BREVE STORIA DELL’OMEOPATIA
IN ITALIA E DEI RAPPORTI COL VATICANOL’Omeopatia nacque circa 200 anni or sono in Sassonia dalle sperimentazioni e dalle geniali osservazioni della mente innovatrice di Samuel Friedrich Christian Hahnemann (1755-1843). Nonostante gli attacchi più feroci e l’esplicita condanna della classe medica imperante, il nuovo metodo terapeutico si diffuse ben presto in Europa seguendo il corso degli eventi bellici. Prima in Germania dove nacque, e poi in Austria, e subito dopo in Italia al seguito delle truppe austriache e successivamente in Francia, Inghilterra, in Asia e nelle Americhe. La diffusione dell’Omeopatia in Italia avvenne al seguito delle truppe austriache chiamate, nel 1821, dal Re Ferdinando I a seguito delle sommosse avvenute nel Regno di Napoli. L'Omeopatia era allora già profondamente affermata e diffusa fra i medici militari dell’armata austriaca che all’epoca presidiavano il Nord Italia. Molti dei Medici militari al seguito dell’armata comandata dal Generale Barone Köller praticavano l’Omeopatia apertamente e ufficialmente, favoriti anche dal fatto che il Dottor Marenzeller, Medico in capo alle armate austriache, era un Omeopata e che Carlo Filippo, Principe di Schwarzenberg, Feld-Maresciallo austriaco, era stato un paziente di Hahnemann. Tra i Medici militari tedeschi, fu il Dott. Necker di Melnik quello che più contribuì alla diffusione dell’Omeopatia in Italia; egli aprì a Napoli un dispensario e attorno a lui si coagularono quei discepoli che poi saranno i principali artefici della storia dell’Omeopatia di Napoli, i Dottori: Cosmo de Horantiis, Francesco Romani e Giuseppe Mauro. Agli esordi (1822-1830) lo sviluppo dell’Omeopatia in Italia fu decisamente difficile, malgrado fosse apertamente favorita dai Borboni. Hahnemann aveva ideato un nuovo metodo terapeutico basato sulla sperimentazione e sull’esperienza clinica, non una teoria scientifica astratta e lontana dai bisogni dei pazienti. Nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann è il primo e unico Medico-pensatore che rompe completamente con tutti gli schemi scientifici, mentali e metodologici sino ad allora conosciuti in medicina. È il primo che nella storia della medicina sperimenta farmaci su uomini sani (volontari) per capirne gli effetti e la patogenesia delle sostanze. Egli aveva infatti tratto il suo metodo descritto nelle sue opere dall’osservazione clinica realizzata su migliaia di pazienti, durante la sua attività quotidiana, e dalla sperimentazione delle sostanze medicamentose sull’uomo sano applicando fino all’esasperazione il metodo Galileiano: osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dall’osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge naturale che li governa, riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto.
È il primo Medico che adotta il periodo di quarantena nelle epidemie di colera e separa i malati da quelli non ancora contagiati. È il primo che considera l’ammalato nella sua globalità di mente, corpo e ambiente; è il primo che pone attenzione sui sintomi eziologici (quando sono conosciuti), il primo che si adopera per condizioni più umane verso i malati di mente, rifiutando che questi fossero trattati in maniera disumana come all’epoca si faceva, ecc.; prima di lui nessun altro Medico aveva osato spingersi tanto avanti. Fu perseguitato e ferocemente osteggiato dalla classe medica imperante. Hahnemann offriva quindi ai suoi contemporanei un nuovo mondo terapeutico, con una diversa concezione della medicina, ma soprattutto con nuovi medicinali più sicuri ed efficaci. L’applicazione di questa nuova metodica terapeutica era però più complessa e presupponeva un lungo studio, un attento esame del paziente e una scrupolosa sintesi dei dati clinici. La sua opera ed il suo metodo furono pertanto oggetto di diatriba e di accese discussioni che durano tuttora. La medicina dei tempi di Hahnemann era invece piuttosto semplice e ancorata agli schemi galenici con presidi terapeutici talora astrusi o pericolosi (setoni, sanguisughe, salassi, purganti, ecc.). Esisteva quindi una spontanea reazione da parte dei Medici che si opponevano ad abbandonare le comode, ancorché inutili, pratiche terapeutiche, a favore di un sistema più complesso che li obbligava a nuovi studi e a un accurato esame di ogni malato. Un altro importante motivo di reazione contro l’Omeopatia era dovuto all’odio radicato contro l’invasore; tutto ciò che portava la marca asburgica era, in Italia, sistematicamente rifiutato e boicottato sia dalla classe intellettuale che dalla popolazione locale. La stessa sorte toccò dunque all’Omeopatia in quanto prerogativa dei medici delle odiate truppe di occupazione. Condividere le idee del nemico equivaleva a essere un traditore della patria e venire meno allo spirito patriottico. Così, proprio dove avrebbe avuto le maggiori possibilità di diffusione, l’Omeopatia si sviluppò in sordina e in ritardo rispetto alle altre regioni. Molti medici italiani ne avevano sicuramente sentito parlare dai loro colleghi austriaci, ma per loro era difficile apprendere e praticare la nuova terapia in quanto la popolazione locale, restia ad assimilare tutto ciò che portasse il marchio del nemico, poteva tacciare di filo-austriaco e traditore perfino un medico che la praticasse. Questo spiega il silenzio sulle guarigioni omeopatiche di allora e giustifica in parte le polemiche e i tentativi di allora messi in atto per ridicolizzare e distruggere l’Omeopatia. Anche uomini di elevata intelligenza si rifiutavano a priori di documentarsi seriamente sull’Omeopatia lasciandosi trasportare da una mancanza assoluta di critica e di obiettività scientifica. Bisogna tenere conto che molti italiani erano irredentisti e il giogo dello straniero era allora molto pesante: qualsiasi tentativo di ribellione veniva soffocato sul nascere mediante dura repressione. La storia del nostro Risorgimento è piena di esempi dove intellettuali, scrittori, artisti, musicisti e poeti con ogni mezzo a loro disposizione combatterono una “guerra fredda” contro l’oppressore. Il disprezzo che si esprimeva in tutte le polemiche riguardanti l’Omeopatia era dovuto soprattutto al fatto che la nuova scienza terapeutica era l’espressione delle odiate alte sfere dell’esercito. Per spezzare ogni preconcetto, era necessario un evento eccezionale che facesse scalpore e portasse l'Omeopatia alla ribalta, all'onore della cronaca. Ed è proprio ciò che accadde: la guarigione del Maresciallo Radezky. Il Maresciallo era affetto da un tumore all’occhio destro che i migliori medici specialisti di Milano e Pavia avevano rinunciato a curare. Il Prof. Jaeger, il più eminente oculista della Corte d’Austria, fu mandato dall’Imperatore presso l’illustre malato, ma senza risultato: la sua diagnosi e la sua prognosi, dettagliatamente descritte una sua relazione all’Imperatore d’Austria, furono infauste. Fu allora che Radetzky abbandonato al suo destino di malato incurabile si rivolse all’Omeopatia. Così avvenne che il Dott. Hartung lo guarì radicalmente in sei settimane con l’Omeopatia. Il Dottor Varlez, membro dell’Accademia Reale di Medicina di Bruxelles, che incredulo voleva la conferma del fatto, ricevette dallo stesso Radetzky la seguente lettera: “Signore, è con piacere e riconoscenza che io dichiaro che è a M. Hartung, medico omiopatico, che sono debitore della guarigione di una malattia gravissima dell'occhio. Trovandomi già abbandonato dagli altri medici è all'Omeopatia che io debbo la vista, oltre che la vita. I dettagli sul decorso della malattia e del relativo trattamento si trovano sulla Gazzetta Universale Omeopatica dell’Anno 1841.” Ricevete, ecc…Firmato: Radetzky. (Conférence sur l'Homoeopathie, par le Dr. Michel Granier, Paris, Ballière, 1855, pag. 91). Rimangono agli atti della storia le testimonianze, le diagnosi e le perizie scritte di due tra i più grandi luminari dell’Oculistica del tempo, i Professori F. Flarer e F. Jaeger e la testimonianza autografa dello stesso Radetzky. L’evento fu ovviamente “dimenticato” dagli storici dell’epoca in quanto i patrioti italiani cercarono di ignorare tutto ciò che riguardava l’oppressore. Infatti, nelle riviste italiane dell’epoca, tranne quelle omeopatiche, non si trova nessuna traccia di questo evento e tantomeno nessun commento a riguardo della strabiliante guarigione. In Germania e in tutta Europa, invece, il caso Radetzky ebbe ampia risonanza e molto fu scritto in onore e a maggior fama del Dott. Hartung.
Dal 1830 al 1860, l’Omeopatia conosce in Italia il massimo periodo di diffusione e di splendore. Nel suo libro Storia dell’Omeopatia in Italia il Dott. Lodispoto riferisce che nel 1834 si contavano in Italia almeno cinquecento Medici Omeopatici che rappresentavano un numero cospicuo per quei tempi, soprattutto tenendo conto che la diffusione dell’Omeopatia era limitato alla sola Campagna, alla Sicilia, al Lazio e all’Umbria. Gli elementi principali del consenso che si creano attorno alla metodica Omeopatica in quel periodo erano costituiti dagli innumerevoli successi clinici e dall’innocuità di questa forma terapeutica, che spingeva i pazienti e i Medici a farsi promotori del suo sviluppo. Il firmamento dell’Omeopatia è costellato di innumerevoli episodi e casi clinici simili a quello del Maresciallo Radetzky che contribuirono allo sviluppo e alla diffusione dell’Omeopatia in Italia. Un lunghissimo elenco di medici, scienziati, statisti e grandi uomini di cultura potrebbe essere stilato sino a riempire intere pagine. Questi uomini, grandi o meno grandi, ma tutti accomunati dalla sofferenza e dalla malattia si convertirono all’Omeopatia non per un atto di fede (come spesso i detrattori dell’Omeopatia ancora adesso asseriscono), ma solo e a seguito della propria guarigione o a quella dei propri familiari, quando le cure della medicina convenzionale avevano fallito il loro compito. Geni della levatura di Madame Curie, scopritrice del Polonio, del Radium e della Curiterapia, unica donna insignita due volte del Premio Nobel: uno per la Fisica (1903) ed uno per la Chimica (1911) e del suo sposo e collaboratore Pierre (anch’egli Premio Nobel per la Fisica) furono convinti assertori e praticanti dell’Omeopatia. “Madame Curie è Medico Omeopatico, come lo era il suo sposo e collaboratore. Noi abbiamo avuto fortuna di intervistarla nei riguardi dell’Omeopatia durante la sua recente visita negli U.S.A. e ci ha dichiarato che proprio per merito delle cognizioni Omeopatiche ha potuto condurre al successo le sue ricerche sul Radium” (Dal periodico Jottings di Filadelfia, Fascicolo n. 27, Dicembre 1930). Scienziati, statisti e uomini illustri come Aegidi, Amador, Attomyr, Balari-Costa, Bargellini, Beethoven, Behring, Benamozeg, Bier, Bismarck, Boenninghausen, Boerhaave, Boschi, Bruschi, Cargé, Charrette, Chavanon, Chopin, Amalio Cimeno, Coll, Collet, Conan-Mériadec, Curie, Daniel, Carlo Darwin, De Guidi, Dufresne, Fantappiè, Faure, Fletcher, Gastier, Gioberti, Giolitti, Gray, Henderson, Hering, Hower, Hufeland, Huchard, Kinner, Kotschau, Jahr, Jourdan, Lakhovsky, Lombroso, Lordat, Mabit, Maranon, Maritain, Mazzini, Miller, Pétroz, Puccinotti, Radetzky, Antonio Rosmini, Roosevelt, Francesco Severi, Sieffert, Simon, Skinner, Tessier, Teste, Tommasini, Weimar, Weir, Wrecha, Zlatarowich, e molti altri ancora, furono anch’essi convinti assertori dell’Omeopatia o curati con tale metodica. Anche tra i Pontefici troviamo difensori e pazienti dell’Omeopatia, dopo aver ovviamente tentato le cure convenzionali prescritte dai migliori specialisti che all’epoca avevano a loro disposizione. Mi riferisco a Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX e più recentemente a Pio XII e Paolo VI.
OMEOPATIA E RAPPORTI CON IL VATICANO
Sin dalla prima comparsa in Italia l’Omeopatia incontrò il favore dei movimenti cattolici e del Vaticano. La posizione del Vaticano nei confronti dell’Omeopatia era all’epoca ben nota non solo in Italia ma anche in Francia. Nel Giornale Omeopatico del 1875 edito a Nîmes, comparve un articolo dei Fratelli Peladan i quali scrivevano: <<La Chiesa Romana lascia piena libertà alla scienza, è scritto, finché questa rimane nel campo che le è proprio. Ciò è talmente vero che mai nessuna opinione medica fu oggetto della minima censura. D’altra parte i Papi non hanno mai mostrato quell’odiosa intolleranza che l’aggruppamento degli scienziati sapienti e ostinati nella loro routine hanno ostentato uno dopo l’altro contro i medicamenti eroici, contro le riforme farmaceutiche, contro le nuove scoperte, le proprietà dell’Antimonio e quelle della China, le preparazioni spagiriche, la teoria della circolazione del sangue e infine contro l’Omeopatia, la più importante delle novità mediche. Mentre molte Università e molti governi, essendo influenzati dai rappresentanti degli studi ufficiali, rifiutavano l’Omeopatia senza averne nemmeno studiato il nome e impedivano ai successori di Hahnemann di dispensare dei rimedi direttamente e liberamente – condizione indispensabile al successo in ogni località in cui non esiste una Farmacia Omeopatica specializzata, - la Corte di Roma procedeva con grande larghezza di vedute nei confronti del nuovo metodo di guarigione. Tutti quelli che considerano l’Omeopatia come una verità in medicina devono testimoniare a Pio IX tutta la gratitudine che la nostra scuola gli deve per i favori eccezionali che le ha concessi. Fu nel 1827 che l’Omeopatia fu introdotta a Roma dal Dottor Kinzel, un austriaco. Il metodo hahnemanniano ottenne in quella città un trionfo completo sugli avversari, cioè i partigiani della vecchia scuola allopatica. Il loro decano, il Dottor Luppi, era riuscito a convincere il Papa che era necessario proibire agli Omeopati la libera distribuzione dei rimedi a Wahle, nativo di Leipzig, omeopata, i cui numerosi e brillanti successi hanno dato alla nuova medicina un’immensa popolarità, fece invano valere i suoi privilegi di straniero e l’influenza di uno dei suoi protettori, il Barone Liedderkerke, Ambasciatore olandese. Ma, nel 1841, sebbene non possedeva nessun titolo accademico regolare, questo Medico ottenne l’autorizzazione di praticare l’Omeopatia negli Stati Pontifici da Sua Santità essendo questi, dopo essersi fatto fare un resoconto del modo in cui gli Hahnemanniani preparano le loro medicine, essendo stato sollecitato da qualche nobile famiglia romana. Da allora Wahle vide crescere notevolmente la cerchia della sua clientela, e il convento dei Gesuiti l’adottò come Medico, concedendogli onorari doppi rispetto a quelli assegnati ai suoi predecessori allopati. Egli, in seguito alle sue energiche proteste contro il divieto di distribuire rimedi e grazie alla protezione di prelati eminenti, riuscì a rendere nulle le severe ordinanze pubblicate in proposito dalla municipalità di Roma e Bologna. Infine, nel 1842, Sua Santità, meglio istruito sul modo di preparazione dei rimedi Omeopatici, revocò in favore dei Medici Omeopatici il divieto di distribuire medicine ai malati. Per di più, nel 1852, una bolla di Pio IX sanciva il diritto agli ecclesiastici di distribuire delle medicine Omeopatiche in caso di urgenza o in assenza degli uomini dell’Arte. Tale permesso era esteso alle regioni senza medici. Il Dottor Charge di Marsiglia, in seguito agli importanti servizi resi in ospizio religioso durante l’epidemia di colera nel 1849, ha ricevuto dal Santo Padre un’onorificenza del tutto particolare: la Croce di Cavaliere di San Gregorio Magno. Inoltre, il nostro governo, che non ha potuto disconoscere la devozione di questo Medico intrepido, gli ha assegnato la Croce della Legione d’Onore e lo ha innalzato, in seguito, al grado di Commendatore dello stesso ordine. Credo che il Dottor Charge sia il primo Omeopata, per lo meno in Francia, che abbia ricevuto una decorazione pontificia. >> (Pierre SCHMIDT: Quaderni di Omeopatia. Quaderno n. 4, pp. 7–8. EDIUM Editrice Dimensione Umana, Milano, 1980).
http://www.airesis.net/Therapeutike/the ... opatia.htm