GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C

Moderatore: berescitte

TRIDUO PASQUALE

Messaggioda Sandro » mer mar 31, 2010 10:26 pm

GIOVEDI SANTO - ciclo A/B/C (1/4/2010)

Prima Lettura: Esodo 12, 1-8. 11-14

Il brano ricorda l’istituzione della Pasqua ebraica. Leggiamo dalla stessa NM geovista: “11 E’ la pasqua di Geova. (…) 14 E questo giorno vi deve servire di memoriale, e lo dovete celebrare come festa a Geova per tutte le vostre generazioni. Lo dovreste celebrare come uno statuto a tempo indefinito.” Come si fa a dire che c’entra il diavolo da qualche parte? Ma questo è proprio ciò che insegna il geovismo. E’ un rebus che il TG dovrebbe spiegarci molto accuratamente. E, si badi, non ha senso dire che “i cristiani” (che nel gergo geovista sarebbero solo i TG!), non essendo ebrei, non celebrano la Pasqua ma la “Commemorazione della morte di Cristo”. Non ha senso, perché quella commemorazione, sia nella comprensione dei discepoli sia nell’intento di Gesù era precisamente una celebrazione della Pasqua (cf “Ho grandemente desiderato di mangiare con voi questa pasqua prima che io soffra.” - Luca 22,15) La novità cristiana sta solo nel fatto che in essa è Gesù che si sostituisce all’agnello immolato.


Seconda Lettura: 1Corinti 11, 23-26
In questo brano paolino abbiamo nuovamente la deformazione delle parole di Gesù di cui abbiamo già parlato. Deformazione grave, insistita in tutti e tre i testi dei sinottici e perciò da contestare con altrettanta determinazione. Gesù non ha detto “24 questo significa il mio corpo… 25… questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue” come viene reso dalla NM, ma ha detto “Questo è il mio corpo… questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue”. (CEI)
Ma, oltre a questo, il suo valore è duplice e lo si ricava dalle parole d’inizio ove Paolo dice: “23… ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso…” ovvero questo brano paolino costituisce e attesta sia il dato di rivelazione proveniente da Gesù, sia il fenomeno della Tradizione Sacra che consiste nella sua trasmissione* da credente a credente, in qualsiasi modo avvenga (sia con le parole sia con lo scritto). Quindi il geovismo gioca su uno scarto logico quando demonizza “le tradizioni umane” assimilando ad esse la Tradizione Apostolica. Non si rende conto che la Tradizione orale è già presente nella stessa Bibbia!
Sappiamo che prende questa posizione per esaltare lo scritto/Bibbia (senza pensare che anch’essa – tutta la Bibbia! - non è altro che Tradizione orale messa per iscritto) nella illusione di poter disporre del messaggio rivelato indipendentemente dalla mente interpretante della Chiesa che sin dall’inizio ha trasmesso e spiegato (come sta appunto facendo Paolo!) il senso esatto in cui va intesa la verità rivelata. Quel senso che, secondo Paolo, ha interpretato sin dall’inizio del cristianesimo le parole di Gesù sul pane e il vino come consacratorie; causanti cioè la reale presenza del Corpo e del Sangue del Signore. E per questo motivo, la pasqua-Messa è ripresentazione dell’unico vero e proprio sacrificio pasquale avvenuto sul calvario; anche se, nella Cena e Messa, – e qui bisogna credere alla Parola onnipotente di Gesù-Dio - lo ripropone in modo incruento, sotto i simboli sacramentali.
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* Trasmettere, in latino, si dice “tràdere”. Da qui viene “Tradizione”, che sta quindi per trasmissione, consegna, atto del ricevere e passare ad altri.

Vangelo: Giovanni 13, 1-15
Nessun commento contestatore. Qui si potrebbe vicendevolmente (tra Cattolico e Testimone) scambiarsi amichevolmente le impressioni spirituali profonde che tale brano suscita nel cuore. Personalmente penso che quella trovata di Gesù di lavare i piedi ai discepoli, trovata che non ha l’eguale in nessun potente della storia, sia fortemente dimostrativa del fatto che Gesù è davvero Dio incarnato. Ma lo lascio dire a Giovanni (cf Gv 1,14ss; 1 Gv 1, 1-4).


VENERDI SANTO - ciclo A/B/C (2/4/2010)

Prima Lettura: Isaia 52, 13-53,12

Nulla dire se non l’invito ad adorare…

Seconda lettura: Ebrei 4, 14-16; 5, 7-9
La CEI dice: “16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.”
La NM rende invece così: “16 Accostiamoci perciò con libertà di parola al trono dell’immeritata benignità, affinché otteniamo misericordia e troviamo immeritata benignità per [ricevere] aiuto al tempo opportuno.”
Notiamo la differenza di concezione tra noi e il geovismo. La grazia, secondo noi, è la compartecipazione alla vita divina. Essa si inaugura con il battesimo che ci innesta come tralci alla Vite-Cristo, rendendoci membra del suo Corpo. E’ vero (e lo sottolinea la stessa parola) che essa è gratuita e perciò non meritata, ma una volta ricevuta è la sua presenza che “costringe” il Padre a nutrire nei nostri confronti un atteggiamento di benignità.
Nel geovismo tale grazia non esiste. L’essere umano (e qui si nota la radice protestante da cui il geovismo proviene!) è irrimediabilmente guasto e peccatore, e perciò la chàris biblica viene intesa solo come atteggiamento di benignità non meritata da parte di Geova.
Insomma nella nostra concezione è il nostro nuovo essere ontologico, costituito figlio adottivo nel Figlio, a provocare la benignità del Padre. Benignità perciò che è pienamente meritata, anche se la figliolanza ci fu donata gratuitamente.
Ma tant’è, nel geovismo perfino Gesù, il Figlio unigenito, “era pieno di immeritata benignità”!!! (Gv 1,14 – NM)

Vangelo: Giovanni 18,1-19,42 (racconto della passione)
Solo qualche punto… Circa la croce trasformata in “palo… palo di tortura” abbiamo già detto commentando il vangelo della Domenica delle palme.
Il v 30 che dice “… e chinando la testa, rese lo spirito” (NM) potrebbe offrire un buon spunto per mostrare che la concezione cattolica dell’essere umano, la persona, composta di anima (o spirito) e corpo, è allineata con la Bibbia. Si ricordi che il TG ritiene che la persona sia definita “anima” dalla Bibbia e che sia costituita di “corpo e spirito vitale”. Sono due concezioni irriducibili perché per “spirito vitale” il geovismo non intende la componente spirituale dell’uomo, fonte dell’intelligenza e della volizione, ma una energia impersonale, identica a quella che tiene in vita gli animali.
Circa la tomba in cui è stato riposto il corpo di Gesù la NM precisa che era “commemorativa”, perché nel geovismo “la comune tomba del genere umano” cioè di tutte le persone che morendo finiscono nel nulla, consiste nella memoria di Geova, da cui verranno, dopo l’Armaghedon, ricreate persone-copia di quelle già defunte. E… solo di quelle che Geova ritiene di voler risuscitare.

Tornando alla croce-palo i TG chiedono se sia ragionevole che uno porti come trofeo al collo la rappresentazione della pistola con cui è stato ucciso il proprio genitore. Si risponda:
1)- Va bene, allora dovreste accettare che sia il vostro Fondatore Russell che il secondo presidente Rutherford furono irragionevoli a gloriarsi della croce di Cristo e a volere che i TG la portassero come trofeo glorioso in una spilla sul bavero della giacca!
E se, svicolando, dicessero che ciò avvenne perché non si erano fatte le ricerche filologiche accurate, le quali dimostrerebbero che i termini greci (xylon e stauròs) con cui il Vangelo designa il patibolo di Gesù significano basilarmente “legno” e “in origine, palo”; si ribatta che il problema non è questo, ma che, ammesso anche che le parole stauròs e xylon siano state capite erroneamente come croce, di fatto i due presidenti, e al loro seguito tutti i TG senza alcuna difficoltà interiore, hanno venerato e esibito con orgoglio la… pistola con cui… eccetera… Il che o dequalifica l’intelligenza della Dirigenza iniziale, o sconfessa l’attuale idiosincrasia per la croce.*
Ma poi è o non è S. Paolo che, sotto ispirazione, scrive di "gloriarsi della croce di Cristo"? (Galati 6,14) Anche lui compie un atto irragionevole? E' possibile che lo spirito santo (anche colle "s" minuscole geoviste) gli abbia ispirato una cosa sbagliata? E se non è sbagliata perché mai, cambiata la croce con il "palo di tortura" i presidenti TG attuali e i Testimoni tutti non si "gloriano del palo di tortura di Cristo"? Sono domande alle quali si attende risposta, possibilmente corredata di logica come crediamo che lo siano esse.

2)- Qualunque sia la forma del patibolo in questione resta legittima l’istanza dei primi presidenti, che (ohibò!) collima con l’atteggiamento della “cristianità apostata” che ha fatto della croce il suo emblema di vittoria, trasfigurandone la valenza da infame patibolo a trono di vittoria sul male, sul peccato, sul diavolo e sulla morte eterna. Ecco infatti come, contrapponendolo all’albero dell’Eden che provocò la morte dell’umanità, ne canta le glorie di vita e salvezza l’Inno “Crux fidelis”.
«O croce di nostra salvezza, / albero tanto glorioso, / un altro non v’è nella selva, / di rami e di fronde a te uguale. / Per noi dolce legno, che porti / appeso il Signore del mondo.
Esalti ogni lingua nel canto / lo scontro e la grande vittoria, / e sopra il trofeo della croce / proclami il suo grande trionfo, / poiché il Redentore del mondo / fu ucciso e fu poi vincitore.»


E siccome davanti all’amore sconfinato di Gesù è giusto che dopo “sì” si dica anche “sissignore”, aggiungiamo l’inno tratto dai Secondi Vespri della Domenica delle Palme. Uno splendore!
«Ecco il vessillo della croce, / mistero di morte e di gloria: / l’artefice di tutto il creato / è appeso ad un patibolo.
Un colpo di lancia trafigge / il cuore del Figlio di Dio: / sgorga acqua e sangue, un torrente / che lava i peccati del mondo.
O albero fecondo e glorioso, / ornato d’un manto regale, / talamo, trono ed altare / al corpo di Cristo Signore.
O croce beata che apristi / le braccia a Gesù Redentore, / bilancia del grande riscatto / che tolse la preda all’inferno.
Ave, o croce, unica speranza, / in questo tempo di passione / accresci ai fedeli la grazia, / ottieni alle genti la pace. Amen.»

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* Per amore di completezza preciseremo che l'argomentazione di rifarsi al significato originale, nel greco classico, dei termini stauròs e xylon, è depistante. Infatti le parole hanno una loro evoluzione semantica nel tempo. Ad esempio "canzonare" nel Medio Evo significava comporre canzoni, ma oggi significa prendere in giro. E sarebbe una argomentazione risibile, di fronte a un giudice chiamato a dirimere una querela per una presa in giro, che l'offensore si giustificasse dicendo che la "canzonatura" era stata intesa da lui nel senso usato nel Medio Evo e quindi non era offensiva.
In verità la dirigenza geovista sa benissimo di questa evoluzione delle parole. Non è infatti un caso se nella edizione del manuale geovista Ragioniamo la WT ha fatto cassare tra i vari significati citati, dal dizionario della le Monnier, per il termine xylon, proprio la precisazione che c'era e diceva: "la Croce N.T." Essaa indicava prcisamente che il significato di xylon, quale che ne sia stato il senso nell'antichità classica, in ambito Neo Testamentario è stato usato dagli Autori sacri con il senso di "croce".

SABATO SANTO - Veglia pasquale - Ciclo C (3/4/2010)

Trascuriamo le sette letture che precedono la celebrazione eucaristica perché hanno un contenuto narrativo e non vi si notano punti notevoli su cui fare dei rilievi dottrinali.

Epistola: Romani 6,3-11
Questo brano è importantissimo perché contiene due punti di differenza dottrinale di gravità estrema circa l’interpretazione biblica e il rispetto della Parola di Dio.
Cominciamo con il secondo che riguarda l’interpretazione del concetto di risurrezione. Il v 9, parlando di Gesù risorto, dice: “ Poiché sappiamo che Cristo, ora che è stato destato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più”. (NM) “… la morte non ha più potere su di lui”. (CEI)
Questa affermazione, che la morte non ha più potere su Cristo risorto, unita anche alla fenomenologia manifestata dal corpo di Cristo che appariva e scompariva, si rendeva presente ove voleva anche a porte chiuse ecc… contiene due verità dottrinali che il geovismo nega.
1)- Che il risorto è la stessa persona con lo stesso corpo che visse storicamente, come attestano le piaghe che Gesù ha esibito, le sue assicurazioni verbali “sono proprio io!”, e come certifica la assicurazione paolina che quel corpo non muore più. Se non muore più si tratta del corpo che morì tempo addietro;
2)- Che la risurrezione non consiste soltanto nel riportare in vita la persona defunta ma nel trasformarne il corpo, già mortale, in un corpo dotato di nuove caratteristiche, tra le quali la immortalità.
E poiché S. Paolo dice che anche i corpi dei cristiani, con la risurrezione saranno resi simili al corpo glorioso di Cristo (cf Filippesi 3,21 “il Signore Gesù Cristo, 21 che rimodellerà il nostro corpo umiliato affinché sia conforme al suo corpo glorioso secondo l’operazione del potere che egli ha, anche di sottoporre a sé tutte le cose.”) viene con ciò negata la dottrina geovista che sostiene la sostituzione del corpo dei risuscitati-ricreati da Geova nel millennio. E viene fatta anche una grande distinzione tra la risurrezione di Cristo e quelle che seguiranno a lui giacché egli è il “primogenito dai morti” (Apocalisse 5 - NM ) il prototipo della risurrezione. Così che quelle che avvennero prima: le “risurrezioni” del figlio della vedova di Sarepta, del figlio della vedova di Naim, della figlia di Giairo, di Lazzaro, non vanno intese come risurrezioni vere e proprie ma piuttosto come rivivificazioni, rianimazioni e simili.

L'altro punto, che nel testo viene prima, è molto più grave perché non è solo interpretativo ma anche di truffa dottrinale perché deforma intenzionalmente, e con tanto di interpolazione, il significato chiaramente espresso dalla Bibbia. Ecco dove si trova:
“7 Poiché colui che è morto è stato assolto dal [suo] peccato”.
Ed eccone la spiegazione, ambientata dal geovismo nel Giorno del giudizio:
«Contrariamente all’opinione comune, egli [Gesù – ndr] non giudicherà le persone in base ai loro peccati passati, molti dei quali commessi forse per ignoranza. La Bibbia spiega che alla morte l’individuo è prosciolto o assolto da tutti i peccati commessi. Essa dice: “Colui che è morto è stato assolto dal suo peccato”. (Romani 6:7) Questo significa che i risuscitati saranno giudicati in base a quello che faranno durante il Giorno del Giudizio,* non a quello che hanno fatto prima di morire.» (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, p. 175)
____________________________________
* Per Giorno del Giudizio, non a caso evidenziato in corsivo nello stesso testo geovista, il geovismo intende l’intero millennio del dopo Armaghedon.

In sintesi, abbiamo quattro manovre arbitrarie operate a danno della Bibbia:
1)- Si dà a intendere che la Bibbia parli di morte fisica, mentre (si legga l’intero contesto) Paolo sta parlando della morte spirituale-mistica già avvenuta nel battesimo, l’uccisione del peccato e del vecchio uomo. Dice infatti fummo battezzati nella sua morte… fummo sepolti… la nostra vecchia personalità fu messa al palo con lui… perché camminassimo in novità di vita;
2)- Si parla di proscioglimento o assoluzione dai peccati commessi, mentre, trattandosi appunto del battesimo bisogna pensare al peccato originale, e precisamente alla liberazione dalla legge del peccato che tiene prigioniero ogni figlio di Adamo. La CEI traduce appunto “chi è morto è ormai libero dal peccato”;
3)- Si estende indebitamente tale liberazione-assoluzione a tutti i peccati commessi, cioè anche a quelli attuali commessi dopo il battesimo, per i quali invece Gesù ha provveduto il sacramento della Riconciliazione-Confessione;
4) -Si opera l’imbroglio di cui al punto precedente aggiungendo al testo sacro l’aggettivo possessivo “suo” (messo tra parentesi quadre nel testo biblico per indicare correttamente che nell’originale non esiste, ma reso parola di Dio nella citazione togliendogli scorrettamente le parentesi!). Il “suo” fa pensare appunto ai peccati personali e non al peccato originale che, propriamente non è un peccato proprio ma ereditato.

Sembra proprio che il CD dei TG abbia voluto “parare” il pericolo che qualche suo adepto, già membro della cristianità, potesse avere, nell’appressarsi della morte, un tentennamento, una resipiscenza che lo spingesse a chiedere l’assoluzione sacramentale. Insomma si direbbe che con questa trovata (molto maldestra e pacchiana) il CD abbia voluto conferire ai suoi adepti una sorta di assoluzione-viatico in articulo mortis, assicurando loro che il semplice fatto di morire li avrebbe assolti da ogni peccato, e che saranno giudicati da Gesù solo in base a come si comporteranno da risuscitati, nel millennio.
Naturalmente non bisognerà contestare al nostro TG solo le deformazioni di cui sopra, ma anche: a) fargli vedere che la Bibbia stessa smentisce quanto qui il CD afferma. Lo fa espressamente in 2Corinti 5,10: “10 Poiché dobbiamo tutti essere resi manifesti dinanzi al tribunale del Cristo, affinché ciascuno riceva il suo giudizio per le cose fatte mediante il corpo, secondo le cose che ha praticato, sia cosa buona che vile.” (NM); b) e farlo riflettere, con opportune domande, sulla contraddizione tra questo insegnamento e l’esortare comunque, con determinazione spartana, a vivere una vita virtuosa e “fare i dovuti aggiustamenti” di condotta prima di morire; c) come pure la contraddizione di sostenere che la morte assolve da ogni peccato commesso e però Adamo, i Sodomiti e gli Unti apostati non saranno risuscitati per essere giudicati in base a quello che faranno nel millennio; d) e sul versetto che dice: “E come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”.(Ebrei 9,27) versetto puntualmente riveduto e scorretto dalla NM che lo rende: “E come agli uomini è riservato di morire una volta per sempre, ma dopo ciò un giudizio”.

Vangelo: Luca 24, 1-12 (ciclo C)
Nulla da segnalare, salvo il fatto che l’inizio del versetto 6 “[[Egli non è qui ma è stato destato.]]” e l’intero versetto 12 “[[Ma Pietro si alzò e corse alla tomba commemorativa e, chinatosi in avanti, vide le sole bende. E se ne andò, meravigliandosi fra sé di ciò che era accaduto.]]” Sono poste, come si vede, nella NM tra doppia parentesi quadra. Questo, come detto a p. 7 della NMrif, significa che per la dirigenza geovista sono considerati versetti spurii, interpolazioni. La base di tale giudizio è, come abbiamo già incontrato, il fatto che essi mancano in alcuni codici. Ma siccome essi sono presenti in altri codici, noi diciamo che è arbitrario considerarli interpolati. Sono considerati tali per scelta del geovismo e non sulla base oggettiva dei documenti che costringerebbero a sospendere il giudizio, potendo essere, anziché interpolati in certi codici, saltati da quelli che ne sono privi. Tra l’altro l’episodio del v. 12 è riportato anche da Giovanni - e stavolta il CD lo accetta! – che affianca a Pietro anche il discepolo che Gesù amava. Ne parleremo tra poco poiché è contenuto nella Messa del giorno.
Comunque va detto che, per correttezza esegetica, non potendosi stabilire se un certo versetto è originale o no, dal momento che esso è però presente in alcuni codici, si deve seguire la prassi di: a) esaminare se è in armonia con tutto il contesto della rivelazione e, se lo si riscontra congruente, b) inserirlo nella traduzione rimandando a una nota che indichi la sua presenza e assenza in certi codici. Per questo diciamo che citarli nel testo e sentenziare che sono interpolati è arbitrario. Oltretutto coerenza vorrebbe che il versetto che si ritenesse interpolato vada espunto del tutto dal testo. Semmai se ne può fare cenno in nota se esso fosse stato messo nel testo in Bibbie edite quando l’apparato critico storico-letterario non era ancora ben sviluppato. Come è stato appunto fatto, sia nelle Bibbie cattoliche che in quella geovista in rapporto al famoso “comma giovanneo” nella 1Gv 5,7.



DOMENICA DI PASQUA - ciclo A/B/C (4/4/2010)

Prima Lettura: Atti 10, 34. 37-43

Notiamo solo che Pietro, dicendo “41 …noi che mangiammo e bevemmo con lui dopo che era sorto dai morti” (NM) non dev’essere stato a… scuola di geovismo dal CD dei TG! Se ci fosse stato avrebbe scritto (come oggi insegna il CD) “noi che, dopo la ricreazione di una copia di Michele arcangelo in vece del corpo storico di Gesù, mangiammo e bevemmo con una figura di Cristo materializzata da Michele ma che gli somigliava così tanto da sembrare vero”.

Seconda lettura: Colossesi 3, 1-4
Anche questo breve passo merita di essere riscritto, sempre seguendo gli odierni insegnamenti interpretativi della Bibbia forniti dal CD. Esso dice: “1… continuate a cercare le cose di sopra, dove il Cristo è seduto alla destra di Dio” (NM) Ma il CD dice di intendere che non si tratta del Cristo ma di Michele, e non è seduto alla destra di Dio ma allo sgabello accanto a Geova, perché per sedere accanto a Lui dovrà attendere il 1914; anno in cui caccerà Satana dal reame dei cieli e inaugurerà il regno di Dio divenendone il Re.
Il “voi moriste” del v. 3 ci ricorda il fenomeno che avviene nel battesimo. Una sorte di morte spirituale-mistica, come abbiamo detto commentando l’Epistola della veglia.

Vangelo: Giovanni 20, 1-9
Il testo vede protagonisti Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro, dopo l’annuncio dato loro dalla Maddalena. Ciò che loro “videro” e la conclusione che ne trassero “credette/ro” costituiscono per alcuni esegeti* una prova fisica della risurrezione di Gesù. Il discorso è affascinante; seguiamolo con attenzione. Non ci sono modificazioni bibliche testuali, va bene anche la NM geovista che seguiremo. Perciò è un argomento che si può molto proficuamente e fraternamente condividere con il TG che non mostrasse un preconcetto rifiuto (espresso di solito con ironia e sarcasmi) contro l’esegesi cattolica.
Il testo dice che Giovanni arrivò per primo, “vide le bende a giacere [meno bene la CEI che dice “per terra”] ma non entrò”. Da ciò che diremo se ne ricava che non solo non entrò per deferenza, volendo lasciare a Pietro il passo, ma anche perché fu come folgorato da ciò che vide e che subito dopo, entrando, confermò. Vide le bende (gr. ta otònia) cioè le fasce con cui era stato avvolto il corpo a modo di una mummia, a giacere (gr. keìmena). Questo “giacere” può significare “schiacciate, appiattite”, ovvero nella posizione non rialzata come quando c’era il corpo dentro ma appiattite perché non sostenute più dal corpo. Anche Pietro, giunto poco dopo, vide le bende e, in aggiunta, “il panno che era stato sulla sua testa” (il sudario - CEI) (gr. soudàrion) “non a giacere con le bende ma arrotolato” “piegato” (CEI) Qui la traduzione della NM è più felice perché il greco ha “entetuligmènon” che è meglio reso da "arrotolato" che non da "piegato". Se fosse stato piegato sarebbe stato giacente, come se qualcuno lo avesse diligentemente ripiegato e riposto. Invece il testo nota espressamente che non era giacente con le bende (gr. ou metà ton otonìon keìmenon ). Cioè il sudario, sia perché insieme alla sindone formava un doppio strato di stoffa, sia perché la fasciatura attorno al collo gli conferiva una certa rigidezza, non si era afflosciato assieme alle bende ma manteneva all’aspetto la forma tondeggiante della testa. Il punto su cui fa perno questa nuova interpretazione di ciò che fu visto e che suscitò il crederci (credere cioè all’avvenuta risurrezione e a cosa significasse risorgere) dipende tutto dalle parole che seguono. Esse asserirebbero che tale sudario era “arrotolato separatamente in un luogo” (NM) “ piegato in un luogo a parte” (CEI) (gr. chorìs èis èna tòpon) mentre chorìs può significare non separatamente ma “a parte”, cioè diversamente dalle bende.** E èis èna tòpon si può tradurre “nello stesso/unico/medesimo posto” ove si trovava, cioè al posto della testa.
Se ciò è plausibile, si spiega meglio il nesso stretto ed esplosivo tra il vedere e il credere di Giovanni o di entrambi i discepoli (alcuni codici dicono “credettero”), che altrimenti resta misterioso. Cosa mai vide/dero di tanto strano da indurre in loro il credere? Non certo la mera sparizione del cadavere così che credettero a ciò che aveva loro detto la Maddalena. Videro invece una situazione che richiedeva assolutamente un miracolo soprannaturale, perché nessun corpo umano avrebbe potuto uscire da quelle bende senza svolgerle, lasciandole intatte. E la cosa verrebbe anche confermata dal fatto che - come nota espressamente Giovanni - in quel momento ebbero coscienza di cosa significasse risorgere dai morti. Infatti il testo termina, dopo il “vide e credette”, dicendo: “Poiché non discernevano ancora la scrittura che egli doveva sorgere dai morti.” E qui possiamo aggiungerci, come complemento molto pertinente, lo stupore di Pietro notato da Luca nel passo arbitrariamente ritenuto spurio dalla NM, che termina dicendo “E se ne andò meravigliandosi [“pieno di stupore” dice la CEI] fra sé di ciò che era accaduto” (Luca 24,12); uno stupore ben motivato! Quindi credette/ro alla risurrezione (realtà metastorica) grazie a ciò che videro (effetti storici).
_____________________________
* Personalmente posso attestare che questa interpretazione la intesi per la prima volta formulata dal Prof. Francesco Spadafora, docente di esegesi all’Università Lateranense negli anni ’60.
** Il dizionario greco-italiano di Liddell-Scott indica appunto che, come primo significato, chorìs ha "separatamente, a parte"; ma, come secondo significato, ha “diversamente, in modo differente”. Quindi l’agiografo può aver voluto dire che il sudario non era giacente (schiacciato) come le bende ma, diversamente da esse, era ancora avvolto (intendi, non disteso ma a forma di palla) nello stesso luogo della testa. Una visione impressionante che a chiunque la vedesse susciterebbe immediatamente l'intuizione della risurrezione di un corpo trasumanato, cosa mai vista dagli Apostoli nelle precedenti "risurrezioni". Paolo dirà "messo a morte nella carne, reso vivente nello spirito... si semina corpo mortale, risorge corpo spirituale".
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Messaggioda Sandro » mar apr 06, 2010 10:19 am

II DOMENICA DI PASQUA – ciclo C (11/4/2010)
Festa della Divina Misericordia

Prima Lettura: Atti 5,12-16

E’ interessante notare che il testo sacro, mentre afferma che “12 …mediante le mani degli apostoli avvenivano fra il popolo molti segni e portenti” (NM), Pietro non aveva bisogno neanche di usare le mani per ottenere le guarigioni invocate. Infatti i malati venivano disposti in fila “15… affinché, mentre Pietro passava, almeno la sua ombra cadesse su qualcuno di loro”. Un piccolo segno della eccellenza di Pietro rispetto agli altri Apostoli? Atti direbbe di sì, non a caso in seguito viene attestata chiaramente tale eccellenza di Cefa all’interno del Collegio dei 12. E come non paragonare questa guarigione ottenibile con la sola ombra di Pietro a quella implorata a Gesù, e ottenuta a distanza, da parte di un Centurione per il suo servo malato?


Seconda Lettura: Apocalisse 1,9-11a. 12-13. 17-19
Il testo CEI “10 Rapito in estasi nel giorno del Signore…” viene reso dalla NM “10 Mediante ispirazione mi trovai nel giorno del Signore…”. La differenza di interpretazione non appare evidente da queste parole, ma è abissale. Nel linguaggio cattolico S. Giovanni sta dicendo che ebbe le rivelazioni di cui andrà dicendo, in quel giorno della settimana che, a seguito della risurrezione di Gesù, da “primo giorno dopo il sabato” e da “giorno del sole per i romani”, è stato definito dai primi cristiani “giorno del Signore”, in latino “dies Domini” e poi, dal momento che “dies” è femminile, “dominica dies” e infine semplicemente “domenica”. Giovanni dunque dice “esiliato a Patmos, rapito in estasi, in un giorno di domenica, udii… vidi…”.
Ma nel geovismo non esiste nessuna pasqua cristiana, non si festeggia la risurrezione, non esiste neanche la Domenica come giorno festivo religioso odierno. Ed allora la versione della NM allude ad un simbolico “Giorno del Signore” che viene interpretato come “Giorno del Giudizio” (cf Rivelazione il suo grandioso culmine è vicino, p. 22ss), che abbiamo già incontrato recentemente parlando della morte che assolverebbe da ogni peccato. Giorno del Giudizio che è diviso in due fasi. La prima sarebbe iniziata nel 1914, con l’esautorazione di Satana e angeli ribelli dal Reame dei cieli e l’inaugurazione del Regno di Dio; la seconda inizierebbe con la battaglia di Armaghedon, - sempre prossima ventura! - e durerebbe mille anni. Quindi S. Giovanni sarebbe stato trasportato “in visione” a contemplare e descrivere gli eventi del futuro millennio della terra paradisiaca.
Considerato che tutti i Movimenti Religiosi Alternativi, di stampo cristiano, hanno utilizzato e utilizzano il libro biblico dell’Apocalisse come cavallo di battaglia per l’affermazione delle proprie idee (proprio grazie alla sua enigmaticità) sarebbe assai arduo cercare di convincere il TG della interpretazione cattolica di questo libro. Ma se il TG, con cui si sta trattando, fosse davvero curioso di conoscerla e non temesse per ciò stesso di contaminare il proprio credo, gli si potrà consigliare qualche buon testo esegetico fatto da specialisti. Basterà rivolgersi a una libreria cattolica.


Vangelo: Giovanni 20,19-31
In questo brano ci sono molte cose, della veduta geovista, che noi dobbiamo contestare, e darne le ragioni. Vediamole in dettaglio seguendo esclusivamente la NM:
1)- L’atteggiamento e le parole di Gesù sono inequivocabili; esse confermano che quel corpo con cui apparve ai discepoli era il suo vero corpo storico già crocifisso e che i discepoli lo credettero tale: «20… mostrò loro le mani e il fianco… i discepoli si rallegrarono vedendo il Signore… 25… gli dicevano [a Tommaso assente – ndr] abbiamo visto il Signore!...27… Poi disse a Tommaso: “Metti il tuo dito qui, e vedi le mie mani, e prendi la tua mano e mettila nel mio fianco… 29… perché mi hai visto hai creduto?...» E quanto sopra fu puntualmente confermato anche da altre apparizioni, nelle quali Gesù ha anche detto “sono proprio io… pizzicatemi… datemi da mangiare… ecc…”
A petto di tutto questo noi cattolici possiamo capire che il geovismo ha le sue ragioni per negare l’autenticità del corpo di Gesù, ritenendo le sue apparizioni come “materializzazioni” di corpi differenti, giacché lui, essendo Michele arcangelo avrebbe un suo “corpo spirituale”, invisibile e impalbabile. E’ così che viene interpretato il versetto paolino che dice fu “messo a morte nella carne ma reso vivente nello spirito”; e si insisterà, stravolgendo il senso di Paolo ove dice che “carne e sangue non possono ereditare il Regno di Dio” e via di questo passo… Il tutto senza dire apertamente però quello che tutte queste elucubrazioni sottendono: che Gesù dicendo “sono proprio io” avrebbe mentito; è stato capito alla lettera dagli Apostoli e non ha corretto la loro comprensione dei fatti spiegando che ciò che vedevano era una mera rappresentazione dell’uomo Cristo Gesù nullificato dalla morte e il cui corpo sarebbe stato “nascosto da qualche parte a ricordo dell’amore divino” o si sarebbe “dissolto tra i gas della terra” (così Russell). Capiamo insomma le dietrologie del geovismo nel prendere certe posizioni, ma non riusciamo a digerire le autocontraddizioni a cui va incontro e delle quali non sembra curarsi.

2)- Altro punto assai grave lo rileviamo nei seguenti versetti «22 E dopo aver detto questo soffiò su di loro e disse loro: “Ricevete spirito santo. 23 A chiunque perdonerete i peccati, resteranno perdonati; a chiunque li riterrete, resteranno ritenuti”.
Cosa si vuole di più chiaro per ricavarne quello che il cattolicesimo ha interpretato come sacramento della riconciliazione (alias potere assolutorio della Confessione)? Ebbene il geovismo, che non ammette alcun sacramento nella sua teologia, spiega questo passo rifacendosi al passo di Matteo 16,19, a cui rimanda in nota. Si tratta del passo in cui Gesù conferisce il primato a Pietro (e che la Chiesa Cattolica ha riprodotto lungo tutta la trabeazione che circonda la basilica di S. Pietro) ma che è reso diversamente dalla NM geovista rispetto al testo CEI. Ecco come: «19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato (gr. èstai dedemènon) nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto (gr. èstai lelumènon) nei cieli.» (CEI) «19 Io ti darò le chiavi del regno dei cieli, e qualunque cosa legherai sulla terra sarà stata legata nei cieli, e qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà stata sciolta nei cieli». (NM)
Visto? E’ bastato tradurre quei futuri semplici in futuri anteriori per ricavarne l’idea che la parola assolutoria o di condanna del ministro di Dio non assolve e non condanna ma dichiara semplicemente ciò che è già avvenuto nei cieli. Con il che viene nullificata la funzione di mediazione del ministro. Perdono o condanna sono già avvenute privatamente tra Dio e l’uomo. Una vera alchimia secondo noi; un divertissement per i nostri esegeti che – trascriviamo dal Nuovo Testamento Interlineare greco-latino-italiano, edito dalla San Paolo, curato da Piergiorgio Beretta – rendono il testo greco come segue: vers. interlineare sotto al greco “sarà legata… sarà sciolta” (Bigarelli); vers. della Chiesa “ert ligàtum… erit solùtum” (Volgata Clementina); vers. italiana “resterà legato… resterà sciolto” (Nuovissima Versione).

3)- Infine l’ultimo punto, che si è rivelato una vera croce per la WT, lo ricaviamo dal versetto 28 ove Tommaso, viste le piaghe del Signore con tanto di invito a toccarle personalmente, emette il suo bellissimo atto di fede nella divinità di Gesù. La NM dice: «Rispondendo, Tommaso gli disse: “Mio Signore e mio Dio!”» Si ricorderà, come abbiamo spiegato, che secondo il geovismo “ci sono molti dèi e molti signori” e che la parola “DIO” significa semplicemente “potente”. Così che per distinguere un “dio” creatura, cioè un qualsiasi potente, dall’Iddio Onnipotente che è Geova, la WT usa l’accorgimento di usare solo per Geova la “D” maiuscola, quando lo qualifica “Dio”.
Il problema dunque è dato dal fatto che qui la NM, edita dalla Società Torre di Guardia, usa la “D” maiuscola nei confronti di Gesù! Quello stesso Gesù che, se si va a leggere Giovanni 1,1, viene qualificato “dio” con la minuscola “e la Parola era un dio”. Che dire? E’ una… ciambella riuscita senza buco? Una svista? Ma se è tale perché non viene corretta? Perché dura in tutte le edizioni della NM da oltre mezzo secolo? Certo, per la WT ammettere un vero e proprio errore sarebbe aprire la porta al dubbio che vi possano essere vari altri passi in cui si è sbagliata a tradurre. Ed ecco allora che l’Anziano di turno (ma ora non ci basiamo su stampati ma su dialoghi avuti di persona) obietterà che Tommaso faceva un’esclamazione indirizzata a Geova! Il che non convince perché la NM ha precisato “gli disse” cioè rivolgendosi a Gesù. Allora si schermirà esclamando che noi non possiamo sapere cosa pensava Tommaso. Ma è un eludere il problema perché non si vuole sapere cosa pensava Tommaso ma perché mai nello stampato si trova la “D” maiuscola. Tommaso, fino a prova contraria, non parlava in maiuscole o minuscole; queste sono cose dello scritto. E se lo scritto originale dei codici non contiene maiuscole o minuscole, la responsabilità di usarle nel vertere il testo nelle lingue volgari è tutta dell’interprete traduttore, cioè della WT editrice della NM. In ultima analisi è lei che deve spiegarci perché mai, sapendo che Tommaso dava del “DIO” a Gesù, lei non ha detto ai suoi tipografi di stampare quella parola con la “d” minuscola, come si era fatto per Giovanni 1,1. La WT quindi, usando la "D" maiuscola in questo passo, svia i TG dalla corretta fede geovista.
Non se ne viene fuori. Né è il caso di sorvolare il problema. Perché in questo caso non se ne ricava la volontà di falsificare la Bibbia (avendo tradotto perfettamente la parola Dio come andava tradotta) ma l’incompetenza o la disattenzione, comunque l’inaffidabilità della dirigenza geovista che quando parla dei suoi stampati ne garantisce la perfezione assoluta facendoli credere “provveduti da Geova”. Geova che sarebbe perfino il “redattore” della rivista Torre di Guardia e coi suoi angeli guida il suo “Schiavo fedele e discreto” perché “provveda cibo eccellente (intendi: stampati su stampati) a tempo opportuno”.
Per la cronaca, un’altra “D” maiuscola da contestare, la troviamo, sempre nella NM, nel titolo di “Dio” assegnato al messia in Isaia 9,6 ove il Messia è definito “Dio potente” e perfino “Padre eterno”.
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Messaggioda Sandro » gio apr 15, 2010 10:06 pm

III DOMENICA DI PASQUA – ciclo C (18/4/2010)

Prima Lettura: Atti 5, 27b-32.40b-41

Quel versetto che dice: “29 … Dobbiamo ubbidire a Dio come governante anziché agli uomini” è la base della fierezza e della determinazione dei TG a “restare saldi” nella fede anche davanti al martirio. Cosa lodevole ovviamente. Ma è anche la base per atteggiamenti fanatici e di chiusura ad ogni dialogo e confronto. Cosa sperimentata da molti che amaramente hanno concluso che con i TG non si può ragionare. Si sente dire che sono “blindati”, non capiscono, non ascoltano, non riflettono ecc…
Al riguardo noi ricorderemo onestamente che la nostra CEI ha messo in guardia dall’atteggiamento settario dicendo che esso può insinuarsi anche tra i cattolici. E che perciò prima di puntare il dito è sempre necessario esaminare se stessi ricordando il monito di Gesù riguardo alla pagliuzza e la trave. Quello che però va anche rilevato (ma non è qui il caso di portarne le molte esemplificazioni*) è che, la nostra dirigenza cattolica dissuade dagli entusiasmi facili che appunto porterebbero al fanatismo; nella dirigenza geovista invece si favorisce una adesione irriflessa, enfatica, di “locuste all’attacco” direbbe Rutherford. Questo fatto sposta l’origine dell’eventuale atteggiamento fanatico, assolutista e intollerante (non accettiamo che si giunga a dire “talebano”) dal signolo TG alla Dirigenza stessa del geovismo. Il CD dei TG preferisce avere sotto di sé persone che non solo non si pongono tanti problemi ma che hanno cieca fiducia in chi li dirige, al punto da non accettare di dialogare e di confrontarsi con nessuno. Infatti il TG D.O.C. non bussa alle porte per dialogare né accetta il confronto o lo scambio di libri per una reciproca conoscenza. Lui va solo a “proclamare”, a “predicare”, a fare “proselitismo”. E’ insomma raro trovare un TG aperto e di cuore ben disposto, soprattutto così sereno nella sua fede da non temere alcun confronto. Un TG che sia disposto ad esaminare con attenzione le difficoltà che la loro dottrina contiene e che richiedono di essere spiegate e se possibile superate. Un TG che cerchi, come le cerchiamo noi cattolici, persone che vogliano diventare “adoratori in spirito e verità”. Alle quali quindi si proponga la propria fede in modo tale che chi eventualmente decidesse di aderire al credo proposto lo faccia con convinzione e non per paura di un imminente Armaghedon o allettato dalla promessa di una prossima villetta su terra paradisiaca.
_____________________________
* Le lasciamo alla vastissima documentazione reperibile sul sito http://www.infotdgeova.it e sul suo forum (cf soprattutto la sezione “Esperienze vissute”).

Altre particolarità:
1)- “30 … Gesù che voi avevate ucciso appendendolo alla croce” (CEI) diventa “appendendolo a un palo” (NM). In nota però la NMrif dice «O “albero; legno”. Gr. xylon…». Evidentemente al secondo presidente Rutherford piacque scoprire che il lemma greco xylon potesse significare anche albero. E così abbiamo avuto l’evoluzione geovista asserente che Gesù fu crocifisso, poi corretta in appeso a un albero, e attualmente (ma sarà definitiva?) appeso a un palo.
2)- “Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore” (CEI) diventa “Dio lo ha esaltato come principale agente e Salvatore alla sua destra” (NM). Versetto ove il geovismo misconosce che stare alla destra di Dio significa biblicamente condividerne il potere regale. Ma questa è una cosa contraria all’idea geovista asserente che Gesù-Michele ha assunto tale potere solo nel 1914.
3)- Il geovismo glissa anche sulla sua contraddizione di affermare che lo “spirito santo” è solo una potenza, una energia impersonale, mentre qui, come altrove, la Bibbia lo mostra soggetto di testimonianza personale e capace di governare “32 E noi siamo testimoni di queste cose, e lo è anche lo spirito santo che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono quale governante”. (NM)

Seconda Lettura: Apocalisse 5, 11-14
Dice la NMrif che il numero degli angeli intorno al trono “era di miriadi di miriadi”. Numero imprecisabile se non fossimo aiutati dalla nota che spiega: “O, ‘diecimila volte decine di migliaia’”. Insomma è un numero spropositato. Metterà conto ricordarlo quando apprenderemo che in una sola notte uno solo di questi angeli sterminò centottantacinquemila assiri (cf 2Re 19,35). Ci servirà cioè per immaginare quale… potenza di fuoco abbia disposto Geova per il suo grande Giorno di vendetta ad Armaghedon ove tutti gli angeli saranno impiegati per qualche mese a ripulire la terra dai cattivi. Una potenza a petto della quale le bombe atomiche dei cattivissimi “re della terra” che andrebbero a scontrarsi con Geova fanno la figura delle pistole a tappo dei bambini.

Vangelo: Giovanni 21,1-19
Rileviamo solo un punto, abbastanza curioso ma indicativo della volontà decisa della WT di offuscare, quando non le riesce di cambiare direttamente la traduzione, ciò che la Bibbia dice chiaramente contro la dottrina geovista.
Gesù, avendo sullo sfondo il triplice rinnegamento di Pietro, lo invita a una triplice (cioè rimarcata) attestazione d’amore. Il fatto che tale invito a dichiarare il proprio amore Gesù lo abbia rivolto solo a Pietro, e non a tutti gli altri nonostante che tutti lo avessero abbandonato, è già un indice di preferenza, di privilegio nei confronti di Pietro, ma forse trascurabile agli occhi della WT. Ciò che invece dev’essere sembrato intollerabile, perché troppo esplicito, è stato l’inizio con cui Gesù ha fatto la triplice domanda. Infatti disse “15… Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di questi?” (NM)
Quell’accenno al “più” rispetto agli altri discepoli non è stato mai accettato dalla WT (nonostante che il testo sia riconosciuto come Parola di Dio!) e perciò la WT se ne è uscita chiedendosi (diciamo a senso) “Ma chi erano i “questi” di cui parlava Gesù” Forse gli altri compagni? No, perché questo avrebbe significato favoritismo, sperequazione. Quindi i “questi” dovevano essere la rete, i pesci, il mestiere di pescatore, gli amici, le cose, insomma i beni a cui Pietro aveva riattaccato subito l’animo, non confidando nella risurrezione. Si tratterebbe dunque di un “questi” pronome personale plurale ma da capire come se fosse “queste cose”, riferito appunto a ciò a cui, prima di incontrare Gesù, Pietro aveva dedicato la vita e che ora riprendeva in mano.
A questo punto non sappiamo davvero se ridere o piangere. Restiamo basiti e diciamo: “Il geovismo arriva anche a questi livelli. Sono cose da sapere. Lasciamo ai lettori ogni commento.”
Aggiungiamo solo che il mandato di pascere agnelli e pecore, simbolo per noi cattolici di un ministero pastorale universale, unico di Pietro e successori, non fa problema al geovismo che lo interpreta come semplice mandato di pascere il gregge assieme agli altri Apostoli, giacché non esisterebbe alcun primato né di onore né di giurisdizione per Pietro. Tra l’altro il cosiddetto “potere delle chiavi del regno dei cieli” a cui Gesù ha fatto riferimento in Matteo 16,19 è interpretato dal geovismo come riferentesi a tre chiavi di numero, interpretate come tre opportunità di aprire il regno dei cieli, e perciò tre opportunità di predicazione: 1) ai Giudei; 2) ai Samaritani; 3) ai pagani. L’esistenza dunque delle “chiavi del regno dei cieli” sparì non appena Pietro usò la terza chiave, il che sarebbe avvenuto quando aprì il regno dei cieli ai pagani rappresentati dal Centurione Cornelio. Per inciso, uomo d’arme che non solo ha continuato a fare il suo mestiere dopo la conversione, ma ha meritato perfino di essere annoverato tra i 144.000 Unti! Sorprendente, non è vero?
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Messaggioda Sandro » mer apr 21, 2010 7:14 pm

IV DOMENICA DI PASQUA – ciclo C (25/4/2010)

Prima Lettura: Atti 13,14. 43-52

E’ curioso notare il doppio peso e doppia misura che il CD dei TG adopera quando è spinto da un certo interesse. Ad esempio, abbiamo incontrato già più volte che egli appoggia una sua traduzione diversa da quella della CEI citando in nota alla NMrif che vi sono dei codici che la giustificano e che perciò la sua scelta è legittima. E questo è l’uso di un certo “peso e misura”. Invece ci sono altri momenti in cui, come in questo brano, tanta è la voglia di utilizzare il nome di Geova al posto di Dio e di Signore (gr. Theòs e Kyrios) che il CD cambia peso e misura: disprezza la fonte originale di molti codici, che appunto contengono Dio e Signore per appoggiare la sua scelta a delle versioni; ben sapendo che molte versioni non valgono quanto un solo codice. E’ ciò che fa esattamente in questo branoai versetti 44 e 48 traducendo “la parola di Geova” anziché, come dovrebbe "di Dio... del Signore". Il TG sarà così gentile da controllare nelle note della sua Bibbia questa stranezza.

“48… e tutti quelli che erano giustamente disposti per la vita eterna divennero credenti” (NM)
“… che erano destinati alla vita eterna” (CEI)
Rimandiamo a luogo più consono il concetto di “destinazione” (che non è predestinazione!) usato dalla CEI, poiché la nostra Chiesa assicura che tutti siamo “destinati” alla vita eterna. Però si tratta di una “destinazione” che è certa da parte di Dio Creatore e Redentore, il quale “non vuole che alcun uomo perisca”, e tuttavia può essere resa incerta e fallire perché è sottoposta alla libera scelta da parte dell’uomo. Osserviamo piuttosto che il CD dei TG utilizza questo versetto (come quello del Vangelo appresso) per evitare ai suoi generosi e zelanti proclamatori lo scoraggiamento di fronte alla sproporzione tra gli sforzi erogati e i magri risultati che la predicazione geovista riscuote. Quando il messaggio non “aggancia” sarà perché quei soggetti a cui fu proclamato "non erano giustamente disposti per la vita eterna". Espressioni equivalenti che il geovismo usa sono: persone di cuore insincero; persone non inclini a ricevere l’annuncio. Non mai proclamatori inadatti a convincere o messaggio letteralmente incredibile (nel senso di non credibile).

Seconda Lettura: Apocalisse 7,9. 14-17
In questa visione simbolica si parla di una “grande folla che nessun uomo poteva numerare” (NM). Dopo ben 50 e passa anni di Geovismo (precisamente nel 1935) il CD dei TG dichiarò di aver ravvisato in questa moltitudine la stessa categoria di persone che Gesù definì “altre pecore” che erano chiamate a far parte del suo unico ovile. Fino a quella data il geovismo insegnò che i salvati erano esclusivamente 144.000 eletti e che la loro cernita (in geovese “suggellamento”) sarebbe iniziata alla Pentecoste e terminata appunto nel 1935. A tutti i TG che… bussavano per entrare nella simbolica arca di salvezza, fino a quella data, veniva promessa, ma in maniera confusa e contraddittoria,* una sorta di salvezza scipita, accanto alla schiera degli eletti, in cielo. Nel 1935 invece si sarebbe capito che questa categoria di salvati di serie B non era destinata al cielo ma a rimanere sulla terra, trasformata in un paradiso. E a quel punto gli Unti diventarono anche co-regnanti perché ebbero a loro disposizione dei sudditi terreni su cui governare.
Naturalmente la Bibbia è là a dire che lei non è d'accordo, giacché tale "grande folla" è vista da Giovanni "davanti al trono e all'Agnello" che sono e resteranno eternamente "in cielo".
___________________________________
* Contraddittoria perché non ricevevano il nuovo “corpo spirituale” come gli Unti, unici veri “figli di Dio” e perché “carne e sangue non possono ereditare il regno dei cieli” e quindi non si capiva in che modo costoro, senza corpo spirituale potessero stare in cielo.

Vangelo: Giovanni 10,27-30
“27 Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco , ed esse mi seguono” (NM) Se torniamo un po’ indietro al v. 4, troveremo che, in rapporto a questo buon Pastore, “… le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Esse non seguiranno affatto un estraneo ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.” (NM)
Anche questo versetto è utilizzato dal CD sia per tranquillizzare i suoi “proclamatori”, sia per spingerli a rivolgersi altrove, quando il loro messaggio viene rifiutato. Essi non devono minimamente temere e neanche ipotizzare che il rifiuto possa essere dovuto ad una loro inadeguatezza nel presentarlo o nelle intrinseche contraddizioni e motivate perplessità che esso suscita. La colpa sarà sempre e solo dei recettori i quali – lo assicura la Bibbia! – devono essere “capri destinati alla distruzione” perché se fossero “pecore” riconoscerebbero certamente nel loro messaggio la voce del Pastore e non opporrebbero alcuna resistenza.

“28… e non saranno mai distrutte…” (NM) “… non andranno mai perdute…” (CEI) Distruzione non è lo stesso che perdizione. La differente traduzione tradisce la persuasione della inesistenza dell’anima spirituale nel geovismo, secondo il quale l’essere umano “nemico di Geova” non viene dannato, perduto, ma viene “stroncato”, distrutto, annientato, dal giudice divino.

“29 Ciò che il Padre mio mi ha dato è qualcosa più grande di tutte le altre cose, e nessuno le può rapire dalla mano del Padre.” (NM) “29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti [gr. pànton meìzon estin] e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.” (CEI)
La diversità di questa traduzione è data dal fatto che la WT qui sceglie una famiglia di codici rispetto ad altri. In nota nella NMrif si riconosce che appunto da altri codici verrebbe la versione scelta dalla CEI: “Il Padre mio, che me [le] ha date, è più grande di tutti gli altri”.
Ci sarebbe dunque da chiedere al TG solo il senso della traduzione scelta dalla NM, a nostro avviso veramente ermetico.

“30 Io e il Padre siamo uno” (NM) “Io e il Padre siamo una cosa sola” (CEI)
La similitudine delle versioni non deve trarre in inganno. L’unità profonda, derivante dalla coabitazione della Persona del Figlio nella stessa natura-sostanza del Padre, espressa – e non solo qui ma in vari altri versetti – da quello essere del Figlio “nel Padre” e perfino viceversa, del Padre “nel Figlio”, viene ridimensionata e negata dalla NM che al v. 38 fa dire a Gesù “il Padre è unito a me e io sono unito al Padre”; precisando cioè che si tratta di unione di ordine affettivo-intenzionale e non sostanziale, vitale, ontologica. Ma questo viene fatto in contraddizione con il greco biblico che insiste con i suoi irriducibili “in” a dire “èn emòi o Patèr kagò en to Patrì”; e viene fatto sapendo bene che la preposizione greca “en”, che appunto è ben tradotta con “in” e non con “in unione a…” è stata posta dallo stesso CD – unica tra tutte le preposizioni! – proprio all’interno della ellisse che, disegnata nel risguardo di copertina della KIT, dovrebbe indicare ai TG più sprovveduti il senso esatto del suo significato: non soprasotto, né attraversoverso, né accantounita a, né vicino da, ma esclusivamente “dentro”.
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Messaggioda Sandro » gio apr 22, 2010 2:30 pm

V DOMENICA DI PASQUA – ciclo C (2/5/2010)

Prima Lettura: Atti 14, 21-27

Un monito comune dalla lettura: “22… Dobbiamo entrare nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni.” (NM)
Sì, cari fratelli geovisti, siamo d’accordo anche noi con questo passo della Scrittura. Dico, noi che ci crediamo e cerchiamo di essere coerenti con la fede e i notevoli impegni che essa chiede, o, come dite voi, seguendo “le alte norme morali di Geova”. Credete alla nostra sincerità, e non fate come il vostro CD che, per denigrare il cattolicesimo, riporta sulle riviste esempi di mancanza di cristianesimo osservate in sedicenti cristiani molto imperfetti e molto incoerenti. Da quando in qua per apprezzare e valutare le meraviglie della fede cristiana è ragionevole prendere, come campioni di esempio, soggetti che non osservano le regole della fede cristiana? E da quando in qua un progetto statutario eccellente, sia di ogni movimento che di una Chiesa, può essere dequalificato in base al comportamento di quelli che non lo osservano?

Seconda Lettura: Apocalisse 21, 1-5
In questo brano abbiamo menzionati “1 un nuovo cielo e una nuova terra” (NM) che per noi cattolici sono metafora del rinnovamento cosmico di natura soprannaturale che dagli esseri umani si estende a tutto il cosmo (il che potrebbe comportare che la terra pianeta non esisterà più nel modo in cui esiste ora). Per il geovismo questa veduta sarebbe una iattura perché esso promette per le “altre pecore-grande folla”, cioè per la totalità dei TG salvo i 144.000 Unti, una vita eterna su una terra paradisiaca, cioè non su veri “nuovi cieli e nuova terra” ma su un aldilà fotocopia riveduta e corretta dell’odierno aldiqua. Ecco allora che “cielo e terra”, per mantenerli nella loro fisicità attuale, vengono metaforizzati da elementi cosmici a significare un nuovo governo celeste, e una nuova umanità.
Di particolare interesse è l’accenno che segue, ove si promette che Dio starà con il genere umano. Leggiamolo: «3 Allora udii un’alta voce dal trono dire: “Ecco la tenda di Dio è col genere umano ed egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro.”» (NM)
La WT, riguardo a questo passo, per assicurare che la Grande Folla-Altre Pecore non sono destinate al cielo, riservato agli Unti, ha detto che bisogna badare bene al fatto che la Bibbia “non dice che il genere umano sarà con Dio” (cosa appunto riservata agli Unti in cielo) ma che “Dio sarà con il genere umano”. Il che può intendersi metaforicamente come quando Geova, inviando Mosé dal Faraone, gli promise “io sarò con te”. Fu con lui nel senso che lo guidò, gli suggerì cosa dire e lo protesse dall’alto, non già nel senso che si abbassò verso la terra. Quindi anche in questa promessa di Apocalisse si deve vedere un “essere con” da parte di Geova da non prendere alla lettera ma come promessa di assistenza divina dall’alto.
Perché tale passo, o meglio tale spiegazione geovista del modo di essere di Dio con l’uomo, è di particolare interesse? Perché sottolinea il movimento “discendente” di Dio senza che Dio lasci la sua sede.
Ma noi siamo qui per imparare la logica geovista. Applichiamo dunque questa spiegazione alla promessa di Gesù fatta al buon ladrone quando gli disse: “Tu sarai con me in paradiso”. Non ha detto “io sarò con te” da interpretare come “discesa di Gesù dal cielo verso il terrestre” vero? Allora dobbiamo dedurne che Gesù alludeva ad un movimento ascendente del terrestre al cielo ove Lui avrebbe regnato eternamente! Ohibò, ma allora la Bibbia ha creato un grosso pasticcio-rebus per la WT che non può accettare che il buon ladrone, che non appartiene alla categoria degli Unti ma a quella delle Altre-Pecore giacché l’unzione sarebbe iniziata solo alla Pentecoste, venga in un modo o nell’altro portato dalla terra al cielo verso Gesù. E allora, come ha risolto la WT il problema? Lo ha risolto semplicemente cambiando le carte in tavola. Leggiamolo: «Gesù Cristo, naturalmente, non sarà effettivamente qui sulla terra con l’ex malfattore. No, Gesù sarà in cielo, da dove regnerà sul paradiso terrestre. Perciò sarà con quell’uomo nel senso che lo risusciterà e ne avrà cura sia dal punto di vista fisico che da quello spirituale.» (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, p. 171) Le “carte” quindi sono state cambiate capovolgendo la promessa di Gesù: egli ha detto “tu sarai con me”, e invece la WT spiega come “Gesù sarà con quell’uomo”.

Vangelo: Giovanni 13, 31-33
Negli stampati geovisti si trova frequentemente ripetuto questo invito di Gesù “35 Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi.” (NM) E, insieme, si trovano calde raccomandazioni a “mostrare amore” agli estranei che vengono a visitare la Sala del Regno; si sottolinea che la “fratellanza cristiana” (intendi, tra i TG) non fa differenze di razze o nazionalità; si rimarca che i TG non imbracciano armi neanche per il servizio militare, diversamente dai “membri della cristianità” ove vediamo che “cattolici combattono contro cattolici” eccetera…
A parte il fatto che ci sono molti modi per non amare il prossimo e fargli danno (come ad esempio le intemperanze sessuali di “membri prominenti nell’organizzazione”) e quindi l’ostentato perbenismo dei TG che, alla fine di un congresso allo stadio non fanno trovare in terra neanche una carta di caramella, serve più a creare reclame al movimento che ad esprimere amore al prossimo su tutti i fronti. Ma la pecca più grave che a noi tutti della “cristianità” sembra di dover denunciare con dovizia di casistica, è il fatto che nel geovismo l’amore evangelico per il prossimo viene limitato “a coloro che hanno associazione con noi nella fede”. Nelle loro riviste emerge questo e, di nuovo reclamisticamente, soprattutto in casi di grosse calamità naturali. E’ solo da un tempo relativamente recente che si aggiunge, dopo aver pensato ai propri fratelli, una certa attenzione anche verso gli estranei. Ma sempre nel caso delle grosse calamità. Nel geovismo insomma non esiste affatto una CARITAS internazionale, con le sue diramazioni nazionali, diocesane, parrocchiali, di istituti religiosi… fino alla forma di carità individuale a cui i pastori della Chiesa cattolica* invitano sia in occasione di calamità naturali, sia come cura pastorale normale e continuativa per i poveri.
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* Ma con questo non voglio certo passare sotto silenzio e tanto meno misconoscere le grandi opere di carità tenute in essere da tutte le grandi Chiese storiche, e anche da piccoli gruppi da essi derivati; ad esempio gli Avventisti del 7° giorno che sono un po’ i papà storici dei TG. Anch’essi, come noi, sono molto critici sul modo di intendere sia la carità sia tanti punti di dottrina biblica adottato dai loro “figlioli” Testimoni di Geova.

Come veterano del GRIS sento di dover mettere in guardia dallo affidarsi alla semplice “testimonianza” di persone che appaiono perbene. Esiste anche il "perbenismo" che è l'ipocrisia, la facciata, dell'essere davvero perbene. Essere perbene e dare testimonianza di carità sonno due cose da coltivare con sincerità e impegno perché sono valori e rientrano nel dovere di chi è "posto sul candelabro" per contribuire a far "glorificare il Padre che è nei cieli". Ma bisogna sempre stare in guardia perché queste cose, con il loro fascino, possono farci sottovalutare il dovere di verificare le credenziali di chi ci propone un nuovo messaggio, sedicente salvifico, alternativo a quello che ci propone la nostra Chiesa. E’ un fatto: la testimonianza può essere architettata ad arte, essere un paravento, strumentalizzata come reclame (“specchietto per le allodole” direbbe un adagio). E, affascinati da essa, si può passare sopra all’unico valore che merita la nostra attenzione e, una volta accertatane la presenza, la nostra adesione incondizionata: la verità, tutta e solo la verità su ciò che Dio ci ha rivelato. Mons. Lorenzo Minuti, nel suo libro “I Testimoni di Geova non hanno la Bibbia” (ed Coletti) ha dimostrato proprio come i TG, che pure dicono e sinceramente di aver trovato nei fratelli un “paradiso spirituale”, sono stati defraudati dei maggiori tesori di verità biblica, e proprio perché non hanno verificato l’attendibilità del preteso messaggio biblico presentato dagli impeccabili proclamatori, che suonano alle porte agghindati come modelli da vetrina ed esibenti una gentilezza e cortesia ineguagliabile.
E naturalmente questo pericolo di coltivare un perbenismo di facciata è un pericolo che esiste in ogni denominazione religiosa, in ogni situazione di vita. Quindi "chi sta in piedi badi di non cadere" e "maledictus qui confidit in homine" (è Bibbia!). Insomma il consiglio è di presumere onesto e innocente chiunque ma sempre sottintendendo il... beneficio di inventario. E poi c'è anche l'altra evenienza di persone soggettivamente corrette e onestissime ma inconsapevolmente portatrici di messaggio falso e dannoso. Il verdetto quindi spetta sempre alla analisi dottrinale; quella comportamentale non basta.
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Messaggioda Sandro » sab mag 08, 2010 1:10 pm

VI DOMENICA DI PASQUA – ciclo C (9/5/2010)

Prima Lettura: Atti 15, 1-2. 22-29

Il brano riporta una parte del “primo Concilio Ecumenico” della storia, quello tenutosi a Gerusalemme con gli Apostoli e gli Anziani. I TG fanno riferimento a questo Concilio per sostenere che la proibizione di “mangiare sangue” comandata da Dio nel VT, è stata confermata nella Nuova Alleanza. E per “mangiare sangue” è risaputo che – con argomentazioni tutt’altro che convincenti – il CD intende comprendervi anche la trasfusione di sangue. E’ anche noto, dalle cronache quotidiane, che i TG ostentano con tale rifiuto della trasfusione la loro bandiera di testimonianza e il vanto di coerenza ai comandi di Dio fino alla effusione del sangue.
Su questo argomento ho fatto una trattazione ampia, che ritrovate in questa stessa sezione, nel thread intitolato: “Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue: molte illogicità”. Qui ricorderò soltanto che nei Concili della Chiesa, anche quelli definiti “dogmatici” perché emettono decisioni dottrinali, non si tratta solo di cose dogmatiche, cioè di fede. Si può parlare anche di altri problemi. Ad es. proprio nell’ultimo Concilio ecumenico Vaticano II, definito “pastorale” si tratta sia di argomenti dottrinali, di fede, nelle Costituzioni sulla Liturgia, sulla Chiesa e sulla Parola di Dio, sia di argomenti pastorali, e di svariate altre cose su altri Documenti.
Se si fa caso a ciò che dicono i vv. 1-2 di questo brano si nota che il Concilio di Gerusalemme fu convocato “per questa disputa” (NM), la disputa circa la necessità o meno della circoncisione. E si trattava di una questione di fede, cioè di interpretazione della rivelazione divina (e non di questione pastorale!) perché coloro che avevano agitato la questione sostenevano che se i nuovi cristiani, provenienti dal paganesimo e quindi non ebrei, non si facevano circoncidere secondo l’usanza di Mosé non potevano essere salvati. Il Concilio come sappiamo risolse la questione in favore del battesimo come sostituto della circoncisione. Oltre questo però si parlò anche del problema, squisitamente pastorale, dovuto al fatto che i cristiani provenienti dal giudaismo osservavano ancora l’usanza di non mangiare sangue, mentre quelli provenienti dal paganesimo non avendo mai avuto questa regola non la sentivano come un obbligo di coscienza; né il nuovo regime di fede cristiana li aveva assoggettati a tale usanza mosaica (che poi aveva solo una finalità pedagogica di rispetto per la vita!). Insomma il primo gruppo criticava il secondo perché non si uniformava alle usanze ancestrali mosaiche.
Ebbene a questo riguardo il Concilio prese la decisione di chiedere ai cristiani convertiti dal paganesimo di astenersi dal mangiare sangue per non urtare la sensibilità degli altri. Il motivo quindi era solo di promuovere l’armonia fraterna tra due mentalità su una questione che non aveva alcun valore dogmatico.
L’errore del CD dei TG sta quindi tutto nel non distinguere tra direttive pastorali, che Gesù stesso, non essendosi pronunciato su di esse, lascia alla prudenza e saggezza di chi dirige una comunità religiosa e direttive divine che vengono da Dio stesso e che perciò, riguardando la fede-dottrina, chi dirige non può far altro che far rispettare. Queste ultime sono ovviamente perenni, immutabili, universali ed esprimono verità infallibili; quelle pastorali sono invece variabili, locali, temporanee. Ecco perché nel cristianesimo, dopo un periodo iniziale in cui si sono mantenute varie usanze mosaiche, lo stile è cambiato proprio in relazione a queste ultime cose. E che ciò sia stato ragionevole è anche dimostrato che la regola che proibisce le trasfusioni di sangue nel geovismo non fu data sin dall'inizio ma dopo oltre 50 anni. Ora non si vede come mai Geova non dica subito ai suoi devoti cosa gli stia a cuore ma aspetti tanto tempo tollerando che essi pecchino gravemente riguardo alla "pura adorazione". La pratica della trasfusione nel geovismo è considerata grave come l'idolatria.

Degno di nota è quanto dice il v. 28 “Poiché allo spirito santo e a noi è parso bene di non aggiungervi nessun altro peso eccetto queste cose…” (NM) Che il geovismo tolga allo Spirito Santo le sue lettere maiuscole per indicare che non sarebbe una persona ma una forza è arbitrario. Lo dimostra questo versetto con il quale, come con tanti altri, la Bibbia riconosce allo Spirito Santo l’esercizio di facoltà che dicono volontà e intelligenza, cioè caratteristiche specifiche delle persone.
Perfino i due versetti a cui la stessa NMrif ci rimanda, proprio indicandoli come passi analoghi di questo versetto, indicano la stessa cosa; eccoli: “Comunque , quando quello (egli – CEI) sarà arrivato, lo spirito della verità, vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di proprio impulso, ma dirà le cose che ode, e vi dichiarerà le cose avvenire.”(Giovanni 16,3) “E noi siamo testimoni di queste cose, e lo è anche lo spirito santo, che Dio ha dato a quelli che gli ubbidiscono quale governante.” (Atti 5,32)

Seconda Lettura: Apocalisse 21, 10-14. 22-23
La Gerusalemme celeste è simbolo del Regno di Dio, di cui la Chiesa è anticipo, nel suo stato di glorificazione ultima. Leggiamo: “14 E il muro della città aveva dodici pietre, di fondamento, e su di esse i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.” (NM) Quindi è conforme alla Bibbia sostenere che Gesù, pur essendo di diritto e di fatto l’unico fondamento della Sua Chiesa, può associare a sé come pietre fondanti, gli apostoli. Non si vede allora perché Pietro, che già con questo testo fa parte delle fondamenta essendo uno dei dodici, non possa esserlo anche a titolo speciale, come gli ha detto Gesù a Cafarnao che lo sarebbe stato in futuro. Perfino il CD dei TG gli ha riconosciuto un ruolo preminente nella primitiva comunità cristiana!

Vangelo: Giovanni 14, 23-29
“26 Ma il soccorritore, lo spirito santo, che il Padre manderà nel mio nome, quello (egli – CEI) vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutte le cose che vi ho detto.” (NM)
Abbiamo ancora attestati di personalità a favore dello Spirito santo che “insegna” e “rammenta”.
Ma, come si vede, la NM insiste, come già in Giovanni 16,3, ad assegnare allo Spirito Santo il pronome “quello”, per aiutarsi a far credere che sia una cosa, mentre la CEI traduce con il pronome personale “egli”. E il bello è che la NMrif in nota ammette che nel greco qui c’è ekèinos, un pronome personale; ma pretende che si riferisca alla parola “soccorritore” come se il soccorritore fosse altra entità rispetto allo spirito santo.
Come definirle? Alchimie? Arrampicate sugli specchi? O piuttosto è un “impugnare la verità conosciuta”? la Bibbia contempla questi atteggiamenti. Di coloro che ce l’avevano contro la divinità di Gesù non dice forse che “si turarono le orecchie per non udire”?
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Messaggioda Sandro » sab mag 15, 2010 8:26 am

ASCENSIONE DEL SIGNORE – ciclo C (16/5/2010)

Prima Lettura: Atti 1, 1-11

“5 … perché Giovanni in realtà battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati nello spirito santo fra non molti giorni” (NM)
Facciamo ulteriormente notare questo punto importante, già incontrato nel Vangelo in cui si narrava l’opera di Giovanni Battista (cf III Domenica di Avvento – Vangelo: Luca 3, 10-18). Come in Luca, le parole di Giovanni, così qui, le parole di Gesù, tramite quel “ma” avversativo, stabiliscono una diversità tra il battesimo in acqua amministrato da Giovanni e quello nello Spirito Santo istituito da Gesù. E’ singolare che la NM in questo punto, come nei passi paralleli, non falsifica il testo sottraendo il “ma”; preferisce deformarlo interpretandolo come se esprimesse una correlazione paritetica tra le due forme di battesimo. Scrive infatti il CD in Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca: «Giovanni il Battezzatore disse che Gesù avrebbe battezzato con spirito santo come Giovanni battezzava con acqua. Perciò come l’acqua non è una persona, così lo spirito santo non è una persona.” (p. 40). E’ un punto molto grave da far notare al TG che volesse davvero accertarsi di ogni cosa; anche di ciò che di sbagliato esso dice di ricavare dalla Bibbia – e questa volta intenzionalmente giacché il “ma” avversativo è presente in tutti i passi paralleli e non può non essere stato notato –. Per giunta ne addossa alla Bibbia stessa la responsabilità quando ribadisce il suo leitmotiv asserente che “la Bibbia insegna… dice”, quando sa che la Bibbia, come in questo caso, afferma decisamente il contrario.

“9 E dette queste cose, mentre essi guardavano, fu innalzato e una nube lo nascose alla loro vista… 11… Questo Gesù che di fra voi è stato assunto in cielo verrà nella stessa maniera in cui l’avete visto andare in cielo”. (NM)
Il CD dei TG, da questi versetti, ricava la giustificazione (sic!) che Gesù-Michele quando – dopo aver sbaragliato Satana dal Reame dei cieli - è tornato sulla terra nel 1914 ad ispezionare la sua Chiesa, non fu visto da nessuno. La “stessa maniera” per il CD dei TG vuole dire “in modo invisibile agli occhi umani” però “visibile a coloro che avevano l’occhio dell’intendimento biblico” cioè agli Unti, cioè in concreto alla Dirigenza geovista (anche se a intervistarli uno per uno gli Unti rimanenti avrebbero dichiarato di non averlo dedotto da se stessi questo ritorno ma che ci credevano perché lo insegnava chi dirigeva il movimento).

Seconda Lettura: Ebrei 9, 24-28; 10, 19-23
Il “… termine dei sistemi di cose” (NM) che noi traduciamo “pienezza dei tempi” (CEI) sono teologicamente molto differenti tra geovismo e cattolicesimo. I TG per “sistemi di cose” intendono la struttura socio-politica dei vari governi che sarebbe sempre sul punto di finire, in forza del finemondismo millenaristico sposato dal movimento; mentre noi intendiamo l’andamento della storia umana che con l’avvento di Gesù e l’opera dello Spirito, inaugurata con la nascita della Chiesa a Pentecoste, è giunta alla pienezza del tempo della grazia. Quindi “pienezza dei tempi” per noi vuol dire tutt’altro che essere alla fine; al contrario significherà l’inizio di una nuova era per il mondo. L’era cristiana appunto che finirà Dio sa quando, ma certo molto in là se il Vangelo solo con estrema lentezza è riuscito a “salare-illuminare-lievitare” l’umanità in direzione evangelica (si pensi alla dignità umana contro la schiavitù, alla parità tra uomo e donna, ai diritti dell’uomo e del fanciullo, alla solidarietà internazionale, alla globalizzazione che tende ad eliminare i confini ecc…).

“27 E come agli uomini è riservato di morire una volta per sempre, ma dopo ciò un giudizio…” (NM) “E come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio…” (CEI)
Notiamo anzitutto la deformazione di significato delle parole sottolineate (gr. àpax apotanèin) ben tradotto nell’Interlineare con once to die, ma deformato nella colonna in “inglese moderno” con l’aggiunta di for all time. Serve a lasciare aperta la porta all’interpretazione che non si muore una sola volta ma che tra varie morti possibili e successive ce n’è solo una che è “per sempre” e sarebbe lo “stroncamento eterno” (sic!).
Ma c’è di più e di veramente sorprendente se si considera che il Geovismo di fronte a questo testo sottolinea che, secondo lui, quel “dopo ciò” vuol dire che il giudizio divino viene dopo questa vita ma non basato su ciò che si fa in questa vita. Cioè non viene subito dopo, ma in un “dopo” indeterminato, che potrà collocarsi sia nel tempo durante il millennio successivo ad Armaghedon, sia nel periodo più breve che lo segue, sia infine nella eternità felice sulla terra tornata ad essere un paradiso. Vediamo di documentare e spiegare questa originalità.
1)- Anzitutto la vita presente non fornirebbe materia per il giudizio. La WT ha scritto infatti: «Contrariamente all’opinione comune,* egli [Gesù – ndr] non giudicherà le persone in base ai loro peccati passati, molti dei quali commessi forse per ignoranza. La Bibbia spiega che alla morte l’individuo è prosciolto o assolto da tutti i peccati commessi: Essa dice: “Colui che è morto è stato assolto dal [suo] peccato”. Romani 6:7) Questo significa che i risuscitati saranno giudicati in base a quello che faranno durante il Giorno del Giudizio [intendi: l’intero millennio – ndr], non a quello che hanno fatto prima di morire.» (Potete vivere, p. 175)
2)- Poi abbiamo che si può essere giudicati e giustiziati durante il millennio o verso la fine: «Che dire invece di quelli che ‘avranno praticato cose vili’ o cattive durante il Giorno del Giudizio? Il loro ritorno dai morti si rivelerà una “risurrezione di giudizio”. In che senso? Nel senso di un giudizio o condanna di morte. Tali persone verranno quindi distrutte durante o verso la fine del Giorno del Giudizio.» (ivi pag. 180)
3)- Poi abbiamo che si può essere giudicati e giustiziati nel breve periodo dopo il millennio. Periodo in cui Satana, sciolto dall’abisso in cui era stato imprigionato durante il millennio, sottoporrà tutti a una prova finale di fedeltà a Geova. Ebbene: «Finita la prova, Satana e i suoi demoni, insieme a tutti quelli che non avranno superato la prova, saranno scagliati nel simbolico “lago di fuoco” che è la seconda morte (la morte eterna).» (ivi, pag. 183)
4)- Infine si darà ancora una possibilità di essere giudicati e giustiziati durante la vita eterna sulla terra paradisiaca. E’ scritto infatti: ««Nonostante che la “morte seconda” sia sempre in potere di Dio Onnipotente che l’amministrerà a possibili ribelli, a nessuna creatura sarà concesso o data l’autorità di distruggere i fedeli membri della “nuova terra” nell’eterno nuovo mondo.» (Nuovi Cieli, pag. 328)
Come si riesca a sostenere che questo modo di vedere le cose collimi con la Bibbia che ammette solo un tipo di morte fisica (la seconda morte è simbolica e consiste nella dannazione eterna) è, dicevamo, molto sorprendente.

* Notare la... finezza: ciò che pensano gli altri sono sempre “opinioni”, mentre ciò che insegna il geovismo sarebbe sempre “certezza” perché… perché è la Bibbia a dire le cose (come si pretende in questo passo). Poi però, quando il CD si rende conto che ciò che la sua dirigenza ha insegnato non è più sostenibile, ci si trincera dietro l’imperfezione umana e la “umile” dichiarazione di non essere infallibili.
Per amore di brevità sorvoliamo dal dimostrare come questo passo della Lettera ai Romani sia stravolto nel suo senso ovvio e perfino manipolato testualmente. Suggeriamo solo di leggere tutto il capitolo 6 da dove si evince con evidenza che S. Paolo non sta parlando della morte fisica ma di quella spirituale-mistica che avviene nel Battesimo che rigenera a nuova vita.



Vangelo: Luca 24, 46-53
“47… e in base al suo nome il pentimento per il perdono dei peccati sarebbe stato predicato in tutte le nazioni…” (NM)
“47… e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati…” (CEI)
Si rifletta attentamente sulle due diverse formulazioni e si potrà ricavare da quella della NM una base della giustificazione fatta di “sola fides” nella predicazione, e un perdono dei peccati basato sul solo pentimento, cioè escludenti il Battesimo sacramento.

“52 Ed essi gli resero omaggio e tornarono a Gerusalemme con grande gioia.” (NM)
“52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a gerusalemme con grande gioia.” (CEI)
Ricordando che è insegnamento costante geovista che la Bibbia insegni ad adorare esclusivamente Geova, forse, a questo punto, sono pertinenti le seguenti domande:
- Perché la Dirigenza geovista insiste a dire che le traduzioni Bibliche sono uguali e fa dire ai proclamatori: “Sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca.”? (Ragioniamo pag. 402)
- Perché ha suggerito loro: “Ogni volta che è possibile, chiedete alle persone di prendere la loro Bibbia e di cercare le scritture, affinché si rendano conto che ciò che dite si trova in realtà nella loro stessa copia delle Scritture.” (Ragioniamo, pag. otto)
Si potrebbe continuare (e si vorrà perdonare il pizzico di ironia che - lo si creda - è mista a sincero rammarico) chiedendo: è davvero lieto di usare solo lòa mia traduzione della CEI? Quello che leggo in essa in rapporto alla adorazione rivolta a Cristo è equivalente al “rendere omaggio” di cui parla la NM? Davvero ciò che dite si trova nella mia copia delle Scritture? O forse la verità è che “non è possibile” aprire la mia copia delle Scritture “ogni volta” ma è bene aprirla solo dove la traduzione è simile alla vostra e la dottrina geovista si basa solo su una interpretazione distorta e non sulla deformazione della traduzione?
I più acculturati potranno utilmente riflettere sulla valenza del verbo greco proskynèo che in moltissimi altri passi, anche la Bibbia geovista interpreta come adorazione ma solo quando si tratta di Cristo cambia in semplice resa di omaggio.
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Messaggioda Sandro » mar mag 18, 2010 1:31 pm

PENTECOSTE – (23/5/2010)

Per questa festività, tra le tre più solenni insieme a Natale e Pasqua, la Liturgia della Vigilia (Messa Vespertina) contempla letture diverse da quelle della “Messa del Giorno”. Tra di esse, per la prima lettura, si dà anche una possibilità di scelta di vari brani, tutti tratti dall’Antico Testamento.
E’ interessante notare che la prima riferisce il racconto della torre di Babele, con la confusione delle lingue che ha creato divisione e dispersione. Essa è contrapposta alla prima Lettura della “Messa del Giorno” che narra l’evento della Pentecoste, ove abbiamo ancora una molteplicità di lingue che però – e questo è indice del progetto di Dio per tutte le nazioni - crea unione tra popoli differenti per storia, etnia, razza, cultura, religione. Limiteremo il nostro commento alla Messa del Giorno.


Prima Lettura: Atti 2, 1-11 (ciclo A-B-C)
Quella di conferire la capacità di esprimersi in lingue differenti non è solo un miracolo tra i tanti. Esso manifesta chiaramente che lo Spirito di Dio, o Spirito Santo, si manifesta in una attività squisitamente intellettuale qual è quella del linguaggio, che è specifico prodotto dell’intelligenza.
La cosiddetta “glossolalia” è dunque un indice molto chiaro, tra i molteplici altri che la Bibbia presenta, della personalità dello Spirito Santo. Personalità che la nostra Chiesa esprime assegnando allo SPIRITO la “S” maiuscola, che invece il geovismo riduce a minuscola perché, nella sua concezione antitrinitaria, ritiene che lo SPIRITO sia soltanto “la forza attiva di Dio”, una sorta di strumento multifunzionale con il quale Dio… ma leggiamolo:
«Ma qualcuno chiederà: ‘Se Dio è una persona reale che vive in un determinato luogo del cielo, (sic!) come fa a vedere tutto quello che succede altrove? E come può esercitare il suo potere in ogni parte dell’universo?’ (…) Per capire meglio, pensate al campo d’azione di una centrale elettrica.
Una centrale è situata in un determinato luogo in una città o nei dintorni. Ma distribuisce l’elettricità a tutta la zona, fornendo luce e forza motrice. In modo analogo, Dio risiede nei cieli. (Isaia 57:15; Salmo 123,1) Ma il suo spirito santo, la sua invisibile forza attiva, può agire ovunque nell’universo. Mediante il suo santo spirito Dio creò i cieli, la terra e ogni forma di vita. (Salmo 33:6; Genesi 1;2; Salmo 104:30) Per creare queste cose Dio non ebbe bisogno di essere presente di persona. Può inviare il suo spirito, la sua forza attiva, a compiere qualsiasi cosa egli voglia anche in luoghi lontanissimi. Che Dio meraviglioso! – Geremia 10:12; Daniele 4:35.» (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, p. 37)
Le considerazioni critiche da fare su questo testo sarebbero così tante che richiederebbero una esposizione troppo ampia per inserirla qui. Le lasciamo alla sagacia di ogni fratello nella fede che sia andato un po’ oltre il catechismo di prima comunione. Però non bisogna sorvolarle. Il TG che dialogasse con noi ha diritto a conoscere con esattezza il pensiero cattolico circa la personalità di Dio che, secondo noi, tiene obbligatoriamente in essere istante per istante tutta la creazione, cioè ogni più piccola particella dell’universo.


Seconda Lettura: Romani 8, 8-17 (ciclo C)
Nella NM ovviamente tutte le parole “SPIRITO” di questo brano hanno la “s” minuscola. Invece nel testo della CEI, pure ovviamente, si distingue, in base al contesto, di che spirito si tratta, riservando le maiuscole solo allo Spirito di Dio.
Coerentemente con la persuasione che lo SPIRITO sia solo una forza/energia il CD dei TG accetta la Bibbia laddove essa parla di inabitazione di detta forza nelle persone degli Unti. Ad esempio in: “9 … se lo spirito di Dio dimora veramente in voi… 11 Se, ora, lo spirito di colui che destò Gesù dai morti dimora in voi, colui che destò Cristo Gesù dai morti renderà viventi anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo spirito che risiede in voi.” (NM) Al contrario, se si parla di in abitazione di Cristo le cose cambiano: “10 Ma se Cristo è unito a voi…” (NM) Per essere uniti basta essere vicini, accostati, non è lo stesso che essere dentro. Ma qui la Bibbia viene violata perché il testo originale, sia per lo Spirito che per Cristo adopera la stessa espressione “èn ymìn” (in voi).
Naturalmente il cattolico dovrà spiegare al TG, che, al seguito del CD ritiene che "non c'è posto per i misteri", che invece noi crediamo che Gesù dicendo certe cose esprime delle realtà di ordine superiore alle possibilità della ragione ma vere (è questo il concetto cattolico di "mistero"). Quindi crediamo realmente che Dio Figlio si rende presente con il suo Corpo e sangue nell'eucaristia, e crediamo che realmente le Persone divine inabitano (sanno loro come) l'anima del giusto, così che il corpo umano (unito sostanzialmente all'anima) è vero tempio dello Spirito Santo. Sono troppi e così insistenti i testi biblici che accennano a questa fusione tra Dio e l'umanità per ritenerli esclusivamente simbolici. E' la legge dell'incarnazione che si ripercuote poi nel Corpo di Cristo fatto di Capo e membra, di Vite e tralci, nei numerosissimi "essere... rimanere... essere trovati in Cristo" insistiti da Paolo ecc... Insomma tutto dice simbiosi di vita, al punto che antichi Padri hanno parlato, per l'uomo in grazia, di "divinizzazione" e di "indiamento".

Sarà poi interessante notare il v 14 che dice: “Poiché tutti quelli che sono condotti dallo spirito di Dio, questi sono figli di Dio”. (NM) Il che, secondo noi dovrebbe significare che la figliolanza adottiva non è riservata, come crede il geovismo, ai soli 144.000 Unti. A meno che qualche TG che si crede semplice “pecora” non protesti che lui non è condotto dallo spirito di Dio! Problema esegetico che però il geovismo risolve dicendo che quell’accenno di Paolo non aveva valore universale ma solo per i destinatari delle lettere di Paolo a lui contemporanei. Ovvero, Paolo si rivolgeva sì a tutti, ma perché nel primo secolo tutti i cristiani erano nella categoria degli Unti! In tal caso però esiste la… buccia di banana. Infatti ci si dimentica che la seconda categoria di salvati fu scoperta (nel senso di inventata? Escogitata?) solo nel 1935, quando c’era un numero crescente di persone, molto superiore al manipolo di TG considerati fino ad allora gli ultimi Unti rimanenti sulla terra, che faceva pressione per entrare nell’arca di salvezza geolvista. Fu per essi che si creò la seconda categoria delle “Altre Pecore” o “Grande Folla”, composta non di “figli”, ma di “nipoti” di Dio. Carta canta: «Insieme a loro [agli Unti - ndr] è sin dal 1918 d. C. una crescente folla di uomini di buona volontà. Anche questi possono rivolgersi a Geova come al "Padre nostro", poiché nel regno millenario di Cristo, diverranno i figli terrestri del datore di vita Cristo Gesù e sono quindi legalmente in grado di divenire "nipoti" di Dio. Nella Scrittura il nonno è spesso chiamato padre». (Sia Dio riconosciuto Verace, p. 159)
Più interessante ancora è quanto segue: “16 Lo spirito stesso rende testimonianza col nostro spirito che siamo figli di Dio. 17 Se, dunque, siamo figli, siamo anche eredi; eredi in realtà di Dio, ma coeredi di Cristo, purché soffriamo insieme per essere insieme anche glorificati.” (NM) Su questo testo il CD basa sia la figliolanza adottiva degli Unti, sia il fatto che a renderli certi di tale elezione divina sarebbe una mozione interiore dello spirito di Dio. Si tratta cioè di una realtà insindacabile da altri. I TG possono solo dedurre se uno è unto o no sulla base della sua dedizione alla causa del regno (compreso il punto, consigliato ma non imposto, di non sposarsi) e sulla base del suo “assumere gli emblemi” cioè prendere il pane e il vino quando, durante la celebrazione della “commemorazione della morte di Cristo” che avviene una volta l’anno il 14 Nisan, vengono fatti passare di mano in mano su un vassoio.
Analogamente al modo di concepire la personalità del Creatore, anche questa concezione geovista degli Unti presta il fianco a varie osservazioni critiche. Osservazioni così importanti e vaste che siamo costretti a rimandarne la trattazione in altra sede. Qui osserveremo soltanto che al fine di evitare che la Bibbia attesti una sorta di attività parlante/dichiarante della “forza attiva di Geova” la NM fa in modo che non sia lo SPIRITO di Dio ad attestare allo spirito umano l’elezione a figli. E ciò lo ottiene trasformando il complemento di termine “al nostro spirito” (gr. to pnèumati emòn) in complemento di mezzo/strumento “col nostro spirito”; violando così non solo la logica, giacché non si capisce come faccia lo spirito umano a testificare una cosa a se stesso, ma anche… l’analisi logica. Obiettare il fatto che in greco il caso dativo sia usato anche per esprimere il complemento di mezzo è arrampicarsi sugli specchi, perché il senso da dare ai “casi” in cui si trovano le parole (greche e latine) non è ad arbitrio di chi legge né tantomeno dei suoi desideri, ma è determinato dal contesto. Cf il confronto con l’Interlineare del Bigarelli “allo spirito di noi”, la Vulgata Clementina “spirìtui nostro” e la Nuovissima versione “al nostro spirito”.

Vangelo: Giovanni 14, 15-16. 23-26 (ciclo C)
La seconda parte del brano l’abbiamo già incontrata. In entrambe si sottolinea l’attività di tipo personale svolta dallo Spirito Santo che fa da “16 …soccorritore” o “confortatore” (NM); non solo ma quando verrà “25 …vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutte le cose che vi ho detto” (NM). A detto SPIRITO, sia in questo versetto 26 che più avanti in Giovanni 16,13, la Bibbia assegna perfino il pronome maschile “egli” (gr. ekèinos) nonostante che in greco il sostantivo pnèuma (spirito) sia neutro. Come dire che… la verità non può essere ingabbiata.
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Messaggioda Sandro » ven mag 28, 2010 9:29 pm

SS. TRINITA’ – ciclo C (30/5/2010)

Prima lettura: Proverbi 8, 22-31

Il brano esordisce dicendo: “La Sapienza di Dio parla: “Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività…” (CEI) e, letto questo, e chiusa la Bibbia, il TG dice trionfante che, dalla nostra stessa copia delle Scritture, si ricava la prova biblica che il Figlio-Logos-Sapienza è creatura. Ci chiediamo anzitutto: ma perché non legge nella sua Bibbia? Perché non troverebbe la parola “creata”! La sua NM infatti dice “mi produsse”, e si sa che una fabbrica che “produce” qualcosa non la “crea”. Ma concediamogli l’uso della nostra Bibbia in questo caso, purché non la richiuda subito e prosegua. Se lo farà, troverà che la Sapienza dice di sé altre cose: “sono stata costituita” (v 23) “fui generata” (v 24) “sono stata generata” (v 25) “io ero con lui” (v 30). Ancor meno chiarezza troverà ricorrendo alla sua Traduzione del Nuovo Mondo ove, dopo l’ambiguo “mi produsse” (v 22) troviamo “fui insediata” (v 23) e “fui data alla luce” (v 25) e forse ricorderà che la tipografia della Società Torre di Guardia “dà alla luce” varie pubblicazioni ma non tirandole fuori dal nulla, che è il concetto esatto di creare.
Potremmo anche aggiungere che, data la sua preferenza dimostrata per la nostra versione della CEI, si potrebbe dare un’occhiata alla nota che dice che le riflessioni sulla sapienza saranno ulteriormente affinate in altri testi sacri successivi e preparano la dottrina del NT su Gesù Cristo Sapienza di Dio. Quindi è prematuro fare l’identificazione tra la sapienza di cui si parla in Proverbi e Gesù, anche se la prima è personificata. Vi sono analogie ma non identità totale. E comunque, il concetto più esatto, ribadito poi nella rivelazione successiva, è quello di “generazione”; tanto che la nostra Chiesa lo ha inserito e rimarcato nel Credo, quando dice del Figlio di Dio che è “generato, non creato” e, per sottolineare che il Figlio partecipa della stessa natura del Padre e non di una natura creata, il Credo aggiunge “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”. Non sarà inutile ricordare che tra i vari testi della Sacra Scrittura esiste sia una progressività nella rivelazione delle verità soprannaturali, sia una sempre maggior luce di comprensione da parte della comunità credente. E la formulazione del Credo è stata elaborata dal Magistero proprio a dissipare gli equivoci circa la natura divina sia del Figlio che dello Spirito Santo che, in ambiente rigidamente monoteistico come quello ebraico, hanno fatto fatica a penetrare nelle menti.


Seconda Lettura: Romani 5, 1-5
Questo brano è stato scelto dalla Liturgia perché considerato trinitario. Vi figurano infatti i tre soggetti: del Padre (Dio) e di Gesù (v 1) e dello Spirito Santo (v 5). Naturalmente la divinità della seconda e terza Persona della Trinità qui è presupposta perché ricavata da tanti passi biblici del Nuovo Testamento (di cui abbiamo sottolineato e continueremo a sottolineare la valenza, ogni volta che ci capiteranno). E pazienza se nella NM, in coerenza con la ideologia geovista che riduce lo Spirito a una mera energia impersonale, lo Spirito Santo è scritto nella NM con le iniziali minuscole.
Abbiamo anche occasione di notare la differenza – che costituisce una distorsione dottrinale grave per noi – di scambiare la giustificazione di cui parla S. Paolo che dice “giustificati per la fede”, in mera dichiarazione giuridica ed estrinseca di giustizia: “siamo stati dichiarati giusti” dice la NM. Evidentemente agli occhi di chi legge la Bibbia in casa Geova non ha alcuna rilevanza il fatto che S. Paolo, illustrando la sua idea di giustificazione, parli di morte dell’uomo vecchio e rinascita del nuovo in santità. E lo stesso rilievo di distorsione va denunciato riguardo alla grazia, di cui si parla al v2, che per noi è compartecipazione alla vita divina, e nella NM viene ridotta a “immeritata benignità”. Con la quale espressione il geovismo vuole significare un atteggiamento benevolo da parte del solo Geova, senza che nella creatura, rinata dall’acqua e dallo Spirito, e divenuta perfino “tempio di Dio” e membro del Corpo di Cristo, vi sia alcun motivo di bellezza che renda quella benignità motivata dal restauro della creatura fatto da cristo. Cioè motivata dal fatto che Dio Padre, guardando il cristiano, vede realmente il Corpo di suo Figlio, una creatura da Lui stesso adottata come figlio per la quale Lui stesso che “ha tanto amato il mondo” ha donato in sacrificio di soave odore il suo Figlio unigenito naturale.


Vangelo: Giovanni 16, 12-15
Anche qui sono presenti le tre persone divine. C’è Gesù che parla da Figlio, e menziona il Padre (v 15) dichiarando che “tutte le cose che il Padre ha sono mie” (e questa è appunto una di quelle affermazioni bibliche che alludono alla parità in divinità tra il Padre e il Figlio), e lo “Spirito della verità” (v 13). Il quale Spirito, come abbiamo già notato in commenti precedenti, svolge in questo caso una attività squisitamente personale, perché fa da insegnante al posto del Figlio e guiderà i discepoli “in tutta la verità”, quindi è da dire che sarà anche più esplicito e dettagliato di quanto non lo sia stato Gesù, definito dal geovismo “il Grande Insegnante”.
Una nota curiosa. Questa personalità dello Spirito è parsa così evidente perfino ai musulmani (cioè a un popolo al di sopra di ogni sospetto di essere di parte!), al punto che essi hanno identificato lo Spirito Santo nel loro profeta Maometto!
Infine ricorderemo ancora lo strano uso del pronome personale (gr. ekèinos = egli)usato da S. Giovanni due volte per lo Spirito Santo in questa breve pericope (al v 13 e al 14). Cosa evidentemente strana se lo Spirito Santo fosse, come si insegna ai TG, una energia impersonale; cosa stranissima se si considera che in greco la parola pnèuma (spirito) è di genere neutro! Perciò come non vedere tendenziosità nella NM che, invece dello “egli” usato correttamente dalla CEI, usa il pronome “quello” che in italiano si applica anche a cose? Ma la NM cade anche in contraddizione ciò facendo perché mostra di sapere benissimo che ekèinos è un pronome esclusivamente maschile. Lo dichiara espressamente nella nota dove si legge: «“Quello”, masch.» però, incredibilmente, aggiunge subito dopo «riferito al “soccorritore”, masch, del v. 7.» Che dire? Il CD si è appigliato disperatamente a un versetto assai lontano dal contesto ma è finito ugualmente a dover ammettere che anche presentato come “soccorritore” (o avvocato, paraclito ecc…) lo Spirito mantiene comunque la sua personalità, indicata non solo dalle sue funzioni, ma anche dall’uso del pronome maschile; un maschile che ovviamente è metaforico giacché neanche Dio Padre è di genere maschile.
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Messaggioda Sandro » mer giu 02, 2010 1:45 pm

CORPUS DOMINI – ciclo C (6/6/2010)

Prima Lettura: Genesi 14, 18-20
La nostra Liturgia vede in questa figura di Melchisedech, “re di Salem e sacerdote dell’Iddio Altissimo” una prefigurazione del Messia che è sacerdote al modo di Melchisedek. Il riferimento non è però all’Eucaristia (pane e vino) – allusione simbolica illustrata tardivamente da Cipriano e Clemente Alessandrino - giacché nel VT queste cose da sole non erano materia sufficiente per il sacrificio, né la benedizione data da Melchisedek ad Abramo costituiva un sacrificio. Il riferimento, che troviamo applicato nella lettera agli Ebrei che parla del sacerdozio del Messia al modo di quello di Melchisedek, va inteso come “… un libero uso dell’allusione biblica per spiegare una dottrina teologica. Ovvero Cristo, come Melchisedek è sacerdote e re; e, come lui, non ha “un padre umano, perché di melchisedek non è data nessuna genealogia. (…) Di conseguenza Cristo, diversamente dai sacerdoti della stirpe di Aronne, è sacerdote per ordine divino e non per discendenza.” (così il McKenzie nel suo “Dizionario Biblico- Cittadella”).


Seconda Lettura: 1 Corinti 11, 23-26

Il brano paolino riporta l’istituzione dell’Eucaristia narrato da S. Paolo. Le nostre osservazioni riguardo alla deformazione, non solo concettuale - cosa condivisa anche dai fratelli protestanti -, ma perfino testuale – cosa esclusiva dei TG a loro rimproverata dagli stessi protestanti! - per rendere la presenza di Cristo nel pane e nel vino solo simbolica, le abbiamo già esposte nella Domenica delle Palme, commentando il testo parallelo del Vangelo di S. Luca (cf pag 2 del Web, il 26 marzo scorso).
Qui ricorderemo solo un aspetto che normalmente sfugge ai TG. E cioè che questo brano è un documento autorevole per un doppio motivo: perché fa parte della “ispirata parola di Dio” derivante dal libro sacro della Bibbia che i TG accettano; e perché fa parte della primitiva Tradizione Apostolica. Esso infatti, documentando ciò che veniva normalmente trasmesso a voce dalla primitiva catechesi apostolica, è un documento della Tradizione con la T maiuscola. E questa Traditio (a torto disprezzata dal geovismo) conferma che essa, coincidendo con quanto viene dalla “fonte”, che in tal caso sono i Vangeli, trasmette verità date da Gesù e, insieme, la retta comprensione (cioè l’interpretazione infallibile) di quelle verità. Nel nostro caso ci dice che il pane e il vino consacrati nella celebrazione, che ripete e riattualizza la Cena, non sono semplici “emblemi” (simboli) come li chiama il geovismo ma realtà misteriosa con cui Gesù si rende effettivamente presente. E’ questo che S. Paolo dichiara con forza ammonendo che se non si mostra il dovuto rispetto per il Corpo e Sangue di Cristo si è “rei del Corpo e Sangue del Signore” e “si mangia e beve la propria condanna”. (cf vv 27-29)
Altri contenuti preziosi della Tradizione Apostolica contenuta nelle stesse Scritture (sia in Atti che nelle Lettere paoline) sono quelli relativi al primato di Pietro, pienamente riconosciuto dalla primitiva comunità cristiana.


Vangelo: Luca 9, 11-17
Il brano evangelico narra uno degli episodi della moltiplicazione dei pani. Anch’esso, per dirla alla geovese, “antìtipo” dell’Eucaristia. Non vi sono in questo brano elementi di contestazione da presentare rispetto alla NM geovista ma va solo spiegato al TG che la Chiesa (i discepoli di Cristo che avrebbero formato la futura Chiesa) è stata esortata da Gesù stesso a pascere le Sue pecorelle. Gesù disse infatti, ma provocatoriamente giacché sapeva che erano sprovvisti di cibo: “Date loro voi stessi qualcosa da mangiare” (NM). Cosa che ora però, nella Nuova Alleanza, la Chiesa fa alla lettera donando a tutte le moltitudini del mondo il Pane Eucaristico della vita eterna.

Ma a me piace fare su questo brano una riflessione pertinente sul collegamento tra la fede (FIDES) e la ragione (RATIO) che la nostra Chiesa richiede obbligatoriamente dai suoi fedeli adulti, quali requisiti indispensabili perché l’atto di fede sia consapevole e libero. Collegamento quindi che impedisce sia il fanatismo acritico, sia il fideismo cieco, che non si addicono a quegli “adoratori in spirito e verità” che “il Padre ricerca”. Partiamo da un’ipotesi umoristica, per ricavarne però delle certezze in merito al suddetto obbligatorio collegamento.
Poniamo che un catechista “distratto” inverta le cifre e affermi che Gesù con cinquemila pani sfamò nientedimeno che cinque persone! E’ evidente che una tale affermazione farebbe sobbalzare sugli sgabelli perfino i bambini di scuola media, venendo da essi percepita intuitivamente l’incongruenza del discorso. Ed è anche sicuro che essi protesterebbero con sicurezza e anche divertiti se il catechista, non avvertendo l’errore, insistesse minacciandoli che se non credono al suo dire mancano di fede.
Ebbene questo fatterello paradossale, coerenza alla mano, io penso che ci dovrebbe far dedurre che la RATIO (dono inventato e donatoci da Dio) è – o almeno dovrebbe essere! - ineluttabilmente e provvidenzialmente presente con la sua funzione di discernimento (e di conseguente accettazione o rifiuto) all’interno di qualsiasi conoscenza che si propone come “verità”, anche per le verità di FIDES. Se cioè è vero che il contenuto della FIDES non va discusso perché, derivando da Dio, si propone autorevolmente e con certezza, perfino se rivela verità misteriose e inattingibili dalla ragione, è parimenti vero che la RATIO non può mai abdicare alla sua funzione suddetta che andrà esplicitata (e con continui autocontrolli-verifiche-inveramenti-approfondimenti per tutta la vita, sollecitata sia dalle nuove generazioni sia da chi ancora non credente esige che esibiamo loro le ragioni della nostra fede – cf 1Pt 3,15). Ragioni su…:
1) Sui motivi di credibilità della fede: esistenza di Dio, spiritualità dell’anima, realismo della conoscenza, certificazione del fatto storico della rivelazione, divinità di Cristo, autenticità della Chiesa che ne trasmette e garantisce il messaggio, superamento del dubbio di corruzione dei documenti che appoggiano tutte le certezze storiche relative alla fede etc…;
2) Sui motivi di congruenza interna del castello soprannaturale prospettato dalla fede. Il che non significa cercare di razionalizzare i misteri ma solo capirli almeno nel modo giusto; vedere la non contraddittorietà intrinseca ad ogni enunciato e tra di loro; applicazione congruente e pertinente alla nostra vita di oggi (soprattutto a livello di normatività etica) etc…;
3) Sui motivi, siano essi di fondamento storico o di ragione, che permettono e obbligano ad escludere (o del tutto o in parte) la proposta di fedi alternative a quella cattolica (contraddittorietà intrinseca, fantasiosità, ripensamenti e cambiamenti di messaggi che si pretendono divini etc…). Da questo punto di vista i TG dovrebbero capire che è la RATIO a permettere loro di valutare non solo la differenza ma anche i lati deboli di fedi di altre denominazioni che essi sono chiamati a escludere ma dopo attento esame, fatto con “mente aperta”. Il CD raccomanda: «Dobbiamo esaminare non solo ciò che personalmente crediamo, ma anche ciò che è insegnato da qualsiasi organizzazione religiosa alla quale siamo associati.» (La verità che conduce alla vita eterna, p. 13) Quindi, a rigore, il TG obbediente dovrebbe esaminare anche i fondamenti e la congruenza della sua fede. A noi ci basta che lo faccia e siamo pronti ad aiutarlo con la ricerca e la documentazione, come anche con le riflessioni critiche che abbiamo fatto su di essa;
4) Sulle verità naturali che la rivelazione conferma. Infatti, oltre alle verità “soprannaturali” (misteri), il messaggio evangelico, e quindi di fede rivelata, conferma tantissime verità naturali attinte dalla ragione che procede con retta coscienza (ad es. le virtù) e che formano la base del dialogo fruttuoso, fraterno e conciliante, con gli “uomini di buona volontà” non credenti. Verità attorno alle quali la RATIO dovrebbe spaziare con competenza e dignità, mostrando che la FIDES conferma tutto ciò che di buono e bello l’intelligenza umana ha prospettato all’umanità come valore.

Un risultato del lavoro della RATIO sui valori attingibili dalla sola ragione - non si saprebbe dire quanto prezioso e auspicabile dati i tempi! –, sarà quello di contrastare la laicistica esclusione dei credenti dalla conduzione politica della Società. Esclusione che il mondo “laico” pretende protestando che i credenti se dicono qualsiasi cosa lo fanno alla luce della loro fede e condizionati da essa. Così che non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nello stabilire o influenzare le norme etiche che la Società, che è “laica” cioè a-religiosa per scelta democratica, si vuole dare. Le valutazioni e decisioni dei credenti dipenderebbero esclusivamente da una fede che non è condivisa dal resto della popolazione italiana. In conclusione si viene a dire che i Vescovi, pur essendo una elite intellettuale, dovrebbero starsene in sacrestia invece di pronunciarsi contro valutazioni, da essi ritenute sbagliate, enunciate dalla etica laica. La loro fede li destituirebbe dall’essere razionali in quanto la razionalità sarebbe appannaggio esclusivo della miscredenza.
E’ l’inganno che va per la maggiore, e noi credenti che sappiamo come “gratia non destruit naturam sed perficit” (la grazia non distrugge la natura ma la perfeziona. La perfeziona dandole anzi una maggiore acutezza di discernimento) dobbiamo lavorare a fondo con la ragione per ottenere dapprima la stima del mondo laico più intellettualmente onesto e aperto,* per la nostra capacità di esaminare e valutare i valori etici in maniera indipendente da ciò che sappiamo per fede; e in seguito perfino la dimostrazione che è il mondo laico del tipo laicista ad essere “a-normale” se non scopre razionalmente l’esistenza di Dio e non fonda su di esso la sua eticità; una eticità debitamente purificata, ove occorra, da irrazionalità inquinanti che le provengono non da ricerca di intelligenza e rettitudine di coscienza ma da scelte emotive e/o interessate, diffuse con slogan di propaganda e sorrette dal voto di persone “culturalmente indifese”.
____________________________________________
* Stanno fortunatamente crescendo i "laici" che avvertono come Papa Benedetto XVI, sulla scia della "Fides et Ratio" di Giovanni Paolo II, pur essendo un uomo di fede, stia argomentando spesso razionalmente in modo da difendere le capacità della ragione umana, umiliata dal relativismo che la riduce alla mera funzionalità di gestire il "pensiero debole". E, con tale rivalutazione, sta difendendo laica-mente quei valori umani, soprattutto etici ma anche veritativi, che un rigurgito di anticlericalismo mina dilagando con arroganza sui mass media.
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Re: GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C - UN EXTRA

Messaggioda Sandro » mer giu 09, 2010 5:36 pm

La devozione al S. Cuore, cioè all'amore smisurato che Dio ha dimostrato per noi in Cristo, mi spinge a una escursione oltre le domeniche. Intendo proporre qualche riflessione sulle letture della...
Festa del S. CUORE DI GESU’ – ciclo C (venerdi 11/6/2010)

Prima Lettura: Ezechiele 34, 11-16
Il brano presenta Yahweh come buon pastore. Fatto interessante, nel NT Gesù si arroga la stessa prerogativa e senza far riferimento alla analoga opera del Padre. Chissà che non siano del tutto peregrine anche queste sue affermazioni? “Io e il Padre siamo una cosa sola… io sono nel Padre e il Padre è in me… chi vede me vede il Padre… tutto quello che il Padre ha è mio… pasci le mie pecorelle…” ecc... Fatto invece strano è che, nonostante che sembra che il Signore si prenda cura di tutte le pecore, nella NM v. 16 troviamo scritto “ma annienterò la grassa e la forte”, mentre nella CEI abbiamo “avrò cura della grassa e della forte”. Strano anche perché, nelle note in calce della NMrif si ammette che è possibile la versione “la pascerò”.

Seconda Lettura: Romani 5, 5-11
Ovviamente non ci meraviglia più trovare nella NM lo “spirito santo” scritto con le iniziali minuscole, trattandosi, nell’ideologia geovista, di una semplice forza impersonale. Invece meraviglia leggere al v. 6 che “Dio ci raccomanda il suo proprio amore”. Che senso avrà mai? La CEI traduce, forse con più logica, “Dio dimostra il suo amore”. Ultima nota va rilevata al v. 9 che suona “giustificati per il suo sangue” (CEI) trasformato nella NM nella solita dichiarazione estrinseco-giuridica del “dichiarati giusti”. Ma – chi non lo sa? – una dichiarazione di innocenza resta un fatto meramente giuridico, estrinseco alla realtà, e può, moralmente, convivere pienamente con una reale situazione di colpevolezza, cioè di perduranza di ingiustizia nel soggetto dichiarato giusto (metti nel caso che il reato non sia sufficientemente provato, o nel caso che sia finito in prescrizione, o per incompetenza territoriale, o per amnistia ecc…). Non sarà male ricordare al TG che per noi cattolici la giustificazione donata al peccatore da Dio è radicale, profonda, vera. L’uomo giustificato (cioè perdonato) da Dio, una volta che si è pentito e ha chiesto perdono, soprattutto se vi è la conferma dell’assoluzione sacramentale (quella della potestà conferita alla Chiesa da Gesù quando ha detto “perdonate i peccati”) diventa realmente una nuova creatura, rinasce innocente e pulito. Ed è per questo che Dio Padre lo ritiene giusto e S. Paolo lo chiama “santo”. Santi, tra noi e nel senso comune, sono tutti coloro che sono in grazia di Dio o per non averla mai persa, o per averla riottenuta con la Riconciliazione.

Vangelo: Luca 15, 3-7
Siamo ancora affascinati dalla figura del Buon pastore che non solo ha cura delle pecore quando le pascola, ma torna sui suoi passi se ne ha persa anche una sola. E quando la trova, presumibilmente finita tra i rovi che l’hanno ferita e debilitata, se la carica sulle spalle per ricondurla in salvo. E infine esprime la sua gioia partecipandola agli amici.
Applichiamo: anche se dall’opera indefessa del GRIS, svolta a favore delle vittime delle sette e MRA vari, solo qualche TG ricevesse un qualsiasi beneficio (di illuminazione circa la verità, di ripensamento sulla dottrina cattolica che forse aveva frettolosamente squalificato ecc...) noi, operatori volontari del GRIS, saremo ben ricompensati da questo unico risultato. I fratelli TG non lo sanno, ma secondo la teologia cattolica il Figlio di Dio si sarebbe incarnato anche per salvare un solo singolo essere umano. Le singole persone per Dio hanno valore assoluto. Lo conferma il detto rabbinico "Chi salva una vita salva il mondo intero". Lo riecheggia S. Giacomo asserente che chi salva una sola anima avrà preservato la propria (cioè le avrà assicurato l'abbraccio benedicente del Padre alla fine della vita). Gesù ci ama. Noi, fratelli in Dio Padre, che avete scelto una fede diversa da quella cattolica, vi amiamo. Ve lo giuriamo a mente limpida. Non tenete conto se in alcuni casi alcuni di noi non ve ne danno convincente testimonianza. Quelli sono fenomeni di debolezza che non fanno parte dell'intento fondamentale e costante della Chiesa. Per essa la via del dialogo fraterno è irreversibile. E così sia!
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Messaggioda Sandro » gio giu 10, 2010 7:55 am

XI DOMENICA DEL T.O. - ciclo C (13/6/2010)

Prima Lettura: 2 Samuele 12, 7-10. 13
Non dovrebbe sfuggire il fatto che la Liturgia, dopo averci rassicurato dell’Amore incondizionato di Cristo con la festività del Corpus Domini, e quindi del Sacro Cuore di Gesù, scelga oggi il brano più eloquentemente dimostrativo che l’amore di Dio è proprio di tale natura. Il brano dal secondo Libro di Samuele riporta il rimprovero del profeta Natan al re Davide per l’omicidio, a sfondo passionale e perpetrato con premeditazione, di Urìa, suo devoto soldato, per possedere (è la parola giusta purtroppo!) la moglie di lui. Ebbene nulla da dire sul testo. Anche i TG sono convinti che Dio perdona tutto, anche i peccati più orribili, e lo fa senza esigere chi sa quali lungaggini, perfino nello stesso istante che uno, appena ne prende coscienza, se ne pente profondamente, come fece Davide. Quello che però si potrebbe far notare è la concezione diversa che noi abbiamo del peccato. Nel geovismo è solo “un atto di illegalità” (e siamo in perfetta coerenza con la loro concezione della giustificazione che è solo “dichiarazione di giustizia”), mentre per noi è disprezzo di Dio, espresso tramite la profanazione dell’Amore. La Bibbia infatti fa rimproverare Davide da Dio comminandogli la pena in questi termini – e la traduzione è identica in entrambe le versioni – perché “tu mi hai disprezzato” facendo morire Uria e prendendoti sua moglie. La nostra teologia definisce il peccato “Odium in Deum et conversio ad creaturas” e non solo atto di illegalità. Forse se ne potrebbe prendere spunto per far capire che "illegalità" non è sempre sinonimo di "immoralità"; si danno casi ove ci si può (o perfino si deve) comportare "illegalmente" davanti allo Stato per comportarsi "moralmente" davanti a Dio. Cioè lo Stato può emettere leggi e quindi norme "legali" che in una scala valoriale sono dei disvalori e perciò "immorali".


Seconda Lettura: Galati 2, 16. 19-21
Come detto poco fa, ecco che la NM sottolinea la sua concezione estrinsecista della giustificazione recitando per ben tre volte nel solo versetto 16 che: “.. l’uomo è dichiarato giusto… affinché siamo dichiarati giusti… a motivo delle opere della legge nessuna carne sarà dichiarata giusta”.
E al v 20 abbiamo la solita deformazione contro la realtà biblica della incorporazione dei tralci- membra del Corpo a Cristo Vite-capo del Corpo. Leggiamo infatti: “Non sono più io a vivere , ma è Cristo che vive unito a me” (NM) “in me” (CEI). Il che, anche da un punto vista logico suona male. Se Paolo si sbilancia al punto da dire che non è più lui a vivere, intenderà dire che tutto il suo essere è divenuto membro di Cristo che inabita in lui come in un tempio. Quindi dire “è in me” dovrebbe essere anche logicamente più coerente del solito estrinseco “essere unito a me”. Ma, come abbiamo visto, questa deformazione dipende dal modo protestantico di intendere la grazia. Non come il dono soprannaturale che partecipa all'uomo la stessa vita di Dio ma un mero atteggiamento di benevolenza esterna da parte del Creatore, al quale perciò si può essere uniti solo tramite una comunione di affetti e di intenti e non già vitalmente.
Che dire? Sembra che ai TG manchi l’animo per credere al fatto che Dio si è inventato, tramite l’umanità di cristo, non solo una parentela con tutta l’umanità, ma perfino una sorta di simbiosi con l’uomo. Eppure la Bibbia è la, nel suo originale greco, ad insistere dicendo costantemente “èn emòi” (in me). E l’amore sconfinato di Dio, che ha spinto il Padre a “dare il suo unigenito Figlio” per salvare il mondo, e al Figlio di inventarsi una convivenza con l’uomo tipo Vite-tralci e Corpo-membra, e allo Spirito Santo di trasformare il nostro corpo in suo tempio, ci inviteranno sempre ad osare di credere pienamente all’Amore con l’A maiuscola del Padre Celeste.

Vangelo: Luca 7, 36-8, 3
L’episodio evangelico della peccatrice pentita, che si reca da Gesù mentre era a pranzo dal fariseo Simone, ed ottiene il perdono dei suoi “molti peccati” perché ha ricambiato l’amore di Dio “amando molto” il suo Profeta, sottolinea ancora che il verbo di Dio, reso dal Padre Giudice dell’universo, se “si è fatto carne” non lo ha fatto “per giudicare il mondo ma affinché il mondo si salvi per mezzo di Lui”. Ma questo brano, secondo noi, è importantissimo anche perché attesta la divinità di Gesù. Divinità in senso forte, si badi, cioè di parità in divinità con il Padre, in quanto il Figlio convive con il Padre nella stessa ed unica natura divina.* E’ questo che si ricava, come insegnamento biblico dal fatto che Gesù perdona i peccati di quella donna, come già perdonò i peccati del paralitico calatogli davanti dal tetto. Qui, come allora, la reazione degli Ebrei è identica, di scandalo. “Chi è quest’uomo – si chiedono – che perfino perdona i peccati?” (NM) Era ovvio, sia per fede acquisita che per logica umana che, essendo il peccato offesa contro Dio, solo l’Offeso potesse perdonare l’offensore! E quindi la dichiarazione di Gesù appariva bestemmia perché, come gli rimproverarono altrove, si arrogava la dignità divina propria del Padre. (cf Giovanni 10,33 : «Gli risposero i Giudei: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”.» (CEI), senso questo opportunamente deformato nella NM, che non accetta la divinità di Cristo, in questo modo “fai di te stesso un dio”. Ma è un accorgimento contraddittorio perché esibirsi come “un dio” (che in geovese significa solo “un essere potente” non costituiva certo bestemmia! E fu invece proprio questa valenza di bestemmia, ravvisata nelle dichiarazioni di pari divinità con il Padre fatte da Gesù, che convinse gli Ebrei a condannarlo a morte.
_________________________________
* A questo riguardo bisogna sapere che il geovismo adopera un parlare molto ambiguo. E’ capace di ammettere che Gesù ha natura divina ma gliela riconosce solo nella sua vita preumana in cielo e dopo la cosiddetta risurrezione; non già nella vita terrena. E questo perché, nell’intendimento geovista “avere natura divina” corrisponde ad “avere un corpo spirituale” e per corpo spirituale si intende “un corpo di tipo angelico” che dimora nello spazio, è “di forma ben definita” ed è “fornito di un cervello e di organi di senso”. Idea quindi lontana anni luce dalla nostra idea di “spirito”.
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Messaggioda Sandro » mer giu 16, 2010 10:36 am

XII DOMENICA DEL T.O. - ciclo C (20/6/2010)


Prima Lettura: Zaccaria 12, 10-11
Nulla da rilevare.


Seconda Lettura: Galati 3, 26-29
Leggiamo: “26 Infatti siete tutti figli di Dio per mezzo della vostra fede in Cristo Gesù. Poiché tutti voi che foste battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.” (NM) “[Fratelli] tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di cristo.” (CEI)
Quindi sono la fede e il Battesimo che rendono la creatura “figlio di Dio”, e tale “potere di diventare figli di Dio” come lo chiama Giovanni (1,12) è dato a tutti, come dice qui Paolo. Perché allora il geovismo sostiene che la figliolanza di Dio avviene per speciale elezione da parte di Geova ed è riservata a 144.000 privilegiati?
Poi va rilevata una contraddizione, se è vero, come sostiene il geovismo, che Paolo parlava a cristiani che erano tutti della categoria degli Unti. La contraddizione consiste nel fatto che oggi questa lettura e altre simili* vengono proposte come insegnamento biblico per le “Altre Pecore” alle quali non compete la figliolanza divina ma hanno solo la prospettiva di divenire “nipoti di Dio” il quale, nella terra paradisiaca non sarà Padre per loro ma sarà, alla lettera, loro “nonno” o, il che è lo stesso, “avo”.**

“28 Non c’è né giudeo né greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina; poiché siete tutti una [persona] unitamente a Cristo Gesù.” (NM)”tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (CEI)
Ovviamente il paradosso usato da Paolo ha carattere simbolico, giacché l’apostolo sa benissimo che tra i cristiani ci sono giudei e greci, maschi e femmine. Quindi è evidente che egli vuole sottolineare la nuova unità di soggetti differenti che è donata da Dio, Padre comune, che la realizza in Cristo (cf il solito “in Cristo” dell’originale, trasformato riduttivametne nella NM con la dizione “unitamente a Cristo”).
Mette conto però segnalare anche un’altra deformazione, indice della imprecisione terminologica di chi ha cordialmente disprezzato la filosofia. Mentre la dizione siete “uno in Cristo” risponde ad esattezza e non fa difficoltà dato che è una unità di ordine non fisico ma morale e, nella partecipazione della comune grazia soprannaturale, anche vitale, nella vita divina; la dizione “siete tutti una persona” usata dalla NM, che si è premurata di aggiungere “persona” per chiarire il suo pensiero, chiarisce solo che in casa Geova non ci sono assolutamente idee chiare su cosa sia la “persona”. La persona è il soggetto, il nucleo dell’essere pensante, e quindi non si può essere più persone e contemporaneamente una sola persona: siamo nella contraddizione in termini. Ed è per questo che non si può fare un discorso comprensibile con i TG in relazione alla Trinità, ove si richiede assolutamente la precisione dei concetti e la distinzione di quello sulla “natura” e quello sulla “persona”. Perfino le tre Persone divine, che sono “uno” non lo sono a livello personale ma di natura; a livello personale sono ben distinte l’una dall’altra e ciascuna di essa non è riducibile a nessuna delle altre due.
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* Ad es. nelle Beatitudini si parla di “quelli che sono d’indole mite poiché erediteranno la terra” (Matteo 5,5 – NM)) e sin dalle prime pagine di ogni testo di indottrinamento geovista si trova additata la terra paradisiaca come promessa divina di premio per i Suoi fedeli: «I giusti stessi possederanno la terra, e risiederanno su di essa per sempre”. Salmo 37:29)» (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, p. 9) Ma questo è in aperta contraddizione con altre beatitudini che prospettano come premio il regno dei cieli che, dicono, è riservato agli Unti. Ad es. “3 Felici coloro che si rendono conto del loro bisogno spirituale poiché a loro appartiene il regno dei cieli… 8 Felici i puri di cuore perché vedranno Dio… 9 … i pacifici poiché saranno chiamati figli di Dio… 10 … quelli che sono stati perseguitati a causa della giustizia, poiché a loro appartiene il regno dei cieli 11… Felici voi quando vi biasimeranno e vi perseguiteranno… 12… la vostra ricompensa è grande nei cieli”. (ivi - NM)

**Delle altre pecore è detto «…poiché nel regno millenario di Cristo, diverranno i figli terrestri del datore di vita Cristo Gesù e sono quindi legalmente in grado di divenire “nipoti” di Dio. Nella Scrittura il nonno è spesso chiamato padre». (Sia Dio riconosciuto verace, p. 159)
«Il secondo Adamo, comunque, è divenuto spirito vivificante. Come tale può adempiere la profezia di Isaia e divenire il “Padre eterno” della progenie del primo Adamo, che egli riacquista e adotta allo scopo di restituirle la vita umana perfetta su una terra paradisiaca.
In tal modo il Padre celeste di Gesù Cristo diverrà il celeste Avo della ristabilita famiglia umana». (Sicurezza mondiale sotto il Principe della pace, p. 169)


Vangelo: Luca 9, 18-24
Sorvoliamo sulla traduzione relativa a Gesù “22… essere destato” (NM) anziché “risorgere” (CEI) che serve al geovismo a sottolineare che solo Dio Padre ha svolto il ruolo attivo nel risuscitare Gesù, nonostante che Gesù, in quanto Figlio di Dio, ha assicurato che avrebbe risuscitato se stesso (cf in Giovanni 2, 19-22; Matteo 27,40; Marco 15,29). E lasciamo stare anche il solito “23… palo di tortura” (NM) che nel geovismo seconda maniera ha sostituito quella “… croce” (CEI) che per ben 50 anni i devoti Testimoni, con in testa i due primi presidenti, veneravano, gloriandosene e portandola con orgoglio in forma di spilla sul bavero della giacca. Ho detto "lasciamo stare" nel senso che non vogliamo dilungarci a ripetere cosa già dette, ma che vanno comunque ricordate come contraddizioni ben strane da parte di chi dice di essere il “Canale” di cui Geova si serve per trasmettere dottrine di verità.
Appuntiamo oggi la nostra attenzione sul v. 24 che dice “Poiché chi vuol salvare la sua anima la perderà; ma chi perde la sua anima per amor mio la salverà.” (NM) “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.” (CEI)
Nella NMrif alla parola “anima” è stato apposto un asterisco che rimanda alla nota in calce ove si legge: «O, “vita”». Quindi l’aver scelto la parola “anima” anziché “vita”, nella traduzione, è stata una mossa di preferenza che non dovrebbe indicare una assoluta diversità di vedute. Ma, come abbiamo già notato altrove, è una preferenza che gli anonimi traduttori della NM estendono scriteriatamente a tutta la Bibbia, non tenendo conto delle grandi diversità di significato che i termini ebraico (nèphesh) e greco (psyché) hanno in base ai diversi contesti. E’ una manovra di cui questi traduttori, in rapporto all’AT, perfino si vantano dicendo di esservi “riusciti”*; il che lascerebbe presupporre chi sa quali sforzi, quando si è trattato semplicemente di obbedire al CD (o Comitato Scrittori di cui esso si serve) che ha stabilito di usare “anima” ogni volta che nelle Scritture Ebraiche ricorrevano quei termini. In tal modo essi hanno posto le basi per il più grosso equivoco intorno al concetto di “anima”, molto funzionale a far credere alle persone “culturalmente sprovvedute” che l’anima muore.
Ora, immaginando che il nostro paziente interlocutore TG sia davvero disposto a credere che qui non si vuole fare sterile polemica, ma sia volenteroso di conoscere il pensiero cattolico a riguardo del concetto di “anima” che in tante traduzioni bibliche, cattoliche e non, traduce spesso l’ebraico nèphesh e il greco psyché (spesso ma non sempre perché, come detto, sono termini con una polivalenza di significati!), chiariremo la nostra posizione dicendo una volta per tutte che…
Se non si vuole giocare a non capirsi bisogna trattare della sopravvivenza o meno della persona umana, dopo la morte fisica, prescindendo dalla parola “anima”, cioè non usandola. E ciò proprio perché questa parola nel geovismo ha una valenza concettuale diversa da quella che ha nel cattolicesimo.
Nel geovismo per “anima” si intende l’intera persona, così come la si incontra per strada. Cioè un essere che, secondo la loro concezione antropologica, è composto di corpo e forza vitale (forza vitale, altrimenti detta anche – così si moltiplica l’equivoco! – “spirito”). Dal che derivano le loro affermazioni lapidarie: “Voi non avete un’anima, siete un’anima”; “La vostra anima siete voi!”.
Nel cattolicesimo invece le persone sono composte di anima e di corpo. E l'anima, per distinguerla da quella degli animali che non è spirituale, viene talora sostituita dalla parola "spirito" usata come sinonimo. In alcune definizioni dogmatiche, sempre per distinguerla da quella animale, si usa "anima intellettiva".**
Quindi, mentre nel geovismo l’anima è l’insieme, nel cattolicesimo l’anima è una parte del composto. Quella parte** che, essendo di natura spirituale (e questo oltre che biblicamente può anche essere garantito filosoficamente) non può ricevere quella disgregazione che il corpo fisico riceve quando muore.

I corollari di questa diversa concezione sono molto illuminanti, e diradano l’equivoco.
a)- Se quando il geovismo dice “anima” intende parlare delle persone vive, allora sostenere che le anime sono mortali equivale a sostenere che le persone muoiono; un perfetto truismo! E non si vede la ragionevolezza di… scavare nella Bibbia per persuadersi di ciò che viene confermato ogni giorno dalla cronaca dei giornali.

b)- Per non dialogare a vuoto con i TG occorre (non utilizzando la parola “anima”) chiedersi se la Bibbia sostiene o no la sopravvivenza di un qualcosa dell’essere umano in cui sussiste la sua identità personale, il suo io. E messa così, le testimonianze bibliche circa questa sopravvivenza abbondano e sono chiarissime.

c)- Viene anche chiarito che tutto il pasticcio geovista creato dalla parola “anima” dipende dall’aver ignorato (ignoranza=non sapere o trascuratezza voluta?) che quelle Bibbie che usano la parola “anima” al posto dei vari altri termini in cui dovrebbero essere meglio tradotti gli originali nèphesh e psyché, lo hanno fatto perché si sono appoggiate alla antica versione della Vulgata di S. Girolamo che usa sì la parola “anima” ma in senso latino e cioè appunto nella sua polivalenza di vita, persona, individuo, essere vivente ecc…

d)- Si ha così l’occasione di chiarire al nostro interlocutore TG che non è legittimo che il CD derivi la mortalità dell’anima da espressioni bibliche del tipo “tutte le anime furono passate a fil di spada” (si intende dire “gli uomini”) o “e l’uomo divenne un’anima vivente” (si intende dire un essere vivente), o “l’anima che pecca essa stessa morrà” (si intende dire “colui/la persona” che pecca) e simili. Il fatto stesso che nella NM (cf da pag. 1381 a pag.1386 della NM 1967) siano elencati tanti passi rende il discorso geovista sull’anima sospetto e perfino buffo e contraddittorio quando leggiamo a pag. 1385 “Anima morta o cadavere”, che è una contraddizione in termini; o “Dio ha anima”.*** E come non restare basìti quando si vede che le boccette dei profumi (giacché la parola nèphesh indica anche il profumo), vengono tradotte nella NM “case dell’anima” e la persona impaziente di “anima corta” rispetto a quella paziente che è di “anima lunga”?
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* «Nelle Scritture Ebraiche, siamo riusciti a rendere la parola ebraica nef’esh sempre in modo uniforme come “anima”.» (NM 1967, p. 1381)

** Certo che se i cattolici avessero verso il Magistero la stessa obbedienza che i TG mostrano di avere nei confronti del loro CD, questo punto di dottrina sarebbe da solo sufficiente per aprire cortesemente l'uscio di casa e invitare i TG ad andarsene, e, se si qualificano ex cattolici, a definirli scomunicati. Infatti il Magistero ha, tra i vari dogmi di fede, anche questo: "Si quis dixerit animam intellectivam mortalem esse, A.S." (se qualcuno avrà detto che l'anima intelligente è mortale sia scomunicato).

*** Cosa per noi assurda essendo Dio puro Spirito. Ma coerente nel geovismo ove Dio ha un “corpo di forma ben definita” provvisto di “cervello” e di “organi di senso”. Allora sì che Geova rientra nel concetto di anima poiché ha un corpo ed è provvisto di spirito=energia vitale. Ma insieme ci si contraddice perché, stando alle definizioni lapidarie di cui sopra dovrebbero dire non che “Dio ha anima” ma che “è un’anima”.
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Sandro
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Messaggioda Sandro » mar giu 22, 2010 1:42 am

XIII DOMENICA DEL T.O. - ciclo C (27/6/2010)

Prima Lettura: 1 Re 19, 16. 19-21
Nulla di particolare. Notiamo solo qualche punto di diversità nelle traduzioni che lasciano perplessi.
Eliseo “arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il decimosecondo” (CEI)
“arava con dodici paia [di tori] davanti a sé, e lui col dodicesimo” (NM). In antico i tori erano così mansueti?
“Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello” (CEI)
“Elia passò dunque verso di lui e gli gettò sopra la sua veste ufficiale” (NM)
“Va’ e torna, perché sai bene che cosa ho fatto di te”. (CEI)
“ Va, torna; poiché cosa ti ho fatto?” (NM)


Seconda Lettura: Galati 5, 1. 13-18
”16 Ma io dico: Continuate a camminare secondo lo spirito e non seguirete nessun desiderio carnale. 17 Poiché la carne è contro lo spirito nel suo desiderio, e lo spirito contro la carne…” (NM)
Il concetto paolino di “carne”, opposta a “spirito” non deve essere inteso come sembra ovvio alla mentalità moderna. E’ vero che in certi casi fa riferimento ai cosiddetti peccati della carne, ma molto spesso (come in questo caso) per carne Paolo non intende la lussuria ma tutto ciò che nell’uomo dice terrestrità. Così che in S. Paolo sono “carne” e “opere della carne” anche invidie, gelosie, ira, avarizia, superbia ecc… Sarà bene ricordarsene quando troveremo scritto che “carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio”. Frase che appunto, in Paolo, ha il senso che il regno di Dio non si conquista con le forze terrene; che l’uomo, se si autoconfina nella propria orizzontalità, non ne è degno; che l’uomo sarkikòs ("carnale" appunto) non capisce le cose di lassù che sono invece comprese dall’uomo pneumatikòs ("spirituale"). Mentre nel geovismo tale concetto viene del tutto stravolto dando a “carne e sangue” il senso del corpo fisico, fatto di muscoli, ossa, sangue, carne, sistema nervoso, insomma l’uomo come è oggi concretamente vivente sulla terra. E questo serve a sostenere – meraviglia! – che in paradiso (il Reame dei cieli geovista) non si può essere assunti portandosi appresso il proprio corpo storico risuscitato, il quale è adatto solo alla vita sulla terra, ma si deve essere provvisti di un “corpo spirituale” di tipo angelico; il quale corpo è riservato ai soli 144.000 Unti chiamati a “coregnare con Cristo”.


Vangelo: Luca 9, 51-62
Il Vangelo ci ricorda un episodio analogo a quello della vocazione di Eliseo. Ma mentre ad Eliseo il profeta Elia concesse di andare a salutare i parenti, Gesù a colui che intende seguirlo non concede indugi e tentennamenti. Dice: “62 nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. E’ una risposta indubbiamente severa che mantiene la sua ragion d’essere solo se si accetta che Gesù è Dio in persona, Colui che può esigere amore preferenziale perfino rispetto agli affetti più intimi.
Ebbene, questo brano riteniamo che sia possibile utilizzarlo per mostrare una comunione di vedute con il fratello geovista che, notoriamente, riceve dalla sua Dirigenza stimoli continui a generosità nel dono del tempo, e dedizione assoluta (in fatica e anche economicamente) all’opera del Regno, fino a rendersi disponibile a subire ogni tipo di persecuzione (fenomeno rimarcato non senza vanto nelle riviste della WT). Dobbiamo fargli conoscere, elencando le opere della fede dei figli migliori del popolo di Dio, cioè della cristianità intera e non solo cattolica, che anche noi siamo convinti che Dio va amato con tutta l’anima, tutta la mente, tutte le forze sopra ogni cosa. E che siccome tali opere della fede sono ben note, sia a livello di cronaca che di storia, sia nelle missioni ad extra che ad intra, non è corretto che il loro CD confronti la dedizione e zelo dei fedeli geovisti – ben reclamizzata come sappiamo - paragonandola alla fede stanca e sbiadita dei “cristiani nominali o anagrafici”. Sarebbe usare doppio peso e doppia misura!
E insomma va detto chiaro che, fuori di episodi di deprecabile fanatismo, anche secondo noi il cristiano normale è invitato ufficialmente a non fare compromessi di coscienza; a rispondere all’Amore di Dio con amore; a credere all’adagio che “la misura di amare Dio è quella di amarlo senza misura”.* Non si possono paragonare i migliori TG con i peggiori Cattolici, così come il geovismo non accetterebbe che noi paragonassimo i migliori cattolici con i suoi TG definiti “inattivi” per trarne una troppo facile, quanto infantile, autoesaltazione. Né va trascurata, in tale confronto in cui ci si dovrebbe fraternamente “incoraggiarsi a vicenda per le opere eccellenti”, l’analisi delle motivazioni che spingono alla suddetta dedizione. Sarebbe ben triste se il CD si vantasse di TG, che sono catalogati come zelanti, se il loro zelo non derivasse dall’amore di Dio ma dal timore di Lui; se l’animo del TG non fosse infiammato dall’amore del prossimo ma dalla paura…: a) di non aver raggiunto prima di Armaghedon – che incombe! - una “condizione approvata davanti a Geova”; b) di non aver sufficientemente “riscattato il tempo perduto” di quando era immerso in “Babilonia la grande”; c) di essere gravato della “colpa del sangue”.**
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* E' un esame di coscienza e una scelta generosa che, donando al Signore il nostro primogenito perché diventasse sacerdote, ho fatto insieme a mia moglie sin dall'inizio della sua vocazione, quando a 14 anni il Signore lo ha sottratto alla famiglia. Come tutti i giovani che entrano in seminario, anche lui "pose mano all'aratro" e se ne andò "senza voltarsi indietro". Dispiacere gioioso di cui non ci siamo mai pentiti, ma che anzi augureremmo a tutti i genitori!

**La cosiddetta colpa del sangue il CD la ricava da questo brano biblico: «17 “Figlio dell’uomo, ti ho reso sentinella alla casa d’Israele, e devi udire dalla mia bocca la parola e li devi avvertire da parte mia. 18 Quando io dico a qualcuno malvagio: ‘Positivamente morirai’, e tu in effetti non l’avverti e non parli per avvertire il malvagio [perché si ritragga] dalla sua malvagia via per conservarlo in vita, essendo egli malvagio, morirà nel suo errore, ma io richiederò il suo sangue dalla tua propria mano. 19 Ma in quanto a te, nel caso che tu abbia avvertito qualcuno malvagio ed egli realmente non si ritrae dalla sua malvagità e dalla sua via malvagia, egli stesso morirà per il suo errore; ma in quanto a te, avrai liberato la tua propria anima. 20 E quando qualcuno giusto si ritrae dalla sua giustizia e realmente opera ingiustizia e io gli devo mettere davanti una pietra d’inciampo, egli stesso morirà perché tu non l’hai avvertito. Morirà per il suo peccato, e i suoi atti giusti che fece non saranno ricordati, ma io richiederò il suo sangue dalla tua propria mano. 21 E in quanto a te, nel caso che tu abbia avvertito qualcuno giusto affinché il giusto non pecchi, ed egli stesso in effetti non pecca, immancabilmente egli continuerà a vivere perché era stato avvertito, e tu stesso avrai liberato la tua propria anima”.» (NM)
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Messaggioda Sandro » lun giu 28, 2010 2:11 pm

XIV DOMENICA DEL T.O. - ciclo C (4/7/2010)

Prima Lettura: Isaia 66, 10-14
Nulla da rilevare.


Seconda Lettura: Galati 6, 14-18
“14 Non avvenga mai che io mi vanti, se non del palo di tortura del nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo è stato messo al palo per me e io per il mondo.” (NM) Il testo CEI ovviamente dice “nella croce… crocifisso”. Non è una questione da poco il cambiamento operato dalla WT che per più di 50 anni si vantava della Croce di Cristo (così Rutherford prima maniera e così ogni TG che la portava con orgoglio effigiata in una spilla sul bavero della giacca). C’è infatti di mezzo il rifiuto di ciò che la croce, soprattutto unita alle parole nel segno della croce che ogni cristiano fa prima di pregare, simboleggia: l’unità e trinità di Dio, l’incarnazione del Figlio. Ma il cambiamento porta in ballo (e nel dialogo) la pretesa della WT di avere il filo diretto con la comunicazione di Dio il che, se si vuole essere conseguenti, colpevolizza Geova di aver dato per mezzo secolo, e senza alcuna ragione giacché poteva comunicare da subito come andarono le cose, una informazione sbagliata al suo popolo tollerando che i suoi Testimoni venerassero un simbolo pagano! Una citazione non guasterà...

Premesso che “interpretare” il testo biblico non significa altro che capirlo nel modo esatto, abbiamo che in rapporto alla interpretazione della Bibbia in generale (e quindi anche in rapporto al significato esatto da capire circa i vocaboli stauròs e xylon che oggi vengono capiti come “palo” dalla WT), la Dirigenza geovista ha dichiarato: «Cristo Gesù, il Re, non ha affidato loro [agli Unti rimanenti - Ndr] questa funzione. La Corte Suprema interpreta ancora, grazie a Dio; e Cristo Gesù, il portavoce ufficiale dell’interpretazione della Corte, si riserva quella funzione come Capo della classe dello “schiavo fedele e discreto”*. Egli adopera la classe dello “schiavo” semplicemente per pubblicare l’interpretazione, dopo che la Corte Suprema, tramite Cristo Gesù, la rivela.» (TOR 1 Luglio 1943, pp. 202-203 - in GRIS, Cristo nostro Dio e nostra speranza, Elle Di Ci, Leumann, TO, 1986, p. 39).
In conclusione ci stanno dicendo - ed è dichiarazione ufficiale! - che l’aver creduto per mezzo secolo che Gesù era stato crocifisso e non appeso a un palo, fu un errore di comunicazione risalente a Gesù e a Geova, dal momento che la WT non faceva che pubblicare ciò che riceveva dalla Suprema Corte del Reame dei cieli. E anche questa dichiarazione non può essere ritorta come menzogna alla WT giacché essa non avrebbe fatto altro che stamparla pari pari come l'ha ricevuta da Cristo.
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* Per “schiavo fedele e discreto” nel gergo geovista si intende il rimanente terreno dei 144.000 Unti. Quindi il corpo dirigente di tutti i TG del mondo; funzione in concreto svolta dal solo Corpo Direttivo di Brooklyn.


“15 Poiché né è alcuna cosa la circoncisione né [lo è] l’incirconcisione, ma una nuova creazione [è qualcosa].” (NM) “15 Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura.” (CEI)
San Paolo sta dicendo ai Galati le stesse cose che aveva detto ai Romani a proposito del Battesimo che rendeva nuove creature i figli di Dio da Lui adottati e inseriti nella Vite-Cristo (cf Romani cap. 5, 6 e 8) La traduzione così nebulosa adottata dalla WT si spiega perché il geovismo non crede alla rigenerazione spirituale operata dal Battesimo (che per loro è solo un simbolo di dedicazione) né crede alla realtà della grazia come dono soprannaturale che ci collega alla vita divina rendendoci membra del Corpo di Cristo (grazia che per loro è solo benevolenza da parte di Dio o “immeritata benignità”, ut infra).

“18 L’immeritata benignità del nostro Signore Gesù Cristo [sia] con lo spirito che voi [mostrate], fratelli.” (NM) “18 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli”. (CEI)
Ohibò, qui S. Paolo definisce “spirito” un qualcosa ove la grazia va a fare comunione e risiede! E il guaio è che la individua come una cosa ben diversa dal “corpo”. Ovviamente si tratta della stessa cosa che noi cattolici chiamiamo “spirito” (come in questa traduzione della CEI) o “anima” in altri contesti.* Ma nel geovismo l’anima come la intendiamo noi non esiste. E dentro il corpo c’è solo una energia impersonale chiamata dal CD “spirito” o, meno equivocamente, “forza vitale”. Quindi sarebbe stato strano far augurare a S. Paolo una “immeritata benignità” rivolta da Dio alla sola forza vitale, alla energia impersonale dell’uomo. Ecco dunque il perché di quelle aggiunte tra parentesi quadre al sacro testo nella NM; servono a depistare l’attenzione dallo spirito-anima umano al tono-livello morale del gruppo: “lo spirito che voi mostrate, fratelli”.
Di fronte a queste acrobazie è proprio vero che «Le parentesi quadre singole [ ] racchiudono parole inserite per completare il senso del testo italiano.» (NMrif pag. 7)? Servono a completare o a depistare altrove, a nascondere e a confondere?
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* Ad es. quando leggiamo “non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”. (Matteo 10,28 - CEI)


Vangelo: Luca 10, 1-12. 17-20

Al v. 7 abbiamo lapidario il comando di Gesù “Non vi trasferite di casa in casa.” (NM) Sembrerebbe del tutto contrario al mandato della WT (che comunque è comparso solo ad un certo punto della loro storia) il quale ingiunge ai suoi adepti di andare “di casa in casa” a predicare. Ma i comandi di Dio non sono contraddittori. E, diversamente da come fa la WT che, di fronte a versetti che le contestano la dottrina, fa spallucce e li ignora (scegliendo solo quelli comodi)* la nostra Chiesa accetta tutta la Parola di Dio e si sforza di vederne la ragionevolezza oltre l’apparente contrasto. Così noi non siamo propensi ad usare questo versetto di S. Luca contro l’usanza geovista, che essi ritengono appoggiata da Atti 42 ove si legge: «E ogni giorno, nel tempio e di casa in casa, continuavano senza posa a insegnare e a dichiarare la buona notizia intorno al Cristo., Gesù.” (NM) Cosa questa che oltretutto metterebbe in contraddizione S. Luca con se stesso essendo lui l’autore anche di Atti. Diremo piuttosto che ci vedeva bene la WT prima maniera quando non ricavava dalla Bibbia – e non lo ricavava perché non ce lo vedeva, e non ce lo vedeva perché non c’era - quel comando di andare di casa in casa. Secondo noi sia il libro degli Atti, che indica sia il di casa in casa che il tempio, sia S. Paolo che dava l’esempio di predicare nella sinagoga, nella scuola di Tiranno, all’Areopago, per la strada, nel mercato ecc… vogliono dire semplicemente di propagare il Vangelo ad ogni occasione, in ogni situazione, e con qualsiasi mezzo. E così qui, in Luca, la raccomandazione di Gesù non è motivata a contrastare S. Paolo o Atti ma solo ad evitare le lungaggini e perdite di tempo che comporta il trasferire l’alloggio da una casa all’altra. Infatti essa lega perfettamente con la precedente raccomandazione (v. 4) di non fermarsi ad "abbracciare nessuno nel salutarlo lungo la strada" (NM), il che non può essere inteso come un invito alla maleducazione. Salutare era una cosa, fermarsi a salutare nell’uso orientale comportava tutto un cerimoniale prolisso di baci e abbracci e inchini e chiacchierate su come stavano i membri della famiglia, come andavano gli affari, la salute e altro.
L’opera di annunciare il Regno di Dio – lo abbiamo visto domenica scorsa - richiede mano salda sull’aratro; buoi che non si fermano; e sguardo che non si rivolge altrove.
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* Operazione di scelta che in greco si dice aìresis, da cui il termine italiano “eresia”.
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