio almeno l’esistenza chiarissima di una “binità” di persone,: il Padre e il Figlio. E insieme hanno sentito da Gesù la rivendicazione di una parità del Figlio con il Padre quanto alla divinità.
Qualche accenno: 1) Gesù perdona i peccati in nome proprio; 2) è padrone del Sabato (giorno di Dio); 3) fa miracoli a nome proprio mostrandosi padrone della natura; 4) tutto quello che ha il Padre è anche suo; 5) chiama il Padre “Padre mio” diversamente dagli altri; 6) dice che è dentro il Padre e il Padre dentro lui; 7) dispone dello Spirito Santo senza misura; 8) si dichiara Figlio in modo esclusivo così da esserne accusato di presuntuosa bestemmia; 9) si inserisce, insieme allo Spirito santo, come essenziale nella formula battesimale; 10) garantisce che sarà lui ad operare la risurrezione dei morti; 11) e che sarebbe stato lui a risuscitare se stesso etc…
In seguito anche il Consolatore-Paraclito, mandato da Gesù, mostrerà di avere dignità divina e intelligenza e volontà, caratteristiche specifiche della persona. Quindi la tripersonalità divina, insieme all’unicità di Dio, fu cosa creduta da subito. La Trinità non è un’invenzione tardiva, il che non avrebbe neanche avuto senso e sarebbe stato stupidamente autolesionistico da parte della Chiesa.
Ma allora a cosa si riferisce il ritardo? Lo dice chiaramente il brano citato, per chi sa capire la precisione dell’esprimersi teologico. Il ritardo riguardò “la formula”! Ovvero si sapeva che si doveva credere sia l’unicità che la triplicità in Dio, ma la formulazione non doveva essere contraddittoria. E fu la ricerca dei termini precisi che affermassero la verità senza sconti e senza cadere nella contraddizione che fu laboriosa e fu risolta, come leggeremo subito dopo, al Concilio di Nicea.
Se si tiene presente che la parola “dogma” significa “decisione” si deve dire che sì, la decisione circa la formula da usare per esprimere l’unicità e la trinità di Dio è stata “inventata”, cioè elaborata, nel tardo IV secolo e suona “Unico Dio, quanto alla natura-sostanza, in Tre persone”; mentre la credenza nel fatto precede di secoli la formulazione.
Studiando la storia dei dogmi si scopre anche che la difficoltà da superare era quella di condividere tutti gli stessi concetti prima di usarli; a questo riguardo c’era diversità tra Oriente e Occidente quanto ai concetti di “natura” e “persona” che erano essenziali per la formulazione trinitaria.

L’articolo dice
«Il Concilio di Nicea si aprì il 20 maggio del 325. Costantino stesso presiedette, guidando attivamente le discussioni, e propose personalmente… la formula cruciale che esprimeva la relazione fra Cristo e Dio nel simbolo formulato dal Concilio, ‘consustanziale col Padre’…»

Osserviamo

I Concili Ecumenici sono “presieduti” dal Papa, o di persona o per delega. L’imperatore vi era stato invitato perché ne andava di mezzo l’armonia sociale dell’impero, (a quel tempo il sociale era impastato con la religione, quello di Costantino era un impero confessionale, cristiano). Non fu certo lui a inventarsi la formula o a imporla: semmai la favorì sulla fiducia di chi l’aveva proposta. Lo stesso testo ammette che il simbolo fu formulato “dal concilio”, cioè dai Vescovi successori degli Apostoli, coloro che avevano, per promessa di Gesù “sempre presente in mezzo a loro”, l’assistenza dello Spirito Santo per “capire bene ogni cosa che Gesù aveva rivelato” intorno al mistero di Dio e le verità soprannaturali. E che la formula ‘consustanziale col Padre’ potesse risultare ostica era evidente per il fatto che Gesù, nella sua umanità, è creatura e quindi la consustanzialità con il Padre doveva riferirsi alla Persona del Verbo per non insultare l’ovvietà. Non è un caso se a quel Concilio seguì quello di Calcedonia dove si “decise”, cioè si dichiarò da doversi credere, che in Gesù coesistono due nature: divina e umana. Ed è solo come Verbo-Figlio-Persona che egli, vivendo dentro la stessa natura del Padre è consostanziale con Lui, non già con la natura umana che è da Lui assunta in forma ipostatica e non sostanziale. Queste parole hanno un senso teologico ben preciso. O dobbiamo pensare che la WT critica ciò che non conosce?

L’articolo dice
«Intimoriti dall’imperatore, i vescovi, con due sole eccezioni, firmarono il simbolo, molti fondamentalmente contro la loro volontà”. – Encyclopaedia britannica (1970), volume 6, pagina 386.»

Osserviamo

Che fanno a Brooklyn, cercano di dare autorevolezza teologica a un’enciclopedia laica? E vogliono suscitare il nostro riso come se non capissimo che quel “timore dell’imperatore” esprime il parere del laico che scrive oggi e non la verità storica? Magari le avessimo in Parlamento e al Senato delle votazioni dove “due sole eccezioni” esprimono il dissenso su una decisione votata da tutti!

L’articolo dice
«Cosa dice la Bibbia? Stefano, “pieno di Spirito Santi, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: ‘Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio’”. – Atti 7:55,56, CEI.»

Osserviamo

A chi conosce abbastanza la traduzione della Bibbia geovista (la cosiddetta Nuovo Mondo), vedendo citare a questo punto solo il v. 55 e 56, viene il sospetto che il CD abbia citato la CEI per paura che, leggendo sulla sua NM, il lettore accorto giunga fino al v. 59 dove gli sarebbe apparso evidente il suo tentativo di falsificare la Bibbia in rapporto alla parità in divinità del Figlio con il Padre. Infatti dobbiamo: 1) ricordare che, per il geovismo pregare è un atto che fa parte della adorazione, e che pertanto la preghiera può essere rivolta solo a Geova-Dio (cf La verità che conduce alla vita eterna, p. 152); 2) avere a mente il contesto in cui si trovò Stefano che era quello della suprema testimonianza di vita mentre subiva la lapidazione e che parlava “pieno di Spirito Santo” e perciò sotto ispirazione divina (il che gli impediva di insegnare una cosa diversa dalla verità); 3) notare che, prima di pronunciare le ultime sue parole questo primo martire del cristianesimo, vede “i cieli aperti” distinguendo benissimo due persone: la “gloria di Dio” cioè iol Padre, e Gesù, cioè il Figlio accanto a Lui, e prega. Ma sorprendentemente non prega rivolgendosi a Dio, bensì al suo “feldmaresciallo”, al suo “rappresentante” affidando il proprio spirito non a Dio ma a Gesù! In tal modo questo versetto smentisce l’insegnamento del CD, in quanto la Bibbia insegna esplicitamente ad adorare Gesù pregandolo, cioè ne riconosce la divinità alla pari del Padre. Non è infatti credibile che lo Spirito Santo (anche se inteso come forza attiva di Dio) abbia suggerito alla mente di Stefano un gesto non conforme alla dottrina da credere.

Davvero Stefano ha pregato Gesù? La Bibbia CEI dice di sì, recitando: “59 E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: Signore Gesù, accogli il mio spirito”, (Kyrie Iesoùs, nell’originale greco).
Allora le ipotesi possono essere solo queste: o Gesù è davvero pari in dignità al Padre e Dio come Lui, oppure la Bibbia qui realizza un infortunio gigantesco insegnando che si può pregare, cioè tributare adorazione a Gesù oltre che a Dio Padre. Ma siccome la Bibbia è ispirata e non può sbagliare chi sbaglia è il CD a non vederci l’insegnamento sulla divinità di Cristo.
Ma che succede se andiamo a leggere la versione della NM geovista? Succede che troviamo cambiato il senso del verbo epikalèo, che da “pregava” diventa “faceva appello”. E, per consolidare ulteriormente la manipolazione della verità, il rigo immediatamente seguente ove Stefano dice nella CEI “Signore non imputar loro questo peccato”, sempre ovviamente riferito a Gesù, nella NM viene perfino cambiato in “Geova non imputare loro questo peccato”. Il greco usa in entrambe le invocazioni il termine Kyrios (Signore). Nella NM il primo è rimasto tale perché era unito a Gesù, e allora si è cambiato il verbo che diceva pregava; il secondo invece è stato cambiato del tutto arbitrariamente in Geova, nel disperato tentativo di coprire in qualche modo quella preghiera a Gesù che risulta evidente sia nella Bibbia della CEI che in tutte le Bibbie.
Incompetenza o limatura oculata e premeditata? Decidano i lettori.

L’articolo dice
«Dopo aver cercato passi biblici a sostegno del dogma trinitario, il domenicano Marie-Emile Boismard ha scritto in un suo libro: “Nel Nuovo testamento non v’è traccia dell’affermazione secondo la quale ci sarebbero tre Persone in un unico Dio”. – All’alba del cristianesimo. Prima della nascita dei dogmi, trad. di S. Venturini, Piemme, Casale Monferrato, 2000, pagina 157.»

Osserviamo

La precisione certosina nell’indicare la fonte di questa citazione ci fa capire che il CD le assegna un valore non indifferente a sostegno della sua tesi. Ma a torto, e per due motivi: primo, sarebbe abbastanza paradossale che un domenicano (Ordine religioso dedicato all’insegnamento, soprattutto tomistico e perciò perfettamente ortodosso) voglia significare, con quella sua precisazione, che lui condivide la tesi che la Trinità sia un’invenzione umana; secondo, perché il Boismard, da bravo domenicano che scrive nel 2000, sapeva benissimo che tale ricerca era già stata fatta da tanti anni e da tanti esegeti prima di lui con esito negativo. Ma, come abbiamo spiegato più sopra, la cosa non fa problema se si considera che si sta parlando della formulazione del mistero di fede e non dell’idea stessa. Se nel linguaggio ebraico del tempo in cui fu stilato il NT, che – si badi – ricalca fedelmente l’insegnamento orale fatto da Gesù che parlava aramaico, non si usavano i concetti filosofici di “natura” e “persona” assolutamente necessari a spiegare il mistero divino in modo non contraddittorio, è ridicolo pretendere di trovarceli nella Bibbia. Nel NT si troverà bensì l’idea di tale “composizione comunionale” di Dio. Il crearne poi la formulazione per esprimerla in poche parole, quello è stato il lavorìo che ha prodotto poi la formula trinitaria. Quando si ha a che fare con una sostanza non conosciuta, prima ce se ne fa un’idea, poi le si dà un nome per caratterizzarla o denominarla. Le parole e i rispettivi fonemi sono tutti “inventati” dagli uomini, l’idea no. L’idea è comune a tutti. Tutti pensano lo stesso oggetto, sia che lo si chiami eau, water, ydor, aqua, agua, acqua; o pain, bread, artos, panis, pan, pane.

L’articolo cerca appoggi dicendo
«Confrontate questi versetti biblici: Matteo 26:39; Giovanni 14:28; 1 Corinti 15:27, 28; Colossesi 1:15, 16.»

Osserviamo

Matteo parla di Gesù che prega il Padre. Il geovismo osserva altrove che se Gesù è Dio sarebbe ben strano che preghi se stesso. Ma se riuscisse a capire che, pur essendo uno nella natura Dio è triplice nelle persone, allora nessuna contraddizione dicendo che Gesù, Persona altra, ben distinta da quella del Padre, prega la persona del Padre pur essendo egli stesso convivente all’interno della di Lui sostanza, cioè avendo in comunione con il Padre la stessa (numericamente una!) natura divina. Analogamente io posso pregare mio padre perché siamo persone diverse tra noi, anche se abbiamo la stessa (ma in tal caso separata) natura umana.
Giovanni riporta le parole di Gesù “il Padre è maggiore di me”. Ma anche qui nessuna contraddizione con la sua stessa divinità. Infatti il Figlio, in quanto Persona divina è eternamente “generato” dal Padre e in tal senso da Lui dipendente. Sulla inferiorità quanto alla umanità di Gesù ovviamente non ci sono problemi giacché è stata “creata”. La 1 Corinti accenna ancora alla subordinazione del Figlio al Padre e quindi va risolta allo stesso modo.

E anche qui è il caso di riservare un post a parte al commento dell’ultima citazione, quella di Colossesi 1,15, 16, perché anche qui, come già in Romani 6,7, il CD realizza una manipolazione biblica molto grave.

NATURALMENTE
Nonostante questa nostra confutazione, potremmo pretendere dal CD comunque dei... ringraziamenti, perché non abbiamo voluto infierire. Ci siamo cioè limitati a controbattere la sua tesi contraria alla Trinità. Ma la “natura di Dio” non si riduce al mistero trinitario. E se andiamo ad osservarne le varie caratteristiche insegnate dal geovismo c’è semplicemente da rizzarsi i capelli perché nel geovismo abbiamo un Dio che è del tutto diverso da quello concepito dalla… “demonica” cristianità.* Infatti abbiamo un Dio che:
- è localizzato spazialmente
- ha un cervello
- e un corpo di forma ben definita
- è sessuato al maschile
- non è onnipresente
- è onniveggente solo se vuole
- conosce il futuro dell’uomo solo se ha a disposizione dei segnali da valutare
- impara nel tempo studiando l’uomo
- non è creatore nel vero senso del termine
- a noi tutti, viventi nel nostro tempo, non ci ha voluto bene da sempre
- non è giusto perché massacrerà tanti innocenti insieme ai cattivi

Insomma è un Dio per certi aspetti ad immagine e somiglianza dell’uomo, proprio al contrario di ciò che dice la Bibbia (e pensiamo all’uomo perfetto Adamo), e per altri aspetti ci ricorda il comportamento dell’uomo decaduto, incapace e ingiusto.
Sono tutti punti che potranno costituire un thread apposito. Ma più in là…
_______________________________________________________________________
* Per informazione: i TG sono esortati a precisare che loro “non appartengono alla cristianità” (cf Ragioniamo p. 21). Loro sarebbero, e si definiscono “i cristiani” o “i veri cristiani”. Tutti gli altri credenti in Cristo, sono catalogati dal geovismo come “cristianità” o meglio “cristianità apostata”. Essa sarebbe sorta, come “zizzanie” alla fine del I secolo e avrebbe tenuto banco fino agli inizi del 1900, quando Russell fondò l’associazione degli Studenti Biblici, denominata poi da Rutherford nel 1931 “Testimoni di Geova”.

(continua)
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » ven nov 05, 2010 9:18 pm


«CONCETTO ERRATO N. 5: MARIA E’ LA MADRE DI DIO»


L’articolo dice
«La venerazione della madre di Dio ricevette impulso quando…le masse pagane affluirono nella chiesa…»

Osserviamo

Anzitutto notiamo che l’enciclopedia Britannica (voce laica ma in questo onesta!) ha scritto correttamente “venerazione” laddove il CD dei TG - confondendo per ignoranza o volendo demonizzare, mentendo, il culto di Maria? - insinuerebbe che i cattolici tributano alla madre di Gesù un culto di adorazione, come tenta di fare in questa stessa pagina dicendo appresso «… il Concilio di Efeso del 431 E.V. spianò la strada all’adorazione di Maria.» (cf anche in Accertatevi p. 269 ove si parla di “mariolatria”).
Che poi tale venerazione si diffuse “quando le masse pagane affluirono nella chiesa”, o costituisce una notazione buffa (come avrebbero mai potuto farlo prima non sapendo nulla né del Redentore né del “Sì” di Maria a divenirne la Madre. “Sì” che ha dato inizio alla redezione permettendo l’incarnazione del Verbo?) oppure vuole insinuare che avvenne molto tardivamente e pertanto non sarebbe in linea con ciò che Gesù o la Bibbia insegnano che si debba e possa fare (e in effetti, in altre stampe, il CD dice che tale venerazione sarebbe iniziata dopo il dogma pronunciato ad Efeso nel 431). Ma questo è contestabile perché abbiamo una famosa preghiera che risale al secondo secolo e che dice “Sub tuum praesidium confugimus sancta Dei genetrix” (sotto la tua protezione ci rifugiamo o santa genitrice di Dio)*
_________________________________
* Viene citata anche dal Concilio Vaticano II nel cap. VIII della Lumen Gentium dedicato alla Vergine Maria (nota al n. 66) .
E per colmo d’ironia questa preghiera termina anche dicendo “sed a periculis cunctis libera nos, sempervirgo gloriosa et benedicta” (ma liberaci da tutti i pericoli, o semprevergine – gr. aeipartenos – gloriosa e benedetta), così abbiamo confermata anche la verginità di Maria anche dopo il parto, e con essa l’unicità di Gesù quale suo Figlio.

L’articolo dice
«Cosa dice la Bibbia? “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo. … Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”. – Il corsivo è nostro; Luca 1:31-35, CEI.
Questo brano scritturale indica chiamaramente che Maria era la madre del “Figlio di Dio”, non di Dio stesso.»

Osserviamo

Ohibò! Qui si bara fingendo di non sapere che la dizione “Figlio di Dio” significa non figlio della natura divina ma Figlio della Persona di Dio Padre.
Qui riemerge la confusione geovista derivante dal fatto che non sa distinguere la differenza tra “persona” e “natura”, così che le confonde interscambiandole o addirittura le identifica, come in questo caso.
Dobbiamo allora ripetere e rettificare spiegando come noi intendiamo questo mistero del Verbo incarnato.
Primo punto da tenere presente è che le persone del Figlio e del Padre non sono le stesse! Stessa, per entrambe, è la natura divina, o sostanza, o essenza, cioè l’entità in cui risiedono e convivono le Persone.
Il secondo punto è che – ma il geovismo lo sa benissimo! – nel Nuovo Testamento quasi sempre la Persona del Padre è indicata dalla sola parola “Dio” (gr. o theòs). In questo passo di Luca dunque “sarà chiamato Figlio di Dio” equivale a dire Figlio del Padre. Così si capisce che si sta parlando di due Persone distinte, e non è lecito intrugliare le cose facendo credere che noi cattolici capiamo quel versetto nel senso di “Figlio della natura divina”, per poi indicare la contraddizione che deriverebbe logicamente dall’equazione Gesù=Dio che nasce come Figlio di… di se stesso! Invece non esiste alcuna contraddizione nel dire che Gesù, in quanto Persona divina, nasce assumendo una natura umana e la rende partecipe della sua figliolanza, generata eternamente dalla Persona divina di Dio Padre.
Terzo e ultimo punto da considerare è che i concetti con cui esprimiamo i misteri divini sono (e non può essere altrimenti per nessuna denominazione religiosa!) mutuati da quelli acquisiti nella cultura umana, e che vanno applicati alla divinità solo in modo analogico. In base a tale fatto osserviamo che quando noi umani generiamo (non creiamo ma generiamo) un figlio, non siamo generatori della natura umana ma della persona che “abiterà” in quella natura umana da noi donatale. E siccome in Gesù vi sono sia la natura umana che la divina, ma unite nell’unica Persona del Verbo, Figlio di Dio Padre, che è anch’Egli Dio come il Padre quanto alla natura, ecco che Maria Vergine, generando il suo figlio terreno diventa genitrice della Persona del Verbo che resta Dio anche se incarnato. Di qui la legittimità e il dovere di definirla Madre di Dio.

L’articolo dice
«Come avrebbe mai potuto portare in grembo Colui che ‘i cieli stessi non possono contenere’? (1 Re 8:27)»

Osserviamo

Se la divinità dovesse essere concepita in maniera spaziale, allora avrebbe senso tale obiezione. Senonché essa pecca di miopia perché non riesce a concepire che Dio è spirito. Cioè trascende del tutto cielo, terra e universo. Ma essendo anche onnipresente alla sua creazione (perché ove lui non la sostenesse in essere, quella creazione cadrebbe nel nulla) Egli è presente “in cielo in terra e in ogni luogo” con la sua presenza creatrice; creatrice anche dell’anima di Cristo e mantenitrice nell’essere della natura umana donata al Verbo dalla Madre, pur restando come Verbo-Dio sempre oltre ogni creaturalità.
Bellissima è al riguardo l'affermazione teologica di S. Leone Magno asserente che il Verbo si è incarnato senza mai lasciare il seno del Padre. Ma non si può pretendere che un TG capisca questo discorso se segue degli insegnanti che gli parlano di un Dio che ha un corpo “di forma ben definita… con organi di senso… un cervello… e che ha bisogno di un luogo in cui vivere” (sic!) . No, non se ne viene a capo se non ci si apre a nuove e più profonde intellezioni sulla divinità.

Terminiamo questo punto riportando le parole del Concilio Vaticano secondo sul culto di venerazione tributato ai santi, con applicazione finale a Maria.
«[tutti i responsabili] insegnino ai fedeli che il nostro rapporto con gli abitanti del cielo, purché lo si concepisca alla piena luce della fede, non diminuisce affatto il culto di adorazione reso a Dio Padre mediante Cristo nello Spirito, ma anzi lo arricchisce.
Tutti quanti infatti, noi che siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia (cfr. Eb 3) mentre comunichiamo tra noi nella mutua carità e nell’unica lode alla Trinità santissima, rispondiamo all’intima vocazione della Chiesa e pregustando partecipiamo alla liturgia della gloria perfetta.» (Disposizioni pastorali del Concilio – in Lumen Gentium n. 51)
E mentre rimandiamo alla curiosità edi singoli TG il compito di leggere cosa dice espressamente il Concilio circa il culto di Maria (ai nn. 66 e 67) poniamo loro una domanda…
Ammettendo, come pensate voi, che nell’aldilà non esistano esseri umani, salvo i membri dei 144.000 Unti già assunti alla gloria celeste, perché mai voi non chiedete loro di intercedere per voi presso Geova? Questo dono di carità consistente nella preghiera vicendevole non è chiaramente indicato dalla Bibbia nelle lettere di Paolo e Atti? E, per lo stesso motivo, perché non pregate la Madonna dal momento che ritenete che fa parte degli Unti?
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Re: Analisi TOR del 1/11/2009 - SEI CONCETTI ERRATI SUL CRIST...

Messaggioda Sandro » mer nov 10, 2010 7:51 pm

«CONCETTO ERRATO N. 6 DIO APPROVA L’USO DI IMMAGINI E ICONE NEL CULTO»

Questo punto si ricollega al precedente, e nasce dalla preoccupazione (tipicamente protestante) di tutelare la funzione mediatrice del Figlio di Dio per quello che è: assolutamente unica. Così che dalla esclusione del culto a Maria, il geovismo si protende perfino alle immagini che la rappresentano (e in tale “iconoclastia” vengono idealmente accomunate anche le immagini e statue dei santi, come in uso presso la Chiesa cattolica e la ortodossa).
Con tale obiezione iconoclasta la WT riesuma, profittando della sprovvedutezza culturale di certa gente, obiezioni antichissime già risolte ufficialmente dalla Chiesa sin dal 787 (data del Concilio Niceno II) in maniera autorevole e infallibile, e riconfermate nel Tridentino. Tratteremo questa tematica diversamente dai punti precedenti, fornendo la nostra soluzione su tre fronti:

1) Vediamo anzitutto cosa insegna ufficialmente la nostra Chiesa sul culto ai santi, la venerazione delle immagini, e il conseguente uso di immagini nel culto sia di adorazione a Dio e a Cristo-Dio sia di venerazione dei suoi amici più eccellenti: Madonna e Santi. Si scoprirà che i cattolici non negano affatto l’unicità della mediazione di Cristo, ma neanche ne limitano il potere di farne compartecipi altri soggetti.

«Maria e Cristo unico mediatore
Uno solo è il nostro mediatore, secondo le parole dell’Apostolo: “Poiché non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto” (1Tm 2,5-6). La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo, anzi, la facilita.» (Lumen Gentium n. 60)

«Maria, perché madre santissima di Dio presente ai misteri di cristo, per grazia di Dio esaltata al di sotto del Figlio, sopra tutti gli angeli e gli uomini, viene dalla Chiesa giustamente onorata con culto speciale. E di fatto, già fino dai tempi più antichi, la beata Vergine è venerata col titolo di “Madre di Dio” e i fedeli si rifugiano sotto la sua protezione, implorandola in tutti i loro pericoli e le loro necessità. (…)
Questo culto, quale sempre è esistito nella Chiesa, sebbene del tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione reso al Verbo incarnato, così come al Padre e allo Spirito Santo, ed è eminentemente adatto a promuoverlo.» (ivi n. 66)
[Naturalmente, per i TG qui si pone la soluzione dell’altro problema inesistente per noi; cioè la verità rivelata circa la piena divinità di Cristo che tratteremo altrove.]

«Il santo Concilio formalmente insegna questa dottrina cattolica. Allo stesso tempo esorta tutti i figli della Chiesa a promuovere generosamente il culto, specialmente liturgico, verso la beata Vergine, ad avere in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di lei, raccomandati lungo i secoli dal magistero della Chiesa; raccomanda di osservare religiosamente quanto in passato è stato sancito circa il culto delle immagini di cristo, della beata Vergine e dei santi. Esorta inoltre caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure da una eccessiva grettezza di spirito, nel considerare la singolare dignità della madre di Dio. Con lo studio della sacra Scrittura, dei santi Padri, dei dottori e delle liturgie della Chiesa, condotto sotto la guida del magistero, illustrino rettamente gli uffici e i privilegi della beata Vergine, i quali sempre sono orientati verso il Cristo, origine della verità totale, della santità e della pietà. Sia nelle parole che nei fatti evitino diligentemente ogni cosa che possa indurre in errore i fratelli separati o qualunque altra persona, circa la vera dottrina della Chiesa.» (ivi n. 67)
[Con quest’ultimo accenno è data risposta - e rimprovero! - alla WT che ogni tanto, sulle sue riviste, presenta e critica, lasciandoli intendere come comportamenti autenticamente cattolici, atteggiamenti di devozionismo che in realtà deviano dalla sobrietà e giusta consapevolezza qui professata ufficialmente e raccomandata dalla Chiesa ufficiale.]

E a questo punto possiamo rispondere cattolica-mente alla domanda riportata dall’ articolo della Torre di guardia:
«Le immagini sono semplicemente un mezzo per accostarsi e dare onore a ciò che rappresentano, come sostengono le chiese?»

Risposta: sì! Il di più che vi si volesse aggiungere, insinuato gratuitamente e indebitamente fondato su comportamenti di cristiani "semplici", viene dal Maligno.

2) Quale è il comportamento della WT riguardo alle immagini?
Chiunque ha avuto tra le mani le riviste geoviste “la Torre di Guardia” e “Svegliatevi!” sa benissimo che esse sono infarcite id immagini bibliche.
E’ appunto l’uso delle immagini a scopo didattico che viene sorprendentemente rimproverato a noi.
Anzi, se si passa dalle immagini di personaggi biblici alla immagine di Dio, noi, troveremo negli stampati geovisti perfino immagini di Dio. Per esempio due grandi mani di Geova che dal cielo offrono letteratura ai auoi fedeli; mano e braccio di Geova preso di spalle sul trono che sporge verso Cristo; immagine completa di Geova in trono occupante un’intera pagina, a pagina 75 e ripetuta in piccolo altre cinque volte nello stesso volume intitolato “Rivelazione, il suo grandioso culmine è vicino!”
Quest’ultima immagine, resa evanescente dalla tintagiallo pallido su sfondo bianco, anche se priva di volto, lascia comunque intravedere delle fattezze umane realizzando, a nostro avviso, il rovesciamento di ciò che insegna la Bibbia: Dio fatto a immagine dell’uomo anziché l’uomo fatto a immagine di Dio.
E a nulla vale la scusa geovista asserente che “però noi non ne facciamo oggetto di culto, non la baciamo e non la veneriamo, la usiamo a scopo didattico”. E’ una risposta difficilmente credibile e facilmente verificabile ipotizzando di invitarli ad utilizzare quella pagina per un uso indecoroso. Siamo certi che si esimerebbero dal farlo perché capiscono che comunque (come riteniamo noi) un’immagine, come la foto di persona cara defunta, porta con sé, il referente alla persona rappresentata. E se questa persona è oggetto di amore, ben difficilmente la si tratterà senza venerazione.

Oltretutto c’è un altro motivo, tratto precisamente dal versetto biblico pertinente, che mostra la contraddizione tra ciò che la WT insegna e ciò che fa. Il comando biblico non dice solo di non prostrarsi ad alcuna immagine (prostrarsi nel senso di adorarla come vedremo appresso). Prima di questo esso dice testualmente “Non ti farai idolo né immagine alcuna…”. Quindi la WT disobbedisce alla Bibbia perché, come visto, fa, e con dovizia, immagini della divinità e di personaggi biblici.

3) La soluzione cattolica circa la venerazione delle immagini, o “l’uso delle immagini nell’adorazione” come ama esprimersi la Torre di Guardia, è di una semplicità elementare e la possiamo illustrare a tre livelli:
a) Umanamente parlando noi distinguiamo molto bene tra venerazione e adorazione. Il verbo adorare esprime la relazione interpersonale tra noi creature davanti al Creatore (culto di latrìa), significa porsi come il niente davanti all’Assoluto.da cui si dipende in tutto e in ogni istante. E siamo certi che mentre ogni cattolico adora Dio Padre e le altre persone del Figlio e dello Spirito Santo (compreso tutto ciò che è stato dal Figlio assunto e fatto proprio con l’incarnazione: quindi il Crocifisso, il sacro cuore, il sangue di Cristo ecc…), non realizza affatto la stessa relazione quando esprime affetto e deferenza verso le persone umane che ama. Nessuno di noi adora i genitori o il coniuge, i figli o altri… Alle persone umane meritevoli di affetto o di deferenza perché detentrici di una determinatà dignità si tributa un omaggio di venerazione; e questo sia a loro di persona che alle immagini o simboli che le rappresentano (come le bandiere che significano la patria, il popolo di uno Stato). Siamo certissimi che ogni devoto Testimone tiene in grande onore e venera le immagini dei propri cari defunti.
b) Ragionando biblicamente noi abbiamo la luce, come amano dire i Testimoni, dalla “Bibbia che spiega la Bibbia” su questo punto. Infatti troviamo che, in deroga all’assoluto divieto di fare immagini, un giorno Dio stesso ordinò a Mosé di fare non solo immagini di cherubini sul coperchio dell’arca ma perfino l’immagine del serpente di bronzo a scopo salvifico. E per neutralizzare l’effetti del veleno bisognava che chi veniva morso si rivolgesse a quell’immagine, ovviamente riguardandola con devozione come al rimedio salvifico provveduto da Dio. Siamo esattamente alla funzione referenziale: l’immagine era un simbolo, veniva guardata pensando e invocando il Creatore che realizzava la guarigione. Ma quando, tempo appresso, il popolo (infettato dall’idea idolatrica che cosificava il divino dentro gli oggetti dando loro la valenza di idoli) cominciò a trattare il serpente di bronzo come idolo, attribuendo cioè a quell’immagine materiale il potere salvifico, allora Dio ordinò a Mosé di farlo a pezzi.* Alla luce di questo fatto noi comprendiamo che la proibizione precedentemente data a Mosé riguardava le immagini (siano esse dipinte che in forma di statue) a cui il popolo avrebbe attribuito una valenza di idolo, e non una proibizione delle immagini tout-court. Ma non è proprio ciò che leggiamo nell’articolo che dice: «Cosa dice la Bibbia? “Non ti farai idolo né immagine alcuna… non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai” (Esodo 20:4, 5, CEI) L’apostolo Giovanni scrisse ai cristiani del I secolo: “Figlioletti guardatevi dagli idoli”. – 1Giovanni 5:21.» Appunto, si tratta di immagini in funzione idolatrica; questo era - e rimane tuttora! - l’oggetto del divieto.
c) Una citazione pertinente da parte di un esegeta. «Come si legge la santa Bibbia nelle sette? In linguaggio dotto, si chiama “fondamentalismo” la maniera tutta particolare di cui le sette si servono per leggere e spiegare la Bibbia. Questa viene considerata come un solo blocco, quasi che fossse caduta dal cielo come un meteorite, o dettata dall’inizio alla fine d’un solo getto, all’orecchio dello scrittore sacro. Non si tiene conto che i 73 libri di cui è composta sono stati scritti in contesti diversi e in epoche assai varie, durante un periodo di più di mille anni. (…) Si interpretano insomma i testi in maniera rigidamente letterale come scritti a-storici, cioè non sottomessi alla storia. (…) Le sette si fanno una vera religione del libro. Esse sono più interessate al testo scritto, approvato ufficialmente dai loro capi, che alla Parola vivente, portata nelle coscienze e approfondita nella fede, trasmessa di generazione in generazione attraverso il popolo di Dio che, sotto la guida dello Spirito Santo, cerca di rileggerla e di adattarla alle situazioni mutevoli che incontra. (…) Le sette sembrano ignorare, infine, che la Bibbia testimonia una lunga educazione del popolo di Dio, durata più di 2000 anni, e che Dio dà prova in essa di una buona pedagogia della crescita. Egli parla all’inizio a fanciulli rozzi e primitivi, poi ad adolescenti instabili. InGesù Cristo, suo Verbo fatto carne, egli dà comimento alla perfezione della rivelazione, nel tempo che giudica opportuno. Così non si ha diritto di mettere sullo stesso piano da una parte la parola del Levitico, come l’obbligo della circoncisione o il divieto di mangiare sangue, e dall’altra parte la Legge delle Beatitudini, vertice della rivelazione cristiana. Qui il comandamento dell’amore viene a porre fine a quello della guerra santa e dell’odio ai nemici; qui la misericordia sostituisce molti sacrifici. Le prescrizioni date al popolo giunto alla sua maturità, cancellano quelle che convenivano alla sua infanzia. Così non è più necessario vietare ad un adulto l’uso delle immagini o delle riproduzioni della divinità, poiché egli sa molto bene distinguere tra il segno e la realtà significata.» (CLAUDE LABRECQUE, Le sette e le gnosi, Ancora, Milano 1897, p. 76-78)

Siamo giunti alla conclusione, anche questo sesto punto che pretende di chiudere come se fosse verità la sentenza che “Dio non approva l’uso di immagini e icone”, viene da noi contesato e smentito, come gli altri precedenti.

Come si vede a demolire si fa presto. Basta un piccone e giù, quattro affermazioni che banalizzano il problema facendo affidamento sul “pensiero debole” (vero cancro del nostro periodo postmoderno). Ma non tutti i destinatari della cosiddetta “verità” geovista sono “culturalmente indifesi”... E noi del GRIS, per il bene-Verità a cui gli stessi TG, soprattutto se ex cattolici, hanno diritto, siamo disposti a spenderci sopra molto tempo per aiutare a riflettere e a confermare così la solidità e veridicità degli insegnamenti dottrinali trasmessi dalla Chiesa cattolica.
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* Non altrimenti farebbe S. Giovanni della Croce di fronte a chi trasformasse in idolo la propria corona del rosario. Comanderebbe di sbarazzarsene immediatamente, ma non perché corona-oggetto di culto, bensì perché le si assegnerebbe una funzione salvifica che non ha, e che invece viene dalla beata Vergine e ultimamente da Dio, sollecitata dalla preghiera fatta con la corona del rosario.

(FINE)
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)
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