GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C

Moderatore: berescitte

Messaggioda Sandro » dom gen 10, 2010 5:09 pm

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ciclo C (24/1/2010)

Prima Lettura: Neemia 8,2-4a.5-6.8-10

Riguardo alla solita trasformazione di “Signore” in “Geova” che la NM fa continuamente di proposito, dobbiamo dire che noi usiamo “Signore” perché seguiamo l’uso instaurato dall’antico Israele di “non nominare il nome di Dio invano”. Che l’uso sia invalso per timore o per riverenza, sta di fatto che nella versione greca della LXX il termine ebraico ADON (e ADONAY) sono stati resi dai dotti ebrei con KYRIOS (Signore); e anche nei testi masoretici, ove si sono aggiunte le vocali al testo unicamente consonantico, gli ebrei custodi della pronuncia tradizionale della Bibbia quando hanno incontrato il nome di Dio espresso nel sacro tetragramma* JHWH, non vi hanno apposto le vocali sue proprie ma quelle di ADONAY, per indicare espressamente allo scriba di non leggere Jahwè ma di sostituirlo con Kyrios.
Ora la bibbia che noi usiamo segue il Canone Alessandrino, ove la LXX che è in greco appunto usa Kyrios al posto del nome “ineffabile” di Dio. Non sappiamo se Gesù si è uniformato all’usanza ebraica di non usare il termine ebraico, il che è però supponibile. Sappiamo per certo che vi si uniformarono gli scrittori neotestamentari scrivendo il NT in greco. Cioè non esiste il nome ebraico Jawéh nelle copie della LXX né in alcuno degli scritti del Nuovo Testamento. Pochi casi isolati di frammenti della LXX in cui il copista ha voluto riprodurre Jawèh nella forma ebraica (iota, he, wau, he) confermano che la regola generale era quella della sostituzione con Kyrios. Invece il CD dei TG parla di complotto e dice che i copisti usavano il nome di Dio ebraico e che sono stati i cristiani a deturpare volutamente tutte le copie del NT sostituendo Jahweh con Kyrios. Una bella pretesa dato il numero elevatissimo di copie circolanti.

Il curioso modo che ha la NM di premettere tra parentesi quadre l’aggettivo “vero” al termine “Dio” (vi si legge infatti “6 Esdra benedisse quindi Geova il [vero] Dio… 8 E continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del [vero] Dio”) si spiega considerando che il termine “Dio” secondo la WT è solo una sorta di aggettivo qualificativo. E, poiché “ci sono molti dèi e molti signori”, la Dirigenza geovista, a scanso di equivoci, ritiene indispensabile precisare che Geova soltanto è il “vero” Dio.
Poi noteremo che il v 8 dice che i leviti non solo esponevano il contenuto della legge ma lo facevano “dando[le] significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura” (NM) il che smentisce l’asserzione geovista che la Bibbia vada semplicemente “letta” e non anche “interpretata”. Almeno se vogliamo restare nell’italiano ove spiegare, esporre il significato, dare intendimento, sono sinonimi di interpretare.

Seconda Lettura: 1Corinzi 12,12-30
La Lettura espone la concezione dell’unione dei cristiani a Gesù Capo ricorrendo alla similitudine del corpo umano ove ogni membro è inserito in un tutto in modo solidale e indivisibile. Il versetto clou del discorso è il 27 ove l’Apostolo sentenzia “Ora voi siete il Corpo di Cristo, e individualmente membra” (NM) “Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra” (CEI). Una unione questa, che il CD ritiene puramente simbolica, funzionale, a livello di intenti e di mansioni, e che invece noi riteniamo vitale, ontologica, di biologia soprannaturale. Forse il CD dimentica che prima di Paolo anche Gesù ha usato una similitudine di unità tra Lui e i suoi fedeli parlando di Vite e Tralci. E ha fatto capire che si trattava di una comunicazione di vita perché ha detto che il tralcio che si stacca da lui (con il peccato) dissecca e muore. E lo ha detto anche nel contesto eucaristico dell’ultima cena, presentando il suo stesso Corpo come vittima sacrificale da mangiare, un Corpo-cibo che significa e realizza un nutrimento vitale. Il discorso è anche illuminato da quelle parole che dicono “chi mangia di me vivrà per me” (cf Giovanni 15, 1- 10). La nota nella Bibbia CEI, in questo punto, dice “Gesù illustra la sua profonda e vitale unità, espressa col verbo ‘rimanere’, coi discepoli e con la Chiesa”.
E poi abbiamo con Paolo una illustrazione della funzione dello Spirito Santo anch’essa metaforizzata come quella dell’anima nel corpo e delle membra come interagenti. Insomma la comprensione profonda di questa unione ha fatto pensare alla Chiesa a un qualcosa di reale, ad un corpo non per modo di dire (come può esserlo il “corpo dei vigili urbani, dei cacciatori, degli studenti…”) ma ad un qualcosa che supera il mondo naturale ma che esiste a livello spirituale. Si è così parlato di “Corpo mistico”, dizione in uso da secoli e ormai facente del patrimonio teologico di comprensione delle realtà soprannaturali.
Una ricerca di tutti i punti che supportano questa concezione, che non è solo cattolica, penso che sarebbe molto fruttuosa e confortante per tutti i fedeli, soprattutto per la valenza di reciproca solidarietà (bello al riguardo l’esempio dei vasi comunicanti ove la crescita di un membro influisce positivamente su tutti, e anche la malattia che spinge chi è in salute a portare i pesi gli uni degli altri. Non a caso all’inizio del suo pontificato Benedetto XVI ha detto che “il cristiano non è mai solo”). Una ricerca del genere penso che aprirebbe al TG orizzonti di comprensione mai visti e forse assai desiderabili per giungere davvero ad una “accurata conoscenza” della rivelazione divina; quella comprensione che sicuramente non aveva mai avuto se si tratta di un ex cattolico.

Vangelo: Luca 1,1-4; 4,14-21
Il v 4 dice “Affinché tu conosca appieno la certezza delle cose che ti sono state insegnate oralmente” (NM). Il che si può completare con “e le cose che hai udito da me col sostegno di molti testimoni, queste cose affidale a uomini fedeli, che, a loro volta, siano adeguatamente qualificati per insegnare ad altri”. (2Timoteo 2,2 - NM)
Come è evidente si parla espressamente di una trasmissione orale del messaggio. Da questo se ne può cavare tutto un insieme di considerazioni:
- sulla funzione avuta dalla trasmissione orale della rivelazione divina prima e dopo lo scritto;
- funzione che in altre parole si chiama “Tradizione apostolica”;
- notare che è apostolica e quindi deriva dall’iniziativa presa dagli apostoli;
- che precede la Scrittura del Nuovo testamento di molte decine di anni;
- che è affidabile perché Luca dice che il suo scritto ne conferma l’esattezza e risale ai primi anni del cristianesimo;
- che da questa Tradizione orale è poi nata quella scritta in forma di appunti sparsi, rotolini, lettere, poi confluiti nell’unico libro chiamato Bibbia, insieme alle Scritture ebraiche del VT;
- che tale nascita definitiva, cioè con tutti i libri che attualmente compongono la Bibbia risale al IV secolo quando se ne è codificato il Canone espungendo tanti scritti che, con millantato credito, pretendevano di essere considerati ispirati;
- che tale Canone è stato compilato dalla Chiesa Cattolica nel Concilio regionale di Cartagine, conclusosi verso l’anno 400;
- che in tale Canone figurano anche i 7 libri deuterocanonici che solo nel 1500 verranno rifiutati da Lutero ma che furono creduti parola di Dio anche da lui prima dello scisma;
- che la cernita dei libri da ritenere ispirati è stata guidata dalla corrispondenza del contenuto degli scritti con quello della fede predicata oralmente da secoli dalla Chiesa;
- e altro…

Il tutto per mettere il TG di fronte al fatto – sicuramente scioccante per lui! – che lui sta usando come Parola di Dio, un libro che è stato dichiarato tale da una Chiesa che lui crede apostata dalla fede e dominata da Satana (che quindi dovrebbe aver guidato una scelta dei libri inaffidabile essendo il “principe della menzogna”!). Cioè il geovismo si porta avanti irrimediabilmente la contraddizione di accettare il verdetto della Chiesa Cattolica, ritenuto in tal caso infallibilmente pronunciato, per quanto riguarda il libro-Bibbia, mentre non ne accetta ciò che è stato il fattore determinante per la sua compilazione: la comprensione o interpretazione del senso che lo scritto vuole trasmettere; comprensione che la Chiesa ha esposto senza variazioni prima della compilazione e dopo di essa fino ai nostri giorni.
Questo è un punto imbattibile. Anche i cattolici dovrebbero approfondirlo per capire la funzione del loro Magistero (Papa e Vescovi in comunione) come servizio di tutela e di autentica comprensione della Bibbia e non già suo rivale che con i suoi dogmi intenda spodestarla.
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Messaggioda Sandro » dom gen 10, 2010 6:36 pm

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ciclo C (31/1/2010)

Prima Lettura: Geremia 1,4-5.17-19

Nulla da osservare.

Seconda Lettura 1Corinzi: 12,31-13,13
Nulla da osservare. Tutto da meditare e da pregare… in unione affettuosa con chiunque, qualsiasi fede professi, si sforza di essere un trasmettitore di amore per il prossimo.

Vangelo: Luca 4,21-30
Considerato che le Lettura non ci pongono problemi questa settimana, dedichiamo qualche riga a due piccoli rilievi, uno folcloristico e l’altro più serio.
1) Come abbiamo già detto il geovismo vuole distinguersi il più possibile da altri gruppi cristiani e lo fa anche nella versione di vari nomi. In questo brano per esempio non c’è differenza tra versione CEI e NM riguardo ai nomi di Giuseppe, di Naaman il siro, di Elia, di Eliseo, e della città di “Sidone”; mentre troviamo le variazioni nei nomi di Cafàrnao che nella NM diviene Capernàum e della vedova di Zarèpta che diventa di Zarefat.

2) Invece un punto un pochino serio è quello che rileviamo al v 22 ove alcuni dei nazaretani, presenti nella sinagoga, favorevolmente meravigliati dall’insegnamento di Gesù, esclamano “Non è costui il figlio di Giuseppe” (CEI) “Non è questo un figlio di Giuseppe?” (NM) (gr. Ouchì yiòs estìn Iosèph oùtos? Per caso non figlio è di Giuseppe costui?)
La nostra Bibbia quindi – che a detta del CD dei TG è buona così che il proclamatore TG deve dichiararsi lieto di usarla per supportare la dottrina geovista! – dichiara che Gesù è “il” figlio di Giuseppe e la cosa fa pensare ad un unico figlio (reputato tale poiché nessuno sapeva della sua concezione verginale).
La NM al contrario inserisce la parola “un” prima di “figlio”, volendo sottolineare che Gesù sarebbe uno dei vari figli che Maria ha avuto da Giuseppe. Il testo quindi è piegato in favore della dottrina della non perpetua verginità di Maria, che per noi è dogma di fede.
Se si chiede spiegazione al CD di questa loro scelta risponderà che in greco gli articoli indeterminativi non esistono ma sono sottintesi, e pertanto loro qui intendono evidenziarlo (cosa che però non fanno sempre!). Ma si può controbattere che se quello “un” vuole avere davvero valore di articolo indeterminativo, questo era il posto di non evidenziarlo, essendo la sua evidenziazione del tutto superflua. Infatti non c’è differenza di significato tra dire “Non è questo figlio di Giuseppe” e dire “non è questo un figlio di Giuseppe?” Ben diversa invece è la faccenda se si vuole veicolare, quasi in modo subliminale, l’altra domanda, molto utile all’intendimento geovista “non è questo uno dei vari figli di Giuseppe?” In questo modo quell’articolo indeterminativo assumerebbe in italiano la funzione di “numerale” favorendo una versione galeotta. Così, a nostro avviso, avviene nella NM in Giovanni 1,1 ove del Figlio si dice “e la Parola era dio” (NM 1967) e poi, diciannove anni dopo e con maggiore profitto, “e la Parola era un dio”. (NM 1986)
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Messaggioda Sandro » lun gen 11, 2010 4:13 pm

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ciclo C (7/2/2010)

Prima Lettura: Isaia 6,1-2a. 3-8

Nulla da osservare.

Seconda Lettura: 1Corinzi 15,1-11
Troviamo qui, al v 4, un primo accenno al verbo che incontreremo spesso nei racconti futuri della passione, e ne approfittiamo per mettere un punto fermo. Il versetto parla della risurrezione di Gesù, che la CEI rende “è risorto” (gr. egègertai) mentre la NM rende “è stato destato”. Differenza abissale di significato, come si vede, poiché la forma scelta dalla NM indica passività, ricezione della risurrezione, mentre quella scelta dalla CEI può indicare sia una autorisurrezione, sia a una con-risurrezione, ove cioè sia il Padre-Dio che il Figlio-Dio risuscitano l’umanità del Cristo.
Mentre il geovismo è costretto a rendere il verbo egèiro sempre al passivo perché non ritiene che Gesù sia Dio incarnato ma un semplice uomo, nella concezione cattolica si ritiene che Gesù nell’unità della Persona del Figlio, possieda due nature la umana e la divina. Pertanto il cattolicesimo (insieme alla ortodossia e al protestantesimo tutto) ha motivo di parlare di risurrezione in senso attivo. Ovvero, anche quando il verbo sia coniugato al passivo, l’azione passiva, ricevuta, riguarderà soltanto l’umanità del Cristo, mentre la Persona del Figlio di Dio (che, essendo di natura divina, non può né patire né morire) compirà unitamente al Padre e allo Spirito il miracolo di risuscitare la morta umanità del Cristo. Non va dimenticato infatti che Gesù, evidentemente parlando con coscienza divina, disse ai Farisei “Abbattete questo tempio,e in tre giorni lo rialzerò” (Giovanni 2,19 –NM) (gr. egerò, futuro attivo). E il v 21 susseguente precisa che alludeva al tempio del suo corpo. E sia una delle accuse dei giudei davanti a Pilato, sia lo sbeffeggiamento di Gesù in croce confermano che tutti avevano capito che Lui stesso, in prima persona, avrebbe operato la sua autorisurrezione. Una pretesa blasfema, secondo i giudei ostili, ma una verità rivelata, secondo chi ha poi visto Gesù risorto. Se quindi una saggia regola ermeneutica è quella di utilizzare ciò che è chiaro per illuminare lo scuro, e non viceversa, abbiamo che l’interpretazione cattolica di egèiro in senso attivo, è illuminata e coonestata da Giovanni 2,19, oltre che dalla verità circa la incarnazione del Figlio che si dimostra poi possessore delle qualità proprie della natura divina, mentre quella passiva del geovismo no. Essa si appoggia alla negazione della incarnazione, e alla conseguente interpretazione “passiva” di tutti gli atti miracolosi compiuti da Gesù, come se Lui sia stato solo uno strumento di Geova e non abbia agito invece, come ha dichiarato più volte, in prima persona, avocando a sé i poteri divini e rimproverando chi non gli credeva (cf “se non credete a me almeno credete alle opere, esse parlano per me”).

Vangelo: Luca 5,1-11
Al geovismo non piace imitare la cristianità che chiama Gesù “Maestro”, la NM cambia e dice “Insegnante”.
La pace sia con i TG che (v 10) anziché “pescatori di uomini” (CEI) sono costituiti dal geovismo… prenditori di “uomini vivi”.(sic!)
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Messaggioda Sandro » lun gen 11, 2010 4:18 pm

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ciclo C (14/2/2010)

Prima Lettura: Geremia 17,5-8

Nulla da osservare.

Seconda Lettura: 1Corinzi 15,12.16-20
Si noti lo scambio, già segnalato recentemente, di indicare il “risorgere” sempre in modo passivo nella NM.
E aggiungiamo, al riguardo, una importante precisazione. Anche nel caso che – mettendosi nei panni dei TG che devono credere a una risurrezione operata solo dal Padre – si parla di resurrezione di Gesù, la verità è che non va intesa come risurrezione della stessa persona dell’uomo Cristo Gesù il quale, secondo Russell, “è morto, morto per sempre”. Nel geovismo la cosiddetta “risurrezione” di Cristo consiste nella nuova creazione di un soggetto simile in tutto e per tutto al Michele un tempo “sparito dal reame dei cieli”. Cioè non esiste nessun fattore di continuità entitativa tra il morto Gesù storico e il neo arcangelo Michele che Geova avrebbe “destato dai morti”. Il corpo del neo-Michele non è il corpo storico di Gesù di Nazareth, né la sua natura è più umana, essendo costituito di un “corpo spirituale” da intendersi come corpo angelico (equivocamente poi assimilato alla “natura divina”).
La stessa disavventura occorsa a Gesù di non risuscitare mai più, e che - detta con chiarezza e sincerità - suona “annichilazione”, accadrà parimenti, secondo il geovismo, a tutte le persone umane che Geova deciderà di risuscitare durante il millennio del post Armaghedon. Anche queste, come Gesù, finirono nel nulla con la loro morte, e di esse viene risuscitata=ricreata solo una copia conforme, sulla base delle caratteristiche fisico-psichiche che le persone avevano al momento della morte e che sono state memorizzate dalla mente di Geova, definita “la comune tomba del genere umano”.

Vangelo: Luca 6, 17.20-26
Di questo splendido testo, definito delle Beatitudini, avremo modo di fare osservazioni molto importanti quando analizzeremo la redazione di Matteo che suona “Beati i poveri, i miti, i perseguitati ecc…”.
In questa redazione lucana si può cogliere solo al v 23 ciò che Gesù promette a tutti i suoi discepoli dicendo “la vostra ricompensa è grande in cielo” (NM). Gesù cioè esclude le promesse geoviste circa una fantomatica terra paradisiaca (che oltretutto fu scoperta dalla Dirigenza geovista solo dopo 50 anni di scrutamento delle Scritture!). E, come vedremo appunto leggendo Matteo, non è possibile sostenere (come pretende il geovismo) che Gesù, elencando quella serie di “beati” pensasse solo a 144.000 Unti o alludesse a 144.000 unti parlando a gente che non sapeva assolutamente cosa fosse una “unzione” che sarebbe stata inaugurata a Pentecoste, dopo la morte di Gesù, e che alcuni dei seguaci di Gesù – primo fra tutti il buon San Giuseppe – non avrebbero mai goduto.
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Messaggioda Sandro » lun gen 11, 2010 4:20 pm

MERCOLEDI DELLE CENERI – ciclo C (17/2/2010)

Prima Lettura: Gioele 2,12-18

Una “piccola” osservazione, tanto per notare la differenza tra il “Geova” dei TG e il “Dio o Signore” della cristianità. Si noti l’espressione del v 8 che dichiara Dio “pronto a ravvedersi riguardo al male” (CEI) reso dalla NM “e certamente proverà rammarico a causa della calamità”. Ebbene questa espressione per noi è metaforica, giacché Dio è stabile nella sua perfezione assoluta, e in Lui, come dice la Bibbia, “non v’è ombra di cambiamento” (cf Giacomo 1,17). Si tratta quindi di un modo di esprimersi che l’esegesi definisce “antropomorfico” (dal gr. àntropos=uomo e morfè=modo) cioè si parla di Dio alla maniera umana. E’ un modo che dice i sentimenti di amore di Dio verso le sue creature ma insieme sa di non poter esprimere con esattezza come Lui le viva nella sua natura, per noi misteriosa e perciò fa ricorso alla analogia con il sentire umano.
Al contrario nel geovismo, dal momento che si rifiuta il concetto di “mistero”, non solo vige la regola, generalmente seguita, del letteralismo fondamentalista nella interpretazione, ma anche quella della forzata semplificazione e umanizzazione dell’Altissimo. Quindi abbiamo che Geova prova veri e propri sentimenti, di gioia, dolore, ira, compassione etc…* E così cambia anche parere, perché non è che ha previsto tutto ab aeterno, e perfino studia storicamente il comportamento umano per conoscere meglio la sua creatura.
Sono differenze assai gravi che, a nostro avviso, sovvertono completamente la Bibbia laddove essa dice che l’uomo fu fatto “ad immagine di Dio”, presentandoci invece un Dio fatto “ad immagine dell’uomo”.
________________________________
* Un testo della Torre di Guardia, rivolgendosi ai giovani, risponde affermativamente alla domanda se noi possiamo rallegrare o realmente “far stare male Geova”.


Seconda Lettura: 2Corinzi 5,20-6,2
Nulla da osservare.

Vangelo: Matteo 6,1-6.16-18
Nulla da dire salvo il notare che al v 1 Gesù parla di “ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli”, il che – ma lo abbiamo già incontrato – mal si concilia se il discorso viene fatto – come è stato fatto poiché è agli inizi della vita pubblica di Gesù – a persone che non sapevano nulla dell’unzione nello spirito che era di là da venire e che sola, apre per 144.000, TG la porta del regno dei cieli.
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Messaggioda Sandro » dom feb 14, 2010 4:05 pm

I DOMENICA DI QUARESIMA – ciclo C (21/2/2010)

Prima Lettura: Deuteronomio 26,4-10

Nulla da osservare.

Seconda Lettura: Romani 10,8-13
In questo brano vanno rilevati i disperati tentativi del CD per riparare una traduzione fatta bene in passato (nella NM del 1967) e ora riveduta e scorretta (NMrif 1987) per non far dire più alla Bibbia ciò che, stando al greco originale dice, e cioè che Gesù ha la stessa dignità di Geova, è Kyrios=Signore come Lui.
Si prenda il v. 9 CEI che dice “Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.” Anche la NM del 1967 traduce qui “Gesù è il Signore” e lo stesso fa in Filippesi 2,11 che dice “e ogni lingua confessi apertamente che Gesù Cristo è il Signore alla gloria di Dio Padre”. Senonché in seguito il CD dev’essersi accorto che questo versetto non faceva che ricalcare Isaia 45,23 ove è Geova che parla e dice “…… a me si piegherà ogni ginocchio, giurerà ogni lingua” (NM ‘67) e che in Filippesi 2,10, cioè un versetto prima di quello appena citato, si dice “onde nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio …” ; in nome di Gesù e non di Geova! Insomma sembra proprio che lingue e ginocchi debbano comportarsi davanti al Figlio come davanti a Geova. Il che, insieme al fatto che la NM ’67 a pag. 1389, riguardo all’articolo determinativo ebraico "ha" quando questo precede "Adon"=Signore, fa notare che “Sebbene ci siano molti signori o padroni, questo porre l’articolo determinativo davanti al titolo adon [e quindi dicendo ha-Adon] limita l’applicazione del titolo a Geova Dio.”. In altre parole si viene a dire che Gesù ha la stessa dignità del Padre, cioè è Dio alla pari di Lui. Eppure, nonostante sapesse questo, il CD nella stessa NM del 1967 ha tradotto come abbiamo visto in ben due punti “il Signore” riferendosi a Gesù!

A riparare tanto disastro c’era un solo, semplicissimo, rimedio: eliminare l’articolo “il” davanti a Signore nelle successive traduzioni senza darne spiegazione. Ed è ciò che è stato fatto sia nella NM del 1986, che oltre le due colonne di testo ha aggiunto una colonnina centrale con riferimenti a passi paralleli, sia nella NMrif dell'87 che stiamo seguendo di regola in questo nostro commento; questa Bibbia, oltre alla colonnina centrale, contiene anche delle note in calce.
Naturalmente la cosa doveva essere ben inculcata e perciò, nonostante il brano parli chiaramente sempre di Gesù-Signore (tanto è vero che gli è stato tolto l’articolo per specificare che quel Signore non è Geova!), al v. 13 di questo brano troviamo scritto “Poiché chiunque invoca il nome di Geova sarà salvato.” Sì, abbiamo letto bene; dice “Geova” nonostante che nell’originale greco ci sia “kyrios” esattamente come al versetto 9.

Vangelo: Luca 4,1-13
Riguardo a questo famoso brano delle tentazioni il geovismo sembra molto interessato a sottolineare che Satana è il principe e il dio di questo mondo, il legittimo proprietario della terra e di quanto contiene. E ritiene di poter ricavare questa convinzione osservando semplicemente: “Come avrebbe potuto Satana offrire a Gesù tutti i regni del mondo se non fossero stati in suo potere?” (didascalia a pag 30 di “Cosa insegna realmente la Bibbia?” Ed. 2005) Ventitré anni prima si legge la stessa cosa sul libro geovista “Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca” (Ed. 1982, p. 16-17) che ci documenta come l’idea non sia cambiata, nonostante 23 anni di confutazione di essa da parte della “cristianità”. Ecco cosa vi leggiamo «Tutti quei governi terreni appartenevano veramente al Diavolo? Sì, perché altrimenti come avrebbe potuto offrirli a Gesù? Gesù non negò che fossero di Satana, cosa che avrebbe fatto se non fossero stati suoi.»
Noi cattolici ovviamente abbiamo una interpretazione diversa dell’avvenimento e del come. Primo: Satana, da bravo “principe della menzogna” ovvero bugiardo matricolato, promise ciò che non era suo (come fece Totò vendendo la fontana di Trevi); secondo: Gesù non smentì la pretesa di possesso avanzata da Satana semplicemente perché era ridicola, ovvero da non prendere neanche in considerazione.*
________________________________________
* Ma Carnevale è appena passato e perciò, stando al gioco, potremmo anche chiedere a Satana cosa gli sarebbe rimasto da offrire ad altre persone, per tentarle, se Gesù avesse accettato l'offerta privandolo di ogni suo avere?
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Messaggioda Sandro » ven feb 26, 2010 9:08 pm

II DOMENICA DI QUARESIMA – ciclo C (28/2/2010)

Prima Lettura: Genesi 15,5-12.17-18

Nulla da osservare

Seconda Lettura: Filippesi 3,17-4,1
Notiamo di sfuggita alcune diversità minori per appuntare l’attenzione sulla più importante.

“Molti si comportano da nemici della croce di Cristo” (CEI) diventa “ nemici del palo di tortura” (NM) perché la croce di Gesù, venerata per oltre mezzo secolo presso i TG - e portata con orgoglio come spilla dentro una corona di alloro sul bavero della giacca - verso gli anni ’30, sotto il presidente Rutherford che precedentemente diceva di gloriarsene (cf L’arpa di Dio, p. 143) si trasformò in “palo di tortura”. Evidentemente il segno di croce ricordava troppo da vicino sia la Trinità che l’incarnazione del Figlio, verità di fede entrambe rifiutate dal geovismo.

Persone di cui la NM può notare che “il loro dio è il ventre” (v. 19) a parer nostro forniscono la risposta alla pretesa geovista che la Bibbia sostenga davvero che “ci sono molti dèi e molti signori”. La verità è, come ci fa capire S. Paolo, che alcuni illusi si rendono schiavi delle loro passioni (in questo caso della gola e dell’avidità in genere) al punto da vivere in funzione di esse, erigendole a fine del proprio esistere, ovvero trattandole da divinità. E’ ben evidente che si tratta di pretese divinità, perché autocostruite e non di prova che esistano “molti dèi e signori” reali, ai quali accomunare nientemeno che il Signore Gesù, ridotto a un signore tra i tanti, e di fare realmente di Satana “il dio di questo mondo”, come il geovismo intende alla lettera. Anche per esso il significato sarà che ci sono delle persone che lo erigono a proprio “dio” e non che lui lo sia davvero.

Altra cosa da notare, e che non si immaginerebbe, sta nel fatto che Paolo dicendo “In quanto a noi, la nostra cittadinanza esiste nei cieli…” (v 20 – NM) secondo il CD non intenderebbe parlare di ogni cristiano, presente o futuro seguace di Gesù in qualsiasi momento della storia e punto geografico. No, egli intenderebbe riferirsi solo ai 144.000 Unti, gli unici ad essere eletti da Geova come suoi figli adottivi e a poter aspirare perciò al Regno/Reame dei cieli. E non facendo alcuna distinzione nelle sue lettere tra Unti e Altre pecore, Paolo voleva significare che nel primo secolo tutti i seguaci di Gesù erano Unti.

Infine si deve sapere che Paolo, e gli altri Unti,- sempre secondo il geovismo - non si aspettavano (e non si aspettano, giacché ve n’è ancora un rimanente dei 144.000 in vita) di andare in cielo con il proprio corpo fisico trasformato. Credono di entrarvi dotati di un nuovo corpo di tipo angelico. Il che costringe il CD a interpretare quel “nostro corpo umiliato” non come corpo fisico ma come allusivo alla categoria dei cristiani Unti; un po’ come si direbbe il corpo degli studenti, dei vigili urbani, degli alpini etc…

Ma veniamo al punto più grave. Secondo la dottrina geovista Gesù risorto non sarebbe Gesù di Nazareth che “è morto, morto per sempre” (così scrisse Russell), ma solo Michele arcangelo redivivo, anzi, ad essere esatti, una copia identica a quella di Michele Arcangelo che trentatré anni prima “sparì dal reame dei cieli” per far sì che la propria forza vitale angelica (si badi bene: impersonale!) venisse trasformata da Geova in forza vitale umana e “trasferita nel grembo di una vergine ebrea di nome Maria” per far venire al mondo “l’uomo Cristo Gesù”.
Ebbene, a nostro avviso, questa teoria contraddice la Bibbia che chiarisce (v. 21) come il Signore Gesù Cristo, alla risurrezione dei corpi, “rimodellerà il nostro corpo umiliato affinché sia conforme al suo corpo glorioso”. Espressione questa che fa pensare proprio al corpo fisico di Gesù reso glorioso dalla risurrezione, giacché Gesù non aveva un corpo collettivo, e perciò si deve dedurne che anche il corpo fisico dei cristiani avrà la stessa sorte di quello di Gesù, se muoiono uniti al Signore (in grazia di Dio insomma).
E nonostante tutte queste alchimie il CD ha l’ardire di far dichiarare ai suoi TG che loro “leggono” la Bibbia, non la “interpretano”!

Vangelo: Luca 9,28b-36
Tanto per continuare a confutare la dichiarazione che i TG non interpretano ma leggono, abbiamo che in questo brano della trasfigurazione il CD sostiene che Mosé ed Elia non erano veri. Sarebbero stati fenomeni di visione perché – si fa notare – che i discepoli che li videro “erano aggravati dal sonno” (v 32- NM) eppure al v 30 la Bibbia dice che “erano Mosé ed Elia” , non dice che sembravano o avevano l’aspetto, ma erano! E subito dopo, nello stesso versetto 32 c’è scritto, sempre nella NM, che “quando si furono svegliati completamente, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui”, da svegli quindi e non assonnati. Allora la domanda, anzi le domande, nascono spontanee: la prima, quando è che dobbiamo credere al CD dei TG? Quando dice che loro non interpretano la Bibbia o quando coi fatti smentiscono questa dichiarazione? La seconda, perché ora interpretano e ora leggono le cose così come stanno? Non si pecca così facendo contro la Bibbia che comanda di non usare doppio peso e doppia misura? (cf Proverbi 20,10)
Naturalmente esiste una dietrologia per questo modo di fare. E consiste nella difesa della tesi che Mosé ed Elia non potevano stare “nella gloria di Dio”, o “nel seno di Abramo”, o “nel luogo del mio riposo” ove Dio dice che si trovano i giusti defunti. Non potevano starci a doppio titolo: sia perché non erano unti (l’unzione sarebbe iniziata alla Pentecoste e Mose ed Elia sono destinati a risorgere come prìncipi in carne ed ossa sulla terra paradisiaca); sia perché alla morte le persone finiscono nel nulla e restano nullificate finché Geova non le risuscita.*
__________________________________________________
* Cosa che, come abbiamo notato e noteremo sempre perché gravissima, non avverrà mai, perché dopo Armaghedon Geova non risusciterà realmente le stesse persone che un tempo vissero ma ne riprodurrà soltanto copie simili. Di esse non gli è rimasta che la composizione da lui memorizzata e non un qualcosa da ri-suscitare. Per aiutare il TG a capire la validità della nostra contestazione e la differenza tra la vera risurrezione (che comporta il rimanere di qualcosa del soggetto, e nel cattolicesimo è l'anima perché viene risuscitato solo il corpo) e questa sorta di ricreazione geovista impropriamente detta risurrezione, si chieda: Geova,volendo, potrebbe con i dati memorizzati creare due copie di ciò che ha memorizzato? La risposta non può essere che “sì”. Ebbene se lo facesse quale dei due individui sarebbe il defunto vissuto prima di Armaghedon?
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Re: GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C

Messaggioda francocoladarci » lun mar 01, 2010 7:23 pm

Grazie Sandro, una esposizione profonda ed esaustiva, di cui possiamo attingere per incrementare la nostra conoscenza.
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Messaggioda Sandro » mer mar 03, 2010 12:41 pm

III DOMENICA DI QUARESIMA – ciclo C (7/3/2010)

Prima Lettura: Esodo 3,1-8a.13-15

Questa lettura mette sul tappeto il famoso problema del nome di Dio, adoperato dai TG come specifica denominazione del loro movimento nella forma di “Geova”. Faremo così, offriremo la versione della NM a confronto con quella della CEI, e, tra le tantissime osservazioni che si possono fare sull’argomento, restringeremo il problema al nocciolo del discorso.

Mosé, dunque, che da ex egiziano era abituato a credere in molte divinità, ciascuna con un suo nome, richiede a Dio di fargli conoscere il suo nome, cioè la sua personalità.
La NM dice: «14 A ciò Dio disse a Mosé: “IO MOSTRERO’ D’ESSERE CIO’ CHE MOSTRERO’ D’ESSERE”. E aggiunse “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘IO MOSTRERO’ D’ESSERE mi ha mandato a voi.» 15 Quindi Dio disse ancora una volta a Mosé: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Geova l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione.”»
La CEI invece dice: «14 Dio disse a Mosé: “Io sono colui che sono!” E aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. 15 Dio disse ancora a Mosé: “Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.»
Il problema del cosiddetto “nome”, reso con “Geova” nella NM e con “Signore” nella CEI, si spiega in questo modo. Si tratta di quattro consonanti (dette “sacro tetragramma”) che, traslitterate dall’alfabeto ebraico al nostro, vengono rese così YHWH. Esse, in quanto consonanti, non sono pronunciabili. Potevano però pronunciarle gli ebrei che, abituati alla loro scrittura priva di vocali le mettevano spontaneamente. Ma sin dall’epoca dell’esilio tra il popolo ebreo invalse l’uso di non pronunciare questo nome di Dio (forse per timore di “pronunciarlo invano”, cosa proibita dal secondo comandamento) ma di sostituirlo o con Adonah o Adonay (Signore, Signore mio) o con Elohim (Dio). Ne abbiamo l’attestato dalla versione greca dei LXX che pone Kyrios (Signore) al posto del sacro tetragramma e dal testo masoretico che ha vocalizzato le quattro consonanti non con le sue precise vocali ma con quelle di Adonah e di Elohim, per ricordare al lettore di fare la sostituzione quando incontrava il nome “impronunciabile”.
La dirigenza dei TG sa e scrive esattamente queste stesse cose da noi affermate. Cioè essa sa che le vocali a-o-a o meglio e-o-a (la prima a diventò e per ragioni grammaticali) sono le vocali di A/EdOnAY e quindi la loro fusione nel tetragramma che lo fa pronunciare YeHoWaH (italianizzato in “Geova”) non è corretta. Però insiste perché è “universalmente conosciuta” e perché serve ad identificare gli appartenenti al movimento. Nulla da dire per la seconda motivazione. Però non è accettabile che la Watchtower equipari la sua pronuncia a quella ormai filologicamente e scientificamente più esatta in uso che è Yahweh, sostenendo che sono entrambe incerte. La verità è che, mentre la pronuncia Yahweh è con buona probabilità esatta, giacché ha al suo attivo varie ragioni; la pronuncia Geova è certamente sbagliata essendo frutto di una mescolanza di consonanti di una parola con le vocali di un’altra. Non è da trascurare, a riprova, il fatto che il termine Geova non abbia alcun significato in ebraico e che gli attuali ebrei si rifiutano di pronunciare il nome divino nella forma Yahweh.

Seconda Lettura: 1Corinzi 10,1-6.10-12
L’espressione metaforica paolina che suona “… e quella roccia era il Cristo” (v. 4) viene tradotta dalla NM “e quel masso di roccia significava il Cristo”. E’ evidente che non abbiamo nulla da eccepire circa tale precisazione. Meno accettabile invece sarà la sua strumentalizzazione, segnata in calce nella NMrif che nota «O, “era”. Vedi nt. A Mt 26:26.» Cioè il CD sosterrà che il testo originale usa il verbo essere sia in questo passo che in quello di Matteo ove Gesù parla del suo corpo e sangue, e poiché nel presente passo è pacifico che si intenda metaforicamente l’essere di Cristo come roccia, sarà legittimo anche là intendere metaforicamente il discorso sull’essere corpo e sangue del pane e del vino. Tale parallelismo autorizzerebbe non solo il geovismo ad usare “significa” al posto di “è” ma anche a contestare il senso realistico, inteso dal cattolicesimo, della presenza di Cristo come vero corpo e vero sangue sotto le specie consacrate. Avremo modo di parlarne analizzando il racconto della Passione durante la settimana santa.

Vangelo: Luca 13,1-9
Anche in questo brano è dato ritrovare un punto (e, a ben vedere, due) che sarà strumentalizzato dal CD per sostenere qualcosa che è insostenibile. La preannunciamo. Si tratta del passo di Colossesi 1,16-20 ove S. Paolo sostiene che il Figlio di Dio viene “prima” di ogni cosa creata; concetto ripreso e ribadito dal nostro Credo ove si dice “generato, non creato”. Ebbene, nell’intento di negare sia la divinità che l’eternità del Figlio, in quell’occasione il CD dei TG si spinge ad aggiungere nel testo di Colossesi l’aggettivo “altre” giustificandolo anche con il presente passo ove leggiamo (v 2) “peggiori di tutti gli altri galilei” e (v 4) “più grandi di tutti gli altri uomini che abitavano a Gerusalemme”. Una giustificazione, come vedremo, puntellata anche ricorrendo al altri versetti (come Lc 11,41-42) ma inconsistente.
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Re: GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C

Messaggioda catechista » mer mar 03, 2010 1:59 pm

Seguo con molto interesse questa esposizione da tempo. Avrei qualche domanda da fare.
A proposito di parole aggiunte, cosa si può rispondere a un testimone di Geova che scusa la sua Bibbia facendo notare che anche nella Bibbia in lingua corrente ci sono parole aggiunte?
E per quanto riguarda la parola "altre" aggiunta nei versetti di Colossesi 1, 15 e seguenti, che rispondere se dicono che nella loro Bibbia ci sono moltissime volte queste piccole aggiunte ma nessuno se ne è mai lamentato, nemmeno il GRIS che invece sembra impuntarsi esageratamente su Colossesi?
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Re: GEOVA A MESSA, Anno Liturgico 2009-2010 Ciclo C

Messaggioda Sandro » gio mar 04, 2010 11:43 pm

catechista ha scritto:Seguo con molto interesse questa esposizione da tempo. Avrei qualche domanda da fare.
A proposito di parole aggiunte, cosa si può rispondere a un testimone di Geova che scusa la sua Bibbia facendo notare che anche nella Bibbia in lingua corrente ci sono parole aggiunte?
E per quanto riguarda la parola "altre" aggiunta nei versetti di Colossesi 1, 15 e seguenti, che rispondere se dicono che nella loro Bibbia ci sono moltissime volte queste piccole aggiunte ma nessuno se ne è mai lamentato, nemmeno il GRIS che invece sembra impuntarsi esageratamente su Colossesi?


Alla prima domanda rispondere - riservandosi poi di dimostrarlo con vari esempi! - che le recriminazioni del GRIS (ma non siamo certo i soli a farle perché ne vengono anche dai fratelli Ortodossi e dai Protestanti) non riguardano le parole meccanicamente considerate; che in tal caso dovremmo protestare su tutte, mentre molte di loro sono innocenti. Riguarda solo le aggiunte "galeotte" quelle che modificano il senso del testo sacro. Ma non ci risulta che questo accada nella Bibbia in lingua corrente.
Se per esempio, leggendo il brano del Vangelo della prima Domenica di quaresima, laddove il Vangelo di Luca, cap. 4 dice "8... a lui solo devi rendere sacro servizio. 9 Ora lo condusse in Gerusalemme..." (NM) se, dico, all'inizio del versetto 9 la NM avesse aggiunto [allora il Diavolo] nessuno di noi avrebbe protestato, anche se sull'originale questo non c'è. E' ben evidente che si tratta sempre del diavolo quale soggetto agente e quindi quella aggiunta (che comunque andrebbe messa tra parentesi quadre per indicare che non è nell'originale) non deforma affatto il senso delle cose. La differenza insomma denunciata dal GRIS contro la NM non è di tipo burocratico o formale ma nella sostanza.
E forse non andiamo lontano dal vero nell'ipotizzare che la WT ha infiorato tutta la sua Bibbia di parole aggiunte tra parentesi quadre di tipo "innnocente" cioè effettivamente atte a rendere fluido e più chiaro il testo, proprio per nascondere tra loro le aggiunte galeotte, ingannando i suoi adepti per primi che, fiduciosi, penseranno che hanno la stessa valenza delle prime, mentre non è affatto così.
E non ti dico la gravità che riveste il discorso quando poi (come è nel caso di Colossesi) nel momento che si cita quel passo, le parentesi quadre che sono presenti nella NM vengono tolte facendo credere che sia proprio il testo biblico a dire che Gesù è una tra le altre cose!

Alla seconda si può rispondere che l'insistenza da noi riservata a Colossesi (ma anche ad altri passi analoghi) dipende dalla valenza del danno che si crea con tali aggiunte deformanti. Di per sé ogni deformazione meriterebbe di essere denunciata. Ma è evidente che se ce ne sono di quelle contro la divinità di Cristo esse saranno più gravi di altre. E Colossesi è proprio una di queste, anche perché la stessa dirigenza geovista ha sottolineato che, citando il passo con l'aggiunta di "altre", "viene così indicato che anch'egli (Gesù) è un essere creato, parte della creazione di Dio" (Ragioniamo pag. 406. Capito? Quello "altre" messo prima di "cose" modifica talmente il senso della Bibbia che diceva "egli è prima di tutte le cose" facendo diventare il Figlio di Dio una cosa tra le altre, cioè una creatura. Ma è un discorso che riprenderemo...
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Messaggioda Sandro » ven mar 05, 2010 10:35 am

IV DOMENICA DI QUARESIMA – ciclo C (14/3/2010)

Prima Lettura: Giosuè 5,9a.10-12

Il versetto 10 dice che i figli d’Israele “… tenevano la pasqua nelle pianure desertiche di Gerico”. La Pasqua, stando alla Bibbia, fu una celebrazione religiosa iniziata con l’Esodo dall’Egitto e continuata fino al tempo di Gesù che non la abolì ma, sostituendosi all’agnello sacrificale, ne cambiò la valenza redentiva facendone il patto della nuova alleanza e il mezzo di unione profonda e di santificazione tra Sé e i suoi discepoli. Come fa il CD dei TG a dire che i TG seguono la Bibbia e sono cristiani se sostiene che la Pasqua è di origine pagana e perciò imparentata con i demoni? Non è uno dei misteri di una religione che aborrisce ogni mistero. E’ solo una delle trovate studiate per attaccare bottone meravigliando e proponendosi come “spiegatori” della stranezza; cioè null’altro che annunciatori del messaggio geovista, penetrando nella cittadella della fede altrui attraverso un pertugio anziché dalla porta.
Poi spiegheranno che la festa di Pasqua esisteva già nel paganesimo. Ma questo non ha senso, perché anche se fosse, sta di fatto che Gesù ne ha cambiato significato e l'ha assunta come celebrazione della sua Pasqua e realizzazione della nuova alleanza. Analogamente si comporta la Chiesa con i resti dei monumenti pagani, perfino se erano templi; li "ribattezza" cambiando loro finalità e li adopera per abbellire il culto del vero Dio.
La dietrologia che c'è nel "geovapensiero" è quella di credere che Satana e demoni vari si incarnano nelle cose infettandole. Noi pensiamo al contrario che l'unica "infezione" che disgusta il Signore è il peccato; e questo non esiste né nelle cose, né nelle piante, né negli animali. Gesù lo disse chiaramente: "E' dal cuore dell'uomo che vengono...". (Mc 7,21)

Seconda Lettura: 2Corinzi 5,17-21
Da notare solo la meticolosità con cui il CD cura di evitare, sostituendola e annacquandola con espressioni che vuol far passare per equivalenti, l’insistenza di S. Paolo che, in coerenza con la sua similitudine di sentirsi tutti membra del Corpo di Cristo, costella le sue lettere con la raccomandazione dell’essere IN CRISTO. Ad es, in questo passo abbiamo che la CEI traduce, con certosina fedeltà al greco “17 se uno è in Cristo [gr. en Christò] è una nuova creatura… 19 riconciliava a sé il mondo in Cristo [en Christò]… 21 perché in lui [en autò] potessimo diventare giustizia di Dio”. E invece la NM “17 se qualcuno è unito a Cristo… 19 riconciliava con sé un mondo mediante Cristo…21 affinché divenissimo giustizia di Dio mediante lui”.

Vangelo: Luca 15,1-3.11-32
Nessuna osservazione alla NM geovista su questo brano. Ma solo la raccomandazione al fratello cattolico dialogante di guardarsi bene dall’imitare l’atteggiamento del fratello maggiore della parabola di fronte a fratelli che, sedotti dal geovismo, hanno sperperato il loro patrimonio di grazia, ma che il Padre ama comunque teneramente e rivuole abbracciare nella sua-nostra-loro casa.
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Messaggioda Sandro » ven mar 05, 2010 10:43 am

V DOMENICA DI QUARESIMA – ciclo C (21/3/2010)

Prima Lettura: Isaia 43,16-21

Nessuna osservazione

Seconda Lettura:Filippesi 3,8-14
Anche in questo brano abbiamo gli “in Cristo”, caratteristici di Paolo, incontrati domenica scorsa, al versetto 9a “in lui” e al versetto 14 “in Cristo”, ridotti nella NM con “unito a lui” (v 9a) e “mediante Cristo Gesù” (v 14).
Una osservazione interessante va fatta circa la versione del versetto 11 che la CEI rende“nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” e che nella NM suona “[per vedere] se in qualche modo io possa conseguire la risurrezione dai morti [che ha luogo] più presto”. Questa risurrezione dai morti che avrebbe luogo “più presto” di un’altra risurrezione che avverrà più tardi, nella dottrina geovista è la risurrezione degli Unti che sarebbe avvenuta nel 1918; prima cioè di quella delle “Altre pecore” che avverrà nel millennio del dopo Armaghedon. Questo ritocco-con-aggiunta alla Bibbia si è reso necessario da quando – esattamente dal 1935 – la dirigenza geovista ha elaborato (lei dice "capito dalla Bibbia") che non c’è solo un Reame dei cieli ma anche una terra paradisiaca. Si sarebbe capito che, oltre ai 144.000 Unti destinati al cielo e ai quali era riservata la salvezza, ci sono anche milioni di TG non unti, definiti “altre pecore” e “grande folla” che aspirano alla salvezza, non andando in cielo ma restando sulla terra. La domanda ovvia da fare al TG è come mai una cosa del genere che riguarda milioni di creature del buon Dio è stata scoperta solo dopo 50 anni di geovismo; e come mai, visto che la WT dice di “trasmettere letteralmente senza interpretare” la dottrina che riceve dalla suprema sede celeste, come mai per 50 anni Geova non ha comunicato chiaramente tale messaggio “ai suoi servitori”, ma ha lasciato che si creassero drammi interiori di persone che aspiravano al cielo e ne venivano escluse, mentre altri aspiravano alla terra ma erano costretti a sentirsi compresi nella categoria degli Unti.

Vangelo: Giovanni 8,1-11
Riguardo a questi versetti una nota in calce alla versione CEI dice: “Il brano dei vv. 1-8 manca nella maggior parte dei manoscritti greci e delle versioni antiche; nella Chiesa è conosciuto fin dal II sec. Il testo è divinamente ispirato, ma probabilmente non è di Gv; lo stile lo accosta a Lc, nel cui vangelo (a 21,38) lo inseriscono un gruppo di manoscritti.”
Nella NM abbiamo questo trattamento: il Capitolo 8 inizia con il versetto 12. Fuori del testo sacro, in calce, vengono riportati i versetti in questione, notando che essi sono omessi dai codici Sinaitico, Vaticano, e Siriaco sinaitico, ma riportati in vari testi greci e versioni.
Dal momento che in questi versetti, che narrano l’episodio dell’adultera che i giudei volevano lapidare e che Gesù invece salva e perdona, non ci sono punti che supportano una divergenza dottrinale, si potrebbero fare al TG domande di questo tipo:
1- Perché la NM, ritenendoli non autentici, non li ha esclusi ignorandoli del tutto?
2- Chi è che ha stabilito che se un brano non è presente in quei tre codici, ma lo è in molti altri, deve essere considerato non autentico?
3- L’opzione dell’esclusione, scelta dalla vostra dirigenza, è stata fatta con un atto infallibile?
4- Come vi comportate con chi volesse che gli spiegaste questo brano biblico avendogli premesso che la sua Bibbia va bene, senza avergli almeno detto “salvo qualche punto”?
5- Perché Geova che, a detta vostra, ha preservato l’integrità della sua parola, non ha provveduto a far eliminare questi versetti?
6- Infine, dato che, anche se messi in calce, nella NM ci sono, vanno letti e studiati come Parola di Dio o sono solo parola dell’uomo da ignorare senza neanche leggerli? E se è così perché mai ce li avete messi? Se invece si tratta di parola dell’uomo ma utile comunque alla conoscenza biblica, perché non possiamo utilizzare allo stesso modo vari commentari biblici come fa la Chiesa Cattolica nelle note in calce al testo biblico delle sue Bibbie?
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Messaggioda Sandro » ven mar 05, 2010 11:01 am

DOMENICA DELLE PALME – ciclo C (28/3/2010)

Vangelo prima della processione: Luca 19,28-40

Il brano non permette di analizzare il perché del disappunto dei farisei che chiedono a Gesù di rimproverare prima i discepoli e poi i fanciulli nel tempio perché dicevano (v 38) “Benedetto colui che viene come Re nel nome di Geova” (NM). Il fatto è , come vedremo nel vangelo di Matteo che si legge nel ciclo A, che cantavano anche “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!” (CEI) In sintesi tributavano lode e onore a Gesù usando le espressioni che i Salmi 8 e 117 indirizzavano a Dio. Di qui la riprovazione dei farisei e l'approvazione di Gesù che disse "... se questi taceranno grideranno le pietre" (CEI)

Prima Lettura: ciclo ABC, Isaia 50,4-7
Nel brano il Servo di Javeh testimonia la sua fedeltà contro la persecuzione. Se ne può trarre onestamente l’elogio per i TG che sono e furono perseguitati a motivo delle loro convinzioni religiose ma non rinnegarono la loro fede. E anche accettare, se il TG, ce lo chiedesse, di vedere con ammirazione il filmato realizzato dalla WT in relazione alla persecuzione nazista, durante la quale molti TG restarono “saldi” nella loro fede. Il che comunque non è un motivo di verità di essa perché, come giustamente osservò Nietzsche (cito a senso) “il fatto che uno testimoni la sua fede con coerenza dimostra solo che egli crede davvero a ciò che dice, ma non che è vero ciò a cui crede”. Ovvero la fede deve avere altre ragioni per proporsi come ragionevole che non la sola testimonianza di chi si lascia uccidere per essa; cosa che fanno anche persone dalle fedi più disparate. In sostanza essa dovrà poggiarsi su una robusta dimostrazione sia dell'esistenza di Dio che della sua rivelazione nella storia. Sono i cosiddetti "praeambula fidei" (di valenza razionale) che la Chiesa fa premettere alla teologia della rivelazione ( che ha valenza di fede).

Seconda Lettura: ciclo ABC, Filippesi 2,6-11
Una lettura sinottica, CEI ed NM, fatta riga per riga ci permetterà di rilevare le grandi differenze di questo brano che, secondo la fede cattolica, attesta la divinità della Persona del Figlio di Dio, contemplandolo sia prima della sua incarnazione che dopo; e che per tale motivo è stato reinterpretato e riscritto diversamente nella NM geovista.
CEI – 6 Cristo Gesù, pur essendo di natura divina,
NM – 6 Cristo Gesù, benché esistesse nella forma di Dio
CEI - non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
NM - non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio.
CEI - 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
NM – 7 No, ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo,
CEI - e divenendo simile agli uomini;
NM - divenendo simile agli uomini.
CEI - 8 apparso in forma umana, umiliò se stesso
NM – 8 per di più, quando si trovò in figura d’uomo, umiliò se stesso
CEI - facendosi obbediente fino alla morte
NM – e divenne ubbidiente fino alla morte,
CEI - e alla morte di croce.
NM – sì, la morte su un palo di tortura.
CEI – 9 Per questo Dio l’ha esaltato
NM – 9 E per questa stessa ragione Dio lo ha esaltato a una posizione superiore
CEI - e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;
NM – e gli ha benignamente dato il nome che è al di sopra di ogni [altro] nome,
CEI – 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
NM – 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio
CEI - nei cieli, sulla terra e sotto terra;
NM – di quelli che sono in cielo e di quelli che sono sulla terra e di quelli che sono sotto il suolo,
CEI – 11 e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore,
NM – 11 e ogni lingua confessi apertamente che Gesù Cristo è Signore
CEI - a gloria di Dio Padre.
NM – alla gloria di Dio Padre.
Del “palo di tortura” parleremo più avanti.
Notiamo la contraddizione, e la conseguente forzatura che cerca di piegare il testo alla propria interpretazione, nel versetto 6 ove la NM ammette che Gesù “esisteva” nella forma di Dio, e subito dopo dice che rifuggì dal desiderare di “rapinare” quella forma, come se non l’avesse.
Quanto a Gesù, definito al v 11 “il Signore” nella NM del 1967, e qui strategicamente privato dell’articolo, abbiamo già detto (cf I Domenica di Quaresima, Seconda Lettura).
Una cosa che non dovrebbe sfuggire è al v 9 ove questa NMrif recita “di ogni [altro] nome” mentre la NM 1967 dice “d’ogni altro nome” cioè senza l’aggettivo “altro” tra parentesi quadre. Non è una cosa da poco! Anche perché la versione CEI usa quell’aggettivo senza problemi. Per quale motivo la NMrif, che lo ha usato nel ’67 come testo sacro, ora lo pone “pudicamente” tra parentesi indicando così che non è parola di Dio? Forse non si va lontano dal vero ipotizzando che la manovra del CD serve solo a ingarbugliare la matassa laddove la NM ua l’aggettivo “altre” in Colossesi 1.16-20, rendendo complicato al “bereano” lettore della Bibbia geovista il compito di dipanare il rebus se si tratta di un aggettivo lecito, cioè implicitamente contenuto nel testo, o “galeotto”, cioè aggiunto per modificare il senso del testo sacro. Questa cosa avremo modo di trattarla approfonditamente.

E se il TG ci accusasse per questo di essere pignoli, gli faremo leggere i seguenti due testi che il suo CD si è premurato di porre a pag. 7 della NMrif, cioè proprio all’inizio della sua Bibbia, come avvertenze di cui fare gran conto.
«E’ evidente che anche una cosa apparentemente insignificante come l’uso o l’omissione di una virgola o di un articolo determinativo o indeterminativo può a volte alterare il significato corretto del passo originale.» (prima colonna)

«PARENTESI QUADRE: Le parentesi quadre singole [ ] racchiudono parole inserite per completare il senso del testo italiano.» (seconda colonna)

(continua)
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Messaggioda Sandro » ven mar 26, 2010 7:43 pm

(seguito della Domenica delle Palme)

Vangelo: Luca 22,14-23,56 (testo della passione)
Avvertenza: per afferrare come il geovismo insinua la deformazionedella Bibbia in modo sottile si richiede che il seguente esame critico sia letto con molta calma e attenzione.

Come negli altri sinottici, e in Paolo, le parole di Gesù sul pane e sul vino, noi le riteniamo consacratorie, cioè causanti la presenza reale del corpo e sangue del Signore sotto le specie del pane e del vino. Nel geovismo, invece, sono interpretate in senso simbolico, e con una determinazione tale da spingere la WT a tradurre male il testo che dice “questo è [gr. estìn] il mio corpo” (CEI). Nella versione geovista infatti abbiamo: “questo significa il mio corpo… questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue…” (vv 19-20).
La nota in calce a questo versetto, nella NMrif, mostra che il CD dei TG sa benissimo che il testo originale usa il verbo essere, ma cerca di farlo passare come equivalente a significare, infatti dice: «O, “è”, nel senso di significare, valere, rappresentare. Vedi nt. A Mt 26:26». Si noti: hanno scritto “o” come se fosse la stessa cosa.
Se poi andiamo a vedere la nota al testo di Matteo 26,26 a cui questa nota di Luca rimanda, troviamo che questa ribadisce il senso simbolico di estìn come valere, rappresentare, ma - si direbbe più onesta della precedente! – ammette almeno che letteralmente il verbo originale dice “è”, eccola: «Lett. “è”, Gr. estin, nel senso di significare, valere, rappresentare. Vedi nt. a 12:7; nt. a 1Co 10:4, “significava”.» I due rimandi indicati, invece di essere confermativi della loro posizione, sono impertinenti. Andiamo a vederli.
Nel versetto di Matteo 12,7 abbiamo Gesù che dice “Comunque se aveste compreso che significa questo: ‘Voglio misericordia, e non sacrificio’, non avreste condannato i senza colpa” (NM) e la nota si premura di… notare che l’originale non usa significa ma “è”, però lo usa sicuramente nel senso di significa. E questo è giusto perché Gesù non sta chiedendo di riflettere a cosa siano le parole che cita. Era evidente a tutti che erano parole di un versetto dell’AT (esattamente di Osea 6,6; che troviamo richiamate anche in Matteo 9,13) e quindi Gesù intendeva invitare a capirne il significato e non a riflettere sul fatto che era un versetto biblico. E’ fin troppo ovvio. Ma nel discorso eucaristico non abbiamo la stessa situazione, come spiegherò tra poco.
Se poi passiamo ad esaminare cosa dice il testo di Paolo nella 1Corinti 10,4 troviamo che l’apostolo fa riferimento al fatto che Dio fece sgorgare acqua da una rupe nel deserto per dissetare il suo popolo e dice “e quel masso di roccia significava il Cristo” (NM). Di nuovo, in nota, troviamo appuntato: “O “era”, e ci si rimanda alla nota di Mt 26:26 chiudendo il cerchio.
Anche in questo caso però è evidente il senso simbolico del verbo essere che identifica la roccia con Cristo che nutre il popolo con la manna e lo disseta con la sua Parola.
La diversità abissale tra i due esempi che vorrebbero coonestare l’interpretazione simbolica del verbo essere usato da Gesù per il pane e il vino che tutta la cristianità per 15 secoli (fino cioè allo scisma protestante) ha inteso in senso realistico, deriva dal fatto che per l’eucaristia noi abbiamo sia un antecedente che un conseguente. L’antecedente è stato il discorso sul Pane della vita fatto da Gesù a Cafarnao. (cf Gv 6,51-58) Lì Gesù ha difeso a spada tratta, a costo di perdere anche i discepoli fedelissimi che avrebbero potuto seguire la massa che si allontanò scandalizzata, il senso realistico da dare alla sua promessa di farsi cibo e bevanda di vita. E il susseguente lo troviamo nella 1 Corinti 11, 23-29 ove S. Paolo ricorda con energia che nel banchetto eucaristico si ha a che fare con il vero Corpo e sangue del Signore, così che se uno ne mangia indegnamente mangia e beve la propria condanna. Nel vangelo abbiamo la fonte di questa verità rivelata sul Corpo di Cristo sotto le specie sacramentali del pane e vino, e in S. Paolo la conferma di tale interpretazione garantita infallibilmente e trasmessa dalla prima Tradizione Apostolica.
Un esempio non guasterà. Poniamo che un giovane prometta alla fidanzata che in occasione di una data ricorrenza gli regalerà una bellissima collana (intendi: la promessa di Gesù a Cafarnao) ma poi, quando giunge il giorno tanto atteso (la sera della Cena) invece di una collana il giovane presenta alla sua ragazza una bellissima foto che rappresenta una collana, dicendole “Questa è una collana”… E’ evidente che il verbo essere in tal caso sarebbe utilizzato nel senso di significare, rappresentare, simboleggiare. Ma a quel punto la ragazza avrebbe mille ragioni di protestare che quando le fu fatta la promessa le fu fatto credere che avrebbe ricevuto una vera collana. Cioè, se i Dodici avessero capito che Gesù, alla Cena, parlava simbolicamente, almeno uno di loro avrebbe esclamato “Ma Signore avresti potuto dirlo chiaro a Cafarnao che intendevi farti mangiare e bere simbolicamente! Se lo avessi detto non avresti scandalizzato e perso tutti quei discepoli che si sono allontanati proprio perché hanno intesa la tua promessa in senso letterale, anche se – ora lo capiamo – non intendevi davvero smembrarti e trasformarci in cannibali”.

E passiamo ad altro.

“28 Comunque , voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; 29 e io faccio un patto con voi, come il Padre mio ha fatto un patto con me, per un regno, 30 affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d’Israele.” (NM)
Queste parole, ancora grazie a una interpretazione letteralistico-fondamentalista (che chissà perché viene disattesa in relazione al realismo eucaristico) per il geovismo sono costitutive di un regno vero e proprio (il reame dei cieli che sarà inaugurato nel 1914), con gli apostoli chiamati ad essere “coregnanti” con Cristo. Ma, dato e non concesso che sia così, esse portano con sé la loro smentita. Infatti è ben chiaro che Gesù, con questa promessa, fa riferimento ai soli Dodici, perché sono solo loro che hanno perseverato con Gesù condividendone tutte le fatiche e l’ostilità dei nemici. Invece il geovismo insegna che i suddetti troni celesti sono appannaggio di 144.000 persone, tutte alla pari degli Apostoli. Persone che Geova avrebbe iniziato a scegliere dalla Pentecoste fino al 1935, data di chiusura della elezione degli “Unti” e della apertura alle “Altre Pecore” destinate a restare sulla terra e ad essere i sudditi terreni di tali governatori celesti.

“31 Simone, Simone, ecco, Satana ha richiesto di avervi per vagliarvi come il grano. 32 Ma io ho fatto supplicazione per te affinché la tua fede non venga meno; e tu, una volta tornato, rafforza i tuoi fratelli.” (NM)
Parole queste, da cui – è bene dirlo al TG davvero desideroso di conoscere il pensiero cattolico – noi cattolici ricaviamo (unendole ad altri passi analoghi) l’elezione di Pietro fatta da Gesù a fondamento (pietra-Pètros-roccia/kephàs-Cefa) della sua futura Chiesa, e la sua funzione (primaziale) di cardine della fede, una fede che non viene sconfitta e perduta (cioè delegittimata) dalla debolezza/rinnegamento di Pietro. Perché tale debolezza il Signore l’aveva già prevista e tuttavia, con queste parole gli riconfermava anticipatamente la sua permanenza nell’ufficio di capo della Chiesa, a Lui assegnatogli. Ufficio da svolgere in vece di Cristo che ne resta il capo invisibile e il fondamento. Ufficio che poi fu ribadito dopo la risurrezione con il mandato di pascere agnelli e pecore.

“69 Comunque, da ora in poi il Figlio dell’uomo sarà seduto alla potente destra di Dio”. (NM)
E’ davvero sorprendente come il geovismo riesca a dire che le parole “da ora in poi” si debbano intendere “dal 1914 in poi” giacché, secondo l’insegnamento geovista, è quella la data in cui Michele/Gesù avrebbe sgominato Satana dal reame dei cieli e si sarebbe davvero assiso alla destra di Dio, cioè con il ruolo di regnante. Fino a quel momento egli sarebbe stato seduto allo sgabello dei suoi piedi.

“70 Allora tutti dissero: “Sei tu, dunque, il Figlio di Dio?” Egli disse loro: “Voi stessi dite che lo sono”. 71 Essi dissero: “Che bisogno abbiamo di ulteriore testimonianza? Poiché noi stessi [lo] abbiamo udito dalla sua propria bocca.”
Cosa avevano udito? Avevano udito quella che, all’intendimento comune, risultava una bestemmia. Ma non era bestemmia qualificarsi “figlio di Dio” nel senso di persona pia, buona, ossequiente alla Legge ecc… Lo era solo se si dava a quella accezione un senso speciale; quello precisamente che i Giudei avevano già rimproverato a Gesù quando tentarono di lapidarlo perché, dicevano: “Non ti lapidiamo per un’opera eccellente, ma per bestemmia, perché tu, benché sia un uomo, fai di te stesso un dio”. (Giovanni 10 33, NM)* E questo fu il senso preciso con cui Gesù, ormai giunto al culmine della sua missione, ha rivendicato la propria identità di Figlio. Lo era a titolo tutto speciale, cioè avente la stessa natura divina del Padre, e quindi Dio incarnato (come dirà Giovanni all’inizio del suo Vangelo); divinità che peraltro si ricava da moltissimi altri passi.
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* Qui va notata una contraddizione nella versione della NM. Nel pensiero geovista si distingue un doppio senso della parola “DIO” che basilarmente significa “potente”. Se è scritta con la D maiuscola è esclusiva di Geova, e sta ad indicare che è l’Onnipotente. Se con la “d” minuscola si può legittimamente applicare a vari altri soggetti, per i quali starebbe a significare che sono semplicemente persone “potenti”. Ora è indubbio che in questa citazione di Giovanni 10,33 la WT ha comandato al tipografo di usare “dio” con la minuscola, perché Gesù, ai suoi occhi (e perfino Satana) sono veri e propri “dèi” cioè persone “potenti” e nulla più. Ma ha certamente sbagliato, perché se i Giudei avessero accusato Gesù di fare di se stesso “un dio” nel senso di “un potente” avrebbero preso un granchio e fatto un sopruso bello e buono ad accusarlo di bestemmia, perché era legittimo che Gesù, in base alle sue opere straordinarie, si qualificasse come “un potente”. E comunque ciò non avrebbe costituito il reato di bestemmia che invece si verificava se Gesù avesse rivendicato per sé una uguaglianza con Dio; cosa che fu precisamente intesa dai Giudei ma che la WT esclude altrimenti avrebbe fatto stampare “fai di te stesso Dio”.
E’ proprio vero! Anche una cosa apparentemente insignificante è importante, quando si tratta della Parola di Dio. Infatti qui è una semplice “d” minuscola a dimostrare che la Dirigenza geovista cade in contraddizione tra ciò che insegna e ciò che fa stampare.

“21 Quindi essi urlavano, dicendo: “Al palo! Al palo” … 26 … posero il palo di tortura su di lui” (NM)
Sono molti gli autori che hanno contestato questa trasformazione della “croce” operata dal geovismo in “palo di tortura”. Sintetizzando le critiche possiamo ricordare che:
1)- Fino al 1930 circa, cioè per oltre 50 anni, il geovismo ha ritenuto che Gesù fosse stato crocifisso su una croce tradizionale a due bracci. Questo credette sia il fondatore Russell, sia il secondo presidente Rutherford che “si gloriava della croce di Cristo” (dal 1918 al 1930). Cosa ben singolare se è vero – come si reclama – che ogni verità dottrinale la WT la riceve dalla suprema sede dei cieli;
2)- Gesù non fu giustiziato dai Giudei, che lo avrebbero lapidato, ma dai Romani, per i quali la crocifissione era il supplizio ordinario inflitto a schiavi e malfattori;
3)- Esistono raffigurazioni archeologiche (la Croce di Ercolano, il graffito blasfemo del Palatino) che alludono a Cristo crocifisso;
4)- Esistono testimonianze letterarie che dicono la stessa cosa;
5)- La struttura della croce era composta da un palo verticale (stìpes), che si trovava fissato stabilmente nel luogo dell’esecuzione, e di un palo trasversale (patìbulum) che veniva caricato sulle spalle del condannato. E’ contro ogni logica immaginare che i soldati dovessero ogni volta fare un buco nella roccia profondo più di mezzo metro per fissarvi lo stipes;
6)- E’ inimmaginabile che il condannato, già debilitato dalla flagellazione, fosse gravato dal peso di un palo che doveva avere almeno 4,50/5,00 mt di lunghezza!
7)- La WT, per trovare conferme alla sua tesi, ha perfino falsificato la citazione del dizionario Greco-Italiano di Liddell & Scott (Ediz. Le Monnier) potandone la citazione ove il dizionario, tra i vari significati riconosciuti per il termine xylon aveva messo anche “la Croce N.T.” cioè gli aveva riconosciuto il significato di “croce” nell’ambito neotestamentario. (cf in L. MINUTI, I Testimoni di Geova non hanno la Bibbia, Coletti a S. Pietro, Roma, pp.103-110)

E se si vuole trovare una “dietrologia” di tale abolizione della croce da parte del geovismo, basterà pensare al fatto che essa non solo è da sempre il simbolo di tutta la cristianità, ma, unita alle parole “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” è anche il segno con cui si confessano i due misteri principali della fede, entrambi aborriti dal geovismo: l’unità e trinità di Dio, l’incarnazione passione e morte della seconda Persona della Trinità.

“34 [[Ma Gesù diceva: “Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno”.]]” (NM)
Come si vede la WT, in base alla sua regola asserente che nella sua versione: «Le parentesi quadre doppie [[ ]] indicano interpolazioni (parti estranee inserite nel testo originale).» (pag. 7 della NMrif) rifiuta di dare dignità di Parola di Dio a questa preghiera di Gesù. Lo fa spiegando che esse mancano in codici importanti. Ma è un fatto che esse esistono in altrettanti codici importanti. Quindi per lo meno si dovrebbe andare verso una soluzione dubbia, di probabilità. E’ chiaro però che la probabilità farà propendere la scelta verso l’esclusione nel caso si pensi che Gesù non sia Dio. Infatti se ci sono parole divine nel Vangelo, quelle di questa preghiera esprimono al meglio, rispetto a tante altre, la sconfinata misericordia del Dio Redentore. E’ per questo – dietro c’è sempre il rifiuto o l’accettazione della divinità di Gesù! – che la cristianità le accoglie come parole ispirate e il geovismo le rifiuta.

“42 E proseguì, dicendo: “Gesù ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno”. 43 Ed egli disse a lui: “Veramene ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso.” (NM)
In questo passo si tocca con mano il pericolo di fraintendimento da cui il CD dei TG avverte di guardarsi coltivando una “attitudine bereana” cioè esaminando le Scritture “con la massima premura di mente”. Perché? Perché «E’ evidente che anche una cosa apparentemente insignificante come l’uso o l’omissione di una virgola o di un articolo determinativo o indeterminativo può a volte alterare il significato corretto del passo originale.» (NMrif p. 7)
In Luca 23,43 la cosa apparentemente insignificante sono i due punti posti nella NM prima di “oggi”, mentre tutte le Bibbie pongono un segno analogo (due punti o una virgola) dopo questo avverbio di tempo. E’ un segno solo apparentemente insignificante perché in realtà cambia radicalmente il senso del pensiero comunicato al lettore dal sacro testo. E che la WT ci tenga tantissimo ad insistere sulla sua scelta (in verità difendendola in modo molto maldestro) dipende dal fatto che se quei due punti fossero posti prima della parola “oggi” crollerebbero i pilastri fondamentali che tengono in piedi tutto l’edificio del geovismo. Ecco perché…
Il geovismo non intende per “paradiso” il regno dei cieli ma la terra paradisiaca. E distingue da un lato il cielo o reame dei cieli come il luogo dove vive Geova, la sua reggia, gli angeli, Gesù e i 144.000 “scelti dalla terra”; e dall’altro la terra paradisiaca che sarà restaurata dopo il massacro dei cattivi che avverrebbe ad Armaghedon.
In base a tale concezione il ladro pentito non può essere accolto nel reame dei cieli perché esso è riservato ai 144.000 Unti, e l’unzione era ancora di là da venire perché iniziò a Pentecoste. A lui Gesù avrebbe dunque promesso di resuscitarlo nella terra paradisiaca futura. Perciò Gesù non può avergli detto “in verità ti dico: oggi tu sarai con me” ma deve avergli detto “in verità di dico oggi: tu sarai [un giorno magari lontanissimo] nel paradiso”. Cioè il ladro pentito starebbe ancora “dormendo nel sonno della morte” (da intendere come “annichilato”).
Quindi quei due puntini, messi come li hanno messi tutti i traduttori da secoli, farebbero rovinare i seguenti pilastri di dottrina geovista:
1)- La distinzione tra unti e pecore. Perché anche al ladro pentito, che unto non è, viene promesso il reame dei cieli;
2)- La distinzione tra reame dei cieli e terra paradisiaca. Gesù dicendo paradiso intende il luogo ove starà lui e perciò intende il reame dei cieli. Anzi l’ipotesi della terra paradisiaca viene se non negata almeno messa in second’ordine;
3)- La teoria della nullificazione umana (detta impropriamente mortalità dell’anima). Infatti Gesù dicendo che oggi il ladro sarebbe stato con sé, alludeva certamente a qualcosa che non era il corpo, rimasto sulla croce, ma qualcosa in cui comunque si concentra la personalità, l’io umano, che secondo Gesù sussisteva alla morte del corpo;
4)- La distruzione dell’idea di cielo o reame dei cieli come un luogo in cui Gesù sarebbe andato solo 40 giorni dopo. Se ha detto “oggi” vuol dire che il cielo è la dimensione spirituale sopra-naturale in cui esiste Dio (che è presente appunto sia in cielo sia in ogni luogo). Cioè Gesù è entrato nella gloria di Dio immediatamente dopo la morte. Quaranta giorni dopo vi è asceso anche con il suo corpo di risorto.
Insomma con due… punture di spillo si sgonfia quasi tutta la “Torre di carta” geovista. Non fa meraviglia che la WT si sia posta in disaccordo con la sua stessa KIT Interlineare, negando il valore della virgola posta da Westcott e Hort prima della parola “oggi”, e sia andata disperatamente in cerca di qualche traduttore della Bibbia che in qualche modo aderisse all’idea di spostare i due punti dove a lei serve che stiano assolutamente. Ma i risultati sono stati deludenti. Il manuale geovista, “Ragioniamo facendo uso delle Scritture”, che dice di aver consultato molte traduzioni Bibliche, dimostra che la tesi geovista – tanta è la sua insostenibilità anche solo dal punto di vista logico! - ha perso almeno per 40 a 1!

“46 E Gesù chiamò ad alta voce, dicendo: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. Detto questo spirò.” (NM)
Spirito (o anima) e corpo dunque. E’ concezione cattolica! Il geovismo non può accettarlo, e dice che Gesù rese il… respiro. E se non si è convinti, interpretando però stavolta “spirito” come “vita”, aggiunge che Gesù affidò nelle mani di Geova la sua speranza di resurrezione. Resurrezione che il geovismo dice che avvenne dopo tre giorni, ma che in realtà non avvenne mai perché (come abbiamo detto e non ci stancheremo di ripetere) ciò che è stato “risuscitato” da morte (dizione impropria perché quella giusta è “ricreato”) sarebbe non il Gesù storico, ma solo una copia del fu Michele Arcangelo “sparito” 33 anni prima dal Reame dei cieli.
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