I fratelli di Gesù.

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I fratelli di Gesù.

Messaggioda GrisAdmi » sab feb 23, 2008 1:09 am

Riporto il brano che Armand Puig I Tàrrech dedica alla questione nel suo volume Gesù. La Risposta agli enigmi:

4.3.4. I fratelli e le sorelle di Gesù

Le fonti antiche, cristiane e giudaiche, parlano, a proposito di Gesù, de «i suoi fratelli», «le sue sorelle», o si riferiscono ad alcune persone come «il fratello di Gesù», «la sorella del Signore». Sarebbe perciò opporsi all'evidenza delle fonti negare che Gesù avesse quattro fratelli e almeno due sorelle. I quattro fratelli maschi portano, significativamente, nomi classici, presi dall'Israele dei patriarchi, abituali a partire dai movimenti riformatori giudaici del II secolo a.C. Giacomo, il più grande, porta il nome del patriarca Giacobbe e gli altri tre hanno ricevuto i nomi di tre dei suoi figli: Giuseppe (o Joses), Giuda e Simeone (o Simone; cfr. Matteo 13,55 e Marco 6,3). I nomi delle sorelle non sono menzionati nei vangeli canonici.
Come bisogna interpretare, dal punto di vista storico, questa evidenza? Che senso bisogna dare a questo fatto incontrovertibile e peraltro del tutto naturale nella società giudaica dell'epoca? La domanda diviene più rilevante per il fatto che Gesù lasciò casa, famiglia e paese quando già aveva più di vent'anni e questa rottura non si produsse senza tensioni, così come riflettono alcuni testi evangelici. Addirittura in un'occasione i suoi familiari, probabilmente i suoi parenti, non solo i suoi fratelli, scesero da Nàzaret a Cafarnao «per impadronirsi di lui; poiché dicevano: "È fuori di sé!"» (Marco 3,21).
I fratelli di Gesù formano un gruppo ben identificato che si distingue dal gruppo dei discepoli, quelli che egli ha chiamato liberamente, perché condividano con lui la sua vita e la sua missione. I due gruppi appaiono significativamente differenziati nell'episodio delle nozze di Cana, che termina cosi. «Dopo questo fatto, [Gesù] discese a Cafarnao: lui, sua madre, i fratelli e i suoi discepoli» (Giovanni 2,12). Secondo gli Atti degli apostoli, le centoventi persone che si trovano al cenacolo di Gerusalemme, dopo che Gesù è morto e i suoi seguaci l'hanno visto risorto, formano gruppi simili: gli apostoli (i discepoli maschi), alcune donne (discepole femmine), «Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di lui» (Atti 1,12-14). Più avanti, «i fratelli di lui», ovvero di Gesù, passeranno ad essere «i fratelli del Signore». Questa è la formula che finirà per imporsi nella comunità cristiana primitiva, così come mostra l'uso che fa l'apostolo Paolo (cfr. Prima lettera ai Corinzi 9,5).
I «fratelli del Signore» si installeranno a Gerusalemme e lì eserciteranno compiti di direzione della comunità cristiana della città. Non si sa se ciò avvenne anche in altre località del la Giudea o della Galilea, regione dalla quale provenivano
Senza dubbio il più importante dei fratelli di Gesù è Giacomo, conosciuto nella tradizione cristiana con il titolo glorioso di «il fratello del Signore» (Galati 1,19). Egli è il fra tello di Gesù per antonomasia, il primo della serie negli elenchi dei fratelli che appaiono in Matteo e Marco e, di conseguenza il maggiore di tutti loro. Bisogna notare che, malgrado l'omonimia, questo Giacomo non va confuso con un discepolo Gesù che appartiene al gruppo dei Dodici: Giacomo, di soprannome il Minore o Piccolo, figlio di Alfeo e di Maria e fratello di Giuseppe, secondo gli elenchi dati nella scelta dei dodici (Matteo 10,3; Marco 3,18 e Luca 6,15) e in altri li!,, (Marco 15,40; 16,1; Matteo 27,56 e Luca 24,10). Neppure si deve confondere con un altro membro, uno dei più significativi, del gruppo dei Dodici: Giacomo, figlio di Zebedeo fratello di Giovanni, chiamato tradizionalmente "il Maggiore", che fu giustiziato da Agrippa I a Gerusalemme nell'anno 43 o 44 d.C.

4.3.4.1. Giacomo, il fratello maggiore

Giacomo, il fratello del Signore, appare nel libro degli Atti degli apostoli (12,17; 21,18) come il capo della comunità di Gerusalemme. È il leader dei cristiani d'origine giudaica di lingua ebraica/aramaica, che praticano scrupolosamente la Legge di Mosè e ne difendono l'osservanza. Non sembra però che Giacomo obbligasse ad osservarla i convertiti alla fede cristiana, che non sono giudei di nascita (Galati 2,12), come invece altri volevano (Atti degli apostoli 15,1.5). Ciò spiega il ruolo decisivo che, secondo gli Atti degli apostoli (15,13-21), egli gioca nella cosiddetta assemblea di Gerusalemme, la prima grande riunione della Chiesa primitiva. Paolo lo chiama "colonna" della Chiesa primitiva, a fianco di Pietro/Cefa e Giovanni (Galati 2,9). Effettivamente Giacomo è, insieme a Pietro e allo stesso Paolo, una delle tre persone alle quali Gesù risorto sarebbe apparso individualmente, secondo la Prima lettera ai Corinzi 15,5.7.
Da quando Pietro abbandona Gerusalemme nell'anno 43 o 44, Giacomo diventa il capo unico della comunità di Gerusalemme fino a quando muore lapidato, nell'anno 62 d.C. su istigazione del sommo sacerdote sadduceo Anna. L'esecuzione di Giacomo avviene contro la volontà dei farisei, gruppo che aveva dato non pochi convertiti al nascente cristianesimo. La lapidazione di Giacomo, «il fratello di Gesù, colui che è chiamato Messia», è riferita con indignazione da Flavio Giuseppe, fariseo che lamenta che sia stato giustiziato un giudeo osservante e devoto (Antichità 20,200). Anche la tradizione giudeo-cristiana ha conservato quest'immagine di Giacomo. Così
Egesippo, verso il 180 d.C., lo chiama «Giacomo il Giusto» (Storia Ecclesiastica 4,22,4), oltre a riferirsi a lui con la denominazione, comune a tutto il cristianesimo primitivo, di «Giacomo, il fratello del Signore» (Storia Ecclesiastica 4,23,1).
Egesippo ci dà anche una breve notizia di Giuda, terzo fratello di Gesù secondo l'ordine del vangelo di Marco (6,3) e quarto secondo quello di Matteo (13,55). Egli si limita a dire che era «fratello secondo la carne [kata sarka]» del Signore e che era discendente di Davide (Storia Ecclesiastica 3,20,1). E’ già stato precedentemente commentato che due nipoti di questo Giuda furono chiamati a deporre davanti all'imperatore Domiziano e che costui, vedendo che si trattava di due persone inoffensive, li mise in libertà.
Sempre Egesippo ci informa su Simeone, figlio di Cleopa o Cleofa, che sarebbe succeduto a Giacomo nella direzione della comunità di Gerusalemme, in qualità di parente di Gesù. Cleopa era fratello di Giuseppe, padre legale di Gesù. Simeone era quindi cugino di Gesù e di Giacomo. Se questa notizia fosse corretta, gli altri tre fratelli di Gesù (Giuseppe, Giuda e Simone) dovevano essere già morti quando ci fu l'elezione del successore di Giacomo (62 d.C.), durante la quale si dovette ricorrere al secondo grado di parentela, quel lo dei cugini di Gesù.


4.3.4.2. Il significato dell'espressione «fratelli e sorelle di Gesù»

Le possibilità d'interpretazione sono quattro:
1) I fratelli di Gesù lo sono nel senso biologico e legale del termine. Giuseppe e Maria sarebbero i genitori biologici e legali di una famiglia numerosa, formata da almeno sette figli: cinque uomini e due (o forse più) donne. Gesù sarebbe il primo figlio e pertanto il fratello maggiore.
2) I fratelli di Gesù sono, in realtà, suoi cugini. Il termine «fratelli» avrebbe un senso traslato: i fratelli di Gesù sarebbero suoi cugini, figli di altri padri (o di un solo padre) e di altre madri (o di una sola madre), diversi da Giuseppe e Maria. Giuseppe sarebbe solo il padre legale, non quello biologico, di Gesù, mentre Maria sarebbe la madre biologica e, naturalmente, legale, in quanto moglie di Giuseppe. Gesù sarebbe figlio unico e non avrebbe fratelli, né biologici né legali.
3) I fratelli di Gesù sono suoi fratellastri legali. Giuseppe sarebbe il padre legale comune a tutti loro, ma sarebbe padre biologico solo dei figli di un primo matrimonio: tutti tranne Gesù. Maria, dal canto suo, sarebbe la seconda moglie di Giuseppe e la madre biologica e legale solo di Gesù. Così egli sarebbe figlio unico, ma allo stesso tempo il minore della famiglia se si considerano tutti insieme i figli e le figlie nati dai due matrimoni di Giuseppe.
4) I fratelli di Gesù sono suoi fratellastri consanguinei. Maria sarebbe la madre biologica e legale comune a tutti loro, ma Giuseppe sarebbe solo il padre legale (non il biologico) di Gesù. Questi sarebbe solo figlio di Maria, moglie legale di Giuseppe. Dopo la sua nascita, Giuseppe e Maria avrebbero avuto almeno sei figli: quattro uomini e due (o forse più) donne. Gesù sarebbe il primo figlio e, pertanto, il fratello maggiore.
Queste quattro possibilità non hanno lo stesso peso specifico, come si vede quando le si confronta con le fonti storiche esistenti.
1) La prima possibilità difende la consanguineità piena tra Gesù e i suoi fratelli. Questa posizione è però insostenibile, se si vogliono rispettare le due fonti più significative, indipendenti tra loro, che conserviamo sul tema: Matteo e Luca. Entrambi i vangeli affermano, con le parole e con l'intenzione, che Gesù non è frutto dell'unione sessuale di Maria e Giuseppe, suo marito secondo la Legge, con il quale è unita da accordo matrimoniale. Questa è anche la posizione della tradizione cristiana primitiva anteriore a Matteo e Luca e non c'è alcun testo del Nuovo Testamento che la esautori.
Di conseguenza la consanguineità piena tra Gesù e i suoi fratelli può essere sostenuta solo aprioristicamente, forzando i dati esistenti. Matteo 1,25, il testo che tratta il tema più direttamente, assicura che, quando Maria partorisce Gesù, lei e Giuseppe non hanno avuto relazioni sessuali. Solo alcuni gruppi giudeocristiani e gnostici dei secoli II e III affermano che Gesù fu generato da un seme umano, quello di Giuseppe (Epifanio, Panarion 30,2-3). La posizione riapparve a partire dal XVIII secolo, con l'illuminismo e il razionalismo.
2) Al lato opposto si situa la seconda possibilità, che afferma che i fratelli di Gesù erano parenti prossimi, in concreto, cugini. In un'espressione di san Girolamo, l'autore che elaborò questa posizione alla fine del IV secolo, Giuseppe fu un «custode (custos) più che un marito» (Contro Elvidio 4, già il Protovangelo di Giacomo 9,1 si esprime negli stessi termini). L'argomentazione di Girolamo parte dalla lingua ebraica e sottolinea che Lot è nipote di Abramo sebbene sia chiamato «fratello» ('ah) nella Bibbia ebraica. Anche in Genesi 29,12 si dice che Giacobbe è «fratello» di Labano, quando di fatto era suo nipote, ed è così che lui lo tratta (Genesi 29,15). Ancora in un altro testo (l'unico in tutta la Bibbia!) si parla di «fratelli» quando, dal contesto, è chiaro che si tratta di «cugini»: le figlie di Elazaro si sposano con i figli di Kis, «loro cugini [letteralmente: fratelli]» (Primo libro delle Cronache 23,21-22 ).
La ragione di questi usi linguistici è la povertà dell'ebraico che suole utilizzare perifrasi del tipo «la figlia del fratello» per indicare una nipote (Genesi 24,48) o «la moglie del fratello» per riferirsi alla cognata (Genesi 38,8). In realtà, dunque, i fratelli di Gesù sarebbero suoi cugini, ed egli sarebbe figlio unico. Il fatto che continui ad essere chiamato «primogenito» (Lii, .1 2,7.23) non cambia questa conclusione, dato che, come ben osserva Girolamo, il termine è una designazione legale del primo figlio, indipendentemente dal fatto che la madre abbia avuto o no ulteriore discendenza. Girolamo cita con ragione Esodo 12,29; 34,19-20 e Numeri 18,15-17.
Quest'argomentazione, semplice e non scarsa di fondamento, si limita agli usi linguistici dell'Antico Testamento. Nel Nuovo Testamento, infatti, il contesto del termine "fratelli" non lascia mai intravedere che si possa trattare di cugini. Inoltre in greco c'è un termine proprio (anepsios), usato in Colossesi 4,10 (sebbene una sola volta in tutto il Nuovo Testamento!) per designare i cugini. In ogni caso, la proposta di Girolamo non si deve escludere del tutto se si tiene in conto che non c'è un termine specifico in ebraico e in aramaico, la lingua materna di Gesù, per indicare questo grado di parentela. Se si fosse voluto precisare che i fratelli di Gesù erano in realtà suoi cugini, ci sarebbe qualche indizio, anche piccolo, nei testi del Nuovo Testamento o almeno nella tradizione cristiana primitiva. Come fa notare J.P. Meier, Egesippo distingue chiaramente tra Giacomo, il «fratello del Signore», e Simeone, il «cugino del Signore» (Storia Ecclesiastica 4,22,4). Secondo questo autore del II secolo, quindi, difficilmente i fratelli del Signore possono essere considerati i suoi cugini.
L'ipotesi dei cugini, per quello che si sa, fu elaborata da Girolamo in un contesto di controversia con Elvidio, dopo aver respinto quella che fino ad allora era la posizione tradizionale e che qui figura come terza possibilità: i fratelli di Gesù erano suoi fratellastri legali da parte di Giuseppe, il padre comune. Girolamo utilizza parole dure («apochryphorum deliramenta») per scartarla, ma non porta alcun argomento contro. Ad ogni modo, la grande autorità di cui godette Girolamo durante tutto il Medioevo, fece in modo che la sua proposta, basata su aspetti filologici, finisse per imporsi in tutto l'Occidente (Beda, Tommaso d'Aquino), e che perfino i riformatori (Lutero, Calvino, Zwingli) la considerassero come la più appropriata.
3) La terza possibilità è la più antica, dato che è l'interpretazione comune, soprattutto in Oriente, a partire dal II secolo, come mostrano gli scritti apocrifi di quest'epoca e lo stesso Origene, insieme a Clemente d'Alessandria, Eusebio ed Epifanio. Dalla seconda metà (forse fine) del II secolo d.C. e dall’area siriaca provengono tre libri apocrifi che menzionano con tutta naturalezza, come cosa conosciuta e accettata dai lettori, il fatto che Gesù avesse fratelli, frutto di un primo matrimonio di Giuseppe. Nel Protovangelo di Giacomo - che ha questo titolo perché è attribuito a Giacomo, il fratello di Gesù - quando il sacerdote affida a Giuseppe la custodia di Maria, questi replica per scusarsi: «Io ho già dei figli» (9,2). Più avanti, quando arriva il momento in cui Giuseppe viaggia verso Betlemme per registrarsi, sono menzionati i suoi figli insieme a Maria. Egli, pensando a voce alta, dice fra sé e sé: «Registrerò i miei figli» (17,11). L'asino che cavalca Maria durante il viaggio è portato da uno di questi figli (17,2). Arrivato a Betlemme, Giuseppe «trovò una grotta, vi fece entrare Maria e lasciò i suoi figli con lei» (18,1). Nel secondo testo, Vangelo dell'infanzia di Tommaso, si racconta del morso di vipera che subisce Giacomo e di come il bambino Gesù gli cura il morso mortale. Questo Giacomo è presentato come il figlio (maggiore) di Giuseppe, che suo padre aveva mandato a far legna (16,1).
Del terzo testo, il cosiddetto Vangelo di Pietro, si conserva solo la notizia, non il frammento come tale, fornita da Origene nel suo Commento a Matteo (10,17), secondo cui «i fratelli di Gesù sarebbero i figli di Giuseppe, nati da una prima moglie che egli aveva avuto prima di Maria».
La convinzione che Gesù avesse dei fratelli, figli di un primo matrimonio di Giuseppe, è condivisa da altri apocrifi più i tardivi. Citiamo la Storia di Giuseppe il Falegname (17,2), in cui si dice, a imitazione del Protovangelo di Giacomo (8,3), che Giuseppe era vedovo quando si unì a Maria. Il quadro della situazione si completa con un Giuseppe carico d'anni, con figli adulti frutto del suo primo matrimonio. Questa immagine tradizionale di Giuseppe è quella che si riflette nel l'iconografia, nella letteratura e nel folklore cristiani sul Natale, sia in Oriente sia in Occidente.
Occorre notare che questa opinione, costante nella tradizione orientale, soprattutto siriaca e greca, coincide senza problemi con il Nuovo Testamento e con Flavio Giuseppe. Come già stato indicato, questo storico giudaico chiama Giacomo "fratello di Gesù", in linea con i Vangeli e la denominazione più antica e naturale della parentela tra l'uno e l'altro. Il termine "fratello" (adelphos) quindi può designare qualcuno che è figlio biologico dello stesso padre e della stessa madre, o fratellastro, ovvero figlio biologico di uno stesso padre o di una stessa madre; o figlio adottivo, cioè qualcuno che legalmente, anche se non per il sangue, viene riconosciuto come figlio con tutti i diritti e doveri. Così, per esempio, Flavio Giuseppe ci informa che Antipa e Filippo erano figli biologici di Erode, ma la madre non era la stessa: quella di Antipa era la samaritana Maltace, mentre Mariamme, la figlia del sommo sacerdote Simone, era la madre di Filippo. Ciononostante Filippo è identificato come «il fratello» di Antipa (Matteo 14,3; Marco 6,17; Luca 3,1.19). Limitandoci al mondo greco-romano, i casi di paternità legale sono frequenti. In questo senso, Tiberio succedette ad Augusto come imperatore perché costui, nell'anno 757 dalla fondazione di Roma, l'adottò come figlio suo, nonostante Tiberio fosse figlio biologico di Tiberio Claudio Nerone e di Livia, colei che in seguito divenne la seconda moglie di Augusto e ricevette il nome di Giulia. Lo dimostrano in modo costante le iscrizioni delle monete: «Tiberius divi Augusti filius». Lo stesso Mosè, figlio di Amram e Iochebed, e fratello di Aronne, fu adottato come figlio dalla stessa figlia del faraone, che gli impose il nome di Mosè (Esodo 2,10). Il caso di adozione legale è simile, non identico, a quello di Gesù, poiché, al momento della sua nascita, Giuseppe e Maria erano già marito e moglie secondo la Legge di Mosè e quindi egli diveniva automaticamente e a tutti gli effetti figlio di Giuseppe. Per questo motivo Luca si riferisce con naturalezza a Giuseppe e Maria come i «genitori» di Gesù, dopo aver però chiarito che Giuseppe non è suo padre biologico (Luca 2,27.41.43.48). Pertanto, come afferma R. Bauckham, se Giuseppe è il padre di Gesù senza che ci sia relazione di consanguineità tra di loro, è chiaro che il riferimento ai fratelli e alle sorelle di Gesù non deve implicare necessariamente che gli uni e le altre abbiano lo stesso sangue. Malgrado ciò, tutti loro si possono considerare e sono realmente fratelli, dato che hanno lo stesso padre, Giuseppe. Secondo la Legge, dunque, non ci sono differenze tra Gesù e i suoi fratelli. Oltre alla tradizione che risale al II secolo e i casi frequenti di adozione legale nel mondo antico – e nell'attuale –, bisogna sottolineare il contatto che si stabilisce tra Maria e i fratelli di Gesù, appena costui abbandona il domicilio familiare. Fino a quel momento il figlio unico di Maria è stato il principale sostegno di sua madre. Quando inizia la sua attività pubblica però, nella zona del lago, lontano da Nàzaret, Maria passa alla protezione della cerchia familiare e, molto probabilmente, dei figli di Giuseppe, che lei avrebbe cresciuto fin dalla tenera età e quelli che avrebbe accompagnato nella loro crescita. È significativo, in questo senso, che nelle poche occasioni in cui Maria appare nei vangeli mentre Gesù predica fuori da Nàzaret, sempre lo fa in compagnia di persone della sua famiglia, e in particolar modo, di coloro che i testi chiamano i «fratelli di Gesù». Così solo i «fratelli» accompagnano Maria a fare visita a Gesù a Cafarnao (Marco 3,31-35; Matteo 12,46-50; Luca 8,19-21). Poi, quando egli restituisce loro la visita a Nàzaret, gli unici parenti citati sono ancora, in quest'ordine: Maria, i quattro fratelli di Gesù e le sue sorelle (Marco 6,3; Matteo 13,55-56). Nell'episodio delle nozze di Cana, paese vicino a Nàzaret, si parla della madre e dei fratelli di Gesù, con i suoi discepoli, di cui si dice che scendono a Cafarnao (Giovanni 2,12). Infine, quelli che si trasferiscono a Gerusalemme, alla fine della vita di Gesù e che ancora sono lì prima che inizi l'attività pubblica della comunità cristiana primitiva sono «Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di lui», con alcune donne e i discepoli (Atti 1,14). Alcune di queste donne (la sorella di Maria, sua cognata e Maria Maddalena) con un discepolo sono presentate vicino alla croce, accompagnando la madre di Gesù (Giovanni 19,25). In definitiva, l'espressione «sua madre e i suoi fratelli [di Gesù]» sembra essere una formula tradizionale, poiché si ripete in fonti tanto diverse come Marco 3,3 I, Giovanni 3,12 e Atti 1,14. È difficile che gli accompagnato abituali di Maria siano il gruppo dei suoi nipoti. Tutto risulta più comprensibile se si tratta dei suoi figli e figlie, adottivi o legali, orfani di padre (Giuseppe) e madre biologici.
Di conseguenza, né la filologia, né l'abitudine dell'adozione legale, né lo stretto legame tra la madre e i fratelli di Gesù nei vangeli impediscono che la posizione difesa da Epifanio nel IV secolo nella sua opera Panarion, in sintonia con l'antica tradizione siriaca (II secolo) e continuata dalle Chiese di lingua greca, sia quella che meglio interpreta i dati contenuti nel Nuovo Testamento riferiti ai «fratelli di Gesù»: Gesù avrebbe avuto quattro fratelli dal nome conosciuto e almeno due sorelle dal nome sconosciuto (Maria e Salomè, secondo Epifanio), tutti quanti frutto dell'unione coniugale tra Giuseppe e la sua prima moglie, anch'essa dal nome sconosciuto.
4) L'ultima possibilità delle quattro enunciate ha conosciuto ultimamente una certa fortuna dopo che si avvertirono le insufficienze dell'ipotesi proposta da Girolamo, la seconda qui riportata, e si mantenne la distanza nei confronti della posizione tradizionale, la terza di quelle proposte. Anche qui l'iniziatore fu un grande teologo: Tertulliano, scrittore cristiano del II secolo, originario del nord Africa, e non Ireneo di Lione, come alcuni hanno suggerito. Più tardi, nel IV secolo, Elvidio, contemporaneo di Girolamo e suo avversario, la formulò in maniera sistematica: i fratelli di Gesù sarebbero figli carnali di Giuseppe e Maria e sarebbero nati dopo Gesù, che sarebbe il fratello maggiore di tutti loro.
Tertulliano tratta la questione in cinque occasioni diverse nella sua opera, due in modo diretto e tre in modo indiretto, nell'ambito di una difesa accanita dell'umanità di Gesù contro le posizioni dotte di Marcione e dei suoi seguaci. Ovviamente, tra gli argomenti impiegati dalla potente dialettica di Tertulliano c'è quello relativo ai fratelli di Gesù. Il testo più chiaro e diretto è Contro Marcione 4,19,6-12, nel quale si discute l'interpretazione di Luca 8,19-21 e, in concreto, la domanda «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» (domanda che in realtà si trova in Matteo 12,48). Secondo Tertulliano, in questo passaggio evangelico Gesù «trasferisce i titoli di sangue (transtulit sanguinis nomina)», propri di sua madre e dei suoi fratelli, a quelli che ascoltano le sue parole e che «per causa della fede, si mostrano più vicini a lui» (Contro Marcione 4,19,11). Questa consanguineità quindi non può venire da Giuseppe, dato che Gesù «è figlio d'uomo per sua madre dato che non lo è per suo padre [...] [egli] non ha un uomo per padre (ex matre filius est hominis quia ex patre non est [..] non ex patre homine)» (Contro Marcione 4,10,7). In un altro testo (Consacrazione delle vergini 6,6), Tertulliano effettua una distinzione tra la situazione di Maria prima del parto, caratterizzata dalla sua verginità, e la situazione posteriore, caratterizzata dalla relazione coniugale con Giuseppe (virum passam).
Tertulliano, dunque, sembra schierarsi dalla parte di chi accetta che vi siano relazioni coniugali tra Maria e Giuseppe durante il periodo posteriore al parto. In questo arco temporale si dovrebbe collocare il concepimento dei fratelli di Gesù, sebbene non lo affermi mai esplicitamente. Anche se in maniera indiretta, Tertulliano si muove però in direzione della visione di Elvidio e ne è il precursore: i fratelli di Gesù sarebbero figli, come lui, di Maria, e sarebbero nati in seguito dall'unione tra Maria e Giuseppe. Nonostante tutto il valore che bisogna dare alla visione di Tertulliano, questo è relativo, poiché ci si trova in un contesto di controversia e d i argomentazione teologica. La sua posizione è, alla fine, un'innovazione sorta dalla necessità di esprimere delle idee determinate, come la difesa della monogamia, o di replicare, giustamente, a coloro che negano che Gesù sia realmente uomo, come Marcione e Apelle, due autori gnostici.
D'altra parte Elvidio basa la sua posizione principalmente su Matteo 1,18-25 e, in particolare, sul versetto 1,25 nel quale si distinguerebbe, secondo lui, il tempo del concepimento di Gesù dal tempo posteriore alla sua nascita, durante il quale Giuseppe avrebbe avuto relazioni coniugali con Maria. Tuttavia, Matteo 1,25 è un testo che si esprime solo sul periodo anteriore alla nascita di Gesù e lo caratterizza per l'assenza di relazioni coniugali tra Giuseppe e Maria. Di fatto c'è silenzio eloquente nei vangeli su ciò che accadde dopo che Gesù venne al mondo. Nemmeno Matteo 12,46 e 13,55-56, testi in cui né si afferma né si smentisce la consanguineità di Gesù e i suoi fratelli, rompe tale silenzio. La questione dell'origine dei fratelli di Gesù resterebbe quindi in penombra, se ci si attenesse solo ai testi del Nuovo Testamento e concretamente al vangelo secondo Matteo. Il ricorso alla tradizione cristiana primitiva è fondamentale per dare una risposta al tema.
Riassumendo, la terza possibilità, che corrisponde alla proposta della maggior parte della tradizione a partire dal II secolo - epoca in cui si inizia a formulare esplicitamente il tema dell'origine dei fratelli di Gesù -, non forza i dati neotestamentari, ma al contrario li rispetta e li spiega adeguatamente. Il fatto che la proposta, spesso chiamata "di Epifanio", poggi sull'humus della tradizione è una garanzia a favore della sua plausibilità, e sembra essere la preferibile: i quattro fratelli e le almeno due sorelle di Gesù sono figli del primo matrimonio di Giuseppe. In questo senso, la quarta possibilità, la cosiddetta "proposta di Elvidio", difesa precedentemente da Tertulliano, secondo la quale Maria avrebbe avuto almeno sette figli (Gesù e in seguito quattro ragazzi e due ragazze) è il risultato di un ragionamento "dotto" e sorge, nel caso di Tertulliano, contro quelli che negano l'umanità di Gesù e la sua incarnazione, mentre, in mano a Elvidio, è il risultato di un'interpretazione esegetica propria e molto discutibile di Matteo 1,25. La proposta di Girolamo, la seconda di quelle qui menzionate, appare appunto come risposta a Elvidio. Girolamo però non riprende il punto di vista tradizionale (i fratelli di Gesù sono figli del primo matrimonio di Giuseppe), ma, con un'argomentazione esegetica di carattere soprattutto filologico, fornisce una nuova spiegazione che ha le sue ragioni e non può essere scartata: i fratelli di Gesù sarebbero in realtà suoi cugini. La spiegazione di Girolamo, tuttavia, passa per l'identificazione (a mio giudizio problematica) di Giacomo e Giuseppe, «fratelli» di Gesù (Marco 6,3) con Giacomo il minore e Giuseppe, figli di una certa Maria (Marco 15,40; cfr. 4.5.3.3.). Per alcuni, questa Maria sarebbe la moglie di Alfeo/Cleopa/Cleofa (Marco 3,18; Giovan ni 19,25) e madre dei quattro cugini di Gesù (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda). Per altri invece, Maria, sposata con qualcuno di cui non conosciamo il nome, sarebbe solo madre di Giacomo e Giuseppe, mentre Cleopa/Cleofa, sposato a sua volta con una donna dal nome sconosciuto, sarebbe padre di Simone e Giuda. Non c'è unanimità tra gli autori che sviluppano la proposta di Girolamo. Infine, la proposta della minoranza, già diffusa nel II secolo tra gruppi giudeocristiani e gnostici, secondo cui Giuseppe sarebbe il padre biologico di Gesù, si scontra frontalmente con i racconti di Matteo 1-2 e Luca 1-2, e quindi deve essere rifiutata.
Le conclusioni a cui si è giunti fin qui chiariscono l'espressione insolita «figlio di Maria» (Marco 6,3), che appare in bocca alla gente di Nàzaret a fianco, naturalmente, della denominazione «figlio di Giuseppe / del fabbro» (Matteo 13,55; Luca 4,22; Giovanni 1,45; 6,42). La ragione più verosimile di questo duplice uso e in particolare dell'espressione «figlio di Maria», è il carattere singolare di Gesù come figlio unico di Maria e l'esistenza di altre persone, uomini e donne, che sono ugualmente «figli di Giuseppe»: i figli di Giuseppe sarebbero vari, il figlio di Maria sarebbe uno solo. Così, dunque, se qualcosa distingueva Gesù di Nàzaret era il fatto di essere «il [= l'unico] figlio di Maria». Oltre ad essere conosciuto come «figlio di Giuseppe», suo padre legale, c'era un'altra denominazione («figlio di Maria») che realmente lo contraddistingueva. L'uso di questa denominazione in Marco 6,3 viene potenziato, inoltre, dal fatto più che probabile che Giuseppe già fosse morto quando Gesù visita Nàzaret dopo averla abbandonata passati i trent'anni. Ciò però non significa che Gesù non fosse conosciuto, quando era ancora in vita Giuseppe, come figlio di Maria: è evidente che la morte di Giuseppe non implicò un cambio di designazione. Pertanto l'uso della li nominazione «figlio di Maria» riflette i costumi informali di Nàzaret riguardo a Gesù come suo figlio unico e dunque non i si tratta di una creazione della prima comunità cristiana, destinata a dar fondamento al concepimento virginale di Maria. Le altre possibili considerazioni in questo contesto (Gesù come una persona nata in una situazione d'irregolarità sociale o come figlio di una vedova o come figlio della seconda moglie di Giuseppe) servono da complemento, ma non sostituiscono il centro principale di interesse di Marco 6,3. Esiste una relazione particolare tra Maria e Gesù che comincia dalla nascita del figlio e che continua nell'unicità di questa maternità.
In definitiva, nonostante non si possa escludere che l'espressione «fratelli di Gesù» significhi in realtà "cugini di Gesù", ci sono buone ragioni per pensare che Gesù ebbe fratelli e sorelle legali e pertanto reali, sebbene non biologici.


Tratto da: Armand Puig I Tàrrech, Gesù. La Risposta agli enigmi, pp. 193-207
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Re: I fratelli di Gesù.

Messaggioda GrisAdmi » sab feb 23, 2008 1:11 am

Avevo segnalato il libro da cui è tratta questa citazione qui:

viewtopic.php?f=12&t=191
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