Massimo INTROVIGNE interviene sul libro di AUGIAS & C.

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Massimo INTROVIGNE interviene sul libro di AUGIAS & C.

Messaggioda Leonardo » sab set 27, 2008 10:04 pm

CULTURA E RELIGIONE - AVVENIRE 24/9/2008 - DIBATTITO
Il nuovo libro di Augias-Cacitti pretende di essere assolutamente «scientifico» e «neutro», però distribuisce arbitrarie patenti di verità ai fatti e non tiene conto della sociologia delle religioni Massimo INTROVIGNE

Tutti i buchi dell’«Inchiesta»

La fede crede che Gesù sia risorto. La scienza sa che Gesù non è risorto, per­ché i morti non risorgono. La fede cre­de che i quattro Vangeli ci trasmettano il messaggio di Gesù Cristo. La scienza sa che non è così. La fede crede che la Chiesa ci permetta d’incontrare ancora oggi nella sto­ria Gesù di Nazaret attraverso la continuità dell’istituzione da lui fondata. La scienza sa che Gesù non ha fondato nessuna istitu­zione, e che la Chiesa come la conosciamo semmai deriva dall’imperatore Costanti­no...
Tesi che risalgono all’Illuminismo, e che ri­posano su una concezione assolutista del­la scienza definitivamente decostruita da Adorno e Horkheimer in poi, senza dimen­ticare la meta-scienza di Popper? Purtrop­po no: lo scientismo è un passato che non vuole passare, come conferma un aspiran­te best seller in cerca di lettori, Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una reli­gione (Mondadori), confezionato sulla scia del successo del suo precedente Inchiesta su Gesù dal giornalista Corrado Augias, che questa volta intervista il professor Remo Ca­citti, docente di Storia del cristianesimo an­tico all’Università di Milano.

L’idea è che si possa opporre alla fede - rap­presentata per esempio da Benedetto XVI, oggetto di più di una battutina velenosa, e per definizione infondata e soggettiva – la Scienza storica con un’ideale «S» maiusco­la, che sarebbe invece per definizione og­gettiva, universale e certa. Cacitti cita l’ar­cheologo e storico francese Salomon Rei­nach (1858-1932), che fornisce quello che può essere considerato il motto del libro: mentre la fede dice «io credo», la scienza della storia delle religioni – fondata su «fat­ti certi» – può dire con orgoglio «io so» (p. 265). Una volta entrati in questa logica, il gioco è fatto: a chiunque muovesse obie­zioni in nome della religione o del sempli­ce buon senso Augias e Cacitti potranno re­plicare che altra è la scienza storica, altra è la mera fede.
Intendiamoci: Augias fa il suo mestiere, quello del giornalista dissacrante e provo­catore che tutti conosciamo. Né egli ha mai nascosto di essere uno scettico e un non credente. Anche il professor Cacitti fa il suo mestiere: corregge Augias quando esagera, e cerca di rimanere nell’ambito di una sto­riografia accademica. Tuttavia, sia il lettore meno preparato rischia di rimanere scon­certato, sia le stesse conclusioni del profes­sor Cacitti si prestano a qualche obiezione laddove sembrano implicare che la storia sia l’unica disciplina che ha titolo a pro­nunciarsi su come è «veramente» nato il cri­stianesimo.

Colpisce, in particolare, l’assenza nel testo di qualunque riferimento alla sociologia delle religioni, una scienza il cui più noto e­sponente statunitense contemporaneo, Rodney Stark, ha dedicato una delle sue o­pere fondamentali precisamente alle origi­ni del cristianesimo. Il testo, Ascesa e affer­mazione del cristianesimo, pubblicato in I­talia da Lindau, è apparso in 14 lingue; al­meno nell’area di lingua inglese, è stato ben ricevuto anche dagli storici e ha dato origi­ne a tutto un nuovo filone di ricerca. In par­ticolare Stark sostiene che la versione del cristianesimo fondata su dogmi certi e su u­na Chiesa organizzativamente forte si è af­fermata, prevalendo sui sogni degli gnosti­ci e sulle utopie di un cristianesimo non i­stituzionale e pacifista, non grazie al pote­re di Costantino (come il testo di Augias e Cacitti ripete) ma perché meccanismi sociologici all’ope­ra anche oggi – e che spiegano per­ché certe forme re­ligiose abbiano suc­cesso e altre decli­nino nel XXI secolo – rendevano sia comprensibile sia i­nevitabile che fosse così.
Anche la moderna sociologia della scienza può forse aiutare, con tutto il ri­spetto, a guardare con un certo sano scet­ticismo alle conclusioni di Cacitti. Tale so­ciologia sostiene infatti che la scienza, com­presa quella storica, è raramente «neutra» e «oggettiva» (così che la sua pretesa di es­sere superiore, per esempio, alla teologia, è per certi versi ingenua) ma è sempre cultu­ralmente condizionata, politicamente ne­goziata e socialmente costruita. E questo è vero anche per quella rispettabilissima scienza che è la storia del cristianesimo.
A proposito dei Vangeli e delle lettere di Pao­lo, molti storici contemporanei – le cui idee Cacitti riassume fedelmente – spiegano che alcune affermazioni vanno intese come ef­fettivo resoconto di fatti storicamente av­venuti, altre solo come metafore o descri­zioni di esperienze spirituali a torto scam­biate per realtà storiche o empiriche, altre ancora come affermazioni messe in bocca
post factum a Gesù per giustificare interes­si o posizioni della Chiesa nascente. Il con­troverso esegeta irlandese, residente negli Stati Uniti, John Dominic Crossan e il suo
Jesus Seminar avevano prodotto addirittu­ra un Vangelo «a colori» dove attribuivano colorazioni diverse a quanto, secondo loro, Gesù avrebbe detto per davvero e a quan­to sarebbe stato inventato dagli evangelisti. Il problema però è chi e come decide qua­li parole e fatti attribuiti a Gesù sono au­tentici e quali sono inventati. Dichiariamo autentici i testi che pensiamo di poter con­siderare più antichi? Non è proprio così: Ca­citti lealmente riconosce che le afferma­zioni più chiare sul fatto che Gesù sia fisi­camente risorto dai morti sono in testi di san Paolo «vicini all’evento, ovvero databi- li agli anni Trenta del I secolo» (p. 28). Ep­pure secondo lo storico italiano è «eviden­te » che si tratta di «una prospettiva religio­sa, non storica» (ibid.). E perché è «evidente»? Cacitti ha il merito di dirlo in modo molto più sfumato, men­tre Augias lo afferma più brutalmente: per­ché nel XXI secolo «alla resurrezione dei morti oggi nessuno crederebbe» (p. 72). A parte la solita mancanza di sociologia – u­no sguardo alle Indagini mondiali sui va­lori convincerebbe gli autori che la mag­gioranza assoluta dei nordamericani e dei sudamericani, e un buon terzo degli eu­ropei, crede in pieno XXI secolo che Gesù sia risorto – la formula sembra precisa­mente quella rimproverata al Jesus Semi­nar:
consideriamo autentici solo gli even­ti e gli insegnamenti riportati nei Vangeli che risultano accettabili ai contempora­nei, anzi a quella minoranza di contem­poranei che in nome dello scientismo non crede ai miracoli.
Così le affermazioni sul primato di Pietro e tutto quanto fonda un cristianesimo che non sia puro insegnamento morale sulla povertà e la pace «devono» essere aggiun­te posteriori e non possono fare parte del­l’insegnamento autentico di Gesù Cristo: il quale, diversamente, assomiglierebbe trop­po a quello di Benedetto XVI, che non è sim­patico ad Augias e – sembra di capire – nep­pure a Cacitti. Che le cose stiano così sembra conferma­to dalle incursioni degli autori su temi di­versi da quelli delle origini cristiane. Per e­sempio, in tema di apparizioni della Ma­donna, Cacitti afferma ripetutamente che « non hanno assolutamente nulla di reli­gioso » (p. 149). Ci si chiede tuttavia come è stato previamente definita la nozione di «re­ligioso ». Avendo a suo tempo partecipato ( unico studioso italiano invitato) al pro­getto europeo Lisor sulla definizione di re­ligione, penso di avere qualche elemento per dire che nel messaggio di Fatima o nel­le parole della Vergine a Lourdes, per tace­re dell’esperienza dei fedeli e dei pellegrini nei rispettivi santuari, tutto è religioso se­condo una qualunque delle maggiori no­zioni di religione utilizzate nella sociologia contemporanea.
Così pure rimango perplesso quando Ca­citti definisce «chierici franchisti» i sacerdoti e religiosi uccisi durante la guerra di Spa­gna e a suo avviso inopportunamente ca­nonizzati (p. 210): molti di loro non erano certamente «franchisti» e furono uccisi per la loro fede, non per le loro idee politiche.
Lo ha ribadito Benedetto XVI a Parigi: tut­ti i contributi delle scienze alla migliore comprensione del cristianesimo e della sua storia sono i benvenuti. Ma squalificare co­me non razionale e non scientifica la com­prensione che i credenti hanno di Cristo e della Chiesa, pretendendo che una certa storiografia accademica sia detentrice per definizione di un sapere superiore e più «o­biettivo », fa invece parte di quella mura­glia cinese eretta dalla modernità fra fede e ragione che Benedetto XVI sta cercando dall’inizio del suo pontificato di smantel­­lare: in nome non solo della fede ma anche di una nozione più serena e prudente di ragione.
«Si considerano così autentici solo gli eventi accettabili alla minoranza di contemporanei che crede allo scientismo»
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Re: Massimo INTROVIGNE interviene sul libro di AUGIAS & C.

Messaggioda Leonardo » dom set 28, 2008 4:03 pm

controcanto

Ma intanto noi cristiani che cosa sappiamo delle nostre origini? di Roberto BERETTA
Però su una cosa, almeno, Corrado Augias ha ragione.

Dopo la polemica sollevata dal Codice da Vinci ( libro e film); dopo i presunti scoop sul Vangelo della Maddalena e su quello di Giuda; dopo il precedente lavoro di Augias, in coppia con Mauro Pesce e dedicato a un’Inchiesta su Gesù:
dopo tutti questi segnali, raggruppati per giunta in un breve spazio di tempo, dovremmo aver finalmente imparato che le origini cristiane fanno davvero problema ai nostri contemporanei. Nel senso che interessano e creano difficoltà.
Interessano: sono passati gli anni dell’indifferenza snobistica o addirittura compassionevole verso le «cose della fede», dell’alzata di spalle strafottente o del risolino razionalista; oggi la gente – soprattutto i non credenti, o i non del tutto convinti, e quelli di un certo livello culturale – sono comunque interessati a saperne di più sulle origini storiche e culturali del cristianesimo, a penetrare almeno un po’ le complessità di un mistero che è comunque affascinante per l’intelligenza. Chiedono però di farlo con strumenti « obiettivi » nel senso di non dichiaratamente confessionali ( della Chiese non si fidano più).
Inoltre le origini cristiane creano anche difficoltà, e ciò soprattutto in casa cattolica: ne fanno testimonianza le scandalizzate reazioni spesso seguite ai fenomeni di cui sopra ( e che in realtà non hanno fatto altro che amplificarne gli effetti e la pubblicità...), gli ostracismi o le censure, l’impostazione difensiva e vetustamente «apologetica» assunta in molti casi nei confronti dei vari Brown e Augias. Non che non si debba supporre del vetero­anticlericalismo anche da quella parte; ma il punto è: quanti di noi credenti – compresi quelli praticanti e « impegnati » , starei per dire compresi i preti – sono informati delle questioni problematicamente poste sul tappeto dalle opere sopra citate e dall’Inchiesta sul cristianesimo in specie? Informàti, dico: nemmeno si pretende che sappiano correttamente rispondere o porre pertinenti contro- deduzioni in materia, ma solo che siano consapevoli dell’esistenza – a livelli esegetici o storici – di una questione aperta... Non rispondo, ma penso alle migliaia di catechesi imbandite in tutte le parrocchie dello Stivale, alle centinaia di prediche domenicali, alle ore di religione cui partecipano il 90% e oltre degli alunni delle scuole d’ogni ordine. Stiamo a lambiccarci il cervello da decenni sui modi per raggiungere i mitici « lontani » oppure sull’impostazione da dare alle catechesi per gli adulti, e ci lasciamo scippare sotto il naso una materia che sarebbe « nostra » in tutto e per tutto, che interessa proprio degli adulti e dei « lontani » e che ottiene persino successo di pubblico! Io, a questo punto, qualche domanda me la farei. E prima ancora di gridare allo scandalo contro i « dissacratori » della fede.
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Re: Massimo INTROVIGNE interviene sul libro di AUGIAS & C.

Messaggioda Leonardo » dom set 28, 2008 4:06 pm

Tante sparate senza nessuna prova
di Gianni GENNARI

« A modo mio » , come can­tava Lucio Dalla. Inchie­sta sul cristianesimo: ti­tolo voluto. Inchiesta, dal latino in­quirere, vuol dire « cercare » , e il cri­stianesimo attira da 2000 anni, ricor­dando a ciascuno la giovinezza di un tempo. Titolo buono anche per ven­dere: oggi le domande – « inchieste » – sulla religione tira­no. E Augias è alla seconda… Ma dopo il titolo? Leggi e ricordi Fer­dinando II di Bor­bone, « Re Bomba » : una volta, sceso a Napoli dalla nave, rimproverò il co­mandante del por­to: « Perché non ho sentito le tradizio­nali salve di canno­ne? » . Un’ « inchie­sta » , cui la lunga ri­sposta cominciava così: « Maestà, non abbiamo sparato per tante ragioni. La prima è che… non teniamo il cannone! » .
C’entra, col libro di Augias? Sì, infatti a pagina 3 la Premessa è solenne: « Ge­sù non ha mai detto di voler fondare una religione, una Chiesa… mai ha detto di dover morire per salvare con il suo sangue… e ristabilire l’alleanza tra Dio e gli uomini… mai ha detto di essere unica e indistinta sostanza con suo padre, Dio in persona… Gesù non ha mai dato al battesimo un partico­lare valore, non ha istituito alcuna ge­rarchia ecclesiastica… » . Con conclu­sione secca: « Queste sono inconte­stabili verità » . Sì: « Perché non avete sparato le salve di cannone? Perché non teniamo il cannone » !
Dunque « Inchiesta » finita: un giallo che nelle prime righe rivela vittima, assassino, movente, luogo del delitto, svolgimento del processo e senten­za… Sia chiaro: qui non contesto la li­bertà di Augias, ma se lui mette le sue personalissime e libere conclusioni come « Premessa incontestabile » , le pagine da 3 a 268 diventano super­flue. Un teatro raffinato e chic, ma col sipario preventivo sbattuto in faccia al pubblico.
E allora vado avanti a modo mio, an­notando che c’è un secondo autore del libro. Come nei Soliti Ignoti di Mo­nicelli – con Totò: sempre di Napoli si tratta – per portare a termine l’im­presa occorreva « il palo » . Qui il palo è illustre, come spiegano ben 16 righe sempre a pagina 3. È il professor Ca­citti, che qualche competenza avreb­be e ogni tanto prova a rimettere a po­sto qualche scheggia troppo impaz­zita per le trovate di Augias, ma – sen­za offesa! – rischia la figura della « po­vera Gertrude » : Egidio/ Augias chia­ma, « lo sventurato » Cacitti risponde, e nasce il libro, quasi 300 pagine.
Questa – senza ironia – la « premessa a mo­do mio » sulla « con­clusione » di Augias messa come « pre­messa » a tutto il re­sto, Cacitti compre­so. A segnalare i « bu­chi » del libro ci hanno già pensato al­tri, per fortuna. Ora qui e in breve qualcosa sulle sparate senza cannone sparse a piene mani. Scrive Augias ( p. 6) che « si crede che Gesù è nato a Be­tlemme come dicono alcuni Vange­li… ma più probabilmente a Naza­reth » . E perché? Niente. Nessuna pro­va, però a pagina 8 leggi che Bene­detto XVI – in realtà il vero bersaglio del libro, insieme con Gesù e il cri­stianesimo – « ha ammesso la possi­bile appartenenza di Gesù alla setta degli Esseni » , con l’obiezione che di ciò « in realtà non c’è alcuna prova » .
Il Papa ha torto! Ma a pagina 11 ­« immemore » come la « spoglia » del 5 Maggio – Augias scrive che la caccia­ta dei mercanti dal Tempio « ha raffor­zato l’ipotesi che Gesù facesse parte della setta degli Esseni » . E allora il Pa­pa ha ragione! A pagina 12, poi: noi « non disponiamo di molti dettagli della morte di Gesù in croce… le sue ultime parole riferite da Marco sono prese dal Salmo 22, un grido di terro­re e di solitudine » . Ora il salmo 22 e­sprime ben altro che terrore e solitu­dine. Comincia, sì, con quel grido ­« Elohì, Elohì, lemà shebactanì » , ma è il salmo dell’abbandono del Giusto in­nocente che si affida totalmente a Dio, come dice il verso finale, le vere « ul­time parole » di Gesù: « Padre, nelle tue mani affido il soffio della mia vita! » .
Sparare senza cannone? È libertà. E anche dare ad ogni pagina come si­cure, ma senza alcuna prova tantissi­me cose, per esempio che « i nomi u­sati per indicare gli autori dei 4 Van­geli non corrispondono a persone fi­siche » , o che la tomba di Pietro a Ro­ma non c’è proprio, anche se le ricer­che di archeologi di fama, come Mar­gherita Guarducci dicono di averla trovata. E perché? Importante la ri­sposta ( p. 259): « Se uno si mette a cercare… prima o poi finisce per tro­vare » . « Cercare » ? In latino è inqui­rere.
Come la sua « inchiesta » : lui si è messo a cercare con la premessa di ciò che voleva trovare, e che a pagina 14 conclude la « premessa incontesta­bile » aprendo il dialogo con il povero Cacitti: « Mi è parso utile anteporre queste brevi note esplicative alla con­versazione con il professor Cacitti, che ora può finalmente cominciare » . E a pagina 15 comincia ancora lui per al­tre 4 pagine con questa domanda: « Quando e come comincia la nuova fede, chiamata cristianesimo? » .
Ecco: appurato che è tutta un’inven­zione, che Cristo non l’ha mai pensa­ta e non ne ha mai parlato, « quando e dove comincia » , questa balla reli­giosa che dura da 2000 anni. E qui « lo sventurato » risponde, senza mai ve­ramente obiettare, per quasi 300 pa­gine di cannonate. Ma senza canno­ne…
La contraddizione di usare quasi 300 pagine per cercare di smentire una realtà – il cristianesimo – che Gesù non avrebbe mai inventato...
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