"E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » gio set 12, 2013 7:04 pm

Domenica 15 Settembre 2013 - XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Es 32,7-11.13-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

"il tuo popolo (dice Dio a Mosé)... il tuo popolo (ribatte Mosé a Dio)"; è singolare! Dio, adirato, prende le distanze dal suo popolo indicandolo come popolo di Mosé e Mosé gli ricorda che si tratta anche del Suo popolo; così come nel Vangelo il fratello adirato dirà al padre "questo tuo figlio" prendendo le distanze dalla fraternità e il padre gli ricorderà che quel figlio è anche suo fratello.

"ho osservato... lascia che la mia ira si accenda contro... si pentì...": sono i soliti antropomorfismi biblici. La minaccia comunque, provenendo da Dio, è l'ira di un Padre che ama e perciò medicinale; indirizzata a suscitare nel cuore generoso di Mosé la preghiera per il perdono. E infatti ha funzionato. E funzionerebbe sempre – ci insegna il buon Papa Francesco – perché "Dio non si stanca mai di perdonare". Anzi – e questo ce lo dice Gesù con la parabola nel vangelo – non vede l'ora di abbracciarci, bruciare in un istante tutto il nostro passato negativo e rivestirci di nuovo del manto regale.
Enon va persa l'indicazione della validità della preghiera di intercessione che tutte le chiese della cristianità praticano da sempre, soprattutto nelle azioni liturgiche nei templi. mentre, come si sa, in CasaGeova questo non esiste, giacché: a) le riunioni nelle Sale del Regno sono solo riunioni di Studio; b) la cerimonia del battesimo in acqua non è altro che una forma di attestazione pubblica di dedicazione a Geova (non è accompagnata da nessuna preghiera); c) e l'unica "liturgia" annuale che è la "Commemorazione della morte di Cristo" non prevede preghiere e suppliche, ma solo una rammemorazione del fatto. La stessa "comunione" con gli emblemi del pane e vino, non riguarda tutti i partecipanti ma solo gli Unti rimanenti (che sono circa 10.000 in tutto il mondo).



Seconda Lettura 1 Tm 1,12-17
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

"Gesù Signore nostro": è bene ricordare che nel NT il termine Signore (Kyrios) assegnato a Gesù aveva la valenza dello Adonày biblico assegnato a Dio Padre.

"la grazia del Signore": in geovese diventa "l'immeritata benignità" perdendo la consistenza di dono creato e acquisendo quella di mero atteggiamento psicologico tra Dio e il peccatore. Una riduzione per noi inaccettabile perché distrugge il collegamento con la "compartecipazione alla vita divina" che essa realizza (cf l'unione vitale tra Cristo Vite e i suoi tralci, tra lui Capo del Corpo e le sue membra).

"in Cristo Gesù": frase che, molto ripetuta sia da Giovanni evangelista che da Paolo, indica appunto questo collegamento vitale con Cristo e le sue membra, e anche la comunione tra le membra stesse (che nella dottrina cattolica si chiama "Corpo Mistico"). La NM la trasforma in "che è in relazione a Cristo Gesù", alludendo cioè a un qualcosa di molto più blando, realizzato dalla comunione di intenti senza la "compartecipazione" vitale e soprannaturale di sui sopra.



Vangelo Lc 15,1-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

"parabola": la NM la chiama "illustrazione". Un modo per distinguersi?

Quanto a "questo tuo figlio... questo tuo fratello" abbiamo già detto.
Non ci resta che sottolineare, per chiunque ne avesse bisogno perché con il peccato si è "allontanato" da Dio, la dinamica per la riconciliazione: tornare in sé, pentirsi, alzarsi, tornare, accusare il peccato, dichiarare il proprio pentimento. Il tutto seguendo la via sacramentale della mediazione offerta dalla Chiesa con i suoi sacerdoti (cf "Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati saranno perdonati" (Giovanni 20,22-23).
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » mer set 18, 2013 12:05 pm

Domenica 22 Settembre 2013 - XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Am 8,4-7
Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Nulla da rilevare salvo il monito di guardarsi dall'idolatria del... dio Quattrino! Ma in questo i fratelli TG sono d'accordo.


Seconda Lettura 1 Tm 2,1-8
Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

"Figlio mio": quindi la Bibbia ammette una paternità spirituale che, di conseguenza legittima il titolo di "padre" dato dai fedeli ai sacerdoti che li generano alla fede, li proteggono contro il maligno, li nutrono con la Parola divina e i sacramenti, consumano la loro vita dedicandola all'apostolato nella vita religiosa. Quindi l'ammonimento di Gesù di non chiamare nessuno "padre" (cf Matteo 23,9) va capito nel verso giusto. Il contesto di Matteo è di critica alla prosopopea dei Farisei e perciò è una proibizione che non riguarda i fedeli ma coloro a cui essi tributano dei titoli se essi li pretendono pavoneggiandosi in una stupida superiorità, trasformando il loro ufficio-servizio-ministero in funzione onorifica e di potere. Pericolo di orgoglio questo da cui non è immune nessuna persona di qualsivoglia denominazione, per quanto possa essere modesto il suo incarico.

"raccomando, prima di tutto": nientemeno! E' un punto raccomandato e per giunta "prima di tutto" anche la NM! "per i re e per tuttti quelli che stanno al potere": è ben difficile spiegare come mai, nonostante questa chiarissima raccomandazione biblica, caldeggiata anche dal presidente Rutherford prima maniera, la WT sia passata poi a inquadrare quelli che stanno al potere (prima definiti "le Autorità Superiori") come emissari di Satana con i quali non si deve collaborare in alcuna maniera (neutralità), salvo obbedire alla costrizione di pagare le tasse e comportarsi da buoni cittadini per evitare ovviamente che si biasimi la Società Torre di Guardia. Dette "Autorità Superiori" secolari vennero sostituite dal "nuovo intendimento" con i soggetti "Dio e Cristo Gesù".*
E' vero che poi ci si ripensò tornando alla "luce" precedente, rimettendo cioè al loro posto i governanti terreni, ma sarebbe interesante chiedere ai TG odierni se pregano davvero per i governanti. Nelle melodie del Regno, libro dei canti "Cantiamo a Geova" non ve n'è traccia. Speriamo, anzi "confidiamo", che se ne trovino nella preghiera spontanea che in inizio o fine riunione nelle Sale del Regno l'oratore di turno eleva a Geova a nome di tutti.

"che tutti gli uomini siano salvati": la NM lo modifica dicendo "che ogni sorta di uomini siano salvati". Un tutti quindi che diventa partitivo. Una simile manovra la si riscontra anche nel mandato di Gesù che troviamo in Matteo 28, 19 ove il "fate discepoli tutti i popoli" (CEI) diventa "fate discepoli di persone di tutte le nazioni" (NM). E' come rassicurare il piccolo gregge dei TG con la loro piccola messe apostolica di poco più di 7.500.000 adepti su una umanità di 7 miliardi e più di persone (cf. http://www.infotdgeova.it/statistiche8.php dato del 2012), rassicurarlo che Gesù non pensava a salvare tutto il mondo; gli bastava un campionario "di persone di tutte le nazioni". Il che è molto funzionale a mantenere Armaghedon nella sua perenne "imminenza" anche se, di fatto, il messaggio geovista non è stato (né potrà mai continuando di questo passo) arrivare effettivamente a tutti gli abitanti del pianeta. Ahimé sono troppi rispetto alle pochissime braccia dei "mietitori".
Ma per noi bereani, che ci siamo accertati di tutto, conta molto che Gesù abbia detto che la fine non verrà finché tale opera non sia stata portata a termine.
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* Nuovo intendimento che - sarà bene ricordarlo sempre! – secondo la dottrina asserente che la gestione della Congregazione geovista è "teocratica", non sarebbe venuto dalla mente dell'Unto Rimanente ma fu a loro/CD comunicato da Geova in persona, tramite il meccanismo del "Canale" che è illustrato a pag. 16-17 di "Rivelazione, il suo grandioso culmine è vicino!" Il che alla mente "berana" dell'aspirante geovista (e perché non anche a quella di chi è già divenuto seguace?) dovrebbe suscitare al minimo le seguenti domande:
a) "Ma perché mai lo stesso Canale in passato ha detto che le "Autorità Superiori" erano i governanti, poi che erano Dio e Cristo Gesù e poi di nuovo i governanti? Dovendo ritenersi assurdo che Geova, Gesù, e gli Angeli fossero incerti circa la "verità" da trasmettere, non resta che è la sezione terrena del Canale che non ha funzionato o ha mentito?;
b) e come quadra poi questo cambiamento con l'altra dottrina che dice che Geova rivela le cose con "luce crescente" (e per questo ha il diritto di cambiare dottrina)? E' vero o no che, in questo caso, la luce cresciuta, che diceva che le Autorità Superiori erano Dio e Cristo Gesù, è tornata alla luce più fiacca di prima che diceva che erano i governanti terreni?;
c) e cosa vieta, se questo deve essere il meccanismo con cui nella WT viene trasmessa la "verità", che in futuro Geova riveli che magari le Autorità Superiori sono altri soggetti, e, al limite, che il millennio e la terra paradisiaca sono intendimenti da abbandonare in favore della sola salvezza celeste riservata a 144.000 Unti, come rivelato da precedente luce? Insomma cosa vieta di pensare che, in Casa-Geova ogni dottrina è "vera" solo finché... finché dura? Giacché essa non deriva la sua "verità" dall'essere reale dei fatti e detti passati e futuri, ma solo dal pronunciamento che ne fa la WT, come avviene per le leggi civili che sono solo funzionali e perciò può capitare loro di essere abrogate o perché ormai anacronistiche o perché, riesaminate, risultano incostituzionali.


"in riscatto": la WT spiega che tale riscatto sarebbe solo "corrispondente", cioè avere il peso giusto e preciso per riparare la colpa di Adamo. E questo perché le cose devono funzionare secondo "la perfetta legge di Geova" che sarebbe quella del Taglione, "occhio per occhio, dente per dente"... vita per vita, vita perfetta per vita perfetta. E' catechizzato a pag. 63 di Potete... ove si vedono Adamo e Gesù posti sopra una bilancia a piatti con la seguente didascalia: "Gesù fu l'equivalente del perfetto uomo Adamo".
Insomma la WT procede per la sua sttrada con buona pace di San Paolo a cui Gesù ha rivelato i misteri del Regno, portandoselo addirittura in qualche modo in cielo, e gli ha fatto capire che il "peso" della riparazione-riscatto fu esorbitante rispetto alla colpa. Leggiamolo: "15 Ma non è del dono come fu del fallo. Poiché se per il fallo di un solo uomo molti sono morti, molto di più l’immeritata benignità di Dio e il gratuito dono con l’immeritata benignità del solo uomo Gesù Cristo sono abbondati a molti. (...) 17 Poiché se per il fallo di un solo [uomo] la morte ha regnato per mezzo di quel solo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza dell’immeritata benignità e del gratuito dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di uno solo, Gesù Cristo." (NM) Non poteva essere diversamente se, come riteniamo noi della cristianità l'Agente-Persona proprietario della natura umana di Gesù era il Verbo, Dio da Dio, Luce da Luce, ogni opera del quale ha valore infinito.

"senza collera e senza contese": questa raccomandazione di Paolo viene adoperata dal CD dei TG per invitarli a passare alla porta accanto quando il soggetto catechizzato si mostra coriaceo all'annuncio geovista. Certamente fa dibattito e contesa! E poiché il TG non può accettare di porsi a quel livello se ne deve andare. Bene! Ma se per caso il soggetto riluttante mostra di contendere per modo di dire, cioè si accalora semplicmente perché ha una forte persuasione contraria e giustamente vuole difendere la sua fede (cosa caldeggiata anche dal CD che ha scritto "Non siate così presto scossi dalle vostre ragioni"). Se insomma il dibattito contestativo somiglia a quello che Gesù fece contro i farisei (che era supportato da ragioni vincenti)? Ebbene allora il TG lo inquadra ancor più nel suo schema di dibattito proibito. Restare potrebbe "dar luogo a Satana" che "si traveste da angelo di luce" fino a dare ragione allo "incredulo" e anche scandalizzare il TG inesperto che il TG Anziano si è portato appresso per incoraggiarlo e invece lo delude restando senza parole! Forse e senza forse questa è l'ipotesi giusta perché a me è successo che davanti a una probabile adepta che strillava come un'aquila spennata al sentire certe cose contarie alla sua fede - ma lo faceva solo a livello emotivo, senza ragioni e perciò era "culturalmente indifesa"! - i TG non hanno avvertito nessun dibattito e contesa, sono rimasti imperturbabili e serafici. E si sono riaffacciati a quella porta il giorno dopo.



Vangelo Lc 16,1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

"Non potete servire Dio e la ricchezza", NM dice "Non potete essere schiavi di Dio e della Ricchezza" Nulla da eccepire. Siamo d'accordo sia sulla traduzione che sulla interpretazione. Anzi lodiamo il CD per il particolare di aver fatto stampare nella NM la parola "ricchezza" con la R maiuscola, quasi ad ammonire giustamente che servendola invece di servirsene la si può trasformare in una "dea" antagonista a Dio, della quale si diventa schiavi illudendosi di esserne i padroni.


APPENDICE

"Chi non prega per i governanti non è un buon cristiano"
Durante l'omelia a Santa Marta, papa Francesco ricorda le due principali virtù che un politico deve perseguire: l'umiltà e l'amore per il popolo
Di Luca Marcolivio
CITTA' DEL VATICANO, 16 Settembre 2013 (Zenit.org) - L’umiltà è una virtù imprescindibile anche per chi ricopre una posizione di autorità. Lo ha detto papa Francesco durante la messa di stamattina a Santa Marta.
Il Santo Padre, meditando sul Vangelo odierno (Lc 7,1-10), in cui il centurione chiede a Gesù la guarigione del suo servo, ha ricordato anche – con riferimento alla Lettera di San Paolo a Timoteo (cfr. 1Tm 2,1-8) – che chi governa “deve amare il suo popolo” e il popolo, a sua volta, deve pregare per i governanti.
Il Papa ha quindi citato Davide come esempio di sovrano che “amava il suo popolo”, al punto che, dopo il peccato del censimento, chiede a Dio di punire lui stesso e di risparmiare il popolo.
“Non si può governare senza amore al popolo e senza umiltà! – ha proseguito Francesco -. E ogni uomo, ogni donna che deve prendere possesso di un servizio di governo, deve farsi queste due domande: Io amo il mio popolo, per servirlo meglio? Sono umile e sento tutti gli altri, le diverse opinioni, per scegliere la migliore strada?”.
Il Santo Padre ha poi ammonito a non cedere al disinteresse verso la politica, nella quale tutti siamo a vario titolo coinvolti. Ognuno, infatti, è in qualche modo responsabile della condotta dei governanti e deve “fare il meglio perché loro governino bene”.
La Dottrina Sociale della Chiesa, ha ricordato il Pontefice, sottolinea che “la politica è una delle forme più alte della carità, perché è servire il bene comune”, quindi nessun cittadino può permettersi di “lavarsi le mani” ed ognuno deve fare qualcosa nel suo piccolo.
Quanto all’attitudine a “dire solo male dei governanti”, papa Francesco ha osservato che, per quanto indubbiamente molto spesso il governante sia un “peccatore”, il cittadino deve “collaborare” con la propria “opinione”, con la propria “parola” e anche con la propria “correzione”. Un cattolico che “non si immischia in politica” non è sulla “buona strada”, ha aggiunto.
Con quali mezzi, tuttavia, un buon cattolico deve rendersi disponibile in questo ambito? In primo luogo deve farlo nella preghiera. A tal proposito, il Santo Padre ha citato San Paolo: “Preghiera per tutti gli uomini e per il re e per tutti quelli che stanno al potere” (1Tm 2,1).
E se siamo tentati di pensare che un politico sia “una cattiva persona” e meriti di “andare all’inferno”, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare “perché possa governare bene, perché ami il suo popolo, perché serva il suo popolo, perché sia umile”. Il Papa ha quindi rincarato la dose: “Un cristiano che non prega per i governanti, non è un buon cristiano!”.
In conclusione il Pontefice ha raccomandato: “diamo il meglio di noi, idee, suggerimenti, il meglio, ma soprattutto il meglio è la preghiera”, affinché i politici “ci governino bene, perché portino la nostra patria, la nostra nazione avanti e anche il mondo, che ci sia la pace e il bene comune”.
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » mer set 25, 2013 6:01 pm

Domenica 29 Settembre 2013 - XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Am 6,1a.4-7
Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti.

Moniti utili per tutti gli "spensierati" che se la spassano e si considerano sicuri grazie al conto in banca! Sforziamoci di incontrare il Signore in modo energico, prima che il Signore incontri noi...


Seconda Lettura 1 Tm 6,11-16
Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.


"la vita eterna alla quale sei stato chiamato": per vita eterna qui si deve intendere la gloria celeste. Secondo il geovismo essa non riguarda i TG di oggi, tutti confinati nella futura terra paradisiaca, perché si riferisce solo a 144.000 Unti, scelti da Geova, e il loro numero è stato già "suggellato".

"ti ordino... il comandamento": per comandamento si deve intendere tutta la religione rivelata. Significa conservare e trasmettere il messaggio integralmente, senza sconti né aggiunte, senza travisamenti né scelte di preferenza. Si chiama ortodossia della fede. E' un ordine di Gesù. La WT lo ha rispettato? Il giudizio ai lettori che ci seguono da tempo in queste nostre riflessioni critiche.

"il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità e abita una luce inaccesibile: nessuno degli uomini lo ha mai visto né può vederlo"; ohibò! Svista? Contraddizione? Unico a possedere l'immortalià e ad abitare una luce inaccessibile... Ma queste non sono prerogative uniche di Geova? Eppure il soggetto di cui qui si parla è Cristo, come la stessa WT ci insegnerà tra un attimo ... Inoltre Cristo in futuro – dice la dottrina geovista - nessun uomo lo vedrà (il suo "corpo spirituale" lo rende invisibile agli uomini) ma in passato molti lo hanno visto.

"A lui onore e potenza per sempre". E' sorprendente! Questo "lui" è identificato nella persona di Gesù dalla stessa WT che, nelle sue note della NMrif, rimanda: ai passi paralleli di Daniele 7,14 che inquadra il re come "il figlio dell'uomo"; a Daniele 2,44 che dice che il suo regno stritolerà i regni terreni e che "sussiste a tempi indefiniti"; a Rivelazione 17,14 che dice: "l'Agnello... è Signore dei signori e Re dei re".
Ma - oltre la confusione tra Gesù e Geova di cui abbiamo detto che pare non avvertita dal CD - se "La Bibbia – come noi riteniamo e lo stesso CD dei TG insegna ai suoi – si spiega con la Bibbia", questi riferimenti non accomunano il Figlio al Padre tributandogli gloria? Queste righe non sono una invocazione, inno, preghiera, simile al nostro "Gloria Patri et Filio..."? E la preghiera - è ancora il CD a dirlo - , non "...fa parte della nostra adorazione e per questa ragione dovrebbe essere indirizzata solo al Creatore, Geova"? (cf Verità p. 152) Questa glorificazione non è attestata dalla Bibbia anche in Apocalisse 5, 11-14? E' veramente esaltante leggerlo: "11 E vidi, e udii la voce di molti angeli intorno al trono e alle creature viventi e agli anziani, e il loro numero era di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia, 12 che dicevano ad alta voce: “L’Agnello che fu scannato è degno di ricevere potenza e ricchezza e sapienza e forza e onore e gloria e benedizione”.
13 E ogni creatura che è in cielo e sulla terra e sotto la terra e sul mare, e tutte le cose [che sono] in essi, udii che dicevano: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello siano la benedizione e l’onore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli”. 14 E le quattro creature viventi dissero: “Amen!” e gli anziani caddero e adorarono." (NMrif)



Vangelo Lc 16,19-31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Attenzione: i vari punti sottolineati vengono questa volta commentati in blocco.
La WT vede in questo brano della Bibbia – e con ragione! – un attacco alla sua tesi asserente che l'uomo (il corpo e tutto ciò che esso contiene) è da concettualizzarsi come "anima" (cf gli slogan: "voi non avete un'anima, siete un'anima" e "la vostra anima siete voi!") e che pertanto, morendo l'uomo, l'anima muore. Tutto l'uomo finisce nel nulla lasciando di sé solo il ricordo custodito nella mente di Geova che, a suo tempo, e se ritiene di volerlo fare, riformerà una copia di quell'individuo immettendo nel nuovo corpo, somigliante a quello dismesso, lo stesso bagaglio culturale e di ricordi che aveva al momento della morte (il che, secondo noi non può dirsi "risurrezione" ma creazione di copia conforme).
Questa tesi viene, a quanto pare, demolita dallo stesso Gesù che offre alla riflessione una similitudine (o parabola che sia; insomma un qualcosa di verosimile!) molto sorprendente se fosse vera la tesi geovista della nullificazione. In essa viene affermato che nell'aldilà le persone, sia i giusti come Abramo e Lazzaro che gli ingiusti come l' "uomo ricco", e l'io cosciente degli esseri umani, sussiste nonostante non abbiano più il corpo. Si ricordi che Gesù è ritenuto il capo dei 144.000 Unti e come Parola di Dio è definito "il Grande Insegnante".
Altro grave disastro connesso, deriva dalla demolizione dell'idea del futuro paradiso terrestre, o terra paradisiaca, scoperta-inventata dal 1935. Perché mai? Perché, nella similitudine, sia Abramo che Lazzaro (e la categoria dei miseri che egli rappresenta) sono da Gesù illustrati non solo come vivi e vegeti ma anche immersi nella beatitudine celeste, metaforizzata come "seno di Abramo", quando dottrina vorrebbe che essi, non essendo Unti (l'unzione iniziò a Pentecoste) non siano candidati al cielo ma dovrebbero dormire nella morte in attesa di essere risuscitati-ricreati nella futura terra paradisiaca.

A riparare tale disastro la WT offre una sua esegesi simbolica della similitudine. Dice che l'uomo ricco rappresentava i Farisei e Lazzaro rappresentava gli apostoli che tormentavano il ricco con la loro predicazione "simile a frecce infuocate", glissando sul particolare che il tormento l'uomo ricco lo ebbe non in vita ma dopo morte. E come appoggio al simbolismo si interpretano come se fossero letterali i particolari della distanza tra il seno di Abramo e il luogo di tormenti (come faceva il tormentato a farsi sentire?) e quello del dito intinto nell'acqua (come avrebbe potuto dargli ristoro un refrigerio così insignificante?)
Naturalmente si potrebbe obiettare da parte nostra che la similitudine, o parabola che voglia interpretarsi, Gesù non l'ha proposta in rapporto al rifiuto della predicazione apostolica ma in relazione all'avidità dei farisei che "... erano amanti del denaro, ascoltavano tutte queste cose [la parabola precedente era quella dell'amministratore disonesto - Ndr] e si facevano beffe di lui" (Luca 16,14 - NM).

Noi quindi preferiamo fare attenzione al severo monito di Gesù che ci avverte di non farsi corrompere dalle ricchezze e di presentarci al Giudice Supremo "nudi" come ci ha partorito il seno di nostra madre ma ricchi di amore e di buone opere compiute per il prossimo nel bisogno.
Aggiungiamo che, teologicamente, la preoccupazione del ricco a favore dei parenti è impossibile poiché i dannati non possono provare pietà o preoccupazione per la salvezza di nessuno. L'accenno nel racconto di Gesù è solo funzionale a insegnare che quando i... giochi sono finiti, finito il tempo del kairòs e della misericordia, non c'è più rimedio a nulla, perché lo stato di vita che il Giudice stabilirà, corrispondentemente alle nostre azioni e al livello di amore acquisito con le opere in vita, sarà definitivo sia per i dannati che per i giusti. Da altro passo biblico e dalla Tradizione Apostolica che ci trasmette il senso di tutto l'insegnamento rivelato apprenderemo poi che esiste anche una condizione ove, chi muore senza aver rinnegato totalmente l'amore di Dio e del prossimo, si salverà comunque ma "come attraverso il fuoco"; tramite una misteriosa sofferenza purgante e santificante.
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » ven ott 04, 2013 4:49 pm

Domenica 6 Ottobre 2013 - XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Ab 1,2-3;2,2-4
Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!»
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.

Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà
.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».

"E' una visione che attesta un termine... non tarderà"; la NM rende il versetto "Poiché [la] visione è ancora per il tempo fissato, e continua ad ansimare sino alla fine, e non mentirà. Anche se dovesse attardarsi, attendila; poiché si avvererà immancabilmente. Non tarderà."
Il contesto del brano parla dell'intervento risolutore di Dio contro il comportamento degli ingiusti e minaccia una serie nutrita di "guai" (utilissimi da meditare!) per evitarli.
L'arrivo del termine viene sottolineato ogni tanto dalla WT, che lo riferisce sempre al prossimo Armaghedon giustiziere; evento, come sappiamo, sempre incombente e sempre... differito. E' ovvio che, analizzando il discorso logicamente è contraddittorio ipotizzare che potrebbe indugiare e tuttavia non tarderà; se indugia ritarda! Quindi il discorso va interpretato nel senso che la giustizia divina certamente non tarderà anche se a te sembra che ritardi; e ti sembra così o perché hai smania che venga prima del tempo deciso dal Signore, o perché te la aspetti secondo una tua tabella di marcia, magari strutturata su eventi e situazioni insopportabili che a te fanno dire "vedrai che ci siamo!" Ma è proprio qui la defaillance della WT. Nel fatto che il geovismo non ha interpretato in questo modo l'annuncio del compimento della visione; cioè in senso parenetico, esortativo, come facciamo noi, ma letterale. E così il CD dei TG si è spinto più volte ad assicurare come davvero incombente l'evento giustiziere di Armaghedon, collezionando come è noto date profetizzanti la fine sempre smentite. Ricordiamo? La fine fu annunciata per il 1914, il 1925, il 1975 in maniera solenne, più in altre date meno reclamizzate.
Di fronte a questi "fiaschi" macroscopici, che sono costati lacrime a tanti TG per le scelte autolesioniste di vita a cui li hanno indotti, noi pensiamo che il devoto ed onesto TG dovrebbe meditare su cosa pensa Dio dei falsi profeti. Ecco cosa troviamo nella loro Bibbia:
"20 “‘Comunque, il profeta che ha la presunzione di pronunciare in mio nome una parola che io non gli ho comandato di pronunciare o che parla nel nome di altri dèi, quel profeta deve morire. 21 E nel caso che tu dica nel tuo cuore: “Come conosceremo la parola che Geova non ha pronunciato?” 22 quando il profeta parla nel nome di Geova e la parola non avviene o non si avvera, quella è la parola che Geova non ha pronunciato. Il profeta la pronunciò con presunzione. Non ti devi spaventare di lui’. (Deuteronomio 19, 20-22 - NM) E non c'è nulla da aggiungere...



Seconda Lettura 2 Tm 1,6-8.13-14
Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

"che è in te mediante l'imposizione delle mie mani"; è un chiaro riferimento alla ordinazione episcopale di Timoteo, discepolo di Paolo e alla forma sacramentale dell'ordinazione sacra. Nel geovismo non esiste ordine sacro, né i ministri sono oerciò ordinati sacramentalmente. L'imposizione delle mani è sconosciuta e così pure la preghiera consacratoria. Giudichino gli storici della Chiesa se è vero che il geovismo segue, come dice di fare, in tutto e per tutto la Bibbia...

"prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me"; e qui, se si riflette a quel "che hai udito da me", ci si può vedere confermata la validità della Tradizione Apostolica che agli inizi fu solo orale. Gli scritti neotestamentari sono di molto posteriori e comunque la loro codificazione ufficiale avvenne solo verso il 400 (cf il Canone biblico stabilito dal Sinodo Regionale di Cartagine). E la base di quella codificazione degli scritti aspiranti ad essere considerati Parola di Dio - che ha visto una cernita severa e almeno altrettanti libri esclusi quanti i riconosciuti - fu proprio la fede già insegnata oralmente dalla Chiesa da quasi quattro secoli. La verità è dunque sia che la Bibbia dipende dalla Tradizione orale, sia che essa stessa è una forma di Tradizione Apostolica in scritto.

"che sono in Cristo Gesù "; la NM ha "riguardo a Cristo Gesù". L'espressione ci sembra incomprensibile. O meglio si comprende solo la preoccupazione della WT di non usare quello "in Cristo Gesù" tanto amato sia da Paolo che da Giovanni evangelista, per non dare adito alla credenza cattolica circa la unione vitale che Cristo Capo del Corpo e Vite realizza con le sue membra e tralci tramite la grazia. I TG non credono nella adozione divina conferita dal battesimo che per loro è solo una cerimonia di dedicazione. Gli unici eletti da Dio come suoi "figli" sarebbero i 144.000 Unti, i quali saprebbero di essere eletti come "figli" grazie ad una testimonianza interiore insindacabile che il CD crede di leggere in Romani 8,16. Gli altri TG, denominati Altre Pecore, al momento non hanno una parentela definita con Dio ma... «Anche questi possono rivolgersi a Geova come al "Padre nostro", poiché, nel regno millenario di Cristo, diverranno i figli terrestri del datore di vita Cristo Gesù e sono quindi legalmente in grado di divenire "nipoti" di Dio. Nella Scrittura il nonno è spesso chiamato padre.» (Sia Dio riconosciuto Verace, p. 152) No comment!

"mediante lo Spirito Santo che abita in noi"; la NM dice "per mezzo dello spirito santo che dimora in noi". L'espressione è identica ma non l'intendimento. L'inabitazione divina che ci rende templi di Dio, secondo noi, è la conseguenza diretta del dono della grazia, che, come abbiamo detto, non è creduta dai TG. Quindi se la NM mantiene la traduzione "che abita in noi" lo può fare solo in quanto concepisce lo "spirito santo" (le S minuscole sono costanti!) come una forza impersonale che Geova e Gesù donano a chi vuole. L'inabitazione intesa da noi che crediamo nella grazia, per i Testimoni non può avvenire con la persona di Gesù, perché non è concepita come divina e divenuta, con la risurrezione "spirito vivificante". Ed è per questo che la NM trasforma lo "in noi... in Cristo" con le espressioni "riguardo a Cristo... unitamente a Cristo" e simili, ignorando appunto le illuminanti metafore della Vite-tralci e del Corpo con Capo e membra che parlano di una unità costituita da una sorta di simbiosi soprannaturale e non solo di vicinanza o unione di intenti tra Gesù e i discepoli, come è intesa nel geovismo.



Vangelo Lc 17,5-10
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

"quando avrete fatto tutto... quanto dovevamo fare". Il monito di Gesù è severo – per quanto "... il termine greco corrispondente a «inutile» esprime piuttosto la modestia, la povertà, l'umile condizione dell'uomo, sicché l'espressione evangelica è da ritenersi equivalente a: «Siamo servitori qualsiasi, poveri, semplici servi» (così il Garofalo). Non rinnega il nostro essere figli né il premio spropositato "... della retribuzione futura di coloro che servono nel regno di Dio e che supererà ogni attesa (cf. Luca 12,37)" (idem) - ma ci ricorda che siamo figli per gratuita adozione.
E se perfino il Figlio per natura, generato dal Padre, convivente nella stessa natura del Padre e perciò titolare di diritti divini, proprio in forza del suo spirito filiale fa tutto e solo ciò che il Padre desidera; allora sarà più che giusto che pure noi, figli per adozione, uniamo alla nostra confidenza di figli anche lo spirito di servizio che deriva dalla consapevolezza di... "che cos'hai tu che non abbia ricevuto?" (1 Corinti 4,7) e del fatto che "né chi pianta né chi irriga è qualcosa, ma Dio che fa crescere." (ibid. 3,6)
Indubbiamente la Chiesa sapeva quel che diceva quando nell'antico catechismo ci insegnava che il fine per cui Dio ci ha creati non era solo quello di portarci a godere in paradiso "il gaudio del tuo Signore" ma anche quello di "conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita, per poter poi goderlo nell'altra in paradiso".

Insieme a questa riflessione sul servizio (condivisibile con i TG anche se loro si aspettano solo un paradiso terreno) il monito ci ricorda di relativizzare - e non poco se addirittura parla di inutilità! – l'impotanza del nostro servizio. In effetti, teologia insegna, che Dio lo vuole il nostro servizio, l'assunzione del nostro angolo di "vigna", non perché Lui ne abbia bisogno ma perché ne abbiamo bisogno noi per crescere.
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » ven ott 11, 2013 2:49 pm

Domenica 13 Ottobre 2013 - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)


Prima Lettura 2 Re 5,14-17
In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell'esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

"uomo di Dio".
In entrambe le volte nella NM troviamo "uomo del [vero] Dio". In tutto l'Antico testamento la NM aggiunge alla parola "Dio" l'aggettivo "vero". E lo pone tra parentesi quadre per far capire che è cosciente che non c'è sul testo originale e tuttavia ritiene importantissima questa qualificazione, tanto da ripeterlo appunto costantemente. Si deve sapere che, secondo la dottrina geovista, la parola "DIO" sarebbe un titolo insufficiente a far capire che ci si riferisce al Creatore. Obietta che la Bibbia (letta letteralmente, cioè con poca "ratio", notiamo noi!) dice sia che "ci sono molti dèi e molti Signori", sia che perfino Satana è "l'iddio di questo sistema di cose".
Insomma la WT teme che dicendo solo "DIO" si potrebbe equivocare, perfino quando ci si rivolge al Creatore in preghiera. Ed egli, che si chiamerebbe Geova e con tale nome vuole essere invocato, sentendo il devoto che prega dicendo solo "DIO" non capirebbe che si sta rivolgendo a lui. Di qui la preoccupazione di usare "Dio" con la D maiuscola solo per Geova e preceduto da "vero" per distinguere Geova dai "falsi dèi"; di qui anche l'enorme pressione e insistenza perché si usi sempre il nome Geova in ogni occasione possibile. Al punto però di infilare Geova anche nei passi del Nuovo Testamento ove il testo originale dice "Kyrios" (Signore); al punto infine da ipotizzare un complotto da parte di ignoti che avrebbero tolto il nome Geova da tutti i manoscritti neotestamentari, così che la WT si è sentita in diritto di ripristinarne la presenza nelle sue traduzioni della Bibbia, quando ritiene che il termine Kyrios si riferisce a Geova.
A parte la stranezza di questa tesi, che oltre ad essere bizzarra è gratuita, a noi basterà ricordare, al TG attento, che nella "illustrazione" del fariseo e del pubblicano, che si trova in Luca 18, 10-14, sia il fariseo che il pubblicano pregano l'Altissimo dicendo "Dio" e non Geova. E' scritto così nella stessa NM, eppure è sicuro che entrambi si rivolgevano a Geova! Leggiamolo: «10 “Due uomini salirono nel tempio per pregare, l’uno fariseo e l’altro esattore di tasse. 11 Il fariseo stando in piedi pregava fra sé in questo modo: ‘O Dio, ti ringrazio che non sono come il resto degli uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neanche come questo esattore di tasse. 12 Io digiuno due volte la settimana, do la decima di ogni cosa che guadagno’. 13 Ma l’esattore di tasse stando a distanza non voleva neanche alzare gli occhi al cielo, anzi si batteva il petto, dicendo: ‘O Dio, sii misericordioso verso di me peccatore’. 14 Io vi dico: Quest’uomo scese a casa sua più giustificato di quell’altro; perché chiunque si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia sarà esaltato”.» (NM)

"sia permesso... di caricare qui tanta terra... ma solo al Signore".
Sui nostri altari, al centro della tavola, dove viene poggiato Gesù presente nelle specie consacrate, la Chiesa ha ritenuto di dover collocare ciò che di meno indegno esiste sulla terra come trono del Re del cielo. E ha pensato quindi di porre una "pietra sacra" ove sono contenute delle reliquie di santi martiri.
Una intuizione analoga ebbe, a quanto leggiamo, anche il miracolato Naamàn che ha percepito la presenza dell'Altissimo nel luogo ove era stato guarito e si è portato a casa la terra di quel luogo come la più degna su cui poter offrire i suoi futuri sacrifici a Dio.
Un pio musulmano osservò severamente che, se lui fosse convinto che nel suo tempio Allah fosse presente, come la nostra fede fa credere a noi che Gesù-Dio lo sia nel tabernacolo, egli entrerebbe nel tempio leccando il pavimento!... Atteggiamento che indubbiamente esprime in modo pregnante la percezione della nullità del servo, da noi mitigata dalla coscienza della adozione filiale ottenuta nel battesimo. Ma forse sarebbe bene trarne un salutare monito quando entriamo in chiesa, sia per lasciarsi dietro le spalle le cure quotidiane, sia per concentrarci estasiati davanti al volto del Signore e... per insegnare il dovuto rispetto e devozione del luogo sacro alle nuove generazioni.



Seconda Lettura 2 Tm 2,8-13
Figlio mio, ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

"con lui anche regneremo".
Torna di nuovo a doversi segnalare il fattore sperequativo tra Pecore e Unti e la differenza tra letteralismo e interpretazione. Mentre per noi questa promessa di regnare è una metafora e riguarda tutti i cristiani, per i TG si tratta di un co-regnare vero e proprio con Cristo su certi sudditi. Il geovismo insegna che nel primo secolo erano tutti Unti, destinati a coregnare con Cristo in cielo, ecco che la classe delle Altre Pecore (scoperta solo nel 1935!) rappresenterebbe il popolo dei sudditi che vivrebbero (superati i vari esami!) eternamente sulla terra. Di qui la sperequazione che si ritiene decisa da Dio (ma stranamente non comunicata se non dopo mezzo secolo di geovismo e quando il numero degli aspiranti alla salvezza geovista era in crescita e il numero dei 144.000 eletti già "suggellato" definitivamente.

"se siamo infedeli, lui rimane fedele".
Già, perché Dio è Dio e non un uomo che sulle cose ci ripensa. E il patto di alleanza per la salvezza è partito da Lui. Quindi vi resterà fedele con il suo amore misericordioso a tutta prova. Sì, anche se noi cessiamo di esserlo. Sarà sempre pronto a recuperarci e rimetterci l'anello al dito, come il padre del prodigo. Ecco perché Dio è una roccia di speranza affidabile; ecco perché finché dura il kairòs, il tempo favorevole, ognuno può "convertirsi e credere al Vangelo", come anche riconvertirsi al Vangelo vero se si è creduto ad un Vangelo manipolato... La bereanità, che in geovese significa "accertarsi con molta acribìa circa la verità", ad un adulto si impone, sia dalla parte nostra che da quella geovista quando, come appunto accade ai nostri giorni, ogni denominazione religiosa propone la propria fede come quella vera. Venite dunque, fratelli TG, confrontiamoci, e vediamo chi è che ha le ragioni ragionevoli della propria speranza come vuole la 1 Pietro 3,15.



Vangelo Lc 17,11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

"Non si è trovato nessuno... all'infuori di questo straniero?"
E' vero. Non basta convertirsi ed essere guariti da Gesù per "far felice" Dio . Occorre anche essere grati dimostrando tale gratitudine. La quale gratitudine Dio non la vuole perché ne ha bisogno, come pensano i TG che immaginano Dio con sentimenti analoghi ai nostri di tristezza e gioia, consolazione e allegria a seconda del comportamento umano. Dio la vuole perché noi ne abbiamo bisogno! Essa ci fa bene, ci apre il cuore all'abbraccio filiale, ci predispone alla gioiosa rinonoscenza che si tradurra in apostolato per la salvezza di altri fratelli ancora da guarire. Nel nostro mondo soprannaturale "si è dando che si riceve" (direbbe S. Francesco), è lasciandosi macerare dal terreno che il nostro seme "non rimane solo" e frutta ove il 30 ove il 60 ove il 100 per uno. La salvezza. come i carismi, i doni di grazia, Dio non ce li dà mai perché siano goduti privatamente, ma per porli a servizio e crescita di tutto il Corpo.

"La tua fede ti ha sanato".
Vorrebbe forse die che quelli che non sono tornati a ringraziare non avevano fede? Ma allora perché sono stati sanati anche loro se fosse stata la fede a sanare? Il senso quindi deve essere che, premesso che il miracolo è stato voluto e realizzato da Gesù, anche per chi non aveva la stessa fede del samaritano, questi aveva una fede speciale che gli ha fatto ricevere una doppia salvezza-risanamento: quella del corpo, come tutti, ma anche quella dell'anima perché si è aperto alla gratitudine che lo ha spinto alla adorazione e (ci si può scommettere) a farsi successivamente apostolo additando a tutti Gesù come il Messia Salvatore.
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » ven ott 18, 2013 6:18 pm

Domenica 20 Ottobre 2013 - XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Es 17,8-13
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Nulla da rilevare.


Seconda Lettura 2 Tm 3,14 - 4,2
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

"la fede in Cristo Gesù" diventa nella NM "riguardo a Cristo Gesù". Correzione costante e arbitraria dell'originale greco che dice "èn Christò". Piccola cosa? Vediamo... Secondo noi Paolo collega il valore salvifico della fede allo essere in unione vitale con Gesù, il che significa essere nella grazia santificante che ci ha unito la prima volta a Lui nel battesimo e nella quale saremo eternamente uniti a Lui nella santità del paradiso. Ma siccome questa unione intima e vitale con Gesù il geovismo non la crede ecco che, usando la correzione "riguardo a Cristo", si ammette sì una relazione, ma di tipo esterno, morale, di unione di intenti. Il che lascia non solo le Altre pecore tagliate fuori dal cielo (inteso come visione beatifica di Dio), ma perfino i 144.000 Unti che, a quanto si dice, saranno sì insieme a Gesù in cielo, ma non godrano mai di quella unione con Lui, e per Lui e in Lui con il Padre, che S. Paolo richiama ad ogni piè sospinto e che rende la ciconcisione un mero simbolo di fronte al battesimo realtà divina; quella unione che Gesù ha insegnato per primo paragonandola a quella che esiste tra lui-Vite e i discepoli-tralci. E che si tratti di unione con scambio di linfa vitale è stato ben significato dall'aver Lui detto che, se un tralcio si stacca da lui, dissecca, muore, e finirà nel fuoco.

"Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per..."; la NM dice "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per...". Questo versetto famoso è utilizzato sia dai protestanti che dai Testimoni di Geova per dare valore di Scrittura a tutti i libri della Bibbia, anche quelli che furono composti dopo questa seconda lettera a Timoteo. Al che noteremo una doppia illogicità:
La prima sta nel fatto che il discorso avrebbe valore se al tempo di questa Lettera tutti avessero chiaro un Canone delle Scritture, che invece non c'era, tanto che si dovette aspettare il Concilio Regionale di Cartagine a fine 400 per averlo nella sua completezza, escludendo cioè dall'elenco tanti libri definiti poi apocrifi che aspiravano ad essere considerati Parola di Dio.
La seconda sta nel fatto che se per "Scrittura" si intendono "i libri ispirati" L'affermazione "tutta la Scrittura è ispirata" equivarrebbe a dire "tutti i libri ispirati sono ispirati"; una tautologia che non ci è utile per sapere di quali scritti si parla. Ad es. è ben difficile sostenere che S. Paolo, scrivendo questa lettera, avesse coscienza di star lui stesso componendo una parte della Sacra Scrittura futura!

Quindi l'unico senso logico possibile inteso da Paolo - in questo contesto ove parla a Timoteo del tutto ignaro della futura esistenza di un Nuovo Testamento! - deve essere: "Tra tutti i libri che già circolano, quelli che rispondono al criterio di essere Scrittura sacra, sono ispirati e perciò utili non solo per la salvezza ma anche per...". Ovvero si vengono ad accogliere, dal discepolo cristiano, tutti i libri dell'Antico Testamento che, secondo la sinagoga e la conferma fattane da Gesù Stesso, erano pacificamente ritenuti ispirati. Ma di essi non se ne aveva ancora l'elenco ufficiale; nella Bibbia l'elenco non esiste, e circolavano anche vari scritti apocrifi dell'Antico testamento. Né si parla affatto di eventuali libri ispirati futuri, ivi compresa la lettera che S. Paolo stava scrivendo.
Per "canonizzare" sia i primi, escludendo gli apocrifi del VT, sia i secondi fino all'Apocalisse futuro e anche qui escludendo gli apocrifi del NT, occorrerà un pronunciamento ufficiale della Chiesa; quello appunto avvenuto a Cartagine e poi riconfermato solennemente a Trento quando Lutero volle impugnare la canonicità di sette libri del VT.

"Annuncia la Parola, insisti..."; è il versetto che permette ai TG sia di non calmarsi nel loro proselitismo, giustificato appellandosi a questo comando divino. Sia di essere petulanti perché non uniscono, in questo caso, il mandato della Fides con l'equilibrio richiesto dalla Ratio. Ed è strana questa insistenza, lamentata da molti e che ha dato origine a rifiuti espressi purtroppo anche in malo modo. Tra l'altro il "momento opportuno e inopportuno" la NM lo rende con "in tempo favorevole, in tempo difficoltoso" il che farebbe pensare non alla non opportunità per i recettori (metti alle sette di domenica mattina!) ma ai tempi difficili per i proclamatori (metti in ambiente sociale materialistico, ostile alla religione, o durante un nubifragio...); quindi quello di S. Paolo non è un invito alla petulanza ma alla sopportazione e superamento delle avverse circostanze nell'espletamento dell'annuncio evangelico.



Vangelo Lc 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

"Io vi dico che farà loro giustizia prontamente". E' ben evidente che la comune esperienza sembra negare questa prontezza di Dio nel fare giustizia agli oppressi, molti dei quali muoiono senza averla ottenuta neanche avendola implorata con lacrime amare. Ed in effetti qualunque lettura "laica" di questo testo farebbe concludere che i cristiani sono degli ingenui creduloni, nonostante ogni evidenza del contrario.
Il fatto è, però, che siamo in un contesto di rivelazione di realtà soprannaturali, relative alla salvezza eterna (notare l'accenno finale al ritorno di Cristo giudice e remuneratore). La parabola va illuminata dunque sia dallo scopo per cui Gesù l'ha formulata (quello sulla necesità di pregare sempre e senza stancarsi mai) sia dall'interrogativo finale (sulla agghiacciante, ovviamente paradossale, prospettiva che Gesù al suo ritorno sulla terra non trovi più cuori credenti).
Cioè si tratta di un invito a mantenersi comunque in stretto contatto filiale con Dio, sentendo sempre la propria salvezza dipendente dal suo soccorrerci (pregarLo sempre); e insieme ad essere protesi verso il premio escatologico che, come in vari altri brani della Scrittura, potrà sembrare che ritardi ma che, rispetto alla velocità con cui trascorre la vita umana, è certamente sempre "alle porte" (il "prontamente" quindi va inteso come "sicuramente" e la "giustizia" che Dio farà va riferita al premio eterno, il conseguimento del quale non è in contraddizione perfino con l'eventuale massima ingiustizia che eventualmente il Signore lascia che i suoi fedeli subiscano, come nel caso del martirio).
La differenza rispetto ai nostri fratelli TG sta dunque nel ritenere quel "prontamente" come davvero imminente nel tempo storico che stiamo vivendo e quella "giustizia" come relativa a tutto il popolo dei TG, come la dottrina di un Armaghedon giustiziere sempre incombente fa loro credere. Una illusione che noi, con la fede educata dalla corretta interpretazione che la Chiesa sa dare alla Parola di Dio, non abbiamo e perciò sentiamo le raccomandazioni e i moniti di Gesù come riferiti alla nostra vita personale, il che può comportare una "fine del mondo" lontanissima nei secoli.
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » gio ott 24, 2013 6:05 pm

Domenica 27 Ottobre 2013 - XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Sir 35,15b-17.20-22a
Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità
.

"La preghiera del povero... non si quieta... non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione e ristabilito l'equità". Come si vede questo libro del Siracide (un tempo denominato Ecclesiastico) è in linea perfetta con la parabola di Dio giudice che la Liturgia ci ha proposto nel Vangelo di Domenica scorsa. Pertanto rimandiamo a quel commento la spiegazione circa il "ritardo" di Dio nell'esaudire a volte (anzi spesso!) le preghiere più insistenti, perché l'esaudimento non sarebbe in linea con ciò che Egli ha previsto, nella sua trascendente saggezza, come più utile per noi; una utilità (va creduto!) relata sempre al fine escatologico che è la nostra salvezza nella santità più alta possibile.
Resta da notare dunque solo la nostra meraviglia per il fatto che il geovismo (al seguito del protestantesimo di cui è figlio) non veda tale sintonia tra le due Letture e giudichi il Siracide come libro "apocrifo" da espungere dalla Bibbia.
Anzi un'altra cosa va notata, e con il meritato disappunto! Il fatto cioè che, quando il TG propone il suo "corso biblico" per "spiegare la Bibbia" non avverte mai sin dall'inizio che userà solo la sua Bibbia, la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture. Essa è l'edizione citata di regola nei loro testi di spiegazione, ma, seguendo il Canone protestante, manca dei nostri 7 "deuterocanonici". Peggio, di fronte a chi si mostrasse diffidente verso la loro versione biblica, il CD dice ai suoi proclamatori di tranquillizzare tutti in questo modo: "Se qualcuno dice: 'La vostra Bibbia è diversa'. Si potrebbe rispondere... 'Sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca'." (Ragioniamo p. 402) Così si fa ingannevolmente intendere che la loro Bibbia sia una traduzione fedele dei testi originali, alla pari di tutte le altre.



Seconda Lettura 2 Tm 4,6-8.16-18
Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

"Il Signore, il giudice giusto... mi ha dato foza... a lui la gloria nei secoli dei secoli". Questo "Signore" (kyrios in greco) non trasformato (arbitrariamente!) nella NM, come in tantissimi altri passi in "Geova", in questo contesto è indubbiamente, anche per la WT, Gesù Cristo. Ne fanno fede i vari riferimenti al suo essere "giudice" e re di un regno "nei cieli".
Di qui la contraddizione del v. 17 che attribuisce a Gesù l'aver dato forza all'apostolo nelle difficoltà, diversamente che in 2Corinti 12, 8-10 ove si legge: "8 A questo riguardo supplicai tre volte il Signore affinché essa si allontanasse da me; 9 eppure realmente mi disse: “Ti basta la mia immeritata benignità; poiché la [mia] potenza è resa perfetta nella debolezza”. Lietissimamente, perciò, mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza del Cristo rimanga come una tenda su di me." (NM)
Ma in costa consiste la contraddizione - chiederà il lettore - non c'è perfetta coerenza tra i due passi? In entrambi il Signore in questione non è Gesù? Indubbiamente, rispondiamo noi. Senonché nel passo della 2Corinti il geovismo spiega che quel Signore, supplicato da Paolo, non sarebbe Gesù ma Geova. E questo nonostante che anche lì esiste il chiarissimo elemento identificativo giacché Paolo conclude che è "la potenza del Cristo" a rimanere su di lui.
Il problema, per i dirigenti della WT, era che questo Signore, nella 2Corinti, veniva pregato, e con preghiera ripetitiva (proibita) per ben tre volte, quando la dottrina geovista su questo è tassativa, giacché afferma sia che Geova non gradisce le "preghiere ripetitive", sia...: "Geova vuole che rivolgiamo le nostre preghiere a lui, non a qualcun altro. La preghiera fa parte della nostra adorazione e per questa ragione dovrebbe essere indirizzata solo al Creatore, Geova. Gesù non insegnò loro [ai suoi discepoli] a pregare lui [sic!] stesso." (Verità, p. 152) E naturalmente, oltre la 2Corinti, nella Bibbia abbiamo decine di passi ove la Bibbia insegna a pregare Gesù (cf Giovanni 14,14; Atti 7,59 ecc...)
Dulcis in fundo, in questo brano della 2Timoteo, abbiamo perfino la finale che è una preghiera-inno di gloria a Gesù: "A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (NM)



Vangelo Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

"Il fariseo... o Dio... il pubblicano... o Dio...". La NM traduce ugualmente. Ma qui il DIO di cui si parla è certamente "il vero Dio", direbbe la WT, e cioè Geova. Come mai, chiediamo noi, nella NM non è stato cambiato in "Geova" come è stato fatto tutte le volte che il NT usa il titolo "Kyrios" riferito a Geova? La tesi geovista non sostiene che se si prega l'Altissimo utilizzando uno dei suoi "titoli" anzichè il suo "nome proprio" (e sia Signore=Kyrios che Dio=Theòs sono nel geovismo considerati titoli!) l'Altissimo non capisce che ci si sta rivolgendo a Lui, e, avendo comandato di rivolgersi a Sé usando il suo nome proprio, non è contento di una preghiera che invece di chiamarlo per nome lo chiama soltanto "Dio"? Ma, se è così, come mai, pur facendo tale sgarbo a Geova, il pubblicano se ne tornò a casa giustificato?
Ecco quindi che, in realtà, il Vangelo, in questo passo, contraddice la tesi geovista riguardo all'uso del nome divino ritenuto dalla WT unicamente valido nella preghiera, contro l'uso di semplici titoli.

"a differenza dell'altro tornò a casa sua giustificato". La NM ci sorprende perché, contro una traduzione millenaria, traduce "scese a casa sua più giustificato di quell'altro". Ma sentiamo come il filologo Nolli spiega quella preposizione "parà" che, in questo contesto, la CEI ha reso "a differenza dell'altro" (gr. par'ekèinon): "Par' una delle 17 preposizioni del NT... qui traduce il min ebraico e significa piuttosto che, invece di, latino magis quam; oppure l'altro no.


NOTA
Qualcuno che non conosce bene la mentalità geovista, potrebbe trovare arido e sterile un commento siffatto del sacro testo. E non dico solo di questo brano ma di tutti i testi che andiamo esaminando durante l'anno. E avrebbe ragione, ma solo relativamente alla nostra mentalità che dal testo, contemplato con intelletto d'amore, tende a ricavare pensieri di ben altra utilità spirituale e ascetica. Cosa di più costruttivo ad es. che vedere in questo testo evangelico una fortissima ammonizione divina all'umiltà? al confessare la propria miseria davanti a Dio, pentendosi dei propri peccati (come del resto ammoniva anche l'Altissimo secoli prima quando diceva "volgerò il mio sguardo sull'umile, su chi teme la mia parola", oppure "Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato tu, o Dio, non disprezzi"...). E insieme c'è l'invito a non giudicare l'interiorità altrui (richiamo alla faccenda della pagliuzza e della trave e a Giacomo che chiede "chi sei tu per giudicare il tuo fratello?": e anche a non illudersi che le opere siano una "paga" adeguata per pretendere il biglietto per il paradiso ecc... Infine c'è anche da pensare che la giustizia, anche non millantata ma esercitata con opere concrete, ma non vista come un dono di Dio che opera in noi il volere e il fare, risolvendo ogni bontà in grazia-dono del Signore che ce la accredita come giustizia, può essere nullificata da atti interiori di superbia e compiacimento di sé.
Ma il TG non è interessato a questo livello. O meglio lo è anche, ma non quando dialoga con noi per portarci alla sua fede. Lui è tutto proteso a tirare fuori dal testo la dottrina e solo la dottrina secondo l'ottica della sua Congregazione. Del resto se ha abbracciato il geovismo lo ha fatto perché gli hanno fatto credere che la Bibbia contiene una dottrina diversa da quella insegnata dalle grandi Chiese storiche. E perciò, rinunciando anche alla nostra utilità (che coltiveremo aliunde e per la quale già esistono ottimi commenti esegetico-spirituali) veniamo a lui incontro sul suo piano di analisi, per mostrargli che la dottrina insegnata dal suo CD (che chiamiamo "geovismo" per incolpare lei dell'errore e non le persone dei TG che la subiscono e se ne fanno portatori) non è propriamente biblica se non solo su alcune questioni etiche, non certo per quanto riguarda la dogmatica.

Questo ci dà occasione anche per notare che l'analisi normale delle Scritture, svolta dai nostri commentatori, non nota (o se le nota le trascura perché ai fini della fede sono ritenute a torto ininfluenti) l'importanza di certe sfumature nella versione biblica che il CD dei TG adopera come grimaldello per modificare la dottrina che la Bibbia trasmette. I nostri esegeti non immaginano questo uso strumentalizzato della Scrittura e accade, qualche volta, che, senza rendersene conto, offrono appoggio a tesi geoviste. Due esempi:
1) In Giovanni 14,14 Gesù chiede di essere pregato "Se mi chiederete qualcosa nel mio nome la farò". E' un versetto talmente efficace per demolire la tesi geovista che sostiene la non divinità di Gesù (la preghiera fa parte dell'adorazione e l'adorazione può essere data solo a Geova, Gesù non insegnò ai discepoli di pregare se stesso!) che la NM dei TG si permette di sopprimere il pronome personale "MI" dal testo. E per confermare che questa sarebbe la verità delle cose la WT cerca ed esibisce versioni bibliche e commentari ove questo versetto viene reso da esegeti e commentatori non geovisti senza il "MI";
2) Altro esempio è quello che riguarda l'anima. I nostri esegeti notano giustamente che l'antropologia ebraica non aveva spessore filosofico più di tanto e perciò non si trova nella Bibbia una netta distinzione tra anima (spirituale) e corpo. Il che sembrerebbe appoggiare la tesi geovista asserente che "l'uomo non ha un'anima, è un'anima" per ricavarne così sia la non distinzione tra anima animale e anima umana, sia che l'anima sarebbe mortale; può essere passata perfino a fil di spada! In tal modo, alla morte fisica dell'uomo, la persona umana viene nullificata, nulla di lei sussiste se non il ricordo, custodito nella mente di Geova "comune tomba del genere umano", e la custodisce solo se Egli ritiene che il soggetto abbia meritato di essere risuscitato.
Chi spiegherà a persone culturalmente indifese che Dio nella Bibbia non insegna nessuna disciplina universitaria e perciò neppure l'antropologia filosofica? E che pertanto quella concezione dell'uomo che troviamo nella Bibbia, e che su tale materia troviamo approssimativa*, non è da prendere come insegnamento culturale divino ma come espressione della cultura ebraica del tempo?
____________________________________________
* Abbiamo già scritto che il pensiero biblico circa l'anima umana (dalla Chiesa definita "anima intellectiva" o "spirito umano" perché di natura spirituale, semplice, non fatta di parti e pertanto non disgregabile ) ben distinta, anche se strettamente unita al "corpo", non è uniforme, è ondivago. Più che di lei nella Bibbia si parla dell'uomo concreto e lo si esprime, secondo le varie situazioni come "nèphesh, neshamàh, basàr, ruàch, psyché...". E per indicare la sua intimità spirituale si usano termini come "cuore, volto ecc." (cf la polivalenza e perciò la non riducibilità al concetto di "anima", dei termini "nèphes" nell'AT e "psyché" nel NT). Così la nostra Chiesa, conscia che altro è la cultura ebraica prefilosofica e prescientifica, altro l'insegnamento divino rivelato nella Bibbia, si è sentita libera di utilizzare l'apporto di altre culture, come quella ellenica, per definire antropologicamente l'uomo come un composto di anima (spirituale) e corpo (materiale) uniti in un'unica sostanza. E' così che lo troviamo concettualizzato da sempre nell'insegnamento cattolico e nel moderno CCC. Quindi il dilemma espresso con aut aut dal Cullmann che ha scritto "Immortalità dell'anima o risurrezione?" non esiste nella nostra fede che insegna esservi sia l'immortalità (dell'anima) che la risurrezione (dei corpi), e, una volta avvenuta questa alla fine dei tempi, la glorificazione o la dannazione dell'insieme se la persona si è autoqualificata come "giusta" o "ingiusta".
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » ven nov 01, 2013 12:33 pm

Domenica 3 Novembre 2013 - XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura Sap 11,22 - 12,2
Signore, tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.

Hai compassione di tutti, perché tutto puoi,
chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento.

Tu infatti ami tutte le cose che esistono
e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata.

Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza?

Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue,
Signore, amante della vita.
Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.

Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano
e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato,
perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.

Leggendo questo testo, il cattolico che conosca l'ideologia geovista noterà che non vi si trova una virgola che il geovismo non possa condividere. E pertanto resterà meravigliato al pensare che i TG ritengano il libro della Sapienza "apocrifo" così da escluderlo dalla loro Bibbia.
La verità è che - a prescindere dai motivi avanzati dal protestantesimo per escludere dal Canone delle Scritture tale libro, che non è "apocrifo" ma è tra i nostri sette "deuterocanonici" – il geovismo lo esclude di sicuro anche perché in questo libro si parla molto chiaramente della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte. Ovvero si allude alla dottrina cattolica della immortalità dell'anima, laddove il geovismo ritiene che l'uomo venga nullificato al momento della morte.
Mi correggo, questo testo in realtà è pericolosissimo perché capace di distruggere perfino il concetto che i Testimoni hanno del loro Dio. Esso infatti presenta un Dio che non solo ha creato le cose ma che ne mantiene, diciamo... nanosecondo per nanosecondo, l'essere e le qualità. Nella nostra teologia si parla come cosa ovvia sia di "creazione" dal nulla, sconosciuta al geovismo, sia di "conservazione nell'essere", cosa che sembra proprio che a Geova non lo riguardi e che, anche volendo, non saprebbe fare data la sua "non onnipresenza". Questa problematica insomma, squisitamente metafisica - e in pieno accordo con la Scritura che, fra i tanti accenni ad un Dio ben diverso da Geova, dice anche che "in lui esistiamo, ci muoviamo e siamo" (Atti 17,28)- non sfiora neanche un po' la mente del CD dei TG che tratta il "Mysterium tremendum" del Dio Altissimo e trascendente come fosse una favola per bambini.



Seconda Lettura 2Ts 1,11 - 2,2
Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

“Gesù in voi e voi in lui”. Torna (abbiamo avvertito che era cosa costante, vero?) la solita deformazione nella NM che rende lo “in Gesù” con “uniti/tamente a”, per precisare che il geovismo non crede all’unione intima-vitale del discepolo con il Maestro (realizzata dalla grazia). Il battesimo geovista non comunica nessuna grazia-vita divina, né pertanto ci rende “templi di Dio” come la Bibbia afferma chiaramente in 1 Corinti 3,16-17. E, si badi, tale intimità, di cui noi siamo certi che ne goda ogni membro della cristianità che sia in grazia di Dio, il geovismo la nega perfino ai suoi Unti , gli unici “figli di Dio” che già regnano o regneranno in cielo e non solo alle Altre Pecore dei TG normali; anzi la nega perfino allo stesso Figlio di Dio che concepisce non “nel Padre” (anche qui ignorando Giovanni 14,10-11*) ma “unito al Padre”, accanto a Lui, “nella posizione del seno presso il Padre” come la versione della NM rende il versetto di Giovanni 1,18. E questa "posizione del seno presso" è spiegata chiaramente nella nota che la NMrif appone al versetto di Luca 16, 22 che parla di Lazzaro nel seno di Abramo e spiega che sarebbe la posizione di chi sta di fronte a un commensale, sullo stesso divano ad un pasto; il che significa ben separato spazialmente da lui.
* Questo punto di Giovanni è sintomatico per dimostrare che Gesù dicendo di essere “nel Padre e il Padre in lui” intendeva proprio alludere a quella unione misteriosa che noi cattolici chiamiamo “consustanzialità” del Figlio con il Padre. Se infatti avesse voluto significare unicamente quella unione morale di intenti che il geovismo sostiene, Gesù non avrebbe avuto bisogno di dire: ‘Se non credete alla mia parola credetelo almeno in base alle opere miracolose che compio.’ Una semplice unione di intenti non solo non avrebbe suscitato incredulità nei discepoli ma era perfino evidente da tutto l’agire precedente di Gesù.

“la grazia”. Anch’essa, negata nella accezione di partecipazione alla natura-vita divina, come assicura S. Pietro nella 2 Pietro 1,4, viene sempre resa nella NM con “immeritata benignità”. Cioè da fatto vitale-ontologico soprannaturale viene ridotta ad atteggiamento non meritato di benevolenza da parte di Dio verso la creatura. Si pensi, perfino nei confronti del Figlio di Dio tale benignità è concepita come non meritata! E’ scritto infatti: “… egli [Gesù] era pieno di immeritata benignità e di verità” (Giovanni 1, 14).

“riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. La NM, stranamente ancora aderente in questo alla veduta del fondatore Russell, rende “rispetto alla presenza del nostro Signore Gesù Cristo”. E’ questo un argomento molto sviscerato dalla critica che qui non è il luogo di trattare. Diciamo che è vero che il termine originale greco parousìa può significare sia venuta che presenza. Ma, come si evince dal contesto liturgico (di fine anno prossimo a Cristo re, e così sarà anche per l’Avvento), la nostra Chiesa in questo contesto la intende, con tutte le Chiese storiche, “venuta”. Mentre il geovismo trova nel concetto di presenza (ovviamente invisibile!) una specie di riparazione per una venuta di Cristo distruttore ad Armaghedon annunciata sempre prossima-imminente e sempre smentita dai fatti.

“di non lasciarvi troppo presto confondere la mente”. E’ reso nella NM “di non essere presto scossi dalla vostra ragione”. La differenza è sottile e va spiegata. Il contesto a noi fa capire che San Paolo mette in guardia dal credere che l’avvento del Signore sia vicino. Esorta a non dar retta a voci, anche se presentate come “ispirate” che propalino tale opinioni. Invece, da come il CD dei TG ha usato questo testo, se ne ricava che i Testimoni non devono lasciarsi sviare dalla loro stessa ragione quando accadesse che un ragionamento critico altrui sembrasse loro ben fatto e perciò facesse vacillare la loro fede. Insomma è l’invito ad esercitare una fede senza ragione, proprio al contrario di quella cattolica che è invitata dai suoi dirigenti, con tanto di enciclica papale, ad unire armoniosamente Fides et Ratio.

“quasi che il giorno del Signore sia già presente”. La NM rende “secondo cui il giorno di Geova sia venuto.” C’è da rimanere basiti…! Ma non abbiamo appena letto che la venuta o presenza in oggetto è quella “del nostro Signore Gesù Cristo”? Come mai ora la si trasforma in “giorno di Geova”? Mistero! Oltretutto il geovismo non insegna che Geova non si manifesterà mai, ma che la manifestazione futura riguarda il trionfo del Re Gesù Cristo?



Vangelo Lc 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

No comment. Ammirazione soltanto per questo piccolo-grande uomo. Ne trovassimo qualcuno di questa pasta tra i politici di ogni tempo!
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » mer nov 06, 2013 8:09 pm

Domenica 10 Novembre 2013 - XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)



Prima Lettura 2 Mac 7,1-2.9-14
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Anche questo libro biblico è ritenuto "apocrifo" (noi diciamo "deuterocanonico") dal geovismo e perciò non considerato Parola di Dio. Ma il motivo vero, oltre ad aver scelto di seguire il Canone Protestante che appunto elimina questo e altri 6 libri dell'AT, va ricecato nel fatto che al capitolo 12, versetti 40-45 esso offre una testimonianza chiara, relativa alla persuasione degli israeliti del tempo, che gli esseri umani sopravvivono dopo la morte del corpo, e possono essere purificati nell'aldilà. Il che ha fatto dedurre alla nostra teologia (che è riflessione logica sul senso della Parola di Dio e sulle verità logicamente connesse, e perciò comunicate indirettamente) che esiste il Purgatorio. Cosa fastidiosa per il geovismo che ritiene non esservi né purgatorio né inferno (ma su quest'ultimo sono incoerenti perché in realtà credono che satana & Co. vivano in una situazione infernale!). Il geovismo insegna che, alla morte fisica, l'uomo (detto impropriamente "anima") essendo composto solo di "corpo" e "forza vitale", e questa concepita come una energia analoga alla elettricità, finisce nel nulla.


Seconda Lettura 2 Ts 2,16 - 3,5
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

"pregate per noi" è un attestato biblico (che si incontra spesso) di richiesta di preghiere di intercessione. L'incongruenza nel geovismo sta nel fatto di accettarla se esercitata tra TG viventi, ma di non praticarla tra i TG sulla terra e gli Unti già finiti in cielo; eppure anch'essi sono ritenuti viventi, Maria compresa. Cosa vieta loro di dirle "Santa Maria, prega per noi peccatori"?

"la parola del Signore corra e sia glorificata". la NM rende "la parola di Geova continui a diffondersi rapidamente". A parte il fatto che cambiare il Kyrios originale del greco con Geova è un arbitrio. Ma, dando per buona la loro scusante di averlo cambiato solo quando il contesto faceva capire che con Kyrios l'agiografo non voleva indicare Gesù ma Dio Padre, qui ci sembra proprio che i traduttori sono incorsi in una illogicità (oppure è una svista che in futuro cambieranno?). Infatti l'interesse di Paolo, predicatore della buona novella portata dal Cristo, diametralmente opposta alla Legge mosaica, non era che la parola di Geova si diffondesse ma quella della buona notizia portata dal Signore Gesù. Quindi qui il Kyrios indica strettamente Gesù e non il Padre.
L'ultimo Kyrios invece che - dato e non concesso l'arbitrio di renderlo con Geova – avrebbe potuto essere reso come riferito al Padre perché indica la persona che dovrebbe dirigere i cuori alla pazienza (o "alla perseveranza" come dice la NM) di Cristo - se si trattasse di Gesù, Paolo avrebbe scritto "ad imitare la propria pazienza" no? - viene lasciato inalterato e perciò riferito a Gesù stesso. La NM infatti dice "Il Signore continui a dirigere con successo i vostri cuori nell'amore di Dio e nella perseveranza per il Cristo".



Vangelo Lc 20,27-38
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello". C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: "Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

"ma quelli che sono giudicati degni.... sono figli di Dio". La NM ha piccole varianti al testo che dobbiamo dividere in due parti perché ne derivano due "verità" geoviste, entrambe da valutare criticamente. Dunque essa rende il brano così: "ma quelli che sono stati degni di guadagnare quel sistema di cose e la risurrezione dai morti non si sposano né sono dati in matrimonio."
Orbene qui si allude alla situazione-sistema di cose che ci sarà nella terra paradisiaca durante il millennio e alla risurrezione fisica di giusti e ingiusti su di essa poiché solo i risuscitati vivranno sulla terra paradisiaca, e non gli Unti che stanno e staranno in Cielo con il loro "corpo spirituale". Riguardo a tali persone si insegna - ma (ohibò!) non si rivela subito ai nuovi arrivati! - che, pur rimessi a nuovo - perché la dottrina insegna che i morti saranno risuscitati con l'aspetto e i mali fisici e mentali che avevano e poi gli Unti li guariranno e ringiovaniranno "applicando loro i meriti di Cristo" (?!) – si insegna che essi non potranno sposarsi perché il ripopolamento della terra è riservato ai TG che passeranno indenni attraverso Armaghedon.
Abbiamo staccato la seconda parte del discorso a ragione perché la chiosa finale asserente che "non possono più morire" non riguarda tali soggetti destinati alla terra paradisiaca, i quali possono essere messi a morte sia durante il millennio, sia nella superprova di fedeltà scatenata da Satana alla fine del millennio, sia durante la vita eterna dopo aver superato tale prova! Essi sono e restano irrimediabilmente mortali.

La seconda parte del discorso invece dice " Infatti non possono neanche più morire, poiché sono come gli angeli, e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione." Le caratteristiche di questi altri soggetti sono squisitamente esclusive degli Unti perché essi solo, avendo un "corpo spirituale" sono "come gli angeli" e "non possono più morire" e sono "figli di Dio" (mentre i TG Altre Pecore sono solo figli del "datore di vita Cristo Gesù" e perciò nel millennio "sono legalmente in grado di divenire nipoti di Dio").

E qui risalta anche l'incongruenza di definirli "figli della risurrezione" poiché gli Unti non vengono risuscitati. Quelli morti dalla Pentecoste fino al 1918, sono stati ricreati e spediti in cielo con un "corpo spirituale" di tipo angelico. Quelli invece morti dal 1918 ad oggi "non dormono nel sonno della morte" ma vengono assunti immediatamente, con debito corredo di "corpo spirituale" nel Reame dei cieli. La risurrezione insomma non li riguarda, a meno che non si voglia intendere (tanto per tappare la falla) che sono figli della risurrezione di Gesù da cui deriva ogni tipo di salvezza e quindi anche quella di prima classe qual è la redenzione degli Unti.
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » sab nov 16, 2013 12:09 pm

Domenica 17 Novembre 2013 - XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)


Prima Lettura Ml 3,19-20a
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

“Non lasciar loro né radice né germoglio”. “… né radice né ramo” (NM)
Seguendo un gruppo di codici diverso da quelli scelti dalla CEI, la NM sposta al cap 4, 1-2 questi versetti che la CEI ha alla fine del capitolo 3.
E’ un brano che abbiamo già incontrato e commentato sottolineando, la orripilante esegesi che il CD fa di quelle “radici” che simboleggiano i genitori, e di quei “rami” che rappresentano i figli. Sembra che Geova, ad Armaghedon, giorno del suo furore, distruggerà gli uni e gli altri, anche se questi ultimi sono del tutto incolpevoli perché minori. Secondo il CD la colpa dei genitori “malvagi” li associa automaticamente alla loro sorte. E si dice che ciò avviene “giustamente”. Ma è il caso di leggere il testo completo:

«Col tempo, tutti i nemici della giustizia, insieme ai loro sostenitori, "devono divenire come la stoppia". Il giorno di Geova arderà fra loro come una fornace. "Non lascerà loro né radice né ramo". In quel giorno della resa dei conti, i bambini, o rami, saranno giustamente trattati in base alla valutazione che Dio avrà fatto delle loro radici, i genitori, che sono responsabili dei figli. I genitori malvagi non avranno discendenti che ne perpetuino le vie malvage.» (TORRE 15/4/1995, p. 22)
Quindi il CD non è d’accordo né con Abramo che, intercedendo per salvare Sodoma e Gomorra, ricordava a Dio che distruggere il giusto, cioè l'innocente, insieme all’empio sarebbe un’ingiustizia inammissibile per il Giudice di tutta la terra; né è d’accordo con Dio-Angelo che riconobbe il valore dell’osservazione.
Inoltre manifesta un concetto deterministico perché ritiene che i figli di genitori malvagi, divenuti adulti sarebbero anch’essi automaticmente malvagi, quando la storia dimostra che ognuno, anche se instradato e molto condizionato dall’ambiente, mantiene la propria libertà e può non seguire le orme dei genitori malvagi (cosa ipotizzata da Dio stesso nel capitolo 18 di Ezechiele, capitolo che rivendica la responsabilità personale rispetto a quella collettiva, e i ripensamenti e inversioni di rotta dei figli rispetto alla condotta-catechesi ricevuta dai genitori).
Ultima cosa - persino buffa questa nella sua contraddittorietà! – la frase "i genitori, che sono responsabili dei figli" suona così ma intende tutto il contrario, cioè che i figli, secondo la WT, sono responsabili di ciò che hanno fatto i genitori, appunto perché ne rispondono in solido perdendo la vita; come accade insomma agli eredi di genitori che lasciano loro in eredità dei debiti da pagare!



Seconda Lettura 2 Ts 3,7-12
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

No comment.


Vangelo Lc 21,5-19
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

“mettetevi dunque in mente…. Non potranno resistere né controbattere”. E' una cosa che auguriamo di cuore ai nostri fratelli devoti di Geova. Ma il Vangelo qui contestualizza che tale... eloquenza apologetica il Signore la darebbe davanti a giudici persecutori brutali per i quali nessuna difesa ha senso (come ci ricorda la fiaba del lupo e dell’agnello). Non sembra invece che la stessa eloquenza sia fornita quando, in tempo di non persecuzione, i TG sono stati chiamati a resistere e controbattere alle accuse documentate e logicamente costringenti che il GRIS ha opposto alla manipolazione della Bibbia operata dai dirigenti del movimento geovista. Eppure, nonostante che in realtà la nostra contestazione (come qui avviene) si mantiene sempre su un piano strettamente dialettico e rispettoso per le persone, i TG sono indottrinati a ritenerla persecutoria. Come mai l'aiuto di Geova è assente?

“sarete odiati da tutti a causa del mio nome”. Questo versetto è strumentalizzato dal CD per far credere ai suoi proclamatori che il rifiuto opposto al loro messaggio (poco conta se in realtà sia motivato da motivi i più svariati, come petulanza, orario impossibile... ) è da interpretarsi come odio e persecuzione perché essi sarebbero i veri seguaci di Cristo, perseguitati quindi a “causa del suo nome”. A nessun TG viene in mente che il “mondo” perseguita con eguale se non maggiore accanimento ogni denominazione religiosa, sia cristiana che di altre fedi? E questo, agli occhi di un TG riflessivo, non dovrebbe suonare molto strano se, come la loro dottrina insegna, tutte le religioni (raggruppate sotto l’etichetta di “Babilonia la grande, l’impero mondiale della falsa religione”) sono alleate di Satana che governa il mondo appunto tramite: religioni, governi-politica, e commercio? Il mondo non dovrebbe "amare ciò che è suo" e quindi vedere l’opera di diffusione della "falsa religione" come una attività a lui gradita, provenendo da “alleati”?

“la vostra vita”, “le vostre anime” (NM). La NM aggiunge in nota “O, “le vostre vite [future]”.Gr. psychàs hymòn.” Vita o anima? Questa o quella per me pari sono? Torna a riproporsi l'ineffabile confusione che la WT ha architettato ai danni dell'anima umana, che essa concepisce come mortale e che, alla morte del corpo, svanisce nel nulla come l'energia scompare da un generatore che si arresta. Ma di questo abbiamo già disquisito a lungo...
Si gioca sul concetto latino di anima; si uniforma indebitamente in tutta la Bibbia la "traduzione" del nèphesh ebraico e della psyché greca con "anima", mentre quel vocabolo nella Bibbia ha una molteplicità di significati tra cui gola, respiro, bocca, profumo, persona, vita, essere vivente ecc... per scoprire - con... stupore e voglia irrefrenabile di comunicarlo a tutti - che la Bibbia insegnerebbe che "Dio ha anima", che ci sono "anime morte", che "gli animali sono anime" né più né meno di quanto lo siano gli esseri umani, che "le anime possono essere passate a fil di spada" e via equivocando...
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Re: "E venne un uomo..." Anno 2012-2013 Ciclo liturgico "C"

Messaggioda Sandro » ven nov 22, 2013 11:48 pm

Domenica 24 Novembre 2013 - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)
NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSOSolennità




Prima Lettura 2 Sam 5,1-3
In quei giorni. vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

Nulla da rilevare salvo la solita differenza, nella NM, di usare il nome "Geova", ove la nostra CEI usa "Signore". La nostra legittimazione viene dal fatto che ci siamo adeguati all'usanza seguita da tutti gli autori ispirati del NT nei cui scritti non si trova mai "Geova". Essi attingevano le citazioni del VT dalla versione ebraica dei LXX che hanno sostituito Kyrios (Signore) al posto del tetragramma che un sacro timore rendeva impronunciabile. E veniamo così anche incontro alla sensibiità dei fratelli ebrei che mantengono ancora quel divieto sostituendo il tetragramma con "ashem" (il Nome) o altro. Mentre giudichiamo scorretto che la NM usi Geova, per un doppio motivo: primo, perché "Geova" non è traduzione del tegragramma ma solo una sua pronuncia; infatti, secondo quanto spiega lo stesso CD dei TG, la traduzione di esso dovrebbe essere "io mostrerò d'essere" (cf Esodo 3,14c – NM) ; secondo, perché, posto che si voglia usare non la traduzione ma solo la pronuncia del tetragramma, la NM di fatto sostiene una pronuncia certamente sbagliata giacché, come spiega lo stesso CD dei TG, la pronuncia "Geova" deriva dalla commistione indebita tra le consonanti del tetragramma e le vocali di Adonay; e lo si fa ammettendo che la pronuncia più probabile sarebbe "Yaweh" (cf tutto il discorso ne Il nome divino che durerà per sempre).


Seconda Lettura Col 1,12-20
12 Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
13 È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
14 per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
15 Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
16 perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
17 Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.


18 Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
19 È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
20 e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

Questo testo che mostra l'eccellenza e la diversità del Figlio rispetto alla creazione è stato pesantemente ritoccato dal geovismo al fine di negare l'unità in divinità del Figlio con il Padre; quella che noi cattolici chiamiamo "consustanzialità". L'analisi meriterebbe che si notasse ogni sfumatura, ma questo ci porterebbe oltre l'essenzialità riassuntiva di questi nostri commenti. Accenneremo perciò solo, per gli opportuni approfondimenti, alla differenza di intendimento di alcuni passi tra i quali sottolineeremo la più grave perché soggetta anche a manipolazione testuale, rimandando alla precisa analisi che ne ha fatto Mons. Lorenzo Minuti, già presidente del GRIS, nel suo volume I testimoni di Geova non hanno la Bibbia, Coletti a San Pietro3, pp. 26-35) Questa volta abbiamo inserito il numero dei versetti per una più rapida localizzazione.

"12 ... capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce". Se Paolo parlava ai cristiani di tutti i tempi, qui la Bibbia ribadisce che il nostro destino ultimo è la gloria dei cieli. Ma questo andrebbe contro la dottrina geovista che destìna gli Unti al cielo e le Altre Pecore alla terra paradisiaca. Perciò il "Canale di Geova" spiega che sì, Paolo parlava a tutti di salvezza celeste ma perché nel primo secolo tutti i cristiani erano Unti! Oggi poi abbiamo appreso che non solo nel primo secolo ma durante tutti i secoli, fino all'epoca moderna, i cristiani geovisti erano Unti, giacché le "Altre Pecore", fatte non di "figli di Dio" ma di "nipoti", destinate alla terra paradisiaca, sono state scoperte solo nel 1935.

"14 ... la redenzione" diventa nella NM "la nostra liberazione per riscatto". Espressione legalistica secondo cui il Figlio avrebbe riscattato o ricomprato il diritto alla vita per noi che ne siamo stati privati dal peccato di Adamo. Così il fine della redenzione sarebbe, oltre che la rivendicazione dell'onore di Geova, quello di restituire all'umanità il diritto di vivere su una terra paradisiaca, ripristinando la situazione dell'Eden. Mentre per noi la redenzione è salvezza ed elevazione all'ordine soprannaturale, con la grazia, e destinazione alla gloria dei cieli; un entrare "nel gaudio del tuo Signore". Oltretutto il suo "costo" Dio non lo stabilì secondo la cosiddetta "legge perfetta del taglione" che esigeva "vita umana perfetta per vita umana perfetta", facendo di Gesù l'equivalente in valore di Adamo. San Paolo è categorico nel dire che "ove abbondò il peccatò sovrabbondò la grazia", ovvero Gesù ha pagato molto di più che il dovuto per salvarci. Il che si spiega solo per sovrabbondanza di amore e a scopo dimostrativo per noi di quanto valiamo ai suoi occhi. Va anche notato che nella Bibbia Dio stesso è qualificato "redentore" ma se il redentore è colui che paga il riscatto si avrebbe l'assurdo pasticcio che Dio pagherebbe il riscatto a se stesso facendosi al contempo debitore e creditore.

"15 ... primogenito di tutta la creazione". (gr. protòtokos pàses ktìseos) L'espressione è identica nella NM ma dal geovismo viene interpretata come "prima creatura tra tutte le cose create" mentre per noi, anche se in questa versione CEI del 2008 l'espressione è uguale, l'intendimento resta quello meglio espresso dalla versione CEI del 1974 che recita "generato prima di ogni creatura".* Il testo greco non per nulla ha protòtokos per il Figlio (participio composto da pròtos che significa prima e da tikto, verbo che significa generare, fare figli) e ktìseos per le cose (genitivo di ktìsis, sostantivo che indica creazione, creatura). Se anche il Figlio fosse una creatura avremmo trovato un verbo che non parlava di generazione per lui. Ciò sta a significare quindi che il Figlio è "generato, non creato" come diciamo noi nel Credo della domenica, e che pertanto si distingue da "ogni creatura" come viene sottolineato per almeno cinque volte lungo tutto il brano.
Il gioco-maneggio del CD sta tutto nel far credere che siano equivalenti i concetti di generare e creare, quando è vero che possono esserlo ma solo metaforicamente e non in questo contesto in cui San Paolo sta rimarcando la netta distinzione che esiste tra il Figlio e le creature; una diversità tanto abissale quanto lo è quella tra il produttore di un'opera dall'opera da lui prodotta; anzi di più ancora, perché un produttore - e le creature intelligenti, uomini e angeli compresi, non possono essere nulla di più che produttori usando, per fare, qualcosa di già creato! – un produttore usa appunto qualcosa per produrre un'opera, mentre il Creatore – che non può essere che Dio - usa solo pensiero e volontà tirando le cose fuori dal nulla e donando loro sia l'essere, sia la sostanza che le distingue tra loro, sia le proprietà e leggi di funzionamento. Nella Bibbia il pensiero creativo, efficiente, di Dio è espresso sinteticamente dai termini dabàr (parola) in ebraico, e logos in greco; il latino ha verbum. Il Figlio di Dio è quindi in questo testo rivelato e confessato da San Paolo come persona che con-crea le cose insieme al Padre e pertanto è Dio come il Padre; come tale compartecipe della sua onnipotenza, eternità, onniscienza, onnipresenza etc... cioè di tutte le prerogative esclusivamente divine.

* La versione CEI del 1974, nella nota al v. 15, spiega l'intendimento esatto della Chiesa riguardo a quel "generato prima di ogni creatura" in questi termini: "Generato dall'eternità, Dio da Dio, Cristo ha il primato assoluto nella creazione e nella redenzione, che è nuova creazione".


"16 ... perché in lui furono create tutte le cose". Da questo versetto al 20 troviamo ribadita per cinque volte l'espressione "tutte le cose" che contrasta con l'idea geovista secondo cui il Figlio, ritenuto arcangelo creato, non è estraneo a "tutta" la creazione ma ne fa parte. Esso è considerato come la "prima e diretta opera creativa di Dio". Ma vedremo subito la manipolazione che la NM fa al testo originale per ottenere convalidata questa sua posizione.

" 17 Egli è prima di tutte le cose". Eccolo dichiarato apertamente il vero senso di "primogenito" detto al v. 15! Il Figlio "è prima di tutte le cose" e perciò precede tutta la creazione.*
Ma ecco che, proprio per contrastare questa precisazione di Paolo (che dovrebbe essere gradita ai TG secondo il loro principio che "è la Bibbia a spiegare se stessa") in tutte le cinque volte ove il testo recita "tutte le cose" la NM aggiunge l'aggettivo "altre" prima di "cose". Il brano diventa dunque "perché per mezzo di lui tutte le [altre ] cose... Ed egli è prima di tutte le [altre ] cose ecc..."
Si noti che a quella aggiunta – messa nel testo della NM tra parentesi quadre per precisare che non è parola esistente nell'originale - quando si cita questo brano, vengono sistematicamente tolte le parentesi quadre promovendola a parola di Dio! Ma il risultato perseguito dal CD premeva troppo. Infatti con quell'aggettivo "altre" premesso a "cose" si ottiene la finalità che il CD stesso ci dichiara al termine di certe sue pseudo giustificazioni fatte proprio ragionando su questo testo. Esso toglie subito le parentesi quadre al testo biblico - che essendo citato tra virgolette dovrebbe essere riprodotto così come è nella NM! - e conclude dicendo che la NM traduce legittimamente il brano così: «"Per mezzo di lui tutte le altre cose furono create . . . Tutte le altre cose sono state create per mezzo di lui e per lui"». Viene così indicato che anch'egli è un essere creato, parte della creazione di Dio". (cf Ragioniamo, pag. 406) I corsivi con tanto di abolizione delle parentesi quadre sono nel testo. Quindi è vero che "così" e solo così, abolendo le parentesi quadre, il Figlio viene catalogato tra le cose create.

* Il rimando al prologo di Giovanni è d'obbligo. In esso l'evangelista, ricalcando il primo versetto della Genesi, ove Dio-Attore sembra essere un'unica persona, rivela che invece che Dio è un Padre che ha un Figlio - e non accanto a Sé ma in Sé! - cooperante alla creazione: all'inizio, dice, il Verbo già c'era... era con Dio Padre... e tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui.

"... e tutte in lui sussistono". Profondità abissale che conferma la separazione tra le cose e il Figlio il quale non solo le ha fatte venire all'esistenza, giacché "per mezzo di lui furono create", ma le mantiene in essere continuamente. Azione questa propria di Dio, come precisa la Bibbia quando San Paolo, in Atti 17,28, dice del Creatore che "in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (CEI) "Poiché mediante lui abbiamo la vita e ci muoviamo ed esistiamo" (NM).
E qui io ritengo che non dovrebbe trascurarsi il fatto che San Paolo sta citando ed elogiando come vero ciò che hanno detto alcuni filosofi greci. Il che conferma ciò che la Chiesa insegna da sempre; che cioè l'intelligenza umana (se fa filosofia, se adopera la logica con pensiero forte) riesce a dimostrare di Dio sia l'esistenza sia la sua opera continua di conservatore della sua creazione nell'essere che Egli le partecipa. Non si tratta di dimostrazione scientifica, cioè sperimentale, ma di dimostrazione filosofica che ha la forza della incontrovertibilità. L'apertura della mente a verità ulteriori su Dio (come la sua tripersonalità, la grazia, l'adozione filiale degli uomini con il battesimo, la risurrezione ecc...) che sono solo oggetto di Fede, inimmaginabili dalla ragione, vengono dopo e non vanno confuse con i motivi di credibilità e credendità che fondano la Fede stessa e permettono di squalificare le proposte di fedi alternative! La fondano sulla roccia certificando previamente: 1) il realismo della conoscenza razionale, che comporta il superamento del dubbio perpetuo, del soggettivismo e del relativismo; 2) l'esistenza di Dio con almeno i minimi attributi di creatore e remuneratore del bene e del male; 3) la spiritualità e la conseguente immortalità dell'anima umana; 4) la certezza della legge morale impressa da Dio nell'uomo e a lui manifestata dall'intelligenza etica; 5) il fatto storico della rivelazione divina in Cristo; 6) la divinità di Cristo che garantisce sia la Bibbia come Parola di Dio che la Chiesa come sua fondazione; 7) la funzione della Chiesa da parte di Cristo, depositaria, trasmettitrice e interpretatrice autentica della rivelazione divina; 8) la possibilità di individuare, tra varie pretendenti, l'unica vera Chiesa di Cristo.
Naturalmente non si può pretendere che tutti facciano filosofia a questo livello ma la Chiesa, nelle sue università pontificie, lo prescrive a tutti i sacerdoti prima di iniziare le riflessioni sulla rivelazione, cioè la theologia revelationis. La Chiesa è un Corpo unico di fratelli ove esistono carismi svariati e chi procede a Fides istintiva e mistica dovrebbe appoggiarsi e sforzarsi di non disprezzare chi la coniuga con la Ratio, anzi imparare da lui che, a sua volta, è sollecitato a stimare gli aspetti carismatici della fede o, pensando alla Chiesa universale a cui lo Spirito ha donato i due "polmoni" dell'Oriente e dell'Occidente, ad essere insomma oltre che catafatico anche apofatico. Non è un caso se la Chiesa ha definito "dottore angelico" S. Tommaso che il lunedi spaccava il capello e il martedì produceva uno struggente "Adoro te devote". San Tommaso che è stato e rimane un modello per gli studi sia filosofici che teologici.

"20 ... il sangue della sua croce" diventa nella NM "il sangue [che egli sparse] sul palo di tortura." Ed è appunto quest'ultima deformazione la "tortura" finale a cui la NM ha sottoposto questo splendido brano della Bibbia per piegarlo al proprio intendimento. La cosa strana è che, nonostante queste contorsioni e forzature, che si spingono fino alla interpolazione di parole per aiutare la Bibbia a confermare la propria dottrina, il CD, nei suoi stampati che "spiegano la Bibbia", ad ogni piè sospinto avverte il lettore che è la Bibbia a dire le cose, non lui.

Stranamente al versetto 18 abbiamo nella CEI "perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose" (CEI) e nella NM che, quasi ad litteram, recita "affinché divenga colui che è primo in tutte le cose". Abbiamo cioè un panta greco che non ha ricevuto, come i precedenti ai vv. 16 e 17 e al seguente 20, la solita aggiunta di [altre]. Cosa è, un transfuga sfuggito alla ... tortura o una ciambella venuta senza buco a dire la verità vera tra cinque bugie?



Vangelo Lc 23, 35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

E chiudiamo in bellezza (si fa per dire!) il ciclo C dell'Anno Liturgico 2012-2013 con la manipolazione più bizzarra che il CD dei TG si sia inventata ai danni della Bibbia. Bizzarra perché assolutamente senza senso, come vedremo, ma necessaria più che il pane al CD per tenere in piedi alcuni dei pilastri più importanti della sua dottrina, quali sono: la mortalità dell'anima; la distinzione tra Unti e Pecore con la doppia salvezza nei cieli o sulla terra; il paradiso terrestre o terra paradisiaca dopo la battaglia di Armaghedon.

"In verità io ti dico: oggi con me sarai in paradiso". La NM lo rende così " Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso". Tutto il maneggio manipolatorio del geovismo sta in quei due punti spostati da prima a dopo l'avverbio di tempo "oggi". Una inezia, graficamente, ma tale da indurre un significato (e dottrine collegate) del tutto diverso.
Secondo noi (e possiamo aggiungere tranquillamente "e tutta la cristianità") Gesù ha promesso al ladro pentito di salvarlo e portarlo con sé, nello stesso giorno in cui entrambi sarebbero morti, e in un "luogo" che Gesù stesso ha definito Paradiso; viceversa, secondo il geovismo, Gesù avrebbe fatta "oggi" la promessa che, in un imprecisato giorno di un lontano futuro, l'ex malfattore sarebbe stato risuscitato e collocato sulla terra paradisiaca, alias novello paradiso terrestre. Futuro che ancora è di là da venire e che si realizzerà dopo la Battaglia di Armaghedon. Dell'ex malfattore" non è sopravvissuto che il ricordo nella mente di Geova "tomba comune del genere umano", cioè non di tutto il genere umano ma solo di coloro che Geova si propone di risuscitare.
Ecco quali sono al riguardo le "giustificazioni" della posizione geovista:
1) nei codici antichi non esisteva punteggiatura. Quindi, così come è legittimo usare segni di interpunzione lungo tutto il testo biblico, sarà lecito porli anche qui e con la libertà di come i traduttori della Bibbia geovista hanno interpretato il significato dello scritto, utilizzando il contesto prossimo e remoto;*
2) Gesù non è asceso al Padre in quello stesso giorno ma 40 giorni dopo;
3) La parola paradiso significa giardino o parco", quindi Gesù non promette di portare il morituro in cielo ma si riferisce al paradiso terrestre del dopo Armaghedon;

Ma ecco in realtà quali sono le costringenti dietrologie del geovismo:
1) L'anima spirituale non esiste; tutto l'uomo è definito "anima" e perciò Se Gesù fosse asceso al reame dei cieli, al cospetto di Dio, non avrebbe avuto nulla del ladrone da portare con sé: il suo cadavere (definito anche "anima morta") è rimasto appeso al legno e la sua "forza vitale" è svanita nel nulla (se ha ragione la tesi contraria crolla quella geovista della mortalità dell'anima);
2) Il ladro non poteva andare con Gesù in cielo perché non era Unto, solo gli Unti sono deputati ad andare nel reame dei cieli e l'unzione iniziò alla Pentecoste (se ha ragione la tesi contraria che tutti i buoni vanno in cielo crolla la distinzione tra Unti-figli-di-Dio destinati al cielo e Altre pecore-nipoti-di Dio destinate alla terra);
3) Il paradiso terrestre sarà ripristinato solo dopo la battaglia di Armaghedon futura. Perciò il ladrone sta ancora aspettando nella tomba – che è la mente di Geova che ne conserva il ricordo - di essere risuscitato (se ha ragione la tesi che il ladro fu assunto in cielo con Gesù crolla sia la terra paradisiaca futura, sia la dottrina sui "santi" dell'antichità che, secondo il geovismo, non sono già finiti in cielo ma, non essendo Unti, stanno anch'essi "in memoria" in attesa di essere risuscitati per fare da principi sulla terra. E abbiamo già spiegato più volte che comunque la risurrezione geovista non sarebbe che la riproduzione di una copia conforme all'originale perduto e non la risurrezione della stessa persona).

Ed ecco alcune osservazioni critiche sulle giustificazioni geoviste:
1) Non è questione di punteggiatura ma di senso. La frase può essere tradotta perfettamente senza usare alcun segno di interpunzione. In qualche Bibbia troviamo: "in verità ti dico che oggi tu sarai con me in paradiso". Vale a dire che il senso inteso da pressoché tutti gli esegeti emerge logicamente dalla promessa di Gesù, non viene artatamente ricavato dalla punteggiatura posta prima di "oggi";
2) L'avverbio di tempo posto prima dei due punti non ha alcun senso logico;
3) Nel Vangelo ci sono decine e decine di situazioni in cui Gesù ha usato la formula asseverativa "in verità in verità ti/vi dico" ma in nessun caso vi ha aggiunto l'avverbio di tempo "oggi". L'unica volta che lo ha fatto, esso aveva la sua ragion d'essere perché voleva sottolineare il tempo cronologico, contestuale al rinnegamento di Pietro. Allora Gesù disse "in verità ti dico, oggi, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte";
4) Gesù ha detto "tu sarai con me" ma, nell'ipotesi geovista il ladro pentito non sarà mai con Gesù giacché dimorerà sempre sulla terra paradisiaca mentre Gesù lo governerà dal cielo; c'è da chiedersi: ma Gesù non sapeva che il ladro non era Unto, o forse gli ha mentito?
5) Se Gesù ha detto "con me" e "in paradiso" e di fatto lui è andato in "cielo" questo significa che nel suo pensiero paradiso e cielo si equivalgono, cioè esiste un solo tipo di salvezza e, conseguentemente, salta anche la teoria dell'unzione e della doppia serie di salvati;
6) Nella relativa nota che si trova nella KIT geovista si spiega che in antico non c'era punteggiatura, perciò gli autori della KIT "omettono" la virgola, posta prima di "oggi" (gr. sèmeron) da Westcott e Hort autori del testo critico usato nella KIT. Ma non è vero, non la omettono affatto ma la trasformano in due punti per darle più forza e la spostano dopo "oggi";
7) La terra paradisiaca è stata o no scoperta solo nel 1935? Gesù nella sua predicazione (ad es. nelle beatitudini) non ha promesso solo il cielo ai giusti e a chi si pentiva dei peccati?
8) Quanto al fatto che Gesù non sarebbe andato in cielo in quel giorno, la soluzione cattolica è poco comprensibile dai TG. Essi dovrebbero mettere un momento da parte la materialità con cui considerano le realtà spirituali e allora potrebbero considerare che il paradiso-cielo non sta in nessun "luogo" ma è una condizione di esistenza soprannaturale nella dimensione di Dio, e che pertanto Dio Padre, poteva benissimo rendere partecipe della beatitudine celeste l'anima di Gesù nello stesso istante della morte. Gesù risorto, per parte sua, in forza del possesso anche della natura divina, poteva contemporaneamente "stare in cielo" e mantenere i contatti con la dimensione spazio-temporale di questo mondo. Basta fare un po' di teologia seria rinunciando a concepire Dio con un cervello, un luogo in cui vivere, e un corpo spirituale di forma ben definita dotato di organi di senso, come purtroppo si legge negli stampati della WT.

Humour in fundo: Russell avvertì l'incongruenza di quell'oggi sbalestrato da una punteggiatura illogica e cercò di spiegarlo interpretando il pensiero di Gesù come se avesse detto "oggi, in questo giorno terribile di tenebre e di dolore io ti prometto che...". Ma il secondo presidente Rutherford non doveva esserne tanto convinto perché in un suo scritto preferi trasformare la promessa in interrogazione. Gesù cioè avrebbe chiesto al ladro "tu, oggi, sarai con me in paradiso?"


"Le bugie non possono essere difese che da altre bugie" (Don Lorenzo Minuti, fondatore del GRIS di Roma).

Sia lodato Gesù Cristo
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