Cittadinanza. "Lo straniero e il cittadino". Corsera 29/9/09

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Cittadinanza. "Lo straniero e il cittadino". Corsera 29/9/09

Messaggioda Leonardo » mar set 29, 2009 2:11 pm

REGOLE SEVERE MA SENSO DI GIUSTIZIA
Lo straniero e il cittadino.

Anche chi, come chi scrive, è favo­revole alla prati­ca dei respingi­menti e alla sanzione del­l’immigrazione clande­stina — respingimenti e sanzioni adottati di fatto oltre che dall'Italia an­che dalla Francia e dalla Spagna, cioè dai Paesi che rappresentano i 4/5 del confine mediterra­neo dell'Unione Europea — non può ovviamente pensare che sia solo con questi mezzi che vada af­frontato il fenomeno mi­gratorio. Insomma, è ne­cessario, sì, cercare di ar­ginare e legalizzare i flus­si degli arrivi, ma insie­me (sottolineo: insieme) è necessario sia accoglie­re civilmente chi viene in Italia sia promuover­ne al massimo l'integra­zione. Fino a dargli la possibilità, se vuole, di diventare italiano.

Per due ragioni fonda­mentali: da un lato per il forte calo demografico che incombe sulla peniso­la, con in prospettiva la conseguente perdita di vi­talità economica e non so­lo; dall'altro per la neces­sità di attenuare il più possibile il potenziale di anomia, di disordine e di vera e propria illegalità che si accompagna fisiolo­gicamente al fenomeno migratorio. La prospetti­va di diventare cittadino a pieno titolo del nuovo Paese costituisce un po­tente incentivo psicologi­co a osservarne le leggi, impararne la lingua, guar­darne con simpatia i co­stumi e la storia.

Finora, però, diventare italiano è stato, per uno straniero, difficilissimo. Noi, infatti, abbiamo una legge sulla cittadinanza che è quanto mai restritti­va nei confronti di chi non può vantare almeno un genitore o un coniuge italiano ma solo la sempli­ce residenza. Basti dire che in un anno tipo, co­me il 2005, non solo le concessioni della cittadi­nanza italiana sono state meno di ventimila contro le 154 mila della Francia e le 117 mila della Germa­nia, ma che circa i 4/5 di tali concessioni sono av­venute per matrimonio e non per residenza.

Dunque, chi vuole real­mente cercare di integra­re gli immigrati — e, ag­giungerei, chi crede dav­vero nei valori umani, cul­turali e politici dell'Italia, e dunque nella loro reale capacità di attrazione ver­so gli estranei — non può che mirare ad allargare la legge sulla cittadinanza. Ed è per l'appunto questo l’obiettivo meritorio della proposta di legge appena presentata alla Camera dai deputati da Andrea Sa­rubbi e Fabio Granata. Se­condo la quale, innanzi­tutto, d'ora in avanti po­tranno diventare automa­ticamente cittadini italia­ni due categorie di sogget­ti: a) chi nasce in Italia da un genitore ivi legalmen­te soggiornante da alme­no cinque anni; b) lo stra­niero nato in Italia o che vi è arrivato prima di aver compiuto i cinque anni di età e vi ha legalmente soggiornato fino alla mag­giore età. Può da ultimo diventare cittadino italia­no, su richiesta, anche qualunque minore stra­niero che abbia completa­to con successo un corso d’istruzione scolastico, anche primaria o di for­mazione professionale, presso un istituto italia­no. Si vuole favorire, in­somma, la possibilità per qualunque giovane stra­niero, immerso di fatto fin dall’inizio della sua vi­ta nella cultura italiana, di diventare italiano a tut­ti gli effetti, e dunque di non sentirsi diverso o ad­dirittura in una posizione d'inferiorità rispetto ai suoi coetanei.

Non basta. L’altra grande novità della proposta riguarda gli stranieri adulti. Essa consiste nella riduzione da dieci a cinque anni del periodo di tempo necessario per ottenere la cittadinanza. Ma a un’importante condizione: l’accertamento in un colloquio della conoscenza dell’italiano nonché della «vita civile dell’Italia e della Costituzione».

Questa, a grandi linee, la proposta di legge. Naturalmente alcuni aspetti andranno meglio messi a fuoco: per esempio, il livello A2 richiesto per la conoscenza dell’italiano è probabilmente un livello troppo elementare, così come bisognerebbe fare in modo, già nella lettera della legge, che l’accertamento della conoscenza anzidetta e quello della cultura e della Costituzione italiane non obbediscano all’andazzo permissivistico che l’ambiente politico-burocratico nostrano adotta troppo spesso in casi simili.

Ma l’importante è che si sia imboccata la strada giusta e nel modo giusto. Cioè con un testo frutto del lavoro congiunto di un rappresentante della maggioranza e di uno dell’opposizione, come sono per l’appunto Sarubbi e Granata.

E’ vero che proprio per questo l’inguaribile retroscenismo nazionale ha già battezzato la proposta in questione «la legge di Fini», considerandola una sorta di ballon d'essai del supposto trasversalismo politico del presidente della Camera.

A costo però di apparire fin troppo ingenui, a noi piace pensare che non sia così. Ci piace credere, più semplicemente, che, poiché circa il modo come si diventa cittadini della Repubblica è bene che siano d’accordo il maggior numero d’italiani, una volta tanto esponenti della destra e sinistra lo abbiano capito, e una volta tanto abbiano agito di conseguenza.

Ernesto Galli della Loggia
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