H. de Lubac - Il Cristianesimo non è la religione del Libro

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H. de Lubac - Il Cristianesimo non è la religione del Libro

Messaggioda Citocromo » ven nov 25, 2011 4:46 pm

Testo tratto da Henri De Lubac, Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura, vol. III (Jaca Book), pp. 258-271. Riporto solo il testo, tralasciando le note a piè di pagina.

In Gesù Cristo, che ne era il fine, l’antica Legge trovava in precedenza la sua unità. Di secolo in secolo, tutto in questa Legge convergeva verso di Lui. È Lui che, della «totalità delle Scritture», formava già «l’unica Parola di Dio» […] In Lui, i «verba multa» degli scrittori biblici diventano per sempre «Verbum unum». Senza di Lui, invece, il legame si scioglie: di nuovo la parola di Dio si riduce a frammenti di «parole umane»; parole molteplici, non soltanto numerose, ma molteplici per essenza e senza unità possibile, perché, come constata Ugo di San Vittore, «multi sunt sermones hominis, quia cor hominis unum non est»80. […]
Sì, Verbo abbreviato, «abbreviatissimo», «brevissimum», ma sostanziale per eccellenza. Verbo abbreviato, ma più grande di ciò che abbrevia. Unità di pienezza. Concentrazione di luce. L’incarnazione del Verbo equivale all’apertura del Libro, la cui molteplicità esteriore lascia ormai percepire il «midollo» unico, questo midollo di cui i fedeli si nutriranno105. Ecco che con il fiat di Maria che risponde all’annunzio dell’angelo, la Parola, fin qui soltanto «udibile alle orecchie», è diventata «visibile agli occhi, palpabile alle mani, portabile alle spalle»106. Più ancora: essa è diventata «mangiabile»107. Niente delle verità antiche, niente degli antichi precetti è andato perduto, ma tutto è passato a uno stato migliore108. Tutte le Scritture si riuniscono nelle mani di Gesù come il pane eucaristico109, e, portandole, egli porta sé stesso nelle sue mani: «tutta la Bibbia in sostanza, affinché noi ne facciamo un solo boccone...»110. «A più riprese e sotto varie forme» Dio aveva distribuito agli uomini, foglio per foglio, un libro scritto, nel quale una Parola unica era nascosta sotto numerose parole: oggi egli apre loro questo libro, per mostrare loro tutte queste parole riunite nella Parola unica. Filius incarnatus, Verbum incarnatum, Liber maximus: la pergamena del Libro è ormai la sua carne; ciò che vi è scritto sopra è la sua divinità. Così il nuovo Testamento succede all’antico, l’antico si ritrova nel nuovo, l’uno e l’altro ne formano uno solo e, allo stesso modo che in Dio l’Unità si dilata in Trinità, e la Trinità si raccogli in Unità, così il nuovo Testamento si dilata nell’antico e l’antico si condensa nel nuovo. […]
Tutta l’essenza della rivelazione è contenuta nel precetto dell’amore; in questa sola parola, «tutta la Legge e i Profeti»122. Ma questo Vangelo annunziato da Gesù, questa parola pronunziata da lui, se contiene tutto, è perché non è altro che Gesù stesso. La sua opera, la sua dottrina, la sua rivelazione: E’ Lui! La perfezione che egli insegna, è la perfezione che egli porta. Christus, plenitudo legis123. E’ impossibile separare il suo messaggio dalla sua persona, e coloro che ci provarono non tardarono molto ad essere indotti a tradire il messaggio stesso: persona e messaggio, finalmente, non fanno che una sola cosa. Verbum abbreviatum, Verbum coadunatum: Verbo condensato, unificato, perfetto! Verbo vivo e vivificante124. Contrariamente alle leggi del linguaggio umano, che diventa chiaro, spiegandolo, esso, da oscuro, diventa manifesto, presentandosi sotto la sua forma abbreviata: Verbo pronunziato dapprima «in abscondito», e adesso «manifestum in carne»125. Verbo abbreviato, Verbo sempre ineffabile in se stesso, e che tuttavia spiega tutto126! Verbo perfetto, che riassume tutto, che completa tutto, che conclude tutto, che sublima tutto, che unifica tutto:

Jesus, Verbum abbreviatum, sed consummans, legem et prophetas bipartito caritatis praecepto concludens…O Verbum consummans et abbrevians in aequitate! Verbum caritatis,Verbum totius perfectionis127.

Non vi è qui, come si è potuto credere e come si è detto, in particolare di san Bernardo, un «deprezzamento della Parola divina a vantaggio del Verbo divino», deprezzamento che felicemente sarebbe rimasto del «tutto speculativo e, si può dire, oratorio»128. E’ una dottrina profonda, contenuta tutta in linea generale nel prologo di san Giovanni 129, corroborata da una lunga serie di testimoni e dalla liturgia stessa. Facendo vedere nell’antica Scrittura il modo con cui «l’unica Parola divina s’avvicinava già a noi»130, affermando, con espressioni d’una forza forse paradossale, il suo legame ontologico con questa Parola nella quale Dio si rivela, essa anzi la esaltava, ne estendeva l’attualità a tutta la durata del tempo cristiano131, pur rifiutando di canonizzare in essa la littera sola. Lutero l’aveva compreso bene nel periodo migliore della sua riflessione biblica, quando, nel suo primo commento dei Salmi132 e poi in quello della Lettera ai Romani133, riprendeva questo vecchio tema del «Verbum consummans et abbrevians»134. Sant’Agostino l’aveva detto nella sua risposta a Fausto, e tutti coloro che lo dicono con lui hanno ragione: il cristiano, come non aggiunge niente alla Scrittura, così neppure vi toglie qualcosa; egli ne estrae la sostanza. Egli l’abbrevia, la condensa, l’unifica senza lasciar perdere niente, la possiede tutta in Gesù Cristo: liber quippe sufficiens omnibus135. Egli riceve dal popolo eletto tutti i libri del Testamento antico; li venera, non cessa di esplorarli, di meditarli, di ammirarvi le vie di Dio; ma sempre per arrivare a Cristo. Tutto ciò che vi scopre - e le sue scoperte sono senza fine – è visto finalmente trasfigurato in Cristo. Sempre, in qualche maniera, qualunque sia la scienza di cui dispone e comunque siano, secondo i secoli, i procedimenti della sua esegesi, forse dopo molti giri e rigiri, egli vi trova Cristo. E’ giunto fino a lui un raggio della luce interiore di cui l’anima di Gesù era illuminata, quando nei giorni della sua vita mortale, prendeva in mano la Bibbia:

Gesù scopre se stesso, si riconosce nel leggere l’antico Testamento. Egli si vede il termine di tutta questa storia «di cui la Legge e i Profeti» profetizzano fino a questo momento. Vede l’attesa della sua venuta. Di tutti i brani sparsi delle profezie: del Messia re di pace, dell’Emanuele d’Isaia, del Figlio dell’Uomo di Daniele, del Servitore, del Giudice, del Pastore, egli non inferisce ciò che deve essere, con un lavoro costruttivo; egli semplicemente si riconosce…; lascia cadere nell’ombra l’involucro… Di tutti questi brani fa divinamente la sintesi; non dal di fuori, ma dal di dentro. Egli proietta sulle profezie la sua luce interiore: allora esse si uniscono, perdono la traccia delle circostanze in cui furono proclamate, si armonizzano e si completano…
Nello scoprire la Bibbia, Gesù riconosce il riflesso della Luce che brilla in lui, percepisce una eco affievolita della Parola che risuona nella sua coscienza umana136…

Ricongiungendosi ai teologi, e con essi alla vecchia tradizione, esegeti recenti lo riconoscono ugualmente: in tutto ciò che gli apostoli e gli evangelisti ci riferiscono di Gesù, vi si ritrova «fuso e purificato il minerale grezzo dell’antico Testamento», e «questo orientamento interamente cristologico non è applicato comunque» a questo antico Testamento, «ma è interiore ad esso e ne penetra tutte le parti»137. Le due forme del Verbo abbreviato e dilatato sono inseparabili. Il Libro dunque rimane, ma nello stesso tempo passa tutt’intero in Gesù e per il credente la sua meditazione consiste nel contemplare questo passaggio. Mani e Maometto hanno scritto dei libri. Gesù, invece, non ha scritto niente; Mosè e gli altri profeti «hanno scritto di lui». Il rapporto tra il Libro e la sua Persona è dunque l’opposto del rapporto che si osserva altrove. Così la Legge evangelica non è affatto una «lex scripta». Il cristianesimo, propriamente parlando, non è affatto una «religione del Libro»139: è la religione della Parola – ma non unicamente né principalmente della Parola sotto la sua forma scritta. Esso è la religione del Verbo, «non di un verbo scritto e muto, ma di un Verbo incarnato e vivo»140. La Parola di Dio adesso è qui tra di noi, «in maniera tale che la si vede e la si tocca»141: Parola «viva ed efficace»142, unica e personale, che unifica e sublima tutte le parole che le rendono testimonianza143. Il cristianesimo non è «la religione biblica»: è la religione di Gesù Cristo144.

80 (Sono molti i discorsi dell’uomo, perché il cuore dell’uomo non è uno)[…]
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Re: H. de Lubac - Il Cristianesimo non è la religione del Li

Messaggioda eduardo » gio gen 12, 2012 1:59 am

in effetti è emblematico il fatto che Gesù non ha scritto niente,e non ha detto a nessuno di scrivere niente.ma ha fondato una Chiesa,alla quale ha donato lo Spirito Santo,con il compito di predicare oralmente.il Cristianesimo non è una religione del libro.
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Re: H. de Lubac - Il Cristianesimo non è la religione del Li

Messaggioda Sandro » lun gen 16, 2012 11:44 am

Dio benedica, mostri il suo volto benevolo e doni la pace a chiunque regala del tempo per cercare e trascrivere questi testi pregnanti di spiritualità.
Desidero testimoniare ufficialmente il grande apprezzamento del GRIS per tale contributo.
Sandro
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Re: H. de Lubac - Il Cristianesimo non è la religione del Li

Messaggioda Citocromo » lun gen 16, 2012 12:03 pm

Ti ringrazio molto per l'apprezzamento. In effetti, trovare e trascrivere questi testi mi costa tempo che potrei impiegare in altre faccende; però, ritengo che investire tempo ed energie per la crescita nella fede, propria e altrui, non sia inutile, anzi! E, poi, ritengo che chi possiede dei testi non deve lasciare che si riempiano di polvere sugli scaffali della propria camera, ma deve condividere alcune pagine, nel rispetto dei diritti d'autore delle case editrici, con altri fratelli di fede. Dio ci benedica tutti!
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